Quali sono i limiti alle produzioni documentali in appello nel rito del
lavoro?
Ecco cosa ha stabilito Cass. civ. Sez. lavoro, Sent.,
29-04-2016, n. 8568
“Con le sentenze gemelle delle
Sezioni Unite nn. 8202 - 8203 del 2005, il pregresso indirizzo maggioritario
sui "nova" secondo cui il divieto alla produzione di nuovi mezzi di
prova in sede di gravame non riguardava le prove costituite come quelle
documentali, è stato ribaltato, di guisa che, per quanto attiene al rito del
lavoro, la loro acquisizione al processo è stata ritenuta ammissibile se
giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda
processuale successivamente al deposito del ricorso e della memoria difensiva.
Tale rigoroso sistema di preclusioni trovava, peraltro, secondo la Corte di legittimità, un
ulteriore contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della
"verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del
lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei
diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d'ufficio
del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art.
437, comma 2, ove essi siano
indispensabili ai fini della decisione della causa, nonostante il verificarsi
di decadenze o preclusioni, perchè la regola della irreversibilità
dell'estinzione del diritto alla produzione subisce un'eccezione in
considerazione della specifica natura dei diritti tutelati.
Sulla precipua nozione di indispensabilità del mezzo istruttorio e
sul corretto governo delle prove in appello, è, dunque, modulato il motivo di
ricorso con il quale la società - richiamando specificamente la sollecitazione
all'esercizio dei poteri istruttori officiosi formulata in entrambi i gradi del
giudizio di merito - ha denunziato la violazione dei dettami di cui alla l. 92
del 2012 art. 1 comma 59.
Si impone, quindi, l'esigenza di
individuare - sia pure in via di estrema sintesi - gli elementi costitutivi di
tale nozione.
E' stato rilevato in dottrina,
con condivisibile approccio, come la prova indispensabile sia un quid pluris
rispetto alla prova meramente rilevante, dal momento che il relativo giudizio
presuppone l'identificazione dei fatti principali e la determinazione del thema
probandum, riguardando il tema della idoneità del mezzo probatorio a dare
conferma, diretta o indiretta, dell'esistenza (o inesistenza in caso di prova
contraria), di tali fatti.
Si è anche affermato, nei vari
approdi dottrinari, che lo scrutinio in ordine alla indispensabilità dei mezzi
di prova è funzionalizzato a verificare se dalla ipotizzata esistenza del fatto
posto ad oggetto della prova, è possibile dedurre in modo necessario e
sufficiente, l'esistenza del fatto posto ad oggetto della domanda; e si è anche
aggiunto che il concetto di indispensabilità, più intenso di quello di
rilevanza, va modulato alla stregua del parametro della decisività, sicchè sono
ammissibili in giudizio solo le prove che appaiono idonee da sole, a fondare
una decisione, sia essa di conferma o di riforma (in tal senso si è anche
pronunciata questa Corte, con riferimento al giudizio di rinvio, in ordinanza
del giorno 11-22015 n.2729 alla cui stregua la produzione di nuovi documenti,
in deroga al divieto ex art, 437, è
possibile anche in caso di giudizio di rinvio qualora essi abbiano una speciale
efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini
della decisione della causa, in quanto dotati di un grado di decisività e
certezza tale che, da soli considerati, conducano ad un esito necessario della
controversia).
Nel contesto di una apprezzabile
varietà di orientamenti che ha animato il dibattito in sede dottrinaria e
giurisprudenziale in ordine al significato da assegnare al termine scrutinato,
questa Corte, muovendo dall'inquadramento delle disposizioni che a tale termine
fanno riferimento (nello specifico l, 92 del 2012 art. 1 comma 59) nella
categoria delle norme elastiche, al fine di tutelare ineludibili esigenze di
certezza del diritto, ritiene
condivisibile l'approccio interpretativo secondo cui il mezzo istruttorio è
indispensabile quando appaia idoneo, per lo spessore contenutistico che lo
connota, a sovvertire il verdetto di primo grado, nel senso di mutare il
contenuto di uno o più giudizi di fatto sui quali si basa la pronuncia
impugnata, fornendo un contributo decisivo all'accertamento della "verità
materiale", in coerenza con i principi del giusto processo (art. 111
Cost. commi 1 e 2).”
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