Quando un socio di società di persone può essere un lavoratore subordinato?
Cass. 18-04-2019, n. 10909
1.3. Quanto al merito, poichè è pacifico che i due soci erano accomandatari (cfr. motivazione sentenza della Commissione regionale "trattandosi di soci accomandatari"), trova applicazione il principio giurisprudenziale per cui, nelle società a base personale (nella specie società in accomandita semplice), la carica di amministratore unico è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato della stessa, in quanto non possono in un unico soggetto riunirsi la qualità di esecutore subordinato della volontà sociale e quella di organo competente ad esprimere tale volontà (Cass., sez. L., 22 marzo 2013, n. 7321). Infatti, la costituzione e l'esecuzione del rapporto lavorativo subordinato devono essere collegabili ad una volontà della società distinta da quella dell'amministratore (Cass., 15 settembre 1979, n. 4779; Cass., 17 maggio 1975, n. 1940). Si è anche aggiunto che, instaurandosi il rapporto di lavoro subordinato nei confronti dell'amministratore della società, nel caso di amministratore unico verrebbe a mancare l'elemento dell'intersoggettività, senza il quale è inconcepibile la stessa esistenza di tale rapporto giuridico. Ciò vale a maggior ragione per le società di persone, nelle quali la mancata istituzione di un distinto ente giuridico e la minore spersonalizzazione dei soggetti preposti agli organi sociali fanno apparire ancor più necessaria la distinzione tra i soggetti dei relativi rapporti giuridici (Cass., 3 novembre 1977, n. 4690).
Va, peraltro, considerato che nelle società di persone è possibile che il socio conferisca la propria opera ai sensi dell'art. 2263 c.c., comma 2. Si è sul punto affermato da questa Corte che nelle società di persone è configurabile un rapporto di lavoro subordinato tra la società e uno dei soci purchè ricorrano due condizioni: a) che la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale; b) che il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia. Il compimento di atti di gestione o la partecipazione alle scelte più o meno importanti per la vita della società non sono, in linea di principio, incompatibili con la suddetta configurabilità, sicchè anche quando esse ricorrano è comunque necessario verificare la sussistenza delle suddette due condizioni (Cass., 16 novembre 2010, n. 23129).
Nessun commento:
Posta un commento