sabato 30 marzo 2019

L'indennità riconosciuta in caso d accertamento nullità del termine quale danno copre?


Cass. 26/03/2019, n. 8385
L'art. 32 della legge n. 183 del 2010 non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma, innanzitutto, assicura a quest'ultimo l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato; il danno forfetizzato dall'indennità prevista dalla norma copre soltanto il periodo cd. intermedio, quello che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto. Ne deriva che, a partire da tale sentenza, è da ritenere che il datore di lavoro sia indefettibilmente obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva. Anche a seguito della norma di interpretazione autentica di cui all'art. 1, comma 13, legge n. 92 del 2012 dell'art. 32, della legge n. 183 del 2010, la sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine ed ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, cui è connesso l'obbligo del datore di riammettere in servizio il lavoratore, è di natura dichiarativa e non costitutiva. La conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera, pertanto, con effetto ex tunc dall'illegittima stipulazione del contratto a termine, mentre l'indennità di cui all'art. 32, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.

giovedì 28 marzo 2019

Qual'è il termine di prescrizione dell'indennità di trasferimento per i dipendenti dalle Forze armate?



Cons. Stato Sez. IV, 04/03/2019, n. 1470

Poiché l'indennità di trasferimento non ha carattere sinallagmatico della prestazione di lavoro, ma riveste la funzione di mitigare i disagi, anche economici, connessi al mutamento della sede, disposto d'autorità e, dunque, il relativo diritto è soggetto al termine ordinario di prescrizione.

mercoledì 27 marzo 2019

Che natura ha la responsabilità ex art. 2087 cc?

Cass. 22/03/2019, n. 8208

La violazione dell'art. 2087 c.c. non prefigura una ipotesi di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, giacché detta responsabilità, di natura contrattuale, va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Di talché va esente da censure la pronuncia giudiziale che, in relazione all'infortunio occorso al dipendente caduto rovinosamente a terra durante l'espletamento delle mansioni di portalettere, mentre era alla guida di un motociclo di dotazione aziendale, viaggiando su strada sconnessa e priva di asfalto, abbia fondato la responsabilità della società datrice di lavoro sul non avere dotato il dipendente di un mezzo adeguato in relazione alle particolari caratteristiche delle sedi stradali da percorrere nell'espletamento della prestazione lavorativa, ciò escludendo in radice la configurabilità dell'ipotesi di responsabilità oggettiva.

martedì 26 marzo 2019

Entro quando bisogna presentare il ricorso in caso di esito negativo del tentativo facoltativo di conciliazione?

Cass. 21/03/2019, n. 8026

In tema di impugnativa del licenziamento individuale ai sensi dell'art. 6 della legge n. 604 del 1996, ove alla richiesta, effettuata dal lavoratore, di tentativo di conciliazione o arbitrato nel temine di 180 giorni dall'impugnazione stragiudiziale, consegua il mancato accordo necessario al relativo espletamento, in quanto la controparte non deposita presso la commissione di conciliazione, entro 20 giorni dal ricevimento della copia richiesta, la memoria prevista dall'art. 410, comma 7, c.p.c., dallo scadere di detto termine di 20 giorni, decorre l'ulteriore termine di 50 giorni entro il quale il lavoratore medesimo è tenuto a presentare, ai sensi dell'ultima parte del comma 2 anzidetto, il ricorso al giudice a pena di decadenza.

lunedì 25 marzo 2019

Quando interviene il rischio elettivo nell'infortunio?

Cass. 19/03/2019, n. 7649


In tema di infortuni sul lavoro, nella nozione di "occasione di lavoro" rientrano tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti all'ambiente, alle macchine, alle persone, al comportamento dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento della prestazione, con l'unico limite del rischio elettivo. II concetto di rischio elettivo che delimita l'ambito della tutela assicurativa è riferito poi al comportamento del lavoratore e risulta inteso come tutto ciò che sia estraneo e non attinente all’attività lavorativa e dovuto ad una scelta arbitraria di questi, nel senso che esso sia la conseguenza di un rischio collegato ad un comportamento volontario, volto a soddisfare esigenze meramente personali e, comunque, indipendente dall'attività lavorativa cioè di rischio generato da un'attività che non abbia rapporti con lo svolgimento dell'attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa.

venerdì 22 marzo 2019

Quali elementi contraddistinguono il c.d. mobbing?

T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 18/03/2019, n. 3587

Affinchè possa configurarsi la fattispecie del mobbing devono ricorrere una pluralità di elementi costitutivi, ovverosia: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) l'elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi. 
La sussistenza di condotte mobbizzanti deve essere qualificata dall'accertamento di precipue finalità persecutorie o discriminatorie, poiché proprio l'elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimenti e comportamenti, o anche in una sequenza frammista di provvedimenti e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione od emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è inserito che è imprescindibile ai fini dell'enucleazione del mobbing. Conseguentemente, un singolo atto illegittimo o anche più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore, non sono, di per sé soli, sintomatici della presenza di un comportamento mobbizzante. Nei casi di asserito mobbing, il giudice deve, poi, considerare le peculiarità dell'ambiente di lavoro e, nel caso di specie, la realtà particolare delle Amministrazioni militari o gerarchicamente organizzate. 
La configurabilità del mobbing presuppone l'esistenza di plurimi elementi, la cui prova compete al prestatore di lavoro, di natura sia oggettiva che soggettiva e, fra questi, l'emergere di un intento di persecuzione, che non solo deve assistere le singole condotte poste in essere in pregiudizio del dipendente, ma anche comprenderle in un disegno comune e unitario, quale tratto che qualifica la peculiarità del fenomeno sociale e giustifica la tutela della vittima.

giovedì 21 marzo 2019

L'indennità sostitutiva del riposo settimanale e quella per ferie non godute sono soggette a tassazione?

Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 25/02/2019, n. 5482

L'indennità sostitutiva del riposo settimanale, così come pure l'indennità per ferie non godute, è soggetta a tassazione, a norma degli artt. 49 e 51 del T.U.I.R., perché ha carattere retributivo, stante il rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che, invece, avrebbe dovuto essere dedicato al riposo. Alla stessa conclusione si giunge laddove si attribuisse a tale indennità natura risarcitoria, costituendo la stessa comunque un'attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nell'elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione.

mercoledì 20 marzo 2019

Al coniuge separato per colpa spetta la pensione di reversibilità?

Cass, 15/03/2019, n. 7464

La sentenza della Corte Costituzionale n. 286 del 1987 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge n. 153 del 1969, art. 24 e della legge n. 1357 del 1962, art. 23, comma 4, nella parte in cui escludono dall'erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato. Tale pensione va riconosciuta al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo, al coniuge superstite (separato e non), in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte. E' stato in particolare affermato che dopo la riforma dell'istituto della separazione personale, introdotto dal novellato art. 151 c.c. e la sentenza della Corte Cost., non sia più giustificabile il diniego, al coniuge cui fosse stata addebitata la separazione, di una tutela che assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il defunto coniuge sarebbe stato tenuto a fornirgli.

martedì 19 marzo 2019

Il licenziamento da parte del distaccante può essere fondato solo sul venir meno del distacco? 

Cass. 28/02/2019, n. 5996

In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore distaccato presso un terzo, gli elementi costitutivi del giustificato motivo oggettivo devono essere verificati con riferimento all'ambito aziendale del datore di lavoro distaccante, sul quale ricade anche l'onere di provare, con riguardo all'organizzazione aziendale esistente all'epoca del licenziamento, l'impossibilità di adibire utilmente il lavoratore e mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, con la conseguenza che non è sufficiente ad integrare il giustificato motivo oggettivo di licenziamento la mera cessazione dell'interesse al distacco o la soppressione del posto presso il terzo distaccato.

lunedì 18 marzo 2019

L'assegno d'invalidità è cumulabile con altri redditi?





In forza dell'art. 1 comma 42 della legge 335 del 1995:




All'assegno di invalidità nei casi di cumulo con redditi dal lavoro dipendente, autonomo o di impresa si applicano le riduzioni di cui all'allegata tabella G. Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi con l'assegno di invalidità ridotto non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo della fascia immediatamente precedente quella nella quale il reddito posseduto si colloca. Le misure più favorevoli per i trattamenti in essere alla data di entrata in vigore della presente legge sono conservate fino al riassorbimento con i futuri miglioramenti.




Tabella G 

Tabella relativa ai cumuli tra assegno di invalidità e redditi da lavoro


Redditi Percentuale di riduzione
Reddito superiore a 4 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l'importo in vigore al 1° gennaio:  25 per cento dell'importo dell'assegno.
Reddito superiore a 5 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari al 13 volte l'importo in vigore al 1° gennaio: 50 per cento dell'importo dell'assegno.





venerdì 15 marzo 2019

La pensione di reversibilità è compatibile con altri redditi?

In base all'art. 1 comma 41 l. 335 del 1995 dispone:


"41. La disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria è estesa a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime. In caso di presenza di soli figli di minore età, studenti, ovvero inabili, l'aliquota percentuale della pensione è elevata al 70 per cento limitatamente alle pensioni ai superstiti aventi decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti di cui all'allegata tabella F. Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi di cui al presente comma con la pensione ai superstiti ridotta non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale il reddito posseduto si colloca. I limiti di cumulabilità non si applicano qualora il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare con figli di minore età, studenti ovvero inabili, individuati secondo la disciplina di cui al primo periodo del presente comma. Sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge con riassorbimento sui futuri miglioramenti".

La tabella F prevede:

Tabella relativa ai cumuli tra trattamenti pensionistici ai superstiti e redditi del beneficiario


Reddito superiore a 3 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l'importo in vigore al 1° gennaio.

Percentuale di cumulabilità: 75 per cento del trattamento di reversibilità.




Reddito superiore a 4 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l'importo in vigore al 1° gennaio.



Percentuale di cumulabilità: 60 per cento del trattamento di reversibilità.




Reddito superiore a 5 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l'importo in vigore al 1° gennaio.



Percentuale di cumulabilità: 50 per cento del tratamento di reversibilità.


Nel 2019 i limiti sono:

        20.007,00 euro annui.
 
25%
dell’importo della
pensione
       26.676,00 annui.
 
40%
dell’importo della
pensione
      33.345,00 euro annui.
 
50%


giovedì 14 marzo 2019


I soci con contratto di lavoro subordinato vanno conteggiati ai fini dell'applicabilità dell'art. 18 della legge 300 del 1970? 


Cass. 11/03/2019, n. 6947

In una società cooperativa, anche i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato devono essere computati ai fini del requisito dimensionale per l'applicazione del regime di stabilità del rapporto di lavoro: con la conseguenza della fruibilità anche dai lavoratori dipendenti non soci della tutela prevista dall'art. 18 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori), nel testo novellato dall'art. 1, comma 42, della legge n. 92 del 2012.

mercoledì 13 marzo 2019

Quando ricorre la sospensione del termine di prescrizione ex art. 2941 n. 8 cc?



cass. 07-03-2019, n. 6677

il recente precedente di questa Corte, sentenza 31 ottobre 2018, n. 27950, evocato dalla parte ricorrente per suffragare la tesi difensiva patrocinata, nel senso del decorso del termine quinquennale di prescrizione dei contributi dalla data di scadenza del versamento contributivo e non già dalla diversa data di presentazione della dichiarazione dei redditi, non va, invero, nella direzione pretesa e non è di conforto alla prospettazione illustrata ancora con la memoria illustrativa;

10. invero, con la menzionata decisione, questa Corte ha dipanato il filo argomentativo anche in ordine alla questione della rilevanza dell'incompletezza della dichiarazione dei redditi sotto il profilo dell'omessa individuazione, al suo interno, degli obblighi contributivi riconnessi al lavoro autonomo soggetto a contribuzione per la gestione separata (il quadro RR del modello di dichiarazione dei redditi), non tanto sotto il profilo dell'efficacia interruttiva di tale dichiarazione, quale atto ricognitivo del debito, evidentemente insussistente nel momento in cui essa risulti carente proprio degli aspetti attinenti al debito contributivo, quanto sotto il profilo, affine al tema all'esame ora del Collegio, della ricorrenza dell'ipotesi di sospensione della prescrizione per occultamento doloso del debito (art. 2941 c.c., n. 8), rimettendone esame, e valutazione, al Giudice del rinvio, pur in assenza di allegazione nei gradi di merito, da parte dell'ente previdenziale, di una condotta dolosa di occultamento, alla stregua dell'orientamento per cui "l'eccezione di sospensione della prescrizione ex art. 2941 c.c., n. 8 integra un'eccezione in senso lato e, pertanto, può essere rilevata d'ufficio dal giudice" (all'uopo richiamando Cass. 30 settembre 2016, n. 19567);

11. diversamente dalla vicenda già al vaglio della Corte di legittimità con la decisione appena esaminata, la sentenza ora gravata, come illustrato nei paragrafi che precedono, ha chiaramente valutato e dato atto della condotta dolosa della professionista, di occultamento del credito per non avere compilato, dichiarando i relativi proventi, il quadro adibito alla determinazione dei contributi da parte del Fisco (D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, e D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 10), con giudizio di fatto che si sottrae ad ogni sindacato in sede di legittimità;

12. la sentenza impugnata, muovendo dunque dalla descritta premessa fattuale, ha correttamente applicato l'insegnamento di questa Corte, nel senso che l'operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all'art. 2941 c.c., n. 8 ("tra il debitore che ha dolosamente occultato l'esistenza del debito e il creditore, finchè il dolo non sia stato scoperto") ricorre quando sia posta in essere, dal debitore, una condotta tale da comportare, per il creditore, una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, e dunque quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare, al creditore, l'esistenza dell'obbligazione (cfr., tra le tante, Cass. 18 ottobre 2018, n. 26269; Cass. 11 settembre 2018, n. 22072; Cass. 7 marzo 2012, n. 3584);

13. nella vicenda all'esame del Collegio, la compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi costituiva l'unico ed esclusivo documento che avrebbe consentito all'INPS di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo, da parte della professionista, non assoggettato ad altre obbligazioni contributive, e suscettibile dell'obbligo di iscrizione alla gestione separata e dell'obbligazione contributiva in proporzione matematica predeterminata rispetto al reddito prodotto;

martedì 12 marzo 2019

In caso di licenziamento collettivo è possibile limitare ad un solo settore o unità  i dipendenti da licenziare?


Corte d'Appello Roma Sez. lavoro Sent., 18/01/201

In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, qualora il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un'unità produttiva o ad uno specifico settore dell'azienda, la platea dei lavoratori interessati può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali, in relazione al progetto di ristrutturazione aziendale. Tuttavia, il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei, per il pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda, ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti, con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perché impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative.

lunedì 11 marzo 2019

Come sono regolamentati gli scatti d'anzianità nel ccnl del terziario?


Capo XII – Scatti di anzianità
Art. 192 - Scatti di anzianità
Per l’anzianità di servizio maturata presso la stessa azienda o gruppo aziendale (intendendosi per tale il complesso commerciale facente capo alla stessa società) il personale ha diritto a dieci scatti triennali. Ai fini della maturazione degli scatti, l’anzianità di servizio decorre:
a) dalla data di assunzione per tutto il personale assunto a partire dalla data di entrata in vigore del CCNL 28 marzo 1987;
b) dalla data di entrata in vigore del CCNL 28 marzo 1987 per tutto il personale assunto antecedentemente e che a tale data non abbia ancora raggiunto il 21° anno di età;
c) dal 21° anno di età per tutto il personale assunto antecedentemente alla data di entrata in vigore del CCNL 28 marzo 1987 e che a tale data abbia già compiuto il 21° anno di età.
Gli importi degli scatti in cifra fissa sono determinati, per ciascun livello di inquadramento, nelle seguenti misure e con le seguenti decorrenze:
1.1.1990                                   lire                         euro
Quadri                                      49.300                    25,46
I                                                48.100                    24,84
II                                               44.200                   22,83
III                                              42.500                   21,95
IV                                              40.000                   20,66
V                                               39.300                  20,30
VI                                              38.200                  19,73
VII                                            37.700                  19,47

In occasione del nuovo scatto l’importo degli scatti maturati successivamente al 1° luglio 1973 è calcolato in base ai valori indicati nella tabella di cui al presente articolo senza liquidazione di arretrati per gli scatti maturati per il periodo pregresso.
L’importo degli scatti determinati secondo i criteri di cui ai commi precedenti, viene corrisposto con decorrenza dal primo giorno del mese immediatamente successivo a quello in cui si compie il triennio di anzianità.
Gli scatti di anzianità non possono essere assorbiti da precedenti e successivi aumenti di merito, nè eventuali aumenti di merito possono essere assorbiti dagli scatti maturati o da maturare.

Nota a verbale

Le parti confermano che l’importo degli scatti maturati a tutto il l° luglio 1973 rimane congelato in cifra e deve essere erogato senza rivalutazione in occasione dei nuovi scatti e fermo restando il numero massimo degli scatti indicati al primo comma del presente articolo.

Interpretazione Autentica delle parti sulla disciplina degli scatti di anzianità?

La decorrenza convenzionale degli aumenti periodici di anzianità (denominati successivamente, scatti di anzianità), a partire dal compimento del 21 e anno di età trova la sua origine nel primo accordo normativo post-corporativo Settore Commercio del 10 agosto 1946.
La decorrenza di cui sopra, deve considerarsi svincolata da qualunque riferimento alla maggiore età del prestatore d’opera, in quanto diretta, al momento della sua introduzione, a concretizzare un sistema di incremento automatico della retribuzione, finalizzato a consolidare il rapporto tra impresa e lavoratore. Detto sistema, quindi, si è posto, fin dall’origine, come supplementare rispetto al naturale rapporto di scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione; si tratta in sostanza, di un sistema meramente convenzionale – dove tra l’altro la prima (eventuale) differenza retributiva viene a
riscontrarsi tra i lavoratori ventiquattrenni – che, in modo parimenti convenzionale, le parti hanno inteso disciplinare nei suoi aspetti oggettivi (ad esempio: valore degli scatti, anche differenziati per livelli, periodicità triennale, ecc.) e soggettivi allo scopo principale di conseguire la suddetta finalità generale contenendo, nel contempo, l’onere economico.
Si deve, infine, sottolineare che il sistema contrattuale non ha, comunque, inteso determinare una coincidenza tra maturazione dell’anzianità di servizio e maturazione degli scatti, e ciò anche in momenti non iniziali del rapporto di lavoro, come è dimostrato dalla apposizione di un limite al numero degli scatti stessi, numero variato nel tempo ma pur sempre sussistente.
Nel quadro convenzionale sopra evidenziato, si inserisce pure l’esplicita previsione della possibilità di introdurre deroghe espressamente previste per singoli istituti contrattuali al principio della decorrenza dell’anzianità dal giorno dell’assunzione (art.75 CCNL 18 marzo 1983).
Per tutto quanto sopra indicato, le parti riconfermano in particolare la natura convenzionale del riferimento al 21° anno di età, che deve intendersi, pertanto, sin dall’origine in nessun modo collegabile al concetto del compimento della maggiore età.
Riaffermano, quindi, anche alla luce dei principi costituzionali, la piena validità di tutte le intese contrattuali intercorse.

sabato 9 marzo 2019

Quando ammissibile una nuova ctu?

Cass. 01/08/2013, n. 18410 

Il giudice di merito, ove intenda disporre una nuova consulenza tecnica d'ufficio, è tenuto a motivare adeguatamente - in base ad idonei elementi istruttori o cognizioni proprie, eventualmente integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza - le ragioni che lo conducono ad ignorare o sminuire i dati risultanti dalla relazione del CTU già in atti, rispondendo tale esigenza a ragioni di economia processuale e dei costi del giudizio, oltre al rispetto del canone della ragionevole durata del processo, per la cui valutazione si tiene conto anche dei tempi necessari per l'espletamento della consulenza tecnica d'ufficio, che non possono risultare sprecati. (Cassa con rinvio, App. Messina, 06/11/2008)




giovedì 7 marzo 2019

Le mensilità aggiuntive sono assoggettate alle prescrizioni presuntive?






Cass. 18/02/2019, n. 4687




Il regime delle prescrizioni presuntive è applicabile, anche se in via decisamente residuale, anche ai crediti di lavoro scaturenti dal contratto di lavoro. La disciplina di cui agli artt. 2954 e ss. cod. civ. trova il suo fondamento sul presupposto che in numerosi rapporti della vita quotidiana il pagamento suole avvenire con una certa immediatezza, sicché il decorso di un breve periodo di tempo – sei mesi, un anno o tre anni – fa presumere l'estinzione del debito, determinando un'inversione dell'onere della prova con la possibilità che tale presunzione sia vinta mediante strumenti processuali quali la confessione giudiziale del datore di lavoro o deferimento allo stesso del giuramento decisorio. In ragione di tale ratio sottesa all'istituto, se da un lato è da escludere che il T.F.R. possa ritenersi emolumento assoggettato alla disciplina della prescrizione presuntiva, dall'altro, ad analoga conclusione non può pervenirsi per le c.d. mensilità aggiuntive. Infatti, con riferimento a tale categoria di crediti, l'ordinamento, al fine di assicurare una fondamentale esigenza di certezza nella gestione dei rapporti commerciali e di lavoro tra privati, ha inteso consentire l'applicazione dei termini prescrizionali sanciti dall'art. 2956 cod. civ., trattandosi di pagamenti, connessi all'espletamento della prestazione lavorativa, che vengono calcolati su periodi superiori al mese ed erogati sempre con cadenza superiore al mese.

mercoledì 6 marzo 2019

Quali sono i presupposti per l'Irap?


cass. 01/03/2019, n. 6137

Con riguardo ai presupposto dell'IRAP, il requisito dell'autonoma organizzazione, previsto dall'art. 2 del D.Lgs. 446 del 1997 ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.


martedì 5 marzo 2019

Quando può essere richiesta la sede di lavoro dal genitore o familiare lavoratore, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap?




Cass. 01-03-2019, n. 6150

questa Corte (Cass. n. 28320 del 2010; n. 3896 del 2009), in riferimento alla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, nel testo anteriore alle modifiche di cui alla L. n. 53 del 2000, ha statuito come la norma di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 5, sul diritto del genitore o familiare lavoratore "che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato" di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, è applicabile non solo all'inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l'attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento. La ratio della norma è infatti quella di favorire l'assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all'epoca dell'inizio del rapporto stesso;

19. tale interpretazione si impone, a maggior ragione, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 53 del 2000, che ha eliminato il requisito della convivenza tra il lavoratore e il familiare handicappato, e poi con la L. n. 183 del 2010,art. 24 che, intervenendo sulla L. n. 53 del 2000, art. 20, comma 1, ha eliminato i requisiti della "continuità ed esclusività" dell'assistenza; la L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, risultante all'esito di tali interventi normativi ed applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame è formulato nel modo seguente "Il lavoratore di cui al comma 3 (il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede";

20. dal punto di vista letterale, la disposizione in esame non contiene un espresso e specifico riferimento alla scelta iniziale della sede di lavoro e risulta quindi applicabile anche alla scelta della sede di lavoro fatta nel corso del rapporto, attraverso la domanda di trasferimento; nè la dizione letterale adoperata nel citato comma 5 dell'art. 33 implica la preesistenza dell'assistenza in favore del familiare rispetto alla scelta della sede lavorativa (anche a seguito di trasferimento), in quanto al lavoratore è riconosciuto il diritto di "scegliere la sede di lavoro" più vicina al "domicilio della persona da assistere", non necessariamente già assistita. Tale rilievo priva di consistenza l'osservazione della società ricorrente sulle implicazioni del riferimento nell'art. 33, comma 5, nel testo ratione temporis applicabile, alla condizione di handicap grave che presuppone la necessità di assistenza "permanente, continuativa e globale"; quest'ultima è il tipo di assistenza di cui ha bisogno la persona in condizione di handicap grave ma non è necessariamente l'assistenza che farà carico sul singolo familiare, anche in ragione della soppressione del requisito di esclusività dell'assistenza ai fini delle agevolazioni di cui si discute;

21. l'interpretazione adottata dalla Corte di merito non solo risulta del tutto coerente col tenore letterale del citato art. 33, comma 5, ma appare la sola compatibile con le esigenze di tutela di rilievo costituzionale connesse alla condizione di persona con handicap;

22. la previsione di cui al citato comma 5 dell'art. 33, al pari delle disposizioni sui permessi mensili retribuiti di cui al comma 3, rientra nel novero delle agevolazioni e provvidenze riconosciute, quale espressione dello Stato sociale, in favore di coloro che si occupano dell'assistenza nei confronti di parenti disabili e ciò sul presupposto che il ruolo delle famiglie "resta fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap" (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 203 del 2013; n. 19 del 2009; n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005);

23. l'assistenza del disabile e, in particolare, il soddisfacimento dell'esigenza di socializzazione, in tutte le sue modalità esplicative, costituiscono fondamentali fattori di sviluppo della personalità e idonei strumenti di tutela della salute del portatore di handicap, intesa nella sua accezione più ampia di salute psico-fisica (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 158 del 2007 e n. 350 del 2003);

24. il diritto alla salute psico-fisica, comprensivo della assistenza e della socializzazione, va dunque garantito e tutelato, al soggetto con handicap in situazione di gravità, sia come singolo che in quanto facente parte di una formazione sociale per la quale, ai sensi dell'art. 2 Cost., deve intendersi "ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico" (Corte Cost. n. 213 del 2016; n. 138 del 2010), ivi compresa appunto la comunità familiare;

25. l'art. 33, comma 5 disciplina uno strumento indiretto di tutela in favore delle persone in condizione di handicap, attraverso l'agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l'attività affinchè quest'ultima risulti il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza;

26. circoscrivere l'agevolazione in favore dei familiari della persona disabile al solo momento della scelta iniziale della sede di lavoro, come preteso dalla società ricorrente, equivarrebbe a tagliare fuori dall'ambito di tutela tutti i casi di sopravvenute esigenze di assistenza, in modo del tutto irrazionale e con compromissione dei beni fondamentali richiamati nelle pronunce della Corte Costituzionale sopra citate;

27. l'interpretazione data dalla Corte di merito deve quindi essere confermata in quanto, oltre che compatibile col testo letterale della disposizione in esame, è la sola coerente con la funzione solidaristica della disciplina e con la garanzia dei beni fondamentali in gioco, tutelati dalla Costituzione nonchè dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 dei disabili, ratificata con L. n. 18 del 2009 dall'Italia (C. Cost. n. 275 del 2016) e dall'Unione Europea con decisione n. 2010/48/CE (Cass. n. 12911 del 2017; n. 25379 del 2016; n. 2210 del 2016) e in tal senso questa Corte si è già espressa (Cass. n. 7120 del 2018; n. 24015 del 2017);

29. ferma la qualificazione come "diritto" della posizione soggettiva del lavoratore nella scelta della sede di lavoro più vicina al familiare da assistere, e in tal senso si esprime l'art. 33, comma 5 cit., non vi è dubbio che tale diritto non sia incondizionato (come reso evidente dall'inciso "ove possibile" contenuto nella norma) ma debba essere oggetto di un bilanciamento con altri diritti e interessi del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 41 Cost.;

30. tale bilanciamento, come già statuito da questa Corte (Cass. n. 24015 del 2017; n. 25379 del 2016; n. 9201 del 2012), dovrà valorizzare le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore col solo limite di esigenze tecniche, organizzative e produttive, allegate e comprovate da parte datoriale, non solo effettive ma anche non suscettibili di essere diversamente soddisfatte e la Corte di merito si è attenuta a tali criteri, sicchè nessuna violazione dell'art. 41 Cost. e dell'art. 2082 c.c., come dedotta col terzo motivo di ricorso, è configurabile;

31. pur riqualificata la censura oggetto del secondo motivo di ricorso ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve escludersi la violazione dell'art. 2697 c.c. atteso che la Corte di merito ha correttamente addossato alla società datrice di lavoro l'onere di dimostrare l'impossibilità di assegnare il dipendente alle sedi presso cui risultavano posti disponibili per lo svolgimento delle mansioni di recapito;

lunedì 4 marzo 2019



Come devono determinati i lavoratori da licenziare collettivamente in caso di perdita di appalto?




cass. 22/02/2019, n. 5373




Il datore di lavoro titolare di azienda, che sia subentrata in un appalto di servizi ai sensi dell'art. 4 CCNL del settore di Pulizia e Multiservizi del 2011, qualora a causa della perdita del suddetto appalto, proceda ad un licenziamento collettivo, deve individuare i lavoratori da licenziare, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, con riferimento all'intero suo ambito: potendolo limitare ad alcuni rami d'azienda, soltanto se questi siano caratterizzati dalla specificità delle professionalità utilizzate. Tale limitazione non trova infatti giustificazione nella particolarità della disciplina, come quella di specie, che regola il rapporto di lavoro nella fase di "ingresso", ossia di subentro nell'appalto, ma non di perdita dello stesso.

venerdì 1 marzo 2019


Quando l'assenza di proprietà degli strumenti non incide sulla genuinità dell'appalto?

T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, 19/03/2015, n. 314 

L'applicazione della disposizione normativa di cui all' art. 29 D.Lgs. n. 276/2003 agli appalti c.d. labour intensive, vale a dire caratterizzati dalla prevalenza delle prestazioni lavorative, consente di ravvisare una fattispecie di appalto genuino anche in presenza del solo potere direttivo nei confronti dei lavoratori, unito all'effettiva assunzione del rischio di impresa, mentre l'utilizzo di strumenti di proprietà del committente non può considerarsi elemento decisivo per la qualificazione del rapporto. Solo in caso di insussistenza degli elementi propri dell'appalto genuino, si integra l’ipotesi di somministrazione irregolare di manodopera. 

Tribunale Milano Sez. lavoro, 05/05/2010 

L'applicazione della disposizione normativa di cui all'art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 agli appalti c.d. "labour intensive", vale a dire caratterizzati dalla prevalenza delle prestazioni lavorative, consente di ravvisare una fattispecie di appalto genuino anche in presenza del solo potere direttivo nei confronti dei lavoratori, unito all'effettiva assunzione del rischio di impresa, mentre l'utilizzo di strumenti di proprietà del committente non può considerarsi elemento decisivo per la qualificazione del rapporto. Solo in caso di insussistenza degli elementi propri dell'appalto genuino, si integra la fattispecie di somministrazione irregolare di manodopera.

Quando le direttive dell'appaltante sono legittime?



Cass. 13/03/2019, n. 7170

La circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore non è da sola sufficiente per configurare quell'esercizio di potere direttivo ed organizzativo che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato.


Cass. civ. Sez. V, 22/02/2019, n. 5265

Non è sufficiente, ai fini della configurazione di un appalto fraudolento, la circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore, dovendosi verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al solo risultato di tali prestazioni, il quale può formare oggetto di un genuino contratto di appalto. (Nella fattispecie la Commissione si era limitata ad affermare che vi era stata una denuncia all'A.g. per il reato di cui all'art. 18, comma 5 bis, D.Lgs. n. 276 del 2003, non fornendo elemento alcuno in ordine alla valutazione dei fatti oggetto di denuncia penale da parte del pubblico ministero. Di talché, tenuto conto che lo ius superveniens di cui al D.L. n. 16 del 2012, laddove prevede per l'indeducibilità dei costi l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, si applica retroattivamente, ai sensi dell'art. 8, comma 3, del citato D.L., si riteneva necessario accertare se vi era stato l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero oppure l'emissione del decreto di rinvio a giudizio da parte del giudice dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 424 c.p.p.)




Tribunale Roma Sez. lavoro Sent., 25/01/2018 

Nell'interposizione di lavoro, perché si configuri un appalto fraudolento, non è sufficiente la circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore, occorrendo verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili o meno al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete a modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al solo risultato di tali prestazioni, il quale può formare oggetto di un genuino contratto di appalto . Pertanto l'accertamento della legittimità dell' appalto presuppone e richiede che si tenga conto delle modalità di svolgimento del rapporto lavorativo e dell'esistenza di elementi denotanti la sussistenza di un rapporto di subordinazione diretta con il committente. 



Trib. Milano Sez. lavoro, 15/03/2017 

In tema di appalto , l'esercizio di un potere di controllo da parte del committente è compatibile con un regolare contratto di appalto e, sotto questo profilo, può ritenersi legittima la predeterminazione da parte del committente anche delle modalità temporali e tecniche di esecuzione del servizio o dell'opera, che dovranno essere rispettate dall'appaltatore, con la conseguenza che non può ritenersi sufficiente, ai fini della configurabilità di un appalto fraudolento, la circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore, occorrendo verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al risultato di tali prestazioni, che può formare oggetto di genuino contratto di appalto. 




Tribunale Milano Sez. lavoro, 12/08/2016 

Ai fini della ravvisabilità di un appalto fraudolento, è insufficiente la circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore, dovendosi verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di espletamento delle prestazioni lavorative, oppure al risultato di tali prestazioni, che può formare oggetto di genuino contratto di appalto. 



Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 06/06/2011, n. 12201 (rv. 617499) 

In tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro non è sufficiente, ai fini della configurabilità di un appalto fraudolento, la circostanza che il personale dell'appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell'appaltatore, occorrendo verificare se le disposizioni impartite siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro, in quanto inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, oppure al solo risultato di tali prestazioni, il quale può formare oggetto di un genuino contratto di appalto. (Cassa con rinvio, App. Venezia, 04/04/2007)