lunedì 30 dicembre 2019

Cosa occorre provare per il licenziamento causato dall'abuso nel diritto alla fruizione dei permessi assistere disabili conviventi?

Cass. 30/01/2019, n. 2743

Ai fini della prova dell'abuso dei permessi di lavoro concessi per l'assistenza del familiare convivente disabile, e quindi della legittimità del licenziamento irrogato di conseguenza, è sufficiente l'accertamento della sola presenza del lavoratore in altro e diverso luogo da quello indicato e la mancata specificazione delle" altre attività" complementari cui si sarebbe in alternativa dedicato il lavoratore.

venerdì 27 dicembre 2019

La richiesta di ferie permessi in giudizio che oneri impone?


Tribunale Roma Sez. lavoro Sent., 24/10/2019



La richiesta di indennità per ferie e permessi non goduti non può trovare accoglimento ove il prestatore ometta di indicare a quante ferie o permessi avrebbe avuto diritto sulla base del CCNL di settore e di quante ferie o permessi abbia fruito, né formuli al riguardo specifiche istanze istruttorie.

mercoledì 25 dicembre 2019

Entro quali limiti opera il repechage?





Cass. 03/12/2019, n. 31520




Nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la cui causale sia riconducibile nella soppressione della posizione lavorativa, ai fini dell'obbligo del repechage, non vengono in rilievo tutte le mansioni inferiori dell'organigramma aziendale, ma solo quelle che siano compatibili con il bagaglio professionale del prestatore - cioè che non siano disomogenee e incoerenti con la sua competenza - ovvero quelle che siano state effettivamente già svolte, contestualmente o in precedenza. Ciò è possibile affermare, ai fini del bilanciamento tra l'interesse del datore di lavoro a perseguire una organizzazione produttiva ed efficiente e quello del lavoratore diretto alla stabilità del posto, in un'ottica di compatibilità e di non ingerenza nella determinazione dell'assetto aziendale, non essendo previsto un obbligo del datore di lavoro, secondo la precedente versione dell'art. 2103 cod. civ., di fornire un'ulteriore o diversa formazione del prestatore per la salvaguardia del posto di lavoro. Resta fermo, comunque, che grava sul datore di lavoro l'obbligo di provare - in base a circostanze oggettivamente riscontrabili - che il lavoratore non abbia la capacità professionale richiesta per occupare la diversa posizione libera in azienda, altrimenti il rispetto dell'obbligo di repechage risulterebbe sostanzialmente affidato ad una mera valutazione discrezionale dell'imprenditore.

lunedì 23 dicembre 2019


Quando deve essere applicata l'Irap?


Cass. 18/12/2019, n. 33547


In base al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, ai fini della soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo, non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia "autonoma", cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi bensì anche sotto i profili organizzativi. Inoltre, la sussistenza dell'autonoma organizzazione si profila allorquando il contribuente si avvalga anche in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la sogli dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.



sabato 21 dicembre 2019

IL datore di lavoro ha l'obbligo di provvedere alla manutenzione dei DPI?

Cass. 16/12/2019, n. 33133

Il datore di lavoro ha l'obbligo, ex art. 2, lett. g), D.lgs. n. 626 del 1994, di fornitura e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale. Infatti, questi, seppur in maniera minima, sono comunque idonei a ridurre i rischi dell'attività lavorativa, costituendo specifico obbligo datoriale quello di porre in essere tutte le misure necessarie per garantire la salute e sicurezza dei lavoratori e quindi prevenire, con specifico riferimento agli operatori ecologici, l'insorgere e la diffusione di infezione in danno dei medesimi e dei loro familiari, a cui il rischio si estenderebbe in caso di lavaggio degli indumenti da lavoro in ambito domestico.

mercoledì 18 dicembre 2019

Entro quali limiti opera la responsabilità ex art. 2087 cc?


Cass. civ. Sez. I Sent., 27/10/2017, n. 25644 

In tema di responsabilità civile per morte del lavoratore, il requisito soggettivo della colpa è integrato dalla violazione, da parte del datore di lavoro, delle regole cautelari di prevenzione evocate dall'art. 2087 c.c., strettamente correlate, in termini di ragionevole prevedibilità, alla verificazione dell'evento, in quanto fondate, se non sulla certezza scientifica, sulla probabilità o possibilità, concreta e non ipotetica, che la condotta considerata determini l'evento.




martedì 17 dicembre 2019

Quali dati vanno registrati sul LUL?


 39 DL 112 del 2008 comma 2

"Nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nella ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro".  

lunedì 16 dicembre 2019

Quando è annullabile il licenziamento del disabile?

Cass. 26/02/2015, n. 3931


In tema di licenziamento del lavoratore disabile, l'art. 10, comma 4, della legge 12 marzo 1999, n. 68 - che prevede l'annullabilità del recesso esercitato nei confronti del lavoratore disabile (o di categoria equiparata) occupato obbligatoriamente "qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva" prevista dal precedente art. 3 della legge - riguarda soltanto il "recesso di cui all'articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo" e non anche gli altri tipi di recesso datoriale. Ne consegue che la norma non si applica al licenziamento disciplinare, nelle sue diverse configurazioni, in conformità con l'idea ispiratrice di tutta la legge n. 68 del 1999 di coniugare la valorizzazione delle capacità professionali dei disabili (o equiparati) con la funzionalità economica delle imprese che li assumono. (Rigetta, App. Brescia, 23/11/2010)

venerdì 13 dicembre 2019

Quando si ha cessione di ramo d'azienda?

Cass 26/08/2016, n. 17366

Integra elemento costitutivo della cessione di ramo di azienda, prevista dall'art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall'art. 32, D.Lgs. n. 276 del 2003, l'autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere, autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell'ambito dell'impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti. Incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall'art. 2112 c.c., che costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall'art. 1406 c.c., fornire la prova dell'esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano la operatività.

giovedì 12 dicembre 2019

la mancata opposizione dell'avviso di pagamento Inps determina la trasformazione del termine prescrizionale da cinque a dieci anni?

Cass. 09-12-2019, n. 32077


il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale: "La scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'INPS, che, dall'1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)";

in linea con il richiamato principio, con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che "In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell'Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell'irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l'esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all'art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all'amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)";




mercoledì 11 dicembre 2019

Che cosa determina la mancata comunicazione dei dipendenti licenziati ex art. 4 comma 9 l. 223 del 1991?

Cass. 14/10/2019, n. 25807

In tema di licenziamento collettivo, il termine di sette giorni previsto dall'art. 4, comma 9, della l. n. 223 del 1991, come modificato dalla l. n. 92 del 2012, per l'invio delle comunicazioni ai competenti uffici del lavoro ed alle organizzazioni sindacali, ha carattere cogente e perentorio e la sua violazione determina l'invalidità del licenziamento, a prescindere dalla circostanza che i lavoratori abbiano successivamente avuto conoscenza di tutti gli elementi che la comunicazione deve comunque avere ovvero che non sia stato dimostrato il danno derivante dalla mancata comunicazione, atteso che detta comunicazione è finalizzata a consentire alle OO.SS. (e, tramite queste, anche ai singoli lavoratori) il controllo tempestivo sulla correttezza procedimentale dell'operazione posta in essere dal datore di lavoro, anche al fine di acquisire ogni elemento di conoscenza e non comprimere lo "spatium deliberandi" riservato al lavoratore per l'impugnazione del recesso nel termine di decadenza di cui all'art. 6 della l. n. 604 del 1966.

martedì 10 dicembre 2019

Come sono disciplinati i buoni pasto?




Ministero dello sviluppo economico DM 07/06/2017, n. 122

Art. 1.  Ambito di applicazione e finalità
1.  Con il presente decreto sono individuati gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili, al fine di garantire la libera ed effettiva concorrenza nel settore, l'equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici, ed un efficiente servizio ai consumatori.
Art. 2.  Definizioni
1.  Ai fini del presente decreto si intende:
a)  per attività di emissione di buoni pasto, l'attività finalizzata a rendere, per il tramite di esercizi convenzionati, il servizio sostitutivo di mensa aziendale;
b)  per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo dei buoni pasto, le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo effettuate dagli esercenti le attività elencate all'articolo 3;
c)  per buono pasto, il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all'articolo 4, che attribuisce, al titolare, ai sensi dell'articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all'esercizio convenzionato, il mezzo per provare l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
d)  per società di emissione, l'impresa che svolge l'attività di emissione di buoni pasto, legittimata all'esercizio, previa segnalazione certificata di inizio attività attestante il possesso dei requisiti richiesti di cui al comma 3 dell'articolo 144 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, trasmessa, ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al Ministero dello sviluppo economico;
e)  per esercizi convenzionati, gli esercizi presso i quali i soggetti esercenti le attività elencate all'articolo 3 in forza di apposita convenzione con la società di emissione, provvedono ad erogare il servizio sostitutivo di mensa;
f)  per cliente, il datore di lavoro che acquista dalla società di emissione i buoni pasto al fine di erogare il servizio sostitutivo di mensa ai soggetti di cui alla lettera g);
g)  per titolare, il prestatore di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, nonché il soggetto che abbia instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato, al quale, ai sensi delle norme vigenti e dei contratti collettivi di lavoro, vengono assegnati i buoni pasto e che, pertanto, è titolato ad utilizzarli;
h)  per valore facciale, il valore della prestazione indicato sul buono pasto, inclusivo dell'imposta sul valore aggiunto di cui all'articolo 6.


Art. 3.  Esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa
1.  Il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), è erogato dai soggetti legittimati ad esercitare:
a)  la somministrazione di alimenti e bevande ai sensi della legge 25 agosto 1991, n. 287;
b)  l'attività di mensa aziendale ed interaziendale;
c)  la vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114;
d)  la vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari previa iscrizione all'Albo di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443;
e)  la vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai propri fondi effettuata, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 8-bis, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, dagli imprenditori agricoli, dai coltivatori diretti e dalle società semplici esercenti l'attività agricola, iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile;
f)  nell'ambito dell'attività di agriturismo di cui alla legge 20 febbraio 2006, n. 96, la somministrazione di pasti e bevande, costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, presso la propria azienda;
g)  nell'ambito dell'attività di ittiturismo, la somministrazione di pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attività di pesca, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, della legge 20 febbraio 2006, n. 96, da parte di imprenditori ittici;
h)  la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, anche trasformati, nei locali adiacenti a quelli di produzione nel caso di soggetti esercenti l'attività di produzione industriale.
2.  Ai fini delle attività di cui al comma 1, resta ferma la necessità del rispetto dei requisiti igienico sanitari prescritti dalla normativa vigente.

Art. 4.  Caratteristiche dei buoni pasto
1.  Ai sensi del presente decreto i buoni pasto:
a)  consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;
b)  consentono all'esercizio convenzionato di provare documentalmente l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;
c)  sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l'orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;
d)  non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;
e)  sono utilizzabili esclusivamente per l'intero valore facciale.
2.  I buoni pasto in forma cartacea devono riportare:
a)  il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;
b)  la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;
c)  il valore facciale espresso in valuta corrente;
d)  il termine temporale di utilizzo;
e)  uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell'esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;
f)  la dicitura «Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare».
3.  Nei buoni pasto in forma elettronica:
a)  le indicazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 2 sono associate elettronicamente ai medesimi in fase di memorizzazione sul relativo carnet elettronico;
b)  la data di utilizzo del buono pasto e i dati identificativi dell'esercizio convenzionato presso il quale il medesimo è utilizzato di cui alla lettera e) del comma 2, sono associati elettronicamente al buono pasto in fase di utilizzo;
c)  l'obbligo di firma del titolare del buono pasto è assolto associando, nei dati del buono pasto memorizzati sul relativo supporto informatico, un numero o un codice identificativo riconducibile al titolare stesso;
d)  la dicitura di cui alla lettera f) del comma 2 è riportata elettronicamente.
4.  Le società di emissione sono tenute ad adottare idonee misure antifalsificazione e di tracciabilità del buono pasto.
Art. 5.  Contenuto degli accordi
1.  Gli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili contengono i seguenti elementi:
a)  la durata del contratto, le condizioni anche economiche, ed il termine del preavviso per l'eventuale rinegoziazione o la disdetta;
b)  le clausole di utilizzabilità del buono pasto, relative alle condizioni di validità, ai limiti di utilizzo e ai termini di scadenza, specificati in modo espresso ed uniforme;
c)  l'indicazione dello sconto incondizionato riconosciuto alla società emittente dai titolari degli esercizi convenzionati per effetto dell'utilizzo dei buoni pasto presso i medesimi;
d)  l'indicazione del termine di pagamento che la società emittente è tenuta a rispettare nei confronti degli esercizi convenzionati, comunque nell'osservanza di quanto disposto al comma 6 del presente articolo;
e)  l'indicazione del termine, non inferiore a sei mesi dalla data di scadenza del buono pasto, entro il quale l'esercizio convenzionato potrà esigere il pagamento delle prestazioni effettuate;
f)  l'indicazione di eventuali ulteriori corrispettivi riconosciuti alla società emittente, ivi compresi quelli per l'espletamento di servizi aggiuntivi offerti, nel rispetto e nei limiti di cui ai commi 7 e 8.
2.  Gli accordi tra la società di emissione e i titolari degli esercizi convenzionabili contemplano comunque un'offerta di base, senza servizi aggiuntivi, idonea ad assicurare al cliente un servizio completo, ferma restando la libertà della prima di proporre agli esercizi convenzionabili anche servizi aggiuntivi. I bandi di gara si uniformano a quanto precede prescrivendo la presentazione da parte dei concorrenti anche della suddetta offerta di base.
3.  Gli accordi stipulati tra la società di emissione e i titolari degli esercizi convenzionabili non possono negare ai titolari di esercizi convenzionati il pagamento almeno parziale di fatture relative ai buoni pasto presentati a rimborso a fronte di contestazioni parziali, di quantità o valore, relative alla fatturazione dei medesimi.
4.  Gli accordi di cui al presente articolo sono stipulati e possono essere modificati, con specifica accettazione delle parti, esclusivamente in forma scritta, a pena di nullità.
5.  Ai fini dell'attuazione del comma 1, lettera c), è vietato pattuire con gli esercizi convenzionati uno sconto incondizionato più elevato di quello stabilito dalla società emittente in sede di offerta ai fini dell'aggiudicazione o in sede di conclusione del contratto con il cliente. Lo sconto incondizionato remunera tutte le attività necessarie e sufficienti al corretto processo di acquisizione, erogazione e fatturazione del buono pasto.
6.  Ai termini di pagamento di cui al comma 1, lettera d), si applicano le disposizioni del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, come modificato dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192.
7.  Nell'ambito dei contratti di convenzionamento, ai fini della partecipazione alle gare, nonché della valutazione di congruità delle relative offerte economiche, possono essere considerati come servizi aggiuntivi solo quelli che consistono in prestazioni ulteriori rispetto all'oggetto principale della gara e abbiano un'oggettiva e diretta connessione intrinseca con l'oggetto della gara.
8.  E' vietato addebitare agli esercenti convenzionati costi diversi dallo sconto incondizionato e dai corrispettivi per prestazioni o servizi aggiuntivi eventualmente acquistati.
9.  Resta ferma la facoltà dei titolari degli esercizi convenzionabili di non aderire alla proposta di prestazioni aggiuntive.
10.  In caso di mancato convenzionamento a seguito della non adesione alla proposta di prestazioni aggiuntive resta ferma l'applicabilità, ove sussistano i presupposti, degli articoli 1341 e 2598, primo comma, numero 3), del codice civile. Nel caso di procedura ad evidenza pubblica, accordi che prevedono un tale obbligo di adesione, o comunque di fatto lo determinino, costituiscono causa di risoluzione del contratto tra la stazione appaltante e la società di emissione.
Art. 6.  Disposizioni finali
1.  Il valore facciale del buono pasto è comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto prevista per le somministrazioni al pubblico di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo. Le variazioni dell'imposta sul valore aggiunto lasciano inalterato il contenuto economico dei contratti già stipulati, ferma restando la libertà delle parti di addivenire alle opportune rinegoziazioni per ristabilire l'equilibrio del rapporto.
2.  Il Ministero dello sviluppo economico, in collaborazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'Autorità nazionale anticorruzione, previe apposite consultazioni, effettua il monitoraggio degli effetti del presente decreto al fine della verifica dell'efficacia del medesimo.
3.  In relazione al monitoraggio da verificare entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere adottate disposizioni integrative e correttive, ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400.


lunedì 9 dicembre 2019


In caso di licenziamento collettivo cosa determina la violazione della quota di riserva dei disabili?

Cass. 15/10/2019, n. 26029

Nel caso di licenziamento collettivo, la violazione della quota di riserva prescritta dall'art. 3 della l. n. 68 del 1999 rientra nell'ipotesi di "violazione dei criteri di scelta" in quanto assunti in contrasto con espressa previsione legale, ai sensi dell'art. 5, comma 3, della l. n. 223 del 1991, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria ex art. 18, comma 4, st.lav. novellato, quale opzione interpretativa rispettosa del dettato normativo e conforme alla finalità della disciplina - anche sovranazionale - in materia, posta a speciale protezione del disabile.

sabato 7 dicembre 2019


Cosa rientra nel danno biologico?



Cass. 29/11/2019, n. 31272


In ordine al danno non patrimoniale da lesione della salute, il danno biologico, rappresentato dall'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato, è pregiudizio ontologicamente diverso dal cd. danno morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, con la conseguenza che, ove dedotto e provato, tale ultimo danno deve formare oggetto di separata valutazione e liquidazione.

giovedì 5 dicembre 2019

Quando si ha licenziamento ritorsivo?


Cass. 02/12/2019, n. 31395

In ordine al licenziamento nullo perché ritorsivo, il motivo illecito addotto ex art. 1345 c.c. deve essere determinante, ossia costituire l'unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale. Ne deriva che la verifica dei fatti allegati dal lavoratore, ai fini all'applicazione della tutela prevista dall'art. 18, comma 1, della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) novellato dalla legge n. 92 del 2012, richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento.

mercoledì 4 dicembre 2019

La comunicazione finale deve indicare i criteri utilizzati per il licenziamento collettivo?





Tribunale Civitavecchia Sez. lavoro, Sent., 20-03-2019




Sul punto si osserva che la Corte di Cassazione ha affermato che "non sussiste alcun principio di supposta "autosufficienza" della comunicazione finale, importando esclusivamente che in essa il datore di lavoro provveda a specificare le modalità applicative dei criteri di scelta di cui abbia offerto "puntuale indicazione" nella comunicazione preventiva di inizio della procedura, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perché lui, e non altri dipendenti, sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l'illegittimità della misura espulsiva (Cass. 6 giugno 2011, n. 12196; Cass. 26 agosto 2013, n. 19576; Cass. 24 ottobre 2017, n. 25152)"

martedì 3 dicembre 2019

Quando spettano i buoni pasto nel pubblico impiego?





Cass. 28/11/2019, n. 31137

Nel pubblico impiego contrattualizzato l'effettuazione della pausa pranzo è condizione per l'attribuzione del buono pasta e tale effettuazione, a sua volta presuppone, come regola generale, che il lavoratore osservi in concreto un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore (oppure altro orario superiore minimo indicato dalla contrattazione collettiva), sicché la suddetta attribuzione compete solo per le giornate in cui si verifichino le suindicate condizioni (art. 8, D.Lgs. n. 66 del 2003). Del resto, l'istituto dei buoni pasta è stato introdotto nel nostro ordinamento per favorire l'estensione dell'orario di lavoro europeo nelle Amministrazioni pubbliche nazionali, onde incrementarne l'efficienza, la fruibilità dei servizi, i rapporti interni ed esterni. Ne consegue che i buoni pasta non possono essere attribuiti ai lavoratori che nella qualità di destinatari delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità contenute nel D.Lgs. n. 151 del 2001 osservano in concreto un orario giornaliero effettivo inferiore alle suddette sei ore. Infatti, con riguardo ai buoni pasto, non può valere l'equiparazione dei periodi di riposo di cui al comma 1 dell'art. 39 del D.Lgs. n. 151 del 2001 alle ore lavorative, come si desume agevolmente dal comma 2 dello stesso art. 39, ove si precisa che la suddetta equiparazione vale "agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro". L'attribuzione dei buoni pasto, non riguarda né la durata né la retribuzione del lavoro essendo finalizzata a compensare l'estensione dell'orario lavorativo disposta dalla P.A. (per le suindicate finalità) con una agevolazione di carattere assistenziale diretta a consentire agli interessati il recupero delle proprie energie psico-fisiche.

lunedì 2 dicembre 2019

La contrattazione collettiva può escludere gli straordinari dal computo del TFR?

Cass. 25/09/2019, n. 23932


La prestazione di lavoro straordinario deve ritenersi positivamente esclusa e non computabile ai sensi dell'art. 2120 c.c. ove sussista una chiara volontà ad excludendum espressa dalle parti contrattuali. Ai fini del calcolo del T.F.R., invero, i criteri di quantificazione della retribuzione annua fissati dall'art. 2120 c.c., così sostituito dalla L. n. 297 del 1982, la cui ratio è quella di ricomprendere tutti gli elementi retributivi a carattere non occasionale, possono essere derogati dalla normativa collettiva intervenuta successivamente all'entrata in vigore della norma di legge.

sabato 30 novembre 2019

In caso di licenziamento collettivo cosa determina la violazione delle quote ex l. 68 del 1999?



Cass. 15/10/2019, n. 26029




Nel caso di licenziamentocollettivo, la violazione della quota di riserva prescritta dall'art. 3 della l. n. 68 del 1999 rientra nell'ipotesi di "violazione dei criteri di scelta" in quanto assunti in contrasto con espressa previsione legale, ai sensi dell'art. 5, comma 3, della l. n. 223 del 1991, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria ex art. 18, comma 4, st.lav. novellato, quale opzione interpretativa rispettosa del dettato normativo e conforme alla finalità della disciplina - anche sovranazionale - in materia, posta a speciale protezione del disabile. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 14/12/2017)

giovedì 28 novembre 2019

In caso di definitività del ruolo per mancata opposizione il termine di prescrizione diviene decennale o resta pari a quello del credito sottostante?



Cass. 22/11/2019, n. 30608




Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancita per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti, in ogni modo denominati, di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra-tributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione sostanziale più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

mercoledì 27 novembre 2019

Come deve essere determinata la proporzionalità del licenziamento rispetto all'addebito?

Cass. 22/11/2019, n. 30558

Al fine di stabilire se sussista la giusta causa di licenziamento e se sia stata rispettata la regola (art. 2106 cod. civ.) della proporzionalità della sanzione, occorre accertare in concreto se, in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso tra le parti, alla posizione che in esso abbia avuto il prestatore d'opera e, quindi, alla qualità e al grado del particolare vincolo di fiducia che quel rapporto comportava, la specifica mancanza commessa dal dipendente, considerata e valutata non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nella sua portata soggettiva, specie con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è posta in essere, ai suoi modi, ai suoi effetti e all'intensità dell'elemento psicologico dell'agente, risulti idonea a ledere in modo grave, cosi da farla venir meno, la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente e tale, quindi, da esigere l'applicazione di una sanzione non minore di quella massima.

lunedì 25 novembre 2019

La mancata assunzione del datore disabile quale sanzione pecuniaria comporta?

Art. 15 L 12/03/1999, n. 68 comma 4 

4. Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui insorge l'obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie di cui all'articolo 1, per ogni giorno lavorativo durante il quale risulti non coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la quota dell'obbligo di cui all'articolo 3, il datore di lavoro stesso è tenuto al versamento, a titolo di sanzione amministrativa, al Fondo di cui all'articolo 14, di una somma pari a cinque volte la misura del contributo esonerativo di cui all'articolo 5, comma 3-bis al giorno per ciascun lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima giornata.


L'art. 5 comma 3 bis prevede:


3-bis. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per mille possono autocertificare l'esonero dall'obbligo di cui all'articolo 3 per quanto concerne i medesimi addetti e sono tenuti a versare al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili di cui all'articolo 13 un contributo esonerativo pari a 30,64 euro per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore con disabilità non occupato.

venerdì 22 novembre 2019


L'art. 36 comma 1 della Costituzione è applicabile per la determinazione del compenso dei lavoratori autonomi?

Cass. 12/11/2019, n. 29212

In tema di professioni intellettuali, l'art. 2233 c.c. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest'ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all'art. 36, comma 1 Cost., applicabili soltanto ai rapporti di lavoro subordinato.

giovedì 21 novembre 2019

Entro quali limiti si estende l'obbligo del datore di lavoro di adottare misure di sicurezza?


cass. 18/11/2019, n. 29879
La sentenza impugnata, inoltre, non ha affatto motivato in ordine alla ritenuta circostanza che la C. non avesse abitualmente il compito di custodire i denari inerenti i pagamenti del pernottamento degli studenti, circostanza di per sè idonea a configurare una pericolosità della mansione, rilevante ex art. 2087 c.c. Ed invero deve rimarcarsi che l'adozione di particolari misure di sicurezza (cd. innominate) viene in rilievo con riferimento a condizioni lavorative obiettivamente (anche solo potenzialmente) pericolose (cfr. Cass. n. 25883/08), avendo questa Corte affermato che un tale obbligo sussiste, ad esempio, per i lavoratori che, in quanto in possesso temporaneo di somme di denaro, sono esposti al rischio di rapina/lesioni, così come nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione di somme di denaro.

mercoledì 20 novembre 2019

In caso di licenziamento e delibera di esclusione del socio  a chi spetta la competenza a conoscere della causa?


Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 29/07/2016, n. 15798 (rv. 640686)

Qualora i rapporti di lavoro e mutualistico del socio lavoratore di cooperativa vengano risolti per ragioni che attengono essenzialmente al contratto di lavoro (nella specie il superamento del periodo di comporto), l'impugnativa del licenziamento accompagnata dalla domanda di accertamento dell'inesistenza o invalidità del rapporto associativo configurano un'ipotesi di connessione di cause, una con riflessi sul rapporto societario, l'altra su quello lavorativo, che determina la competenza del giudice del lavoro in forza dell'art. 40, comma 3, c.p.c.. (Regola competenza)



Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 06/10/2015, n. 19975 (rv. 637380)

Qualora il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa venga risolto per due cause concorrenti che traggono origine da una stessa condotta, incidente sia sugli obblighi statutari che sui doveri di correttezza, buona fede e lealtà del lavoratore, il concorso dell'impugnativa della delibera di esclusione e del provvedimento di licenziamento configura un'ipotesi di connessione di cause, una con riflessi sul rapporto mutualistico, l'altra su quello lavorativo, che determina la competenza del giudice del lavoro in forza dell'art. 40, comma 3, c.p.c. (Regola competenza)



Cass. 21/11/2014, n. 24917 (rv. 633590)

Qualora il rapporto di lavoro del socio lavoratore di cooperativa venga risolto per motivi riguardanti la violazione degli obblighi statutari e per l'asserita necessità di esternalizzare parte dell'attività di impresa, l'impugnativa della delibera e del concorrente atto di licenziamento configura un'ipotesi di connessione di cause, aventi ad oggetto il rapporto mutualistico e quello lavorativo, sicché, in tale caso, in forza dell'art. 40, terzo comma, cod. proc. civ., è competente il giudice del lavoro. (Regola competenza)





martedì 19 novembre 2019

Entro quali limiti opera la responsabilità del datore di lavoro per infortunio?


Cass. 06/11/2019, n. 28516


Non può esigersi da parte del datore di lavoro la predisposizione di misure idonee a fronteggiare le cause di infortunio imprevedibili, dovendosi escludere che la responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell'art. 2087 c.c. configuri un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto detta responsabilità va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento

lunedì 18 novembre 2019

Quando spettano gli emolumenti per mansioni superiori nel pubblico impiego?


Cass. 13-11-2019, n. 29421

Infatti, secondo quanto si desume dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 4, il diritto alla percezione degli emolumenti relativi allo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento può aversi solo allorquando vi sia "effettiva prestazione". La norma citata riguarda in effetti il caso di valida assegnazione, ma è intrinseco alla fattispecie il fatto che analoga regola valga anche per la assegnazione (nulla) a mansioni superiori ai sensi del successivo comma 5 medesimo art. 52.

La mera attitudine o competenza astratta a svolgere tutte le fasi del processo di assegnazione, su cui alla fine fa leva la sentenza, se poi se ne siano di fatto svolte solo alcune, non è dunque idonea al riconoscimento del diritto rivendicato.

sabato 16 novembre 2019

Come si determina la proporzionalità del licenziamento per giusta causa?





Cass. 11/11/2019, n. 29090

In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza. Spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all'assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo. Anche qualora si riscontri l'astratta corrispondenza dell'infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente, il giudice è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta, tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda, con giudizio che, se sorretto da adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità.

giovedì 14 novembre 2019

Quando si realizza la manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento per gmo?

Cass. 11/11/2019, n. 29105

In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la verifica del requisito della "manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento", previsto dall'art. 18, comma 7 della L. 20 maggio 1970 n. 300, come novellato dalla L. 28 giugno 2012 n. 92, concerne entrambi i presupposti di legittimità del recesso e, quindi, sia le ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, sia l'impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (c.d. "repechage"); fermo l'onere della prova che grava sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 5 della L. 15 luglio 1966 n. 604, la "manifesta insussistenza" va riferita ad una evidente, e facilmente verificabile sul piano probatorio, assenza dei suddetti presupposti, che consenta di apprezzare la chiara pretestuosità del recesso.

mercoledì 13 novembre 2019

Entro che limiti opera la responsabilità solidale del committente?


Cass. 06/11/2019, n. 28517


Va esclusa la responsabilità solidale del committente, ex art. 29, D.Lgs. n. 276 del 2003, in relazione agli importi dovuti dal datore di lavoro per ore di lavoro convenute nei contratti di lavoro individuale e collettivo ma non prestate per unilaterale riduzione, da parte del datore, dell'orario lavorativo. Detta responsabilità solidale è, invero, prevista per i soli crediti di natura retributiva e contributiva - espressione questa da interpretarsi in maniera rigorosa, nel senso della natura strettamente retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere ai propri dipendenti - ma giammai per quelli di natura risarcitoria conseguenti ad illegittima unilaterale riduzione dell'orario lavorativo.



martedì 12 novembre 2019

In caso di dimissioni   durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento vanno sempre riferite alla maternità?

Tribunale Bergamo, 14/11/2013

Ritiene questo giudice di dover aderire all'orientamento assolutamente maggioritario in giurisprudenza, secondo cui la previsione dell'art. 55, comma 1, D.Lgs. n. 151/2001 configura una presunzione iuris et de iure, in base alla quale tutte le dimissioni rese entro un anno dalla nascita del bambino avrebbero come motivazione proprio la maternità. La norma non richiede affatto alcuna verifica delle motivazioni sottese alla scelta della lavoratrice, sicché la corresponsione delle indennità contrattuali e di legge (nel caso di specie l'indennità sostitutiva del preavviso) prescinde da un simile accertamento

In base all'art. 55 del Dlgs 151 del 2001:


1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso. (80)

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità.

lunedì 11 novembre 2019

In caso di dichiarazione di illegittimità del licenziamento l'Inps può richiedere la restituzione dell'indennità di disoccupazione?


Cass. 04/11/2019, n. 28295

A fronte della dichiarazione di illegittimità del licenziamento e con il ripristino del rapporto per effetto della reintegrazione, le indennità di disoccupazione potranno e dovranno essere chieste in restituzione dall'Istituto previdenziale, essendone venuti meno i presupposti, così non potendo, peraltro, le stesse essere detratte dalle somme cui il datore di lavoro è stato condannato ai sensi dell'art. 18, legge n. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori).

sabato 9 novembre 2019

Come è disciplinato il sistema nazionale di certificazione delle competenze?

In base all'art. 3 del Dlgs 13 del 2013

Art. 3 Sistema nazionale di certificazione delle competenze

1. In linea con gli indirizzi dell'Unione europea, sono oggetto di individuazione e validazione e certificazione le competenze acquisite dalla persona in contesti formali, non formali o informali, il cui possesso risulti comprovabile attraverso riscontri e prove definiti nel rispetto delle linee guida di cui al comma 5.


2. L'ente titolato può individuare e validare ovvero certificare competenze riferite alle qualificazioni ricomprese, per i rispettivi ambiti di titolarità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f), in repertori codificati a livello nazionale o regionale secondo i criteri di referenziazione al Quadro europeo delle qualificazioni, o a parti di qualificazioni fino al numero totale di competenze costituenti l'intera qualificazione. Fatto salvo quanto disposto dal presente decreto, per quanto riguarda le università si fa rinvio a quanto previsto dall'articolo 14, comma 2 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.


3. Sono oggetto di certificazione unicamente le competenze riferite a qualificazioni di repertori ricompresi nel repertorio nazionale di cui all'articolo 8, fatto salvo quanto previsto all'articolo 11.


4. Il sistema nazionale di certificazione delle competenze opera nel rispetto dei seguenti principi:

a) l'individuazione e validazione e la certificazione delle competenze si fondano sull'esplicita richiesta della persona e sulla valorizzazione del suo patrimonio di esperienze di vita, di studio e di lavoro. Centralità della persona e volontarietà del processo richiedono la garanzia, per tutti i cittadini, dei principi di semplicità, accessibilità, trasparenza, oggettività, tracciabilità, riservatezza del servizio, correttezza metodologica, completezza, equità e non discriminazione;
b) i documenti di validazione e i certificati rilasciati rispettivamente a conclusione dell'individuazione e validazione e della certificazione delle competenze costituiscono atti pubblici, fatto salvo il valore dei titoli di studio previsto dalla normativa vigente;
c) gli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze, nel regolamentare e organizzare i servizi ai sensi del presente decreto, operano in modo autonomo secondo il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale e nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e delle università, organicamente nell'ambito della cornice unitaria di coordinamento interistituzionale e nel dialogo con il partenariato economico e sociale;
d) il raccordo e la mutualità dei servizi di individuazione e validazione e certificazione delle competenze si fonda sulla piena realizzazione della dorsale unica informativa di cui all'articolo 4, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92, mediante la progressiva interoperatività delle banche dati centrali e territoriali esistenti e l'istituzione del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali;
e) l'affidabilità del sistema nazionale di certificazione delle competenze si fonda su un condiviso e progressivo sistema di indicatori, strumenti e standard di qualità su tutto il territorio nazionale.



5. Alla verifica del rispetto dei livelli di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, nel rispetto dei principi di terzietà e indipendenza, provvede un comitato tecnico nazionale, istituito con il presente decreto senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, presieduto dai rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, composto dai rappresentanti del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze e delle amministrazioni pubbliche, centrali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano in qualità di enti pubblici titolari ai sensi del presente decreto legislativo. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, le amministrazioni componenti designano i propri rappresentanti tecnici in seno al comitato. Ai componenti del comitato non è corrisposto alcun compenso, emolumento, indennità o rimborso spese. Nell'esercizio dei propri compiti, il comitato propone l'adozione di apposite linee guida per l'interoperatività degli enti pubblici titolari e delle relative funzioni prioritariamente finalizzate:

a) alla identificazione degli indicatori, delle soglie e delle modalità di controllo, valutazione e accertamento degli standard minimi di cui al presente decreto, anche ai fini dei livelli essenziali delle prestazioni e della garanzia dei servizi;
b) alla definizione dei criteri per l'implementazione del repertorio nazionale di cui all'articolo 8, anche nella prospettiva del sistema europeo dei crediti per l'istruzione e la formazione professionale, e per l'aggiornamento periodico, da effettuarsi almeno ogni tre anni;
c) alla progressiva realizzazione e raccordo funzionale della dorsale informativa unica di cui all'articolo 4, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Il comitato organizza periodici incontri con le parti economiche e sociali al fine di garantire informazione e partecipazione nelle fasi di elaborazione delle linee guida, anche su richiesta delle parti stesse.



6. Le linee guida di cui al comma 5 sono adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza unificata a norma dell'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentite le parti economiche e sociali.

giovedì 7 novembre 2019

Cosa si intende per apprendimento formale nel dlgs 2013 n. 13?

In base all'art. 2 del Dlgs 13 del 2013:

«apprendimento formale»: apprendimento che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, conseguiti anche in apprendistato, o di una certificazione riconosciuta, nel rispetto della legislazione vigente in materia di ordinamenti scolastici e universitari;

mercoledì 6 novembre 2019

In caso di sproporzione del licenziamento per giusta causa è prevista la reintegra ai sensi dell'art. 18 della legge 300 del 1970?



cass. 31/10/2019, n. 28098

L'assenza di specifica tipizzazione della condotta addebitata al lavoratore osta, alla luce del novellato comma 5 dell'art. 18, L. n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori) all'applicazione della pienezza della tutela reale, dovendosi fare applicazione della sola tutela indennitaria. Nella ricostruzione sistematica delle previsioni di cui all'art. 18, commi 4 e 5, L. n. 300 citata, come modificato dalla legge n. 92 del 2012, si afferma, invero, che la valutazione di non proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato ed accertato rientra nel comma 4 dell'art. 18 solo nell'ipotesi in cui lo scollamento tra la gravità della condotta realizzata e la sanzione adottata risulti dalle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, che ad essa facciano corrispondere una sanzione conservativa. Al di fuori di tale caso, la sproporzione tra la condotta e la sanzione espulsiva rientra nelle "altre ipotesi" in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, per le quali il comma 5 dell'art. 18 prevede la tutela indennitaria cd. forte.

martedì 5 novembre 2019


Quale è il trattamento fiscale dei lavoratori tenuti per contratto all'espletamento di attività lavorative in luoghi sempre diversi previsto dall'art. 51 comma 6 del DPR 22/12/1986, n. 917 (cd trasfertisti)?

Secondo la Cassazione 14/08/2019, n. 21410

In materia di trattamento contributivo dell'indennità di trasferta, l'art. 51, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, secondo l'interpretazione autentica di cui all'art. 7 quinquies del d.l. n. 193 del 2016, conv., con modif., in l. n. 225 del 2016, si applica ai lavoratori per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione "in misura fissa", requisito da accertare non solo in base al concreto andamento dei pagamenti attuati o pattuiti dalle parti, ma anche in forza dei relativi obblighi imposti dalla disciplina della contrattazione collettiva. 

NB



In forza dell'art. 51 comma 6 del DPR 22/12/1986, n. 917:


6. Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, i premi agli ufficiali piloti dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare di cui all’ articolo 1803 del codice dell’ordinamento militare, i premi agli ufficiali piloti del Corpo della Guardia di finanza di cui all’ articolo 2161 del citato codice, nonché le indennità di cui all'articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229 concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare . Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, possono essere individuate categorie di lavoratori e condizioni di applicabilità della presente disposizione.


Secondo l'interpretazione autentica del DL 22/10/2016, n. 193


Art. 7-quinquies. Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti 

1. Il comma 6 dell'articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si interpreta nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni:

a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;
b) lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;
c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.



2. Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell'articolo 51 del testo unico di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51.



lunedì 4 novembre 2019

L'indennità sostitutiva per ferie non godute ha natura retributiva?





Tribunale Civitavecchia Sez. lavoro Sent., 19/09/2019




L'indennità sostitutiva delle ferie non godute si configura come emolumento di natura retributiva, essendo posta in relazione al lavoro prestato con violazione di norme a tutela del lavoratore e per il quale il lavoratore ha in ogni caso diritto alla retribuzione e, secondo i criteri generali, l'onere probatorio si ripartisce esclusivamente facendo riferimento alla posizione processuale, restando rispettivamente a carico di chi vuol far valere un diritto ovvero di chi ne contesti l'esistenza, la estinzione o la modifica.

venerdì 1 novembre 2019

Nella determinazione del danno da infortunio cagionato dal datore di lavoro come devono essere utilizzate le cd. tabelle milanesi?


Cass. 29/10/2019, n. 27727

Le tabelle milanesi di liquidazione del danno non patrimoniale si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità, atte quindi a circoscrivere la discrezionalità dell'organo giudicante, sicché costituiscono un criterio guida e non una normativa di diritto. Da tanto consegue che il discostamento dai limiti massimi di incremento percentuale previsti dalle dette tabelle non costituisce intrinseca espressione della errata determinazione dell'importo liquidato laddove questo sia ancorato all'accertamento in ordine all’eccezionalità delle conseguenze connesse all'infortunio riportate dal lavoratore sul piano esistenziale e, quindi, trovi il suo fondamento nella esigenza di ristoro integrale del pregiudizio subito, sia pure attraverso il criterio equitativo.

mercoledì 30 ottobre 2019

Come si raggiunge la prova della discriminazione indiretta secondo la Corte di Giustizia Europea?


Corte giustizia Unione Europea Sez. III, 03/10/2019, n. 274/18

La valutazione dei fatti che consentono di presumere l'esistenza di una discriminazione indiretta è una questione di competenza dell'organo giurisdizionale nazionale, secondo il diritto o la prassi nazionale, che possono prevedere, in particolare, che la discriminazione indiretta sia accertata con qualsiasi mezzo, compresa l'evidenza statistica. In merito ai dati statistici, spetta al giudice del rinvio prendere in considerazione l'insieme dei lavoratori assoggettati alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento. Il miglior metodo di comparazione consiste nel comparare le proporzioni rispettive dei lavoratori che sono e che non sono colpiti dalla norma in questione nell'ambito della mano d'opera maschile e le medesime proporzioni nell'ambito della mano d'opera femminile. A tal riguardo, spetta al giudice nazionale valutare in qual misura i dati statistici prodotti dinanzi ad esso, che caratterizzano la situazione della mano d'opera, siano validi e se possano essere presi in considerazione, vale a dire se, in particolare, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se, in generale, appaiano significativi.

martedì 29 ottobre 2019

Come è disciplinato il sistema delle ritenute e delle compensazioni negli appalti dal DL 124 del 2019?




Art. 4. Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dell'illecita somministrazione di manodopera

1. Al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dopo l'articolo 17 è inserito il seguente:
“Art. 17-bis (Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dell'illecita somministrazione di manodopera). - 1. In deroga alla disposizione di cui all'articolo 17, comma 1, i soggetti di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, residenti ai fini delle imposte dirette nello Stato, ai sensi degli articoli 2, comma 2, 5, comma 3, lettera d), e 73, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che affidano il compimento di un'opera o di un servizio a un'impresa sono tenuti al versamento delle ritenute di cui agli articoli 23 e 24 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, 50, comma 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, e 1, comma 5, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, trattenute dall'impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici, ai lavoratori direttamente impiegati nell'esecuzione dell'opera o del servizio.
2. L'obbligo di cui al comma 1 è relativo a tutte le ritenute fiscali operate dall'impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici, nel corso di durata del contratto, sulle retribuzioni erogate al personale direttamente impiegato nell'esecuzione delle opere o dei servizi affidati.
3. L'importo corrispondente all'ammontare complessivo del versamento dovuto è versato dall'impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici al committente con almeno cinque giorni lavorativi di anticipo rispetto alla scadenza del versamento stesso di cui al successivo articolo 18, comma 1, su specifico conto corrente bancario o postale comunicato dal committente all'impresa affidataria o appaltatrice e da quest'ultima alle imprese subappaltatrici.
4. Il committente che ha ricevuto le somme necessarie all'effettuazione del versamento lo esegue, senza possibilità di utilizzare in compensazione proprie posizioni creditorie, entro il termine previsto dall'articolo 18 e con le modalità previste dall'articolo 19, in luogo del soggetto che ha effettuato le ritenute ed indicando nella delega di pagamento il codice fiscale dello stesso quale soggetto per conto del quale il versamento è eseguito.
5. Entro il termine di cui al comma 3, al fine di consentire al committente il riscontro dell'ammontare complessivo degli importi ricevuti con le trattenute effettuate dalle imprese, queste trasmettono tramite posta elettronica certificata al committente e, per le imprese subappaltatrici, anche all'impresa appaltatrice:
a) un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell'esecuzione di opere e servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell'opera o del servizio affidato, l'ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione ed il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di detto lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente;
b) tutti i dati utili alla compilazione delle deleghe di pagamento necessarie per l'effettuazione dei versamenti di cui al comma 1;
c) i dati identificativi del bonifico effettuato ai sensi del comma 3.
6. Nel caso in cui alla data di cui al comma 3 sia maturato il diritto a ricevere corrispettivi dall'impresa appaltatrice o affidataria, quest'ultima può allegare alla comunicazione di cui al comma 5 inviata al committente la richiesta di compensazione totale o parziale delle somme necessarie all'esecuzione del versamento delle ritenute effettuate dalla stessa e dalle imprese subappaltatrici con il credito residuo derivante da corrispettivi spettanti e non ancora ricevuti. Il committente procede al versamento con le modalità di cui al comma 4.
7. Le imprese appaltatrici e subappaltatrici restano responsabili per la corretta determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse, nonché per il versamento, senza possibilità di compensazione, laddove entro il termine di cui al comma 3 non abbiano provveduto all'esecuzione del versamento al committente o non abbiano trasmesso la richiesta di cui al comma 6 e non abbiano trasmesso allo stesso i dati di cui al comma 5.
8. I committenti sono responsabili per il tempestivo versamento delle ritenute effettuate dalle imprese appaltatrici e subappaltatrici entro il limite della somma dell'ammontare dei bonifici ricevuti entro il termine di cui al comma 3 e dei corrispettivi maturati a favore delle imprese appaltatrici o affidatarie e non corrisposti alla stessa data, nonché integralmente nel caso in cui non abbiano tempestivamente comunicato all'impresa appaltatrice o affidataria gli estremi del conto corrente bancario o postale su cui effettuare i versamenti di cui al comma 3 o abbiano eseguito pagamenti alle imprese affidatarie, appaltatrici o subappaltatrici, inadempienti.
9. Nel caso in cui le imprese appaltatrici o affidatarie e le imprese subappaltatrici non trasmettano entro il termine di cui al comma 3 e con le modalità indicate nel comma 5 i dati ivi richiesti ovvero non effettuino i bonifici entro il termine di cui al comma 3 o non inviino la richiesta di compensazione di cui al comma 6, ovvero inviino una richiesta di compensazione di cui al comma 6 con crediti inesistenti o non esigibili, il committente deve sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall'impresa appaltatrice o affidataria vincolando le somme ad essa dovute al pagamento delle ritenute eseguite dalle imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera o del servizio, dandone comunicazione entro novanta giorni all'Ufficio dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente nei suoi confronti. In tali casi è preclusa all'impresa appaltatrice o affidataria ogni azione esecutiva finalizzata al soddisfacimento del credito il cui pagamento è stato sospeso, fino a quando non sia stato eseguito il versamento delle ritenute.
10. Laddove entro novanta giorni dal termine di cui al comma 3, le imprese appaltatrici o affidatarie e le imprese subappaltatrici effettuino il versamento di cui al comma 3 al committente o richiedano la compensazione di cui al comma 6 e trasmettano i dati richiesti ai sensi del comma 5, il committente procede al versamento delle somme, perfezionando, su richiesta del soggetto che ha effettuato le ritenute, il ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e addebitando allo stesso gli interessi e le sanzioni versati.
11. Il committente che ha effettuato il pagamento per conto delle imprese appaltatrici o affidatarie e subappaltatrici comunica entro cinque giorni mediante posta elettronica certificata a queste ultime l'effettuazione del pagamento. Le imprese che hanno provveduto al versamento delle ritenute al committente o a richiesta di compensazione con i corrispettivi maturati nei confronti dello stesso e non hanno ricevuto evidenza dell'effettuazione del versamento delle ritenute da parte di quest'ultimo, comunicano tale situazione all'Ufficio dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente nei loro confronti.
12. Le imprese appaltatrici, affidatarie e subappaltatrici possono eseguire direttamente il versamento delle ritenute secondo le procedure previste dagli articoli 17 e 18 comunicando al committente tale opzione entro la data di cui al comma 3 e allegando una certificazione dei requisiti di cui al presente comma, qualora nell'ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista dal comma 3:
a) risultino in attività da almeno cinque anni ovvero abbiano eseguito nel corso dei due anni precedenti complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo superiore a euro 2 milioni;
b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione relativi a tributi e contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000,00, per i quali siano ancora dovuti pagamenti o per i quali non siano stati accordati provvedimenti di sospensione.
13. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, la certificazione di cui al comma 12 è messa a disposizione delle singole imprese dall'Agenzia delle entrate mediante canali telematici e l'autenticità della stessa è riscontrabile dal committente mediante apposito servizio telematico messo a disposizione dall'Agenzia delle entrate.
14. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione sono disciplinate le modalità per il rilascio e il riscontro della certificazione prevista dal comma 12; con ulteriori provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate possono essere disciplinate ulteriori modalità di trasmissione telematica delle informazioni previste dai commi 5 e 6, alternative a quella di cui al comma 5, che consentano anche il tempestivo riscontro delle stesse da parte dell'Agenzia delle entrate.
15. In deroga alla disposizione di cui all'articolo 17, comma 1, per le imprese appaltatrici o affidatarie e le imprese subappaltatrici di cui comma 1 del presente articolo, è esclusa la facoltà di avvalersi dell'istituto della compensazione quale modalità di estinzione delle obbligazioni relative a contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi obbligatori, maturati in relazione ai dipendenti di cui al comma 1. Detta esclusione opera con riguardo a tutti i contributi previdenziali, assistenziali e ai premi assicurativi maturati nel corso di durata del contratto, sulle retribuzioni erogate al personale direttamente impiegato nell'esecuzione delle opere o dei servizi affidati.
16. Il soggetto obbligato in base alle disposizioni di cui al presente articolo che non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, il versamento delle ritenute è soggetto alla sanzione amministrativa di cui all'articolo 13, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
17. Chiunque, obbligato in base alle disposizioni di cui al presente articolo, non esegua, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, il versamento delle ritenute, è punito ai sensi dell'articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, con l'applicazione delle soglie di punibilità ivi previste.”.


2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2020.


3. All'articolo 17, comma sesto, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo la lettera a-quater) è aggiunta la seguente: “a-quinquies) alle prestazioni di servizi, diversi da quelle di cui alle lettere da a) ad a-quater), effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma. La disposizione di cui precedente periodo non si applica alle operazioni effettuate nei confronti di pubbliche amministrazioni e altri enti e società di cui all'articolo 17-ter e alle agenzie per il lavoro disciplinate dal Capo I del Titolo II del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;”.


4. L'efficacia della disposizione di cui al comma 3 è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell'Unione europea, dell'autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.

lunedì 28 ottobre 2019

Quali ragioni giustificano il trasferimento del lavoratore?

Cass. 27345 del 2019

Occorre premettere che, con riguardo sia al lavoro privato (Cass., n. 27226 del 2018), che al pubblico impiego privatizzato (Cass., n. 2143 del 2017), questa Corte ha avuto modo di affermare che il trasferimento per incompatibilità aziendale/ambientale, trovando la sua ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell'unità produttiva/dell'Amministrazione, va ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive, di cui all'art. 2103 cod. civ., piuttosto che, sia pure atipicamente, a ragioni punitive e disciplinari, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento datoriale di trasferimento prescinde dalla colpa (in senso lato) dei lavoratori trasferiti, come dall'osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari. Il trasferimento, peraltro, è subordinato ad una valutazione discrezionale dei fatti che fanno ritenere nociva, per il prestigio ed il buon andamento dell'ufficio, l'ulteriore permanenza dell'impiegato in una determinata sede (citata Cass., n. 2143 del 2017). La sussistenza di una situazione di incompatibilità tra il lavoratore ed i suoi colleghi o collaboratori diretti, che importi tensioni personali o anche contrasti nell'ambiente di lavoro comportanti disorganizzazione e disfunzione, concretizza un'oggettiva esigenza di modifica del luogo di lavoro e va valutata in base al disposto dell'art. 2103 cod. civ., con conseguenza possibilità di trasferimento del lavoratore, sulla base di comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive. Ed infatti, la situazione di incompatibilità riguarda situazioni oggettive o situazioni soggettive valutate secondo un criterio oggettivo, indipendentemente dalla colpevolezza o dalla violazione di doveri d'ufficio del lavoratore, causa di disfunzione e disorganizzazione, non compatibile con il normale svolgimento dell'attività lavorativa (v., Cass., n. 10833 del 2017).

sabato 26 ottobre 2019

Come deve essere effettuato il giudizio per determinare la sussistenza della giusta causa?




Cass. 15/10/2019, n. 26023

Nel caso di giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, ed in particolare dell'elemento fiduciario; la valutazione relativa alla sussistenza del conseguente impedimento alla prosecuzione del rapporto deve essere operata con riferimento non già ai fatti astrattamente considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi ed alla intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica connotazione del rapporto, fermo restando che, nell'ipotesi di dipendenti di istituti di credito, l'idoneità del comportamento contestato a ledere il rapporto fiduciario - rapporto che è più intenso nel settore bancario - deve essere valutata con particolare rigore ed a prescindere dalla sussistenza di un danno effettivo per il datore di lavoro.

giovedì 24 ottobre 2019

In caso di cessione ex art. 2112 cc dichiarata illegittima le retribuzioni erogate dal cessionario estinguono quelle del cedente messo in mora dal lavoratore?


Cass. 21/10/2019, n. 26759


In caso di cessione di ramo d'azienda, ove su domanda del lavoratore ceduto venga giudizialmente accertato che non ricorrono i presupposti di cui all'art. 2112 c.c., le retribuzioni in seguito corrisposte dal destinatario della cessione, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente alla messa a disposizione di questi delle energie lavorative in favore dell'alienante, non producono un effetto estintivo, in tutto o in parte, dell'obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa.

mercoledì 23 ottobre 2019

I servizi di sicurezza aeroportuale rientrano nell'ambito dei dei servizi pubblici essenziali?

Cass. 02/10/2019, n. 24633

I servizi di sicurezza aeroportuale rientrano nell'ambito dei servizi pubblici essenziali indicati nell'art. 1 della legge n. 146 del 1990 ed il diritto di sciopero che interessa tali servizi è esercitato nel rispetto di misure dirette a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire le finalità di cui al comma 2 del medesimo art. 1, con esclusione delle procedure di raffreddamento e conciliazione, nei termini previsti dalla regolamentazione provvisoria del trasporto aereo.

martedì 22 ottobre 2019

Come è disciplinato l'orario del personale viaggiante nel ccnl logistica dal 3 dicembre 2017?

Art. 11 – Orario di lavoro per il personale viaggiante
1. L’orario di lavoro ordinario settimanale dei conducenti è di 39 ore.
L’orario ordinario di lavoro del personale viaggiante è distribuito sino ad un massimo di 6 giorni nell’arco della settimana ed è conguagliabile nell’arco di 4 settimane.
L’azienda è tenuta a comunicare formalmente la distribuzione dell’orario ai dipendenti all’atto dell’assunzione per i nuovi assunti. Altresì l’azienda è tenuta a comunicare ai dipendenti già in servizio la diversa distribuzione setti-manale dell’orario di lavoro ed alle RSA/RSU, OO.SS. stipulanti il presente CCNL e competenti territorialmente.
La durata media della settimana lavorativa non può superare le 48 ore. La durata massima della settimana lavorativa può es-sere estesa a 60 ore solo se su un periodo di 6 mesi, al netto delle giornate non lavorate ma retribuite, la media delle ore di lavoro non supera il limite di 48 ore settimanali.
Agli effetti delle disposizioni del presente articolo si intende per orario di lavoro ogni periodo compreso fra l'inizio e la fine del lavoro durante il quale il lavoratore autista è sul posto di lavoro, a disposizione del datore di lavoro ed esercita le sue fun-zioni o attività ossia:
 il tempo dedicato a tutte le operazioni di autotrasporto; in particolare la guida, il carico e lo scarico, la pulizia e la manu-tenzione tecnica del veicolo, ogni altra operazione volta a garantire la sicurezza del veicolo e del carico o ad adempiere agli obblighi legali o regolamentari direttamente legati al trasporto specifico in corso, incluse la sorveglianza delle opera-zioni di carico e scarico, le formalità amministrative di polizia e di dogana o altro;
 i periodi di tempo durante i quali il lavoratore mobile non può disporre liberamente del proprio tempo e deve rimanere sul posto di lavoro, pronto a svolgere il suo lavoro normale, occupato in compiti connessi all'attività di servizio.
2. Sono esclusi dal computo dell'orario di lavoro i periodi di interruzione dalla guida di cui all'art. 7 del rego-lamento CE 561/06, i riposi intermedi di cui all'articolo 5 del Decreto Legislativo 234/07, i periodi di riposo di cui all'artico-lo 6 del medesimo decreto e i periodi di attesa per i divieti di circolazione. In tali casi il lavoratore mobile ha diritto alla sola indennità di trasferta con esclusione dei casi in cui tali periodi siano fruiti presso la residenza del lavoratore.
3. Per i tempi di disponibilità in cui il lavoratore mobile, pur non dovendo rimanere sul posto di lavoro, deve tenersi a disposizione per rispondere ad eventuali chiamate con le quali gli si chieda di iniziare o di riprendere la guida o di eseguire altri lavori, è dovuto unicamente il trattamento di trasferta. I seguenti periodi si calcolano, ai soli fini retributivi, in ragione del 50% della loro durata per la sola parte che eccede il limite dell’orario ordinario e non concorrono al computo del lavoro straordinario:
a) tempo trascorso in viaggio, per treno, per nave, aereo od altri mezzi di trasporto per la esecuzione dei servizi affidati al lavoratore;
b) tempo di attesa del proprio turno di guida nella cabina dell'autotreno guidato da due conducenti e ripartendo in misura uguale fra di essi il lavoro effettivo in trasferta.
Le disposizioni per l’imbarco su treno o traghetto o per la presenza del secondo conducente assolvono la comunicazione di cui all’art. 3, comma 1 lettera b) del D.LGVO 234/2007.
I periodi di cui sopra potranno essere retribuiti secondo le modalità stabilite dagli accordi di forfettizzazione di cui al succes-sivo comma 8.
4. Le norme previste dal regolamento CE 561/06 devono essere integralmente osservate, senza eccezione alcuna, dal datore di lavoro e dal lavoratore.
5. I tempi di riposo previsti dal contratto non sono cumulabili con quelli previsti dalla legge e dai regolamen-ti e si applica la disposizione più favorevole al lavoratore.
6. Rientrano nei riposi intermedi:
- i tempi per la consumazione dei pasti, che sono di un’ora per le trasferte di durata fino a 15 ore e di 2 ore (un’ora per cia-scuna interruzione) per le trasferte superiori alle 15 ore;
- il tempo minimo previsto dalle norme di legge.
7. Il lavoratore non ha diritto alla retribuzione per i tempi di riposo ed ha diritto alla sola indennità di trasfer-ta nel caso in cui il riposo sia dato fuori dalla propria sede di lavoro o fuori dalla residenza del lavoratore.
8. Ferma restando la durata del lavoro contrattuale, l’eventuale maggior durata dell’orario di lavoro è retri-buita con le maggiorazioni previste per il lavoro straordinario con una delle seguenti modalità:
a) secondo l'attività effettivamente prestata, quale risulta dal Libro unico del lavoro di cui al comma 2 dell'articolo 8 del De-creto Legislativo 234/07 e dalle registrazioni del tachigrafo; le aziende su richiesta dei lavoratori sono tenute a fornire copia della registrazione entro 30 giorni dalla richiesta;
b) secondo quanto previsto da:
- Accordi aziendali
per la definizione, anche forfettaria, dei trattamenti di trasferta e del compenso per il lavoro straordinario; se convenuto nell’ambito di tali accordi, ai fini della determinazione della retribuzione spettante ed in conformità al disposto dell’art. 3, comma 1, lettera a) del D.LGVO 19.11.2007 n. 234, si considera equiparato alla anticipata conoscenza della durata probabile dei periodi di attesa per carico e scarico la situazione in cui in alternativa:
 l’impresa rimetta al lavoratore mobile l’onere di acquisire presso la sede ove lo stesso deve effettuare il carico e/o lo scarico, indicazioni sul periodo di attesa;
 le parti determinino il tempo medio di attesa per le operazioni di carico e scarico riferito alla specifica tipologia di attività svolta dai lavoratori mobili occupati nella medesima impresa. Tali tempi assolveranno l’obbligo di comu-nicazione fino a concorrenza.
- Accordi collettivi territoriali
Gli accordi collettivi territoriali stabiliscono regole per la forfettizzazione che fanno riferimento alle "linee guida" stabili-te fra le parti a livello nazionale. Tali accordi sono stipulati secondo le seguenti modalità.
1) Accordo-quadro territoriale - Definisce, senza determinarne i valori, i parametri di riferimento per gli accordi di forfet-tizzazione. I valori di forfettizzazione saranno determinati a livello aziendale. Per le aziende che occupano meno di 8 dipendenti autisti, salvo che le stesse non applichino accordi aziendali ovvero i parametri di riferimento di cui agli "accordi quadro territoriali", gli accordi territoriali stessi potranno determinare altresì i valori della forfettizza-zione.
Sono comunque fatte salve altre norme di regolazione della materia purché rientrino nella fattispecie di accordi collettivi stipulati fra le parti titolate a norma del presente contratto, conclusi precedentemente alla stipula del pre-sente CCNL.
2) Accordi per servizi omogenei e/o per bacini di traffico - Tali accordi sono stipulati fra le Associazioni datoriali e le OO.SS. stipulanti e firmatarie il presente CCNL, laddove si individuino, a livello territoriale, condizioni oggettivamente omogenee in ragione della tipologia dei servizi, della durata e della qualità delle relazioni e dei bacini di traffico. A fronte di tali condizioni, i valori delle forfettizzazioni saranno individuati all'interno dell'accordo territoriale.
Gli accordi aziendali e territoriali saranno depositati presso le Direzioni del Lavoro e quelle degli Istituti previden-ziali, territorialmente competenti, a norma dell'art. 3, D.L. 318/96, convertito nella legge 29.07.1996, n. 402, affin-ché abbiano piena efficacia anche agli effetti previdenziali come previsto dalla stessa legge.
La forfettizzazione dei trattamenti di trasferta e dei compensi per lavoro straordinario ha la natura e l’efficacia di accordo collettivo.
Sono titolate alla stipulazione degli accordi collettivi suddetti le imprese e le loro associazioni da una parte, le RSU, le RSA, le rappresentanze territoriali delle OO.SS. stipulanti e firmatarie dall’altra.
Gli accordi collettivi si applicano alla totalità del lavoratori dipendenti delle aziende che rientrano nel campo di applicazione degli accordi stessi.
Gli accordi collettivi territoriali si applicano altresì a tutte le imprese ed ai loro dipendenti che, pur non aderendo alle asso-ciazioni ed alle OO.SS. stipulanti, vi abbiano dato adesione volontaria, applicandoli di fatto.
Le imprese che sono tenute all'applicazione degli accordi territoriali, possono derogare agli stessi soltanto con accordi col-lettivi aziendali, conclusi dalle parti titolate a norma del presente articolo.
9. Per l'efficacia di tali accordi si applica agli stessi la seguente clausola di decadenza: "il lavoratore è tenuto, a pena di decadenza, a chiedere il pagamento delle differenze di indennità di trasferta e di compenso per lavoro straordinario che ritenga dovute, derivanti dal presente accordo, nel termine perentorio di sei mesi dalla data in cui riceve i compensi ai titoli suddetti".
Gli accordi di cui sopra dovranno essere firmati per adesione dai lavoratori interessati.
10. Al personale viaggiante si applicano i limiti sul lavoro straordinario previsti dagli articoli 11 e 11bis e non si applicano i limiti annuali, settimanali e giornalieri previsti dagli articoli sul lavoro straordinario relativi al personale non viaggiante.
11. In aggiunta alle 4 festività abolite spettanti ai sensi dell'art. 14 del presente CCNL, al personale viaggiante sono riconosciute, a decorrere dal 1 luglio 2000, 4,5 giornate di permesso retribuito in ragione di anno di servizio o frazione di esso.
Le suddette giornate vengono riproporzionate su base annua in rapporto alle assenze non retribuite (assenze facoltative post-partum, aspettativa ecc.).
Per gli anni 2014 e 2015 le 4,5 giornate di permesso retribuito di cui al presente comma, in luogo della fruizione, saranno obbligatoriamente monetizzate in ragione del 75% del valore corrispondente. Tale importo sarà erogato in via anticipata nel mese di febbraio di ciascun anno di vigenza contrattuale, salvo eventuali conguagli.
La disposizione in esame ha validità fino alla scadenza del presente contratto. Entro e non oltre il 31 ottobre 2015 le parti si incontreranno per verificare le condizioni di prosieguo del presente provvedimento.
12. Al personale addetto ai servizi di trasloco diverso dal conducente, per il tempo in viaggio e l'eventuale tempo di presenza a disposizione, si applicano per analogia le norme del presente articolo. Le condizioni di migliore favore di cui ai commi precedenti sono assorbite fino a concorrenza.
13. Le parti convengono che durante la vigenza del presente contratto potrà essere concordato a livello azien-dale una specifica indennità economica per gli autisti inquadrati al 3° livello Super in possesso di particolari abilitazioni.
Nota
Per i "Trasporti speciali" vedi l'art. 45 della presente Parte comune.
Art. 11 bis – Orario di lavoro e modalità di prestazione del personale viaggiante impiegato in mansioni discontinue
1. In deroga a quanto previsto dall’art. 11 comma 1, primo alinea, l’orario di lavoro ordinario settimana-le dei conducenti inquadrati nella qualifica 3 lettere A,B,C e nella qualifica 2 lettere E,F è di 47 ore settimanali, il cui tempo di lavoro effettivo non coincide con i tempi di presenza a disposizione in ragione di oggettivi vincoli di organizza-zione derivanti dalla tipologia dei trasporti, in genere di carattere extraurbano, che comportino assenze giornaliere continuate per le quali spetti l'indennità di trasferta di cui all'art. 62, che utilizza veicoli che rientrano nel campo di applicazione dei re-golamenti CE 561/06 e 165/2014, la cui attività comporti l’alternanza tra periodi di lavoro con periodi di pausa, di riposo o di inattività.
L’applicazione del regime orario di 47 ore di lavoro ordinario settimanale per il personale viaggiante di cui alla qualifica 3 lettere A,B,C e qualifica 2 lettere E,F impiegato in mansioni discontinue di cui al presente articolo, ov-vero la sua estensione da 39 a 47 ore per i lavoratori inquadrati alla qualifica 2 lettera D, è soggetta alla verifica della sussistenza delle condizioni di cui sopra con una delle seguenti modalità:
 La verifica si intende esperita da parte dell’azienda inviando, una sola volta, alle OO.SS. competenti terri-torialmente stipulanti il presente CCNL, anche per il tramite dell’associazione datoriale cui l’impresa aderisce, un’apposita comunicazione attestante la sussistenza delle condizioni di cui al presente comma. Nella comunica-zione dovrà essere indicato il numero dei dipendenti autisti, distinto per qualifica/parametro retributivo. In caso di richiesta di incontro da parte delle OO.SS. lo stesso deve tenersi e concludersi positivamente, in ogni caso, en-tro e non oltre i 15 giorni successivi alla data della comunicazione.
 La verifica potrà altresì essere effettuata inviando, una sola volta, per il tramite dell’associazione datoriale cui l’impresa aderisce o conferisce mandato, un’apposita comunicazione ad Ebilog o agli enti bilaterali di settore già costituti tra le OO.SS. e le associazioni datoriali i quali ne daranno a loro volta comunicazione alle rappresen-tanze territoriali delle OO.SS. firmatarie il presente CCNL.
 Fermo restando che i soggetti sindacali titolati alla verifica sono le OO.SS. stipulanti il presente CCNL, per le imprese artigiane e/o associate alle associazioni datoriali dell’artigianato, la verifica potrà essere effettuata con le modalità previste nella sezione artigiana del presente CCNL.
La discontinuità si intenderà tacitamente verificata una volta esperita con una delle modalità di cui sopra e avrà validità di 4 anni.
Eventuali controversie saranno affrontate ai sensi dell’art. 39 comma 2.
Restano salvi gli accordi in essere.
2. Con le modalità previste dal successivo comma 3, ai lavoratori che esercitano l'attività nelle condizioni suddette e, perciò, considerati discontinui anche a norma del R.D.L. 15/3/1923 n. 692, R.D. 10/9/1923, n. 1953, R.D. 6/12/1923, n. 2657, ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 4 del Decreto Legislativo 234/07, la durata media della settimana non può superare le 58 ore. La durata massima della settimana lavorativa può essere estesa a 61 ore solo se su un periodo di 6 mesi la media delle ore di lavoro non supera il limite di 58 ore settimanali.
3. Con accordi collettivi aziendali conclusi con le OO.SS. stipulanti il presente CCNL sarà accertata la sussistenza delle condizioni che consentono l’applicazione dei diversi limiti di orario stabiliti dal precedente comma 2. Tali accordi, che costituiscono requisito essenziale per l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2, dovranno essere sotto-scritti per adesione dai lavoratori interessati e saranno comunque applicabili a tutti i lavoratori con l’adesione della maggioranza del personale coinvolto.
Sono titolati alla stipula degli accordi collettivi suddetti le imprese e le loro associazioni da una parte e le rappresentanze territoriali delle OO.SS. stipulanti il presente CCNL e loro RSA, le RSU ove esistenti dall’altra. Il confronto dovrà avere inizio entro 15 giorni dal ricevimento della richiesta avanzata anche da una sola delle parti.
Gli accordi di cui sopra avranno una durata massima di 4 anni. In assenza di accordo e/o di rinnovo e trascorsi 3 mesi dalla scadenza, la media oraria sarà quella prevista dall’articolo 11.
4. In caso di mancato accordo su iniziativa anche di una sola delle parti, l'accertamento per singola azienda di cui ai commi 2 e 3, potrà essere esperito mediante appositi incontri da tenersi tra i rappresentanti dell'Associazione datoriale mandataria e le OO.SS. territoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il confronto tra le parti dovrà avere inizio entro 10 giorni dalla conclusione dell'esame a livello aziendale o dalla richiesta avanzata anche da una sola delle parti stesse.
5. Permanendo il disaccordo la controversia sarà sottoposta all'esame delle competenti Organizzazioni na-zionali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che si incontreranno entro i 10 giorni successivi.
6. In occasione della stipula degli accordi collettivi aziendali di cui all’art.11 comma 8, punto b) ovvero degli accordi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, sarà verificata la coerenza dell’applicazione della classificazione del personale viaggiante ed i corrispondenti parametri.
7. L'attività del conducente, in quanto non trasfertista, si esercita in partenza dal luogo fisso nel quale è situa-ta l'abituale sede di lavoro, per rientrare nello stesso luogo, fermo restando che tale attività è quella definita in modo positivo all’art. 3, comma 1, lett. a) D.LGVO.234/2007.
8. Tutte le ore prestate oltre il limite di cui al comma 1 saranno retribuite con le maggiorazioni per lavoro straordinario ovvero con le modalità previste dal comma 8 del precedente articolo 11.
Nota a verbale
Fermo restando l’obbligo di convocazione congiunta delle OO.SS stipulanti il presente CCNL, per le aziende che occupano fino a 8 dipendenti gli accordi di cui all’art. 11 e 11-bis, possono essere stipulati definiti dalle Associazioni cui aderiscono le imprese con le rappresentanze territoriali congiunte delle OO.SS. firmata-rie stipulanti il del presente CCNL. Tali accordi dovranno indicare il nominativo delle aziende cui gli accordi stessi si applicano.
In assenza di accordi territoriali le imprese, con l'assistenza dell'associazione artigiana cui aderisce o conferisce mandato, possono definire i suddetti accordi con la rappresentanza sindacale di bacino categoriale di cui alla Sezione Artigiana.
Gli accordi stipulati ai sensi dell'art. 11 bis, c. 2, dovranno essere sottoscritti per adesione dai lavoratori interessati e comunque saranno applicabili a tutti i lavoratori con la sottoscrizione della maggioranza del personale coinvolto.
Per gli accordi di cui all'art. 11 si conferma quanto previsto dalla medesima norma.