Incostituzionale la
sanzione in misura fissa stabilita dall’art. 36 bis del DL 223 del 2006
L’art. 36 bis del DL 223 del 2006 aveva modificato la
sanzione stabilita dall’art. 3 del DL 2002 n. 12 convertito con modificazioni
dalla legge 2002 n. 73 stabilendo:
“7. All'articolo 3
del decreto-legge 22
febbraio 2002, n. 12,
convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 aprile 2002, n. 73, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il
comma 3 e' sostituito
dal seguente: "3. Ferma restando l'applicazione delle
sanzioni già previste
dalla normativa in vigore,
l'impiego di lavoratori non
risultanti dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria e' altresi' punito con la sanzione amministrativa da
euro 1.500 a euro 12.000 per
ciascun lavoratore, maggiorata di euro
150 per ciascuna giornata di
lavoro effettivo. L'importo
delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e
premi riferiti a ciascun
lavoratore di cui al periodo precedente
non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata
della prestazione lavorativa accertata.";
Tale norma è stata in vigore sino
al 24 dicembre del 2010, data a partire dalla quale è stata sostituita in virtù dell’art 4 comma 1 lett.
a) l. 183 del 2010 con il seguente
“Ferma restando l’applicazione delle
sanzioni già previste dalla normativa in vigore, in caso di impiego di
lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del
rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola
esclusione del datore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione
amministrativa da euro 1.500
a euro 12.000 per ciascun lavoratore irregolare,
maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo
della sanzione è da euro 1.000
a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare,
maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in
cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo
successivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’evasione dei
contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai
periodi precedenti è aumentato del 50 per cento”
Secondo la
sentenza della Corte Costituzionale n. 254 del 2014, la precedente normativa
determinava un’eccessiva sproporzione rispetto alla gravità effettiva
dell’inadempimento e risultava incoerente con la natura della stessa sanzione “
se si considera che, secondo la costante giurisprudenza della Corte di
cassazione, l’obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è
tenuto a versare in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi
assicurativi ha natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo una
conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, che è posta allo scopo
di rafforzare l’obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata
dalla legge, con una presunzione iuris et de iure, il danno cagionato
all’istituto assicuratore (ex
multis, Cass. civ., sez. lav., 19 giugno 2009, n. 14475; Cass. civ., sez. lav.,
1 agosto 2008, n. 24358; Cass. civ., sez. lav., 19 giugno 2000, n. 8323. In tal senso, si
veda anche la circolare n. 38 del 2010 del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali).
“In altri termini, poiché le sanzioni civili
connesse all’omesso versamento di contributi e premi hanno una funzione
essenzialmente risarcitoria, essendo volte a quantificare, in via preventiva e
forfettaria, il danno subito dall’ente previdenziale, la previsione di una
soglia minima disancorata dalla durata della prestazione lavorativa accertata,
dalla quale dipende l’entità dell’inadempimento contributivo e del relativo
danno, è irragionevole. Il legislatore infatti, con la norma impugnata, ha
predeterminato in via presuntiva il danno subito dall’ente previdenziale a
causa dell’omissione contributiva, ma nel far ciò ha escluso la rilevanza di
uno degli elementi che concorrono a cagionare quel danno, costituito dalla
durata dei rapporti di lavoro non risultanti dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria e dal correlativo inadempimento dell’obbligo
contributivo. In tal modo, però, la sanzione risulta arbitraria e
irragionevole, perché, pur avendo la funzione di «risarcire, in misura
predeterminata dalla legge, con una presunzione “iuris et de iure”, il danno
cagionato all’Istituto assicuratore» (Cass. civ., sez. lav., 19 giugno 2000, n.
8323; Cass. civ., sez. lav., 8 marzo 1995, n. 2689), è stabilita con un
criterio privo di riferimento all’entità di tale danno, dipendente dalla durata
del periodo in cui i rapporti di lavoro in questione si sono protratti”…….
“In conclusione, l’art. 36-bis, comma 7,
lettera a), del d.l. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge n. 248 del 2006, nella parte relativa alla sanzione
civile, risulta, per la denunciata irragionevolezza, in contrasto con l’art. 3
Cost. 5.– Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 36-bis, comma 7, lettera a), del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento
e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di
entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato
l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni
urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute
all’estero e di lavoro irregolare), convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge 23 aprile 2002, n. 73, nella parte in cui stabilisce:
«L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi
e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può
essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione
lavorativa accertata»”