sabato 30 luglio 2022

 Quando le cuase di lavoro non sono soggette al pagamento del contributo unificato?


Cass. 13/07/2022, n. 22110

Secondo l'art. 9, comma 1-bis, T.U. n. 115 del 2002, nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte l'importo previsto dall'art. 76, sono soggette al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all'art. 13, co. 1, lett. a), e co. 3. Essa infatti prevede una esenzione dal contributo, a beneficio delle parti che siano titolari di redditi non superiori ad una certa soglia, che il giudice non è in grado di verificare e che, per di più, potrebbe venir meno sulla base degli esiti dei controlli svolti dagli organi a ciò deputati.

giovedì 28 luglio 2022

 Entro quali limiti possono essere valutati ai fini della validità del licenziamento i precedenti adottati dal datore di lavoro?




Cass. 13/07/2022, n. 22115

Non si può porre a carico del datore di lavoro l'onere di fornire, per ciascun licenziamento, una motivazione del provvedimento adottato che sia comparata con le altre assunte in fattispecie analoghe e tuttavia, ove nel corso del giudizio non emergano quelle differenze che giustificano il diverso trattamento dei lavoratori, correttamente può essere valorizzata dal giudice l'esistenza di soluzioni differenti per casi uguali al fine di valutare la proporzionalità della sanzione adottata. L’eventuale disparità di trattamento deve emergere nel corso del giudizio attraverso elementi a tal riguardo significativi e tali da non richiedere, nella esplicitazione delle ragioni del licenziamento, una contestuale ricognizione da parte del datore di lavoro diretta a giustificare la diversità di trattamenti adottati. La possibile valorizzazione da parte del giudice di situazioni similari, al fine di una valutazione di irragionevole disparità, non può che trovare presupposto in allegazioni presenti nella causa, tali da consentire una indagine di fatto ed una possibile comparazione. Il profilo allegatorio e probatorio assume quindi valore essenziale al fine di consentire al giudice del merito il concreto apprezzamento di similarità di situazioni trattate, irragionevolmente, in maniera differente.

mercoledì 27 luglio 2022

 Come è ripartito l'onere della prova in merito al diritto all'indennità sostitutiva delle ferie non godute?


Cass. 25/07/2022, n. 23153


Di recente la S.C. ha affermato (si vedano Cass. n. 21609/2022 e Cass. n. 21780/2022, nonchè la precedente Cass. n. 14268/2022) che va operata una (re)interpretazione diritto interno in materia di ferie retribuite e della corrispondente indennità sostitutiva che si conformi ai principi enunziati dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nelle tre sentenze della Grande Sezione del 6 novembre 2018 (in cause riunite C-569 e C-570 Stadt Wuppertal; in causa C-619/2016 Sebastian W. Kreuziger e in causa C-684/2016 Max Planck).

10. La giurisprudenza della S.C. aveva infatti in passato affermato (si vedano tra le tante Cass. n. 10701/2015; Cass. n. 8791/2015 e Cass. n. 4855/2014) che incombe a carico del lavoratore che agisce in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie un duplice onere della prova: 1) dell'esecuzione della prestazione lavorativa nei giorni destinati al riposo; 2) della sussistenza di eccezionali e motivate esigenze di servizio o cause di forza maggiore alla base del mancato godimento del periodo di riposo annuale.

10.1. Nello specifico, quanto al primo aspetto (onere della prova della esecuzione della prestazione lavorativa nei giorni destinati al riposo), si rappresentava (cfr. Cass. n. 9791/2020, ma anche Cass. n. 7696/2020) che esso era da ritenersi sussistente in capo al lavoratore, in quanto fatto costitutivo della indennità per ferie non godute, sicchè occorreva che il prestatore provasse l'espletamento della prestazione anche nel periodo destinato alle ferie, mentre sul datore incombeva l'opposto onere di offrire prova del pagamento.

10.2. In relazione alla prova delle ragioni di servizio ostative al godimento delle ferie (eccezionali e motivate esigenze, cause di forza maggiore), alla stessa stregua si è ritenuto, nei rapporti di lavoro con le PP.A.A., che esse andassero provate dal prestatore (cfr. Cass. n. 20091/2018; Cass. n. 4855/2014).

10.3. Ritiene il Collegio, invece, di dare continuità alle pronunzie già innanzi ricordate (le già citate Cass. n. 21609/2022 e Cass. n. 21780/2022, nonchè Cass. n. 14268/2022), alle cui motivazioni ci si riporta anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c., condividendo la necessità e gli esiti della operata rilettura dello statuto delle ferie in armonia con l'interpretazione del diritto dell'Unione - nello specifico dell'art. 7 della Direttiva 2003/1988/CE e dell'art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea - offerta dalla Curia Europea (il rinvio è ancora alle tre sentenze della Corte di Giustizia del 6 novembre 2018: in cause riunite C569/2016 e C-570/2016; in causa C-619/2016; in causa C684/2016).

10.4. In piena consonanza con gli approdi delle pronunzie richiamate al punto che precede, va quindi ribadito che i lavoratori non possono perdere il diritto alla indennità finanziaria per le ferie non godute, senza previa verifica del fatto che il datore li abbia effettivamente posti in condizione di esercitare il proprio diritto alla fruizione del riposo annuale, anche attraverso una informazione adeguata.

Insomma, è il datore che deve provare di essersi assicurato che il lavoratore eserciti il diritto alla fruizione delle ferie: 1) informandolo in modo accurato ed in tempo utile del diritto al riposo, garantendo in tal modo che esso risponda all'effettivo scopo cui è preposto, quello di apportare all'interessato riposo e relax; 2) invitandolo, se necessario formalmente, al godimento delle ferie medesime.

10.5. La Suprema Corte ha conclusivamente affermato (così Cass. n. 21780/2022 cit.) che l'interpretazione del diritto interno (ivi compreso del D.L. n. 95 del 2012, art. 5, comma 8 conv. con modif. in L. n. 135 del 2012, peraltro non applicabile ratione temporis) conforme al diritto dell'Unione comporta che:

"a) le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunziabile del lavoratore e correlativamente un obbligo del datore di lavoro; il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato alle ferie annuali retribuite;

b) è il datore il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite, dovendo sul punto darsi continuità al principio da ultimo affermato da Cass. n. 15652/2018);

c) la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie - se necessario formalmente -; di averlo nel contempo avvisato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad assicurare il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire - del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato".




martedì 26 luglio 2022

In caso di assenza di prestazione quando non vanno versati i contributi?



Cass. 13/07/2022, n. 22127

L'obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro ha il suo presupposto nella sussistenza dell'obbligo retributivo ed è commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. "minimale contributivo"); essa è dovuta nei casi di mancata esecuzione della prestazione lavorativa dipendente da illegittima interruzione, od unilaterale sospensione del rapporto da parte del datore di lavoro, quale effetto risarcitorio dell'inadempienza di costui, mentre non spetta, a causa della natura sinallagmatica del rapporto di lavoro e della corrispettività delle prestazioni, nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione concordata della prestazione stessa; sicchè, nei casi di mancata esecuzione della prestazione, deve sempre essere accertata la ragione per la quale non è stata resa.

lunedì 25 luglio 2022

 La rinuncia al licenziamento può essere effettuata anche al di fuori delle sedi ex art. 2113 cc



Cass. 13/07/2022, n. 22158




Il lavoratore può disporre liberamente del diritto di impugnare il licenziamento, facendone oggetto di rinunce o transazioni, che sono sottratte alla disciplina dell'art. 2113 c.c., che considera invalidi e perciò impugnabili i soli atti abdicativi di diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti o accordi collettivi.

venerdì 22 luglio 2022

 Quando operano gli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi al rischio da interferenza per prevenire gli infortuni?




Cass. 14/07/2022, n. 28444




Ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione connessi all'esistenza di un rischio interferenziale, dettati dall'art. 26 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, occorre aver riguardo non alla qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione - ma all'effetto che tale rapporto origina, vale a dire alla concreta interferenza tra le organizzazioni che operano sul medesimo luogo di lavoro e che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori delle imprese coinvolte, occorrendo comunque verificare che il destinatario degli obblighi di coordinamento e cooperazione abbia la disponibilità giuridica dei luoghi nei quali si svolgeva l'attività.

giovedì 21 luglio 2022

Quali sono le forme di licenziamento per motivi comportamentali ammesse nel pubblico impiego?
Cass. 15/07/2022, n. 22376
In tema di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, le fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, introdotte dall'art. 55 quater, comma 1, lett. da a) ad f), e comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, costituiscono ipotesi aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva - le cui clausole, ove difformi, vanno sostituite di diritto ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, cod. civ. - per le quali compete soltanto al giudice, ex art. 2106 cod. civ., il giudizio di adeguatezza delle sanzioni. Inoltre, l'art. 55 quater, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 165 del 2001 legittima il recesso dell'amministrazione per falsità commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro per sanzionare un comportamento ritenuto ex ante di particolare disvalore, senza restringere il campo di applicazione della norma a fattispecie di reato che precludono l'accesso al pubblico impiego. Nondimeno, la giusta causa di licenziamento tipizzata dalla legge non costituisce un'ipotesi di destituzione di diritto, rimanendo affidata al giudice di merito la verifica in concreto dei presupposti per il legittimo esercizio del potere di recesso, con esclusione di ogni automatismo, censurabile di incostituzionalità. Quanto poi al giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato, ex art. 2106 cod. civ., è consolidato il principio secondo il quale tale giudizio è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria.

mercoledì 20 luglio 2022

Pubblico impiego

 Entro quali limiti nel pubblico impiego il lavoratore part time può svolgere altra attività lavorativa?



Cass. 18/07/2022, n. 22497

In tema di pubblico impiego privatizzato, alla stregua della disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 53 del D.Lgs. n. 165 del 2001 (applicabile "ratione temporis"), 6, comma 2, del D.P.C.M. n. 117 del 1989 e 1, comma 58-bis, della L. n. 662 del 1996, si deve escludere che i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale superiore al 50 per cento possano essere implicitamente autorizzati, in via generale, allo svolgimento di attività extralavorativa retribuita, in quanto la normativa in esame consente una deroga al principio di incompatibilità in caso di svolgimento di lavoro part-time solo quando il lavoratore svolga una prestazione ad orario ridotto non superiore al 50 per cento.

lunedì 18 luglio 2022

 Entro quali limiti possono effettuarsi indagini prima dell'assunzione del lavoratore?



Cass. 14/07/2022, n. 22212

Il diritto all'assunzione scaturente dalla clausola di salvaguardia di cui all'art. 6 del C.C.N.L. dei servizi ambientali del 17.6.2001 non è applicabile in via assoluta ma è condizionato dai principi generali del sistema che consentono al datore di lavoro di procedere alla verifica dell'attitudine professionale del dipendente, attitudine professionale che deve ritenersi esclusa dalla commissione di un grave reato connesso al traffico di stupefacenti, accertato con sentenza definitiva, come conferma anche la previsione di cui all'art. 8 L. n. 300 del 1970 che consente la effettuazione di indagini destinate alla valutazione dell'attitudine professionale in vista di una futura assunzione.

sabato 16 luglio 2022

 Entro quali limiti i contratti integrativi aziendali pubblici possono essere denunciati in sede di legittimità ai sensi dell'art.63 comma 5 dlgs 165 del 2001?



Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 11/07/2022, n. 21919

La regola posta dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 5, che consente di denunciare direttamente in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi, deve intendersi limitata ai contratti ed accordi nazionali di cui all'art. 40 del predetto D.Lgs., con esclusione dei contratti integrativi contemplati nello stesso articolo, in relazione ai quali il controllo di legittimità è finalizzato esclusivamente alla verifica del rispetto dei canoni legali di interpretazione e dell'assolvimento dell'obbligo di motivazione. Pertanto, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati " non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità " nonché a depositare il relativo contratto integrativo.

giovedì 14 luglio 2022

 Come devo o applicarsi i criteri di scelta nei licenziamenti collettivi?


Cass. 28/06/2022, n. 20687

. In particolare, in punto di diritto, la gravata sentenza, richiamando anche quella di primo grado, è conforme al principio affermato da questa Corte per cui, in tema di licenziamenti collettivi, ai fini dell'applicazione dei criteri di scelta dettati dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, la comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità deve avvenire nell'ambito dell'intero complesso organizzativo e produttivo ed in modo che concorrano lavoratori di analoghe professionalità (ai fini della loro fungibilità) e di similare livello, rimanendo possibile una deroga a tale principio solo in riferimento a casi specifici ove sussista una diversa e motivata esigenza aziendale; in caso contrario sarebbe possibile finalizzare i criteri di scelta (eventualmente in collegamento con preventivi spostamenti del personale) ad esigenze imprenditoriali non esclusivamente tecnico produttive e all'espulsione di elementi non graditi al datore di lavoro, senza concrete possibilità di difesa da parte degli interessati (in termini: Cass. n. 10832 del 1997; conf. Cass. n. 9856 del 2001, Cass. n. 7169 del 2003). La comparazione delle diverse posizioni dei lavoratori deve essere effettuata nel rispetto dei principio di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e il datore di lavoro non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a un reparto se detti lavoratori sono idonei - per pregresso svolgimento della propria attività in altri reparti dell'azienda - ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti con la conseguenza che non può essere ritenuta legittima la scelta di lavoratori solo perchè impiegati nel reparto operativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altre realtà organizzative (in termini Cass. n. 203 del 2015, che richiama in motivazione Cass. n. 13783 del 2006, n. 22824 del 2009, n. 22825 del 2009, n. 9711 del 2011; successiva conf. n. 19105 del 2017).

mercoledì 13 luglio 2022

 Quando si ha mobbing?


Cass. 11/07/2022, n. 21865


Ai fini della configurabilità di una ipotesi di mobbing, non è condizione sufficiente l'accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione. Dunque è configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra l'elemento obiettivo, integrato da una pluralità di comportamenti del datore di lavoro, e quello soggettivo dell'intendimento persecutorio del datore medesimo. Nell'ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psico-fisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura asseritamente persecutoria, il giudice del merito è tenuto a valutare se i comportamenti denunciati possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e se siano causalmente ascrivibili a responsabilità del datore che possa esserne chiamato a risponderne nei limiti dei danni a lui specificamente imputabili.

lunedì 11 luglio 2022

E' possibile cumulare la pensione erogata dall'Inpgi con l'attività lavorativa? 



Cass. 28/06/2022, n. 20690

Poiché in tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, agli iscritti all'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani deve applicarsi la stessa disciplina prevista per gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria facente capo all'INPS, con conseguente necessità di disapplicare l'art. 15 del Regolamento INPGI, il quale disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa da quanto previsto nel regime relativo all'assicurazione generale obbligatoria, è illegittimo il provvedimento con il quale l'INPGI, ricorrendo i presupposti di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 44 comma 2, operi le trattenute sulla pensione spettante ad un giornalista pensionato, sul presupposto che questi svolga attività lavorativa e percepisca redditi da lavoro.

sabato 9 luglio 2022

 Quando è  dovuta l'IRAP?



Cass. 06/07/2022, n. 21357

In materia di IRAP, non ricorre il presupposto impositivo dell'organizzazione in capo al medico del lavoro - il quale sia anche socio di un Centro ove viene svolta attività di prevenzione, informazione, formazione degli addetti responsabili delle singole aziende e, in quanto poliambulatorio autorizzato, esami di laboratorio e diagnostica - laddove sia dimostrato che il medico svolga attività differente ed autonoma rispetto a quella del Centro ed utilizzi come proprio studio locali della struttura che resta riferibile ad un soggetto terzo e da quest'ultimo organizzata

giovedì 7 luglio 2022

 Entro quale misura puo' essere decurtata la pensione di reversibilità  in caso di percezione di altri redditi?



Corte cost., 30/06/2022, n. 162

Con riferimento alla specifica questione del cumulo tra pensione e redditi da lavoro, la sussistenza di altre fonti di reddito può ben giustificare una diminuzione del trattamento pensionistico ma, in ogni caso, entro i binari della non irragionevolezza. L'art. 1, comma 41, terzo e quarto periodo, della legge n. 335 del 1995 deve essere dichiarato, dunque, costituzionalmente illegittimo, in quanto non è rispettoso del criterio di ragionevolezza, nella parte in cui consente all'istituto previdenziale di applicare decurtazioni del trattamento di reversibilità in misura superiore ai redditi aggiuntivi goduti dal beneficiario nell'anno di riferimento e ciò in quanto risulta alterato, in tal modo, il rapporto che deve intercorrere tra la diminuzione del trattamento di pensione e l'ammontare del reddito personale goduto dal titolare, il quale si trova esposto a un sacrificio economico che si pone in antitesi rispetto alla ratio solidaristica propria dell'istituto della reversibilità.

mercoledì 6 luglio 2022

 Come è ripartito l'onere della prova in tema di responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 cc.?

Cass. 30/06/2022, n. 20823

L'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.

martedì 5 luglio 2022

 In caso di illegittimo trasferimento del rappresentante sindacale chi è legittimato a proporre l'azione?



Cass. 30/06/2022, n. 20827

Lo stesso dirigente della rappresentanza sindacale aziendale è legittimato a proporre diretta ed autonoma azione volta a far valere l'illegittimità del trasferimento per mancata richiesta del nulla osta sindacale prescritto dall'art. 22 dello Statuto dei lavoratori.

lunedì 4 luglio 2022

 Come si determina il danno da demansionamento?



Cass. 15/06/2022, n. 19243


In caso di demansionamento è configurabile a carico del lavoratore un danno, costituito da un impoverimento delle sue capacità per il mancato esercizio quotidiano del diritto di elevare la professionalità lavorando, sicchè per la liquidazione del danno è ammissibile, nell'ambito di una valutazione necessariamente equitativa, il ricorso al parametro della retribuzione.

sabato 2 luglio 2022

 Il preavviso si  computa nel Tfr?



Cass. 20/06/2022, n. 19838

Alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il preavviso ha natura "obbligatoria", con conseguente esclusione, in caso di cessazione immediata del rapporto di lavoro, del computo ai fini del TFR e di altre spettanze: l'indennità di mancato preavviso e l'indennità di mancato godimento delle ferie non rientrano nella base di computo del trattamento di fine rapporto attesa, quanto alla prima, la non dipendenza dal rapporto di lavoro per la sua riferibilità ad un periodo non lavorato e per l'effetto della natura obbligatoria del preavviso comportante la risoluzione immediata del rapporto.