L'art. 18 come
modificato dalla legge Fornero è applicabile al pubblico impiego?
Cassazione 11868 n. 2016
ha esaminato la questione nei seguenti termini:
“Nel caso di specie
la tutela reintegratoria invocata con il ricorso incidentale è
quella prevista dalla l. 300 del 1970, art. 18, come modificato
dalla. 92 del 2012, sicchè, per i principi di diritto sopra
richiamati, la Corte deve innanzitutto procedere alla esatta
qualificazione giuridica dei fatti e, quindi, alla individuazione
della normativa applicabile alla fattispecie.
3.2 - Il Collegio non
ignora che sulla questione che qui viene in rilievo si sono formati
nella giurisprudenza di merito, anche sulla base delle indicazioni
provenienti dalla dottrina, orientamenti contrastanti che, per
giungere ad affermare o a negare la applicabilità ai rapporti di
pubblico impiego contrattualizzato della nuova disciplina, hanno
valorizzato, principalmente, da un lato il rinvio mobile alle
disposizioni dettate dallal. 300 del 1970contenuto nel Dlgs 165 del
2001 art. 51e la necessità di garantire, anche dopo la riforma,
uniformità di trattamento fra impiego pubblico e privato; dall'altro
la l. 92 del 2012,art. 1 commi 7 ed 8 nonchè la inconciliabilità
della nuova disciplina con lo specifico regime imperativo dettato
dagli artt. 54 e segg. delle norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
La sentenza di questa
Corte 25 novembre 2015 n. 24157 ha fatto propria solo parzialmente la
prima delle due opzioni esegetiche a confronto, poichè, pur
affermando la applicabilità della riforma ai rapporti disciplinati
dalDlgs 165 del 2001 art. 2, ha ritenuto di dovere, comunque,
salvaguardare la specialità della normativa del procedimento
disciplinare dettata per l'impiego pubblico dalle disposizioni sopra
richiamate e, quindi, ha ricondotto all'art. 18 comma 1 e 2
modificato la violazione delle regole procedimentali, in quanto causa
di nullità del licenziamento.
Il Collegio ritiene
che detto orientamento debba essere disatteso, giacché plurime
ragioni inducono ad escludere che il nuovo regime delle tutele in
caso di licenziamento illegittimo possa essere applicato anche ai
rapporti di lavoro disciplinati dal Dlgs 165 del 2001 art. 2.
Invero la l. 92 del
2012 art. 1, dopo aver previsto al comma 7 che "Le disposizioni
della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto,
costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di
lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al Dlgs
2001 n. 165, art. 1 comma 2, e successive modificazioni, in coerenza
con quanto disposto dall'art. 2, comma 2, del medesimo decreto
legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all'art. 3 del
medesimo decreto legislativo.", al comma 8 aggiunge che "Al
fine dell'applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante
iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di
armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche".
Sebbene la norma, che
risulta dal combinato disposto dei commi 7 e 8, sia stata formulata
in termini diversi rispetto ad altre disposizioni, con le quali è
stata esclusa l'automatica estensione all'impiego pubblico
contrattualizzato di norme dettate per l'impiego privato (si pensi,
ad esempio, alla Dlgs 276 del 2003 art. 1 comma 2), tuttavia a fini
interpretativi assume peculiare rilievo il rinvio ad un successivo
intervento normativo contenuto nel comma 8, non dissimile da quello
previsto dalDlgs 276 del 2003 art. 86 comma 8, che ha, appunto,
demandato al Ministro della funzione pubblica, previa consultazione
delle organizzazioni sindacali, di assumere le iniziative necessarie
per armonizzare la disciplina del pubblico impiego con la nuova
normativa, pacificamente applicabile al solo impiego privato.
La circostanza che il
comma 7 faccia salve le disposizioni della l. 92 che dispongano in
senso diverso, si giustifica considerando che la stessa legge
contiene anche norme che si riferiscono espressamente all'impiego
pubblico (in particolare l'art. 2, comma 2, esclude dall'ambito della
operatività dell'ASPI i dipendenti delle pubbliche amministrazioni),
sicchè la eccezione opera solo con riferimento alle disposizioni in
relazione alle quali la questione della applicabilità all'impiego
pubblico sia stata già risolta in modo espresso dal legislatore del
2012.
Non è, questo, il
caso della nuova disciplina del licenziamento, perchè sulla
estensione della stessa all'impiego pubblico nulla è detto nell'art.
1, con la conseguenza che, in difetto di una espressa previsione, non
può che operare il rinvio di cui al comma 8.
Ciò comporta che,
sino al successivo intervento normativo di armonizzazione, non si
estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche
apportate all'art. 18 dello Statuto, con la conseguenza che la tutela
da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento
illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione
della norma.
3.3 - Dette
conclusioni, fondate sul tenore letterale della disciplina in
commento, sono avvalorate da considerazioni di ordine logico e
sistematico che, nel rispetto della doverosa sintesi imposta
dall'art. 132 cpc e art. 118 disp. Att cpc, possono essere così
riassunte:
a) la definizione
delle finalità della l. 92 del 2012, per come formulata nell'art. 1,
comma 1, tiene conto unicamente delle esigenze proprie dell'impresa
privata, alla quale solo può riferirsi la lettera c), che pone una
inscindibile correlazione fra flessibilità in uscita ed in entrata,
allargando le maglie della prima e riducendo nel contempo l'uso
improprio delle tipologie contrattuali diverse dal rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato;
b) la formulazione
dell'art. 18, come modificato dalla l 92 del 2012, introduce una
modulazione delle sanzioni con riferimento ad ipotesi di
illegittimità pensate in relazione al solo lavoro privato, che non
si prestano ad essere estese all'impiego pubblico contrattualizzato
per il quale il legislatore, in particolar modo con il Dlgs 2009 n.
150, ha dettato una disciplina inderogabile, tipizzando anche
illeciti disciplinari ai quali deve necessariamente conseguire la
sanzione del licenziamento;
c) la inconciliabilità
della nuova normativa con le disposizioni contenute nel Dlgs 165 del
2001è particolarmente evidente in relazione al licenziamento
intimato senza il necessario rispetto delle garanzie procedimentali,
posto che il comma 6 dell'art. 18 fa riferimento alla sola l. 300 del
1970 art. 7 e non agli artt. 55 e 55 bis del D.Lgs. citato, con i
quali il legislatore, oltre a sottrarre alla contrattazione
collettiva la disciplina del procedimento, del quale ha previsto
termini e forme, ha anche affermato il carattere inderogabile delle
disposizioni dettate "ai sensi e per gli effetti dell'art. 1339
cc e artt. 1419 cc e segg.";
d) una eventuale
modulazione delle tutele nell'ambito dell'impiego pubblico
contrattualizzato richiede da parte del legislatore una ponderazione
di interessi diversa da quella compiuta per l'impiego privato,
poichè, come avvertito dalla Corte Costituzionale, mentre in
quest'ultimo il potere di licenziamento del datore di lavoro è
limitato allo scopo di tutelare il dipendente, nel settore pubblico
il potere di risolvere il rapporto di lavoro, è circondato da
garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell'interesse
del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più
generali interessi collettivi (Corte Cost. 24.10.2008 n. 351).
Viene, cioè, in
rilievo nonl'art. 41 Cost, commi 1 e 2, bensì l'art. 97 della Carta
fondamentale, che impone di assicurare il buon andamento e la
imparzialità della amministrazione pubblica.
3.4 - La ritenuta
inapplicabilità della riforma all'impiego pubblico contrattualizzato
non può essere esclusa solo facendo leva sul rinvio contenuto nella
l. 1970 n. 309 art. 51, comma 2, "e successive modificazioni ed
integrazioni". Osserva innanzitutto il Collegio che il
legislatore del T. U. nel rendere applicabili le disposizioni dello
Statuto e, quindi, l'art. 18, a tutte le amministrazioni pubbliche, a
prescindere dal numero dei dipendenti, ha voluto escludere in ogni
caso, pur in un contesto di tendenziale armonizzazione fra impiego
pubblico e privato, una tutela diversa da quella reale nell'ipotesi
di licenziamento illegittimo, anche per quelle amministrazioni, pur
numerose (si pensi, ad esempio agli enti territoriali minori di
limitate dimensioni), per le quali sarebbe stata altrimenti
applicabile la tutela obbligatoria prevista dalla l. 604 del 1966
art. 8.
Il rinvio, seppur
mobile, nasce limitato da detta scelta fondamentale compiuta dal
legislatore, che rende incompatibile con la volontà espressa nella
norma di rinvio l'automatico recepimento di interventi normativi
successivi, che modifichino la norma richiamata incidendo sulla
natura stessa della tutela riconosciuta al dipendente licenziato.
Va, poi, sottolineato
che, anche in presenza di una norma di rinvio finalizzata ad
estendere ad un diverso ambito una normativa nata per disciplinare
altri rapporti giuridici, è consentito al legislatore di limitare,
con un successivo intervento normativo di pari rango, il rinvio
medesimo e, quindi, di escludere l'automatica estensione di modifiche
della disciplina richiamata.
Detto intervento, che
è quello verificatosi nella fattispecie, fa sì che il rinvio si
trasformi da mobile a fisso, ossia che la norma richiamata resti
cristallizzata nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla
riforma, che, quindi, continua a disciplinare i rapporti interessati
dalla norma di rinvio, dando vita in tal modo ad una duplicità di
normative, ciascuna applicabile in relazione alla diversa natura dei
rapporti giuridici in rilievo.
In via conclusiva
ritiene il Collegio di dovere affermare, per le considerazioni tutte
sopra esposte, che la l. 300 del 1970 art. 18, nel testo antecedente
alle modifiche apportate dalla l. 92 del 2012, non è stato espunto
dall'ordinamento ma resta tuttora in vigore limitatamente ai rapporti
di lavoro di cui al dlgs 165 del 2001 art.2”.