Come deve essere valutata la prevedibilità del danno ex art. 1225 cc?
Cass. 08-07-2019, n. 18282
In tema di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, l'imprevedibilità, alla quale fa riferimento l'art. 1225 c.c., costituisce un limite non all'esistenza del danno, ma alla misura del suo ammontare, che resta limitato a quello astrattamente prevedibile in relazione ad una determinata categoria di rapporti, sulla scorta delle regole ordinarie di comportamento dei soggetti economici e, quindi, secondo un criterio di normalità in presenza delle circostanze di fatto conosciute (Cass. n. 17460 del 2014; v. pure Cass. n. 16763 del 2011). Considerato che l'illegittimo licenziamento è fonte di responsabilità contrattuale e non extracontrattuale (cfr. Cass. n. 8720 del 2004 e Cass. n. 17460 del 2014, cit.), deve aversi riguardo alla prevedibilità dei danni conseguenti all'illegittimità del recesso, costituendo quello della prevedibilità un parametro di legge, in quanto tale oggetto di valutazione da parte del giudice del merito.
7.2. Nello specifico, la motivazione del giudice del gravame è corretta in relazione alla valutazione delle conseguenze dell'inadempimento datoriale, in quanto coerente con i principi di diritto in tema di responsabilità contrattuale, che sicuramente genera una presunzione di imputabilità al debitore, ma non ne determina una responsabilità per danni al di là di quelli prevedibili dal punto di vista della sussistenza di un nesso causale secondo un criterio di ragionevole derivazione dal comportamento inadempiente. Come già precisato, non si tratta di riduzione della misura risarcitoria di legge, ma di determinazione delle conseguenze pregiudizievoli connesse all'illegittimità del licenziamento, sicuramente sussistenti in relazione al perdurante stato di disoccupazione, ma in misura, ritenuta dalla Corte del merito, in modo corretto e conforme ai principi richiamati, congruamente determinata nei limiti di un quadriennio successivo alla risoluzione del rapporto di lavoro.
7.3. La prevedibilità di cui all'art. 1225 c.c. costituisce uno dei criteri di determinazione dell'ambito del danno risarcibile, consistente in un giudizio di probabilità del verificarsi di un futuro danno espresso in astratto, secondo l'apprezzamento della normale diligenza del soggetto responsabile, che deve tenere peraltro conto di circostanze di fatto concretamente conosciute, attenendo la stessa non già al giudizio di responsabilità, bensì al danno considerato nel suo concreto ammontare, nonchè identificandosi con il criterio della regolarità causale, che attribuisce significato giuridico alle conseguenze che possono verificarsi quando lo svolgimento causale ha andamento regolare (v. in tal senso la già citata Cass. n. 17460 del 2014; cfr., tra le altre, Cass. 28.11.2003 n. 18239).
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