giovedì 29 settembre 2016



Quali sanzioni sono previste in caso di ostacolo all'esercizio dei diritti connessi al congedo parentale? 

l'art. 38 del Dlgs 151 del 2001 prevede "1. Il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di cui al presente Capo sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro2.582".



mercoledì 28 settembre 2016

Quali sono le ipotesi di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego?




In forza dell'art, 55-quater del Dlgs 165 del 2001:

1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:

a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio;
d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
e) reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui;

f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.

martedì 27 settembre 2016

Quando un pubblico dipendente commette falsa attestazione della presenza?


In forza dell'art. 55 quater comma 1 bis Dlgs 2001 n. 165 come modificato dal Dlgs 116 del 2016: "Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell'orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta".  

lunedì 26 settembre 2016

Posso effettuare una rinunzia ai sensi dell'art. 2113 cc innanzi ad una commissione di certificazione stabilita dall'art. 76 del Dlgs 276 del 2003?

In forza dell'art. 82 del Dlgs 276 del 2003 “ 1. Le sedi di certificazione di cui all'art. 76 , del presente decreto legislativo sono competenti altresì a certificare le rinunzie e transazioni di cui all'art. 2113 cc a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti stesse”


sabato 24 settembre 2016



A quanto ammontano i contributi per colf e badanti per l'anno 2016?

Importi del contributo orario per l’anno 2016 in relazione alla retribuzione senza contributo addizionale (contratto tempo indeterminato o determinato solo per sostituzione collaboratori assenti):

Tabella contributi inps per lavoratori domestici a tempo indeterminato:
Ore di lavoro settimanali
Retribuzione effettiva oraria
Contributo orario compresa CUAF
Contributo orario esclusa CUAF
Contributo orario dipendente
da
A
Fino a 24 ore settimanali
0 (*)
7,88
1,39
1,40
0,35
7,89
9,59
1,57
1,58
0,40
9,60
999
1,91
1,93
0,48
Prestazioni superiori a 24 ore settimanali
0
999
1,01
1,02
0,25

Contributo orario per l’anno 2016 in relazione alla retribuzione con contributo addizionale (contratto tempo determinato tranne nel caso di sostituzione collaboratori assenti):

Tabella contributi inps per lavoratori domestici a tempo determinato:
Ore di lavoro settimanali
Retribuzione effettiva oraria
Contributo orario compresa CUAF
Contributo orario esclusa CUAF
Contributo orario dipendente
da
A
Fino a 24 ore settimanali
0
7,88
1,49
1,50
0,35
7,89
9,59
1,68
1,69
0,40
9,60
999
2,05
2,06
0,48
Prestazioni superiori a 24 ore settimanali
0
999
1,08
1,09
0,25



giovedì 22 settembre 2016

In cosa consiste il potere di diffida del personale ispettivo?

In base all'art. 13. del Dlgs 124 del 2004 comma 1:

1. Il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge. Alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione, con l’obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo contenente:
a) l’identificazione dei lavoratori trovati intenti al lavoro e la descrizione delle modalità del loro impiego;
b) la specificazione delle attività compiute dal personale ispettivo;
c) le eventuali dichiarazioni rese dal datore di lavoro o da chi lo assiste, o dalla persona presente all’ispezione;
  1. ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti, fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, settimo comma, della legge 22 luglio 1961, n. 6281.
2. In caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, ai sensi dell’articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 6892, alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale di cui al comma 4.
3. In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari all’importo della sanzione nella misura del minimo previsto dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in misura fissa, entro il termine di quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2. Il pagamento dell’importo della predetta somma estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell’effettiva ottemperanza alla diffida stessa.
4. All’ammissione alla procedura di regolarizzazione di cui ai commi 2 e 3, nonché alla contestazione delle violazioni amministrative di cui all’articolo14 della legge 24 novembre 1981, n. 6893, si provvede da parte del personale ispettivo esclusivamente con la notifica di un unico verbale di accertamento e notificazione, notificato al trasgressore e all’eventuale obbligato in solido. Il verbale di accertamento e notificazione deve contenere:
a) gli esiti dettagliati dell’accertamento, con indicazione puntuale delle fonti di prova degli illeciti rilevati;
b) la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili ai sensi del comma 2;
c) la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma di cui al comma 3 ovvero pagando la medesima somma nei casi di illeciti già oggetto di regolarizzazione;
d) la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili, ovvero quelli oggetto di diffida nei casi di cui al comma 5, attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 6894;
e) l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi ai quali proporre ricorso, con specificazione dei termini di impugnazione.

5. L’adozione della diffida interrompe i termini di cui all’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del ricorso di cui all’articolo 175 del presente decreto, fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3. Ove da parte del trasgressore o dell’obbligato in solido non sia stata fornita prova al personale ispettivo dell’avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle somme previste, il verbale unico di cui al comma 4 produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato.
6. Il potere di diffida nei casi previsti dal comma 2, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5, è esteso anche agli ispettori e ai funzionari amministrativi degli enti e degli istituti previdenziali per le inadempienze da essi rilevate. Gli enti e gli istituti previdenziali svolgono tale attività con le risorse umane e finanziarie esistenti a legislazione vigente.
7. Il potere di diffida di cui al comma 2 è esteso agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che accertano, ai sensi dell’articolo 13 della legge 1981 n. 6896, violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale. Qualora rilevino inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, essi provvedono a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, con gli effetti e le procedure di cui ai commi 3, 4 e 5.

1 Coloro che, legalmente richiesti dall'Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete, sono puniti con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a lire un milione
2 Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.
Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all'altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell'autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.
Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione.

3La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.
Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento.
Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all'autorità competente con provvedimento dell'autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.
Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal cpc, anche da un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione. Quando la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, si osservano le modalità previste dall'articolo 137 terzo comma, del medesimo codice.
Per i residenti all'estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell'art. 22 per il giudizio di opposizione.
L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto.




4 Art. 16 E' ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma.
Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore della presente legge non consentivano l'oblazione.

5 Art. 17 Dlgs 124 del 2004 Ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro.
1. Presso la direzione regionale del lavoro è costituito il Comitato regionale per i rapporti di lavoro, composto dal direttore della direzione regionale del lavoro, che la presiede, dal Direttore regionale dell'INPS e dal Direttore regionale dell'INAIL. Ai componenti dei comitati non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennità di missione ed al funzionamento dei comitati stessi si provvede con le risorse assegnate a normativa vigente sui pertinenti capitoli di bilancio .
2. Tutti i ricorsi avverso gli atti di accertamento e le ordinanze-ingiunzioni delle direzioni provinciali del lavoro e avverso i verbali di accertamento degli istituti previdenziali e assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro, vanno inoltrati alla direzione regionale del lavoro e sono decisi, con provvedimento motivato, dal Comitato di cui al comma 1 nel termine di novanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell'Amministrazione. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Il ricorso non sospende l'esecutività dell'ordinanza-ingiunzione, salvo che la direzione regionale del lavoro, su richiesta del ricorrente, disponga la sospensione .
3. Il ricorso sospende i termini di cui agli articoli 14 e 18 della legge 1981 n. 689 , ed all'articolo 6 comma 6 del Dlgs 2011 n. 150, ed i termini di legge per i ricorsi giurisdizionali avverso verbali degli enti previdenziali


6 Art. 13 l. 1981 n. 689
Gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.
Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.
E' sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall'assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.
All'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell'art. 333 e del primo e secondo comma dell'art. 334 CPP.

mercoledì 21 settembre 2016

La contrattazione collettiva può incidere sui diritti quesiti?

Cass. civ. Sez. lavoro, 29/10/2015, n. 22126: Le disposizioni dei contratti collettivi si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall'esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale. Sicché nell'ipotesi di successione tra contratti collettivi, le precedenti disposizioni possono essere modificate da quelle successive anche in senso sfavorevole al lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi per tali intendere quelle situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato e non anche quelle situazioni future o in via di consolidamento, autonome e suscettibili come tali di essere direttamente regolate in caso di successioni di contratti collettivi. (Nella specie il giudice del merito, dando atto che la pretesa del lavoratore riguardava prestazioni future e non emolumenti già entrati a far parte del patrimonio del soggetto, ha fatto corretta applicazione del richiamato principio).




Nell'ambito del rapporto di lavoro sono configurabili diritti quesiti che non possono essere incisi dalla contrattazione collettiva in mancanza di una specifico mandato o di un successiva ratifica da parte dei singoli lavoratori con riferimento a situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato. Tale principio trova applicazione limitatamente a situazioni entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato ma non relativamente a situazioni future o in via di consolidamento da cui derivi un rapporto di durata con prestazioni ad esecuzione periodica o continuativa. App. Potenza Sez. lavoro, 23/02/2016




martedì 20 settembre 2016

Quale è il rapporto tra somme aggiuntive e contributi previdenziali ai fini della prescrizione

“In materia previdenziale, le somme aggiuntive irrogate al contribuente per l'omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali sono sanzioni civili che, in ragione della loro legislativamente prevista automaticità, rimangono funzionalmente connesse all'omesso o ritardato pagamento dei contributi o premi previdenziali, sì che gli effetti degli atti interruttivi, posti in essere con riferimento a tale ultimo credito, si estendono, automaticamente, anche al credito per sanzioni civili. (Cassa con rinvio, App. Trieste, 11/12/2008)” Cass. civ. Sez. Unite, 13/03/2015, n. 5076

“Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria "ex lege", ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime prescrizionale; in particolare, con riferimento alle omissioni ed evasioni contributive, la prescrizione del credito per sanzioni civili è la medesima dei contributi cui esse ineriscono. (Rigetta, App. Roma, 25/09/2006)” Cass. civ. Sez. lavoro, 22/02/2012, n. 2620



“Il credito per sanzioni civili, che trae origine da una obbligazione accessoria ex lege, ha pur nella sua accessorietà, la stessa natura giuridica della obbligazione principale e deve essere assoggettato al medesimo regime prescrizionale, in particolare, con riferimento alle omissioni ed evasioni contributive, la prescrizione del credito per sanzioni civili è la medesima dei contributi cui esse ineriscono.” Cass. civ. Sez. lavoro, 12/05/2004, n. 9054

lunedì 19 settembre 2016

Quali obblighi sulla sicurezza il datore di lavoro non può mai delegare?

In base all'art. 17 del Dlgs 81 del 2008: 1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:

a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'art. 28
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.


venerdì 16 settembre 2016

In caso di cessione di linee nel settore autoferrotranviario quali garanzie hanno i lavoratori?

In forza dell'art. 26 allegato a) RD 148 del 1931:

In caso di cessione di linee ad altra azienda, o fusione di aziende, devono essere osservate le disposizioni stabilite dall'autorità governativa all'atto dell'approvazione della cessione o della fusione pel passaggio del personale di ruolo alla nuova azienda, mantenendo, per quanto è possibile, al personale un trattamento non inferiore a quello precedentemente goduto e assicurando i diritti acquisiti.
In caso di mutamento nei sistemi di esercizio, l'azienda deve utilizzare, in quanto sia dichiarato idoneo dall'autorità governativa, e nei limiti dei posti da questa riconosciuti necessari, il personale addetto ai vari servizi, rispettandone, per quanto è possibile, i diritti acquisiti.
Nei casi di cui ai due comma precedenti ed in caso di riduzione di posti per limitazione, semplificazione o soppressione di servizi, debitamente autorizzata dall'autorità governativa, l'azienda può procedere ai necessari esoneri di agenti nelle qualifiche in cui risultino le eccedenze, salvo ad assegnarli nei limiti del possibile ad altre qualifiche immediatamente inferiori, tenendo presenti i requisiti preferenziali di cui all'ultimo comma dell'art. 9 del presente regolamento.
L'azienda è tenuta a riprendere di preferenza gli agenti esonerati, che ne facciano domanda, a misura che si rendono vacanti i posti, cui essi sono idonei, purché durante il servizio precedentemente prestato non siano incorsi in una delle mancanze previste dagli articoli 43 e 45. Il diritto alla preferenza si estingue dopo il quinto anno dall'esonero.
Nei casi considerati dal presente articolo ed in quello di cessazione definitiva dell'esercizio è accordata al personale esonerato, che non abbia maturato diritto a pensione, una indennità di buonuscita nella misura di un mese di stipendio o paga ultimi raggiunti per i primi cinque anni, e di 15 giorni per i successivi anni di servizio esclusi quelli prestati in condizione di ordinario di straordinario.
In ogni caso l'indennità non può essere minore di due mesi, né maggiore di dodici mesi dello stipendio o paga ultimi raggiunti.
Nei casi di riduzione di posti per limitazione, semplificazione o soppressione di servizi, l'agente esonerato conserva il diritto di preferenza qualora rifiuti l'indennità entro due mesi dalla notifica fattagli”.

La vigenza della norma è stata confermata da Cass. civ. Sez. Unite, 27/07/2016, n. 15540:
Nel rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri trova applicazione, nel caso di esonero dal servizio connesso a cessione di linee, a mutamento nei sistemi di esercizio ovvero a limitazione, semplificazione o soppressione di servizi, l'art. 26 del regolamento, allegato A, al RD 148 del 1931, a norma del quale occorre la preventiva autorizzazione dell'ente concedente e l'impossibilità di una utile ricollocazione del lavoratore anche in mansioni inferiori. Nelle altre ipotesi di riduzione del personale opera l'art. 3, parte seconda, della legge 604 del 1966, non essendo quella prevista dal citato art. 26, l'unica ipotesi, nel settore autoferrotranviario, di esonero dal servizio per motivi oggettivi”.


giovedì 15 settembre 2016

La registrazione di un colloquio con il datore di lavoro può essere utilizzata quale prova?

Come indicato da Cass. civ. Sez. lavoro, 29/12/2014, n. 27424 “ La registrazione fonografica di un colloquio tra presenti, rientrando nel "genus" delle riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 cc, ha natura di prova ammissibile nel processo civile, sicchè la sua effettuazione, operata dal lavoratore ed avente ad oggetto un colloquio con il proprio datore di lavoro, non integra illecito disciplinare. Nè tale condotta, comunque scriminata exart. 51 cp, in quanto esercizio del diritto di difesa, la cui esplicazione non è limitata alla sede processuale, può ritenersi lesiva del rapporto fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, che concerne esclusivamente l'affidamento di quest'ultimo sulle capacità del dipendente di adempimento dell'obbligazione lavorativa. (Rigetta, App. Torino, 27/09/2010)

Quale è la sua efficacia probatoria?

Sul punto si applicano le regole stabilite per le riproduzioni meccaniche. Come indicato da Cass. civ. Sez. lavoro, 17/02/2015, n. 3122

In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all'art. 2712 cod. civ., il "disconoscimento" che fa perdere ad esse la qualità di prova, pur non soggetto ai limiti e alle modalità di cui all'art. 214 cod. proc. civ., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta, ma non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall'art. 215, secondo comma, cod. proc. civ., perché mentre questo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l'utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto utilizzabile un DVD contenente un filmato, considerato che la parte aveva contestato del tutto genericamente la conformità all'originale della riproduzione informatica prodotta e che il giudice di merito aveva ritenuto l'assenza di elementi che consentissero di ritenere il documento non rispondente al vero). (Cassa e decide nel merito, App. Ancona, 14/11/2011)”





mercoledì 14 settembre 2016

Quali criteri deve seguire l'Inps per l'approvazione dei programmi di crisi aziendale nell'ambito dell'integrazione salariale straordinaria?

Il decreto ministeriale del 13 gennaio del 2016 detta all'art. 2 i seguenti principi:
Articolo 2 Crisi aziendale
1. Sono adottati i seguenti criteri per l’approvazione dei programmi di crisi aziendale, ai sensi dell’articolo21 comma 3 del Dlgs 148 del 20151:
a) dagli indicatori economico-finanziari di bilancio (fatturato, risultato operativo, risultato d’impresa, indebitamento), complessivamente considerati e riguardanti il biennio precedente, deve emergere un andamento a carattere negativo ovvero involutivo; l’impresa deve presentare specifica relazione tecnica, recante le motivazioni a supporto della propria critica situazione economico-finanziaria;
b) deve essere verificato, in via generale, il ridimensionamento o, quantomeno, la stabilità - dell’organico aziendale nel biennio precedente l’intervento della CIGS. Deve, altresì, riscontrarsi, di norma, l’assenza di nuove assunzioni, con particolare riguardo a quelle assistite da agevolazioni contributive e/o finanziarie. Nel caso in cui l’impresa abbia proceduto ad assumere personale, ovvero intenda assumerne durante il periodo di fruizione della cassa integrazione guadagni straordinaria, deve motivare la necessità delle suddette assunzioni, nonché la loro compatibilità con la disciplina normativa e le finalità dell’istituto della CIGS;
c) deve essere presentato, da parte dell’impresa, un piano di risanamento che, sul presupposto delle cause che hanno determinato la situazione di crisi aziendale, definisca gli interventi correttivi intrapresi, o da intraprendere, volti a fronteggiare gli squilibri di natura produttiva, finanziaria o gestionale per ciascuna unità aziendale/settore di attività dell’impresa interessata dall’intervento straordinario di integrazione salariale;
d) il programma di risanamento di cui al punto precedente deve essere finalizzato a garantire la continuazione dell’attività e la salvaguardia, seppure parziale, dell’occupazione. L’impresa - qualora, nel corso dell’intervento di CIGS o al termine dello stesso preveda esuberi strutturali - deve presentare un piano di gestione degli stessi.
2. Ai fini dell’approvazione del programma di crisi aziendale, deve riscontrarsi la contestuale presenza delle condizioni di cui alle lettere da a) a d) del precedente comma 1.
3. Il trattamento straordinario di integrazione salariale può essere concesso, altresì, quando la situazione di crisi aziendale sia conseguente ad un evento improvviso ed imprevisto, esterno alla gestione aziendale. In tal caso, l’impresa, deve rappresentare l’imprevedibilità dell’evento causa della crisi, la rapidità con la quale l’evento ha prodotto gli effetti negativi, la completa autonomia dell’evento rispetto alle politiche di gestione aziendale. Tale fattispecie è valutata, pur in assenza delle condizioni di cui alle lettere a) e b), sempre che siano soddisfatti i requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 del presente articolo.
4 Non sono presi in esame, in via generale, i programmi di crisi aziendale di cui al comma 1, presentati da imprese che:
a) abbiano iniziato l’attività produttiva nel biennio antecedente alla richiesta di CIGS;
b) non abbiano effettivamente avviato l’attività produttiva;
c) abbiano subito significative trasformazioni societarie nel biennio antecedente la richiesta di CIGS, salvo che tali trasformazioni siano avvenute tra imprese che presentano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, con la preminente finalità del contenimento dei costi di gestione, nonché nei casi in cui, pur in presenza di assetti proprietari non coincidenti, tali trasformazioni comportino, per le imprese subentranti azioni volte al risanamento aziendale e alla salvaguardia occupazionale.



1Art. 21. Dlgs 148 del 2015 Causali di intervento
1. L'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una delle seguenti causali:
a) riorganizzazione aziendale;
b) crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa;
c) contratto di solidarietà.
2. Il programma di riorganizzazione aziendale di cui al comma 1, lettera a), deve presentare un piano di interventi volto a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva e deve contenere indicazioni sugli investimenti e sull'eventuale attività di formazione dei lavoratori. Tale programma deve, in ogni caso, essere finalizzato a un consistente recupero occupazionale del personale interessato alle sospensioni o alle riduzioni dell'orario di lavoro.
3. Il programma di crisi aziendale di cui al comma 1, lettera b), deve contenere un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri di natura produttiva, finanziaria, gestionale o derivanti da condizionamenti esterni. Il piano deve indicare gli interventi correttivi da affrontare e gli obiettivi concretamente raggiungibili finalizzati alla continuazione dell'attività aziendale e alla salvaguardia occupazionale.
4. In deroga agli articoli 4, comma 1, e 22, comma 2, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, può essere autorizzato, sino a un limite massimo rispettivamente di dodici, nove e sei mesi e previo accordo stipulato in sede governativa al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in presenza del Ministero dello sviluppo economico, un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria qualora all'esito del programma di crisi aziendale di cui al comma 3, l'impresa cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale. A tal fine il Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18 comma 1 lettera a) DL 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, dallal. 2009 n. 2, è incrementato dell'importo di cui al primo periodo per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Al fine del monitoraggio della relativa spesa gli accordi di cui al primo periodo del presente comma sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri per l'applicazione del presente comma.
5.Il contratto di solidarietà di cui al comma 1, lettera c), è stipulato dall'impresa attraverso contratti collettivi aziendali ai sensi dell'articolo 51 Dlgs 2015 n. 81, che stabiliscono una riduzione dell'orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale anche attraverso un suo più razionale impiego. La riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato. Il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula del contratto di solidarietà. Il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale. Gli accordi di cui al primo periodo devono specificare le modalità attraverso le quali l'impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l'orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale. Le quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro sono a carico della gestione di afferenza, ad eccezione di quelle relative a lavoratori licenziati per motivo oggettivo o nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo, entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione del trattamento di integrazione salariale, ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di un ulteriore trattamento straordinario di integrazione salariale concesso entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente.
6 L'impresa non può richiedere l'intervento straordinario di integrazione salariale per le unità produttive per le quali abbia richiesto, con riferimento agli stessi periodi e per causali sostanzialmente coincidenti, l'intervento ordinario.

martedì 13 settembre 2016

L'art. 18 come modificato dalla legge Fornero è applicabile al pubblico impiego?

Cassazione 11868 n. 2016 ha esaminato la questione nei seguenti termini:

Nel caso di specie la tutela reintegratoria invocata con il ricorso incidentale è quella prevista dalla l. 300 del 1970, art. 18, come modificato dalla. 92 del 2012, sicchè, per i principi di diritto sopra richiamati, la Corte deve innanzitutto procedere alla esatta qualificazione giuridica dei fatti e, quindi, alla individuazione della normativa applicabile alla fattispecie.
3.2 - Il Collegio non ignora che sulla questione che qui viene in rilievo si sono formati nella giurisprudenza di merito, anche sulla base delle indicazioni provenienti dalla dottrina, orientamenti contrastanti che, per giungere ad affermare o a negare la applicabilità ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato della nuova disciplina, hanno valorizzato, principalmente, da un lato il rinvio mobile alle disposizioni dettate dallal. 300 del 1970contenuto nel Dlgs 165 del 2001 art. 51e la necessità di garantire, anche dopo la riforma, uniformità di trattamento fra impiego pubblico e privato; dall'altro la l. 92 del 2012,art. 1 commi 7 ed 8 nonchè la inconciliabilità della nuova disciplina con lo specifico regime imperativo dettato dagli artt. 54 e segg. delle norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
La sentenza di questa Corte 25 novembre 2015 n. 24157 ha fatto propria solo parzialmente la prima delle due opzioni esegetiche a confronto, poichè, pur affermando la applicabilità della riforma ai rapporti disciplinati dalDlgs 165 del 2001 art. 2, ha ritenuto di dovere, comunque, salvaguardare la specialità della normativa del procedimento disciplinare dettata per l'impiego pubblico dalle disposizioni sopra richiamate e, quindi, ha ricondotto all'art. 18 comma 1 e 2 modificato la violazione delle regole procedimentali, in quanto causa di nullità del licenziamento.
Il Collegio ritiene che detto orientamento debba essere disatteso, giacché plurime ragioni inducono ad escludere che il nuovo regime delle tutele in caso di licenziamento illegittimo possa essere applicato anche ai rapporti di lavoro disciplinati dal Dlgs 165 del 2001 art. 2.
Invero la l. 92 del 2012 art. 1, dopo aver previsto al comma 7 che "Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al Dlgs 2001 n. 165, art. 1 comma 2, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall'art. 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all'art. 3 del medesimo decreto legislativo.", al comma 8 aggiunge che "Al fine dell'applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche".
Sebbene la norma, che risulta dal combinato disposto dei commi 7 e 8, sia stata formulata in termini diversi rispetto ad altre disposizioni, con le quali è stata esclusa l'automatica estensione all'impiego pubblico contrattualizzato di norme dettate per l'impiego privato (si pensi, ad esempio, alla Dlgs 276 del 2003 art. 1 comma 2), tuttavia a fini interpretativi assume peculiare rilievo il rinvio ad un successivo intervento normativo contenuto nel comma 8, non dissimile da quello previsto dalDlgs 276 del 2003 art. 86 comma 8, che ha, appunto, demandato al Ministro della funzione pubblica, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, di assumere le iniziative necessarie per armonizzare la disciplina del pubblico impiego con la nuova normativa, pacificamente applicabile al solo impiego privato.
La circostanza che il comma 7 faccia salve le disposizioni della l. 92 che dispongano in senso diverso, si giustifica considerando che la stessa legge contiene anche norme che si riferiscono espressamente all'impiego pubblico (in particolare l'art. 2, comma 2, esclude dall'ambito della operatività dell'ASPI i dipendenti delle pubbliche amministrazioni), sicchè la eccezione opera solo con riferimento alle disposizioni in relazione alle quali la questione della applicabilità all'impiego pubblico sia stata già risolta in modo espresso dal legislatore del 2012.
Non è, questo, il caso della nuova disciplina del licenziamento, perchè sulla estensione della stessa all'impiego pubblico nulla è detto nell'art. 1, con la conseguenza che, in difetto di una espressa previsione, non può che operare il rinvio di cui al comma 8.
Ciò comporta che, sino al successivo intervento normativo di armonizzazione, non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all'art. 18 dello Statuto, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma.
3.3 - Dette conclusioni, fondate sul tenore letterale della disciplina in commento, sono avvalorate da considerazioni di ordine logico e sistematico che, nel rispetto della doverosa sintesi imposta dall'art. 132 cpc e art. 118 disp. Att cpc, possono essere così riassunte:
a) la definizione delle finalità della l. 92 del 2012, per come formulata nell'art. 1, comma 1, tiene conto unicamente delle esigenze proprie dell'impresa privata, alla quale solo può riferirsi la lettera c), che pone una inscindibile correlazione fra flessibilità in uscita ed in entrata, allargando le maglie della prima e riducendo nel contempo l'uso improprio delle tipologie contrattuali diverse dal rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
b) la formulazione dell'art. 18, come modificato dalla l 92 del 2012, introduce una modulazione delle sanzioni con riferimento ad ipotesi di illegittimità pensate in relazione al solo lavoro privato, che non si prestano ad essere estese all'impiego pubblico contrattualizzato per il quale il legislatore, in particolar modo con il Dlgs 2009 n. 150, ha dettato una disciplina inderogabile, tipizzando anche illeciti disciplinari ai quali deve necessariamente conseguire la sanzione del licenziamento;
c) la inconciliabilità della nuova normativa con le disposizioni contenute nel Dlgs 165 del 2001è particolarmente evidente in relazione al licenziamento intimato senza il necessario rispetto delle garanzie procedimentali, posto che il comma 6 dell'art. 18 fa riferimento alla sola l. 300 del 1970 art. 7 e non agli artt. 55 e 55 bis del D.Lgs. citato, con i quali il legislatore, oltre a sottrarre alla contrattazione collettiva la disciplina del procedimento, del quale ha previsto termini e forme, ha anche affermato il carattere inderogabile delle disposizioni dettate "ai sensi e per gli effetti dell'art. 1339 cc e artt. 1419 cc e segg.";
d) una eventuale modulazione delle tutele nell'ambito dell'impiego pubblico contrattualizzato richiede da parte del legislatore una ponderazione di interessi diversa da quella compiuta per l'impiego privato, poichè, come avvertito dalla Corte Costituzionale, mentre in quest'ultimo il potere di licenziamento del datore di lavoro è limitato allo scopo di tutelare il dipendente, nel settore pubblico il potere di risolvere il rapporto di lavoro, è circondato da garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell'interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi (Corte Cost. 24.10.2008 n. 351).
Viene, cioè, in rilievo nonl'art. 41 Cost, commi 1 e 2, bensì l'art. 97 della Carta fondamentale, che impone di assicurare il buon andamento e la imparzialità della amministrazione pubblica.
3.4 - La ritenuta inapplicabilità della riforma all'impiego pubblico contrattualizzato non può essere esclusa solo facendo leva sul rinvio contenuto nella l. 1970 n. 309 art. 51, comma 2, "e successive modificazioni ed integrazioni". Osserva innanzitutto il Collegio che il legislatore del T. U. nel rendere applicabili le disposizioni dello Statuto e, quindi, l'art. 18, a tutte le amministrazioni pubbliche, a prescindere dal numero dei dipendenti, ha voluto escludere in ogni caso, pur in un contesto di tendenziale armonizzazione fra impiego pubblico e privato, una tutela diversa da quella reale nell'ipotesi di licenziamento illegittimo, anche per quelle amministrazioni, pur numerose (si pensi, ad esempio agli enti territoriali minori di limitate dimensioni), per le quali sarebbe stata altrimenti applicabile la tutela obbligatoria prevista dalla l. 604 del 1966 art. 8.
Il rinvio, seppur mobile, nasce limitato da detta scelta fondamentale compiuta dal legislatore, che rende incompatibile con la volontà espressa nella norma di rinvio l'automatico recepimento di interventi normativi successivi, che modifichino la norma richiamata incidendo sulla natura stessa della tutela riconosciuta al dipendente licenziato.
Va, poi, sottolineato che, anche in presenza di una norma di rinvio finalizzata ad estendere ad un diverso ambito una normativa nata per disciplinare altri rapporti giuridici, è consentito al legislatore di limitare, con un successivo intervento normativo di pari rango, il rinvio medesimo e, quindi, di escludere l'automatica estensione di modifiche della disciplina richiamata.
Detto intervento, che è quello verificatosi nella fattispecie, fa sì che il rinvio si trasformi da mobile a fisso, ossia che la norma richiamata resti cristallizzata nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla riforma, che, quindi, continua a disciplinare i rapporti interessati dalla norma di rinvio, dando vita in tal modo ad una duplicità di normative, ciascuna applicabile in relazione alla diversa natura dei rapporti giuridici in rilievo.
In via conclusiva ritiene il Collegio di dovere affermare, per le considerazioni tutte sopra esposte, che la l. 300 del 1970 art. 18, nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla l. 92 del 2012, non è stato espunto dall'ordinamento ma resta tuttora in vigore limitatamente ai rapporti di lavoro di cui al dlgs 165 del 2001 art.2”.


lunedì 12 settembre 2016



Come è eletto il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza?


La materia è disciplinata dall'art. 47 del Dlgs 81 del 2008 secondo cui:

"1 Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è istituito a livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo. L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le modalità di cui al comma 6.

2 In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

3 Nelle aziende o unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure è individuato per più aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo secondo quanto previsto dall'art. 481

4. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante è eletto dai lavoratori della azienda al loro interno.

5. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell'ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di attuazione del presente comma.

7 In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 2 è il seguente:

a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 lavoratori; 

b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1.000 lavoratori

c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende o unità produttive oltre i 1.000 lavoratori. In tali aziende il numero dei rappresentanti è aumentato nella misura individuata dagli accordi interconfederali o dalla contrattazione collettiva.

8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4, le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono esercitate dai rappresentanti di cui agli artt. 48 e 492, salvo diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.






1Art. 48.Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale 

1 Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di cui all'art. 47 comma 3, esercita le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all'art. 50 e i termini e con le modalità ivi previste con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. 

2 Le modalità di elezione o designazione del rappresentante di cui al comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi nazionali, interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza dei predetti accordi, le modalità di elezione o designazione sono individuate con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentite le associazioni di cui al presente comma

3 Tutte le aziende o unità produttive nel cui ambito non è stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza partecipano al Fondo di cui all'art. 52. Con uno o più accordi interconfederali stipulati a livello nazionale dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative vengono individuati settori e attività, oltre all’edilizia, nei quali, in ragione della presenza di adeguati sistemi di rappresentanza dei lavoratori in materia di sicurezza o di pariteticità, le aziende o unità produttive, a condizione che aderiscano a tali sistemi di rappresentanza o di pariteticità, non siano tenute a partecipare al Fondo di cui all’art. 52

4 Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale accede ai luoghi di lavoro nel rispetto delle modalità e del termine di preavviso individuati dagli accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso non opera in caso di infortunio grave. In tale ultima ipotesi l'accesso avviene previa segnalazione all'organismo paritetico. 

5. Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle modalità di cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, questi lo comunica all'organismo paritetico o, in sua mancanza, all'organo di vigilanza territorialmente competente. 

6. L'organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui all'art. 52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il nominativo del rappresentante della sicurezza territoriale. 

7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva secondo un percorso formativo di almeno 64 ore iniziali, da effettuarsi entro 3 mesi dalla data di elezione o designazione, e 8 ore di aggiornamento annuale. 

8. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale è incompatibile con l'esercizio di altre funzioni sindacali operative. 







2Art. 49. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo 

1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo sono individuati nei seguenti specifici contesti produttivi caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri: 

a) i porti di cui all'art. 4 comma 1 lettere b,c, d della legge 1994 n. 84, sedi di autorità portuale nonché quelli sede di autorità marittima da individuare con decreto dei Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dei trasporti, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto; 

b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858; 

c) impianti siderurgici; 

d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entità presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione di tutte le opere; 

e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti mediamente operanti nell'area superiore a 500. 

2. Nei contesti di cui al comma precedente il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo è individuato, su loro iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle aziende operanti nel sito produttivo.

3 La contrattazione collettiva stabilisce le modalità di individuazione di cui al comma 2, nonché le modalità secondo cui il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le attribuzioni di cui all'art. 50 in tutte le aziende o cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per la sicurezza e realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del medesimo sito. 





sabato 10 settembre 2016

Chi è il rappresentante per la sicurezza dei lavoratori?


In base all'art. 1 lettera i) del Dlgs 81 del 2008:  i) è la  "persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro"


Quali sono le sue attribuzioni?

In base all'art. 50: "Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art. 37 (formazione dei lavoratori e dei rappresentanti);
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed alle miscele pericolose, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali; 
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall'articolo 37 (formazione dei lavoratori e dei rappresentanti);
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35 (nota 1);
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r) (ovvero quelli relativi agli infortuni) contenuti in applicazioni informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) (ovvero il documento di valutazione dei rischi).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3. (documento di valutazione rischi per le interferenze)
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.


Nota 1)
Art. 35. Riunione periodica
1. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, nelle unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori è facoltà del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che è a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.


giovedì 8 settembre 2016

L'interruzione del trattamento di disintossicazione e la mancata ripresa del lavoro nel corso dell'aspettativa concessa determina il licenziamento del lavoratore?

In base a Cass. civ. Sez. lavoro, 04/05/2000, n. 5614:

"Il diritto alla conservazione del posto di lavoro dei soggetti in stato di tossicodipendenza, per un periodo non superiore a tre anni, durante la sospensione delle prestazioni lavorative dovuta all'esecuzione di un trattamento riabilitativo presso servizi sanitari delle unità sanitarie locali o di altre strutture terapeutico - abilitative e socio - assistenziali, previsto dell'art. 124 del testo unico d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, compete al lavoratore tossicodipendente - in base alla lettera e alla "ratio" di questa disposizione - allorquando (e per il tempo in cui) egli sia materialmente impedito a rendere la prestazione lavorativa per eseguire il trattamento di disintossicazione, attuato secondo le previsioni di legge. (Nella specie il giudice di merito aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato per assenza ingiustificata a lavoratore che, interrotta la permanenza nella comunità terapeutica presso cui era stato indirizzato dal competente servizio della Usl, non si era ripresentato al lavoro; la S.C., nel confermare la sentenza impugnata, ha ritenuto irrilevante la deduzione difensiva del lavoratore circa la non compatibilità con il suo stato dei metodi attuati presso il centro di recupero in questione e il suo mantenimento dei rapporti con il servizio tossicodipendenti della Usl, ai fini della prosecuzione del trattamento presso altra struttura, poichè egli nel frattempo avrebbe dovuto riprendere il lavoro, in difetto di un obiettivo impedimento in tal senso)". 


Per Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 18-07-2016, n. 14621

Osserva la Corte che al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 124 ("testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza"), è stabilito, nel comma 1, che "i lavoratori di cui viene accertato lo stato di tossicodipendenza, i quali intendono accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle unità sanitarie locali o di altre strutture terapeutico- riabilitative e socio-assistenziali, se assunti a tempo indeterminato, hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo in cui la sospensione delle prestazioni lavorative è dovuta all'esecuzione del trattamento riabilitativo e, comunque. per un periodo non superiore a tre anni".

E' previsto poi, nel secondo coma, che "l'assenza di lungo periodo per il trattamento terapeutico- riabilitativo è considerata, ai fini normativi, economici e previdenziali, come l'aspettativa senza assegni degli impiegati civili dello Stato e situazioni equiparate".

La Corte d'appello ha richiamato, altresì, la norma di cui all'art. 47 del CCNL per il personale non dirigente delle Poste Italiane s.p.a. 2007 - 2010 che, in attuazione della L. 26 giugno 1990, n. 162, art. 29 e del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, prevede il diritto dei lavoratori a tempo indeterminato dei quali viene accertato lo stato di tossicodipendenza ad un periodo di aspettativa non retribuito per tutta la durata della terapia e, comunque, non superiore a tre anni.

Ciò premesso, va ritenuto che la riportata norma del comma 1 del citato art. 124 - avente diretta rilevanza nel caso di specie - è stata correttamente interpretata dalla Corte d'appello e del pari correttamente applicata alla fattispecie, unitamente alla citata disposizione collettiva.

Ed infatti, così come univocamente evincibile dal contesto letterale oltre che dalla "ratio" delle suddette disposizioni - che sono finalizzate ad agevolare l'accesso dei lavoratori tossicodipendenti ai programmi di disintossicazione di cui al precedente art. 122, garantendo ad essi il mantenimento del posto già occupato sul presupposto che la concreta esecuzione del trattamento riabilitativo previsto da quei programmi è materialmente incompatibile con l'espletamento dell'attività lavorativa -, deve affermarsi che il diritto alla conservazione del posto di lavoro compete al lavoratore tossicodipendente allorquando (e per il tempo in cui) egli sia materialmente impedito a rendere la prestazione lavorativa per eseguire il trattamento di disintossicazione, attuato secondo le previsioni delle sopra citate disposizioni di legge. Logico corollario di tutto ciò è che, ove il programma terapeutico e riabilitativo sia attuato presso una struttura del servizio pubblico o presso una equivalente idonea struttura riabilitativa (ex cit. art. 122, comma 3), l'abbandono di questa struttura, e il definitivo volontario allontanamento da essa da parte del tossicodipendente fa venir meno il presupposto di fatto costitutivo del diritto alla conservazione del posto ed esclude quindi il diritto del predetto alla conservazione stessa: e ciò, appunto, a causa del venir meno dell'impedimento (a prestare l'attività lavorativa) che legittimava (ex cit. art. 124, comma 1) la sospensione dell'obbligo del lavoratore tossicodipendente di eseguire la prestazione oggetto del rapporto di lavoro. E, con il venir meno del diritto alla conservazione del posto, correlativamente e automaticamente, si ripristina - come è evidente - l'obbligo del lavoratore di riprendere servizio e di eseguire la prestazione cui è contrattualmente tenuto. (v. in tal senso anche Cass. sez. lav. n. 5614 del 4.5.2000).

In linea con tale interpretazione, il giudice d'appello ha correttamente ritenuto che nel caso di specie l'abbandono volontario da parte della D. della comunità terapeutica "Papa Giovanni XXIII" di Rimini, presso la quale veniva attuato il suo programma terapeutico e socio-riabilitativo, determinò il venir meno del suo diritto alla conservazione del posto di lavoro, a nulla rilevando la circostanza che la ricorrente avesse comunque continuato il percorso terapeutico presso il CAD ONLUS di Milano: situazione soggettiva, quest'ultima, non avente invero alcuna incidenza nè rilevanza, ai sensi della esaminata normativa legale, in ordine alla sussistenza del diritto alla conservazione del posto.