mercoledì 8 giugno 2016

Quali sono i limiti alle produzioni documentali in appello nel rito del lavoro?

Ecco cosa ha stabilito Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-04-2016, n. 8568

“Con le sentenze gemelle delle Sezioni Unite nn. 8202 - 8203 del 2005, il pregresso indirizzo maggioritario sui "nova" secondo cui il divieto alla produzione di nuovi mezzi di prova in sede di gravame non riguardava le prove costituite come quelle documentali, è stato ribaltato, di guisa che, per quanto attiene al rito del lavoro, la loro acquisizione al processo è stata ritenuta ammissibile se giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al deposito del ricorso e della memoria difensiva.

Tale rigoroso sistema di preclusioni trovava, peraltro, secondo la Corte di legittimità, un ulteriore contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della "verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 437, comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, nonostante il verificarsi di decadenze o preclusioni, perchè la regola della irreversibilità dell'estinzione del diritto alla produzione subisce un'eccezione in considerazione della specifica natura dei diritti tutelati.

Sulla precipua nozione di indispensabilità del mezzo istruttorio e sul corretto governo delle prove in appello, è, dunque, modulato il motivo di ricorso con il quale la società - richiamando specificamente la sollecitazione all'esercizio dei poteri istruttori officiosi formulata in entrambi i gradi del giudizio di merito - ha denunziato la violazione dei dettami di cui alla l. 92 del 2012 art. 1 comma 59.

Si impone, quindi, l'esigenza di individuare - sia pure in via di estrema sintesi - gli elementi costitutivi di tale nozione.

E' stato rilevato in dottrina, con condivisibile approccio, come la prova indispensabile sia un quid pluris rispetto alla prova meramente rilevante, dal momento che il relativo giudizio presuppone l'identificazione dei fatti principali e la determinazione del thema probandum, riguardando il tema della idoneità del mezzo probatorio a dare conferma, diretta o indiretta, dell'esistenza (o inesistenza in caso di prova contraria), di tali fatti.

Si è anche affermato, nei vari approdi dottrinari, che lo scrutinio in ordine alla indispensabilità dei mezzi di prova è funzionalizzato a verificare se dalla ipotizzata esistenza del fatto posto ad oggetto della prova, è possibile dedurre in modo necessario e sufficiente, l'esistenza del fatto posto ad oggetto della domanda; e si è anche aggiunto che il concetto di indispensabilità, più intenso di quello di rilevanza, va modulato alla stregua del parametro della decisività, sicchè sono ammissibili in giudizio solo le prove che appaiono idonee da sole, a fondare una decisione, sia essa di conferma o di riforma (in tal senso si è anche pronunciata questa Corte, con riferimento al giudizio di rinvio, in ordinanza del giorno 11-22015 n.2729 alla cui stregua la produzione di nuovi documenti, in deroga al divieto ex  art, 437, è possibile anche in caso di giudizio di rinvio qualora essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa, in quanto dotati di un grado di decisività e certezza tale che, da soli considerati, conducano ad un esito necessario della controversia).


Nel contesto di una apprezzabile varietà di orientamenti che ha animato il dibattito in sede dottrinaria e giurisprudenziale in ordine al significato da assegnare al termine scrutinato, questa Corte, muovendo dall'inquadramento delle disposizioni che a tale termine fanno riferimento (nello specifico l, 92 del 2012 art. 1 comma 59) nella categoria delle norme elastiche, al fine di tutelare ineludibili esigenze di certezza del diritto, ritiene condivisibile l'approccio interpretativo secondo cui il mezzo istruttorio è indispensabile quando appaia idoneo, per lo spessore contenutistico che lo connota, a sovvertire il verdetto di primo grado, nel senso di mutare il contenuto di uno o più giudizi di fatto sui quali si basa la pronuncia impugnata, fornendo un contributo decisivo all'accertamento della "verità materiale", in coerenza con i principi del giusto processo (art. 111 Cost. commi 1 e 2).”

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