lunedì 30 ottobre 2017

Come è disciplinato il rapporto a tempo parziale nel ccnl della logistica?


Art. 56 – Contratto a tempo parziale 

1. Per lavoro a tempo parziale si intende il rapporto di lavoro prestato con un orario settimanale ridotto rispetto a quello stabilito dagli artt. 9, 11, 11 bis e 11 quinquies del presente contratto. 

2. Le assunzioni con contratto a tempo parziale sono disciplinate dalle norme del presente articolo ai sensi della normativa vigente e sono effettuate secondo le stesse norme previste per il personale a tempo pieno. 

3. L’assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo parziale si realizza secondo le seguenti modalità: 

a. tempo parziale di tipo orizzontale: con orario giornaliero ridotto rispetto a quanto stabilito dagli artt. 9, 11, 11 bis e 11 quinquies per il personale a tempo pieno; 

b. tempo parziale di tipo verticale: con prestazione lavorativa a tempo pieno, limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno; 

c. tempo parziale di tipo misto: con la combinazione delle due modalità di svolgimento del rapporto di lavoro di cui alle precedenti lettere a) e b), che contempli periodi predeterminati sia a tempo pieno sia a orario ridotto sia di non lavoro. 

4. All’atto dell’assunzione, l’azienda fissa la durata della prestazione a tempo parziale, che non potrà essere inferiore a 20 ore settimanali. Il lavoratore già assunto con contratto a tempo parziale può richiedere di effettuare una prestazione di durata inferiore a quanto previsto dal presente comma. 

5. La prestazione giornaliera continuativa che il personale con rapporto a tempo parziale può essere chiamato a svolgere è fissata in 4 ore, fino a 6 ore la prestazione avverrà senza interruzioni. 

6. Ai sensi della normativa vigente nella lettera di assunzione è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione a tempo parziale e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno, fermo restando quanto stabilito ai successivi commi 7 e 8. 

7. Con riferimento alle normative vigenti, il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere svolto secondo modalità flessibili, che consentano la variabilità della collocazione temporale della prestazione lavorativa come stabilita al precedente comma 6, quando lo stesso sia stipulato a tempo indeterminato e nel caso di assunzione a termine per sostituzione di personale con diritto alla conservazione del posto. 

8. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere adottate – oltre alle modalità flessibili – anche modalità elastiche, che stabiliscano specifiche variazioni in aumento della durata della prestazione lavorativa inizialmente pattuita. 

9. L’adozione da parte dell’azienda delle modalità flessibili nonché delle modalità elastiche di cui ai commi 7 e 8 è giustificata dalla necessità di far fronte a specifiche e motivate esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. 

10. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto le prestazioni lavorative rese secondo modalità elastiche non possono superare, in ogni anno solare, il limite massimo complessivo di ore pro-capite pari al 20% della prestazione già concordata. 

11. La disponibilità allo svolgimento del rapporto a tempo parziale secondo le modalità di cui ai commi 7 e 8, richiede il consenso del lavoratore, formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale alla lettera di assunzione, reso, su richiesta del lavoratore, con l’assistenza di un componente della RSU o, in mancanza, delle RSA aderenti alle OO.SS. stipulanti, secondo quanto indicato dal lavoratore stesso. L’eventuale rifiuto del lavoratore di stipulare il patto suddetto non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento né l’adozione di provvedimenti disciplinari. 

12. La variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nonché la modifica della collocazione della stessa, secondo quanto previsto ai commi 7 e 8, deve essere comunicata da parte dell’azienda al lavoratore con un preavviso di almeno 7 giorni di calendario. 

13. Per le sole ore prestate a seguito dell’esercizio della variazione o della modifica disposte dall’azienda ai sensi del comma precedente, al di fuori degli orari o degli schemi concordati nell’atto di instaurazione del rapporto a tempo parziale (ovvero di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, ovvero di modifica degli stessi), compete al lavoratore la corresponsione della quota oraria della retribuzione globale maggiorata del 15% comprensivo dell'incidenza degli istituti contrattuali e legali. 

14. Decorsi cinque mesi dalla stipula del patto che prevede clausole elastiche e/o flessibili, il lavoratore ne può dare disdetta con un preavviso di un mese. 

15. Resta in ogni caso salva la possibilità, per le aziende e per i lavoratori, di stipulare nuovi patti contenenti clausole elastiche. 

16. Con riferimento alla normativa vigente, nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, verticale e misto, è facoltà dell’Azienda richiedere e del lavoratore accettare, prestazioni di lavoro supplementare, in presenza di specifiche esigenze di organizzazione del servizio, quali quelle connesse a: 
a. necessità derivanti da incrementi temporanei di attività produttiva; 
b. sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto; c. esigenze di organico a carattere temporaneo, per periodi non superiori a 90 giorni calendariali consecutivi. Si intendono per prestazioni di lavoro supplementare quelle eccedenti la prestazione già concordata. Il rifiuto da parte del lavoratore di prestare lavoro supplementare non può integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento né l’adozione di provvedimenti disciplinari. Le prestazioni di lavoro supplementare saranno retribuite con la maggiorazione comprensiva degli istituti legali e contrattuali del 18% della quota oraria della retribuzione globale e non possono superare, annualmente, il 30% della prestazione già concordata. Fermo restando il tetto di cui al comma precedente, nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale e misto, le ore di lavoro supplementare possono essere effettuate fino al limite massimo dell’orario ordinario giornaliero del corrispondente lavoratore a tempo pieno e nelle giornate nelle quali non sia prevista prestazione di lavoro. Nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale, tali ore supplementari possono essere effettuate fino al limite massimo settimanale o mensile del corrispondente lavoratore a tempo pieno, e nelle giornate nelle quali non sia prevista prestazione di lavoro. Le prestazioni rese nella giornata di sabato saranno retribuite con le maggiorazioni previste dall’articolo 13. 

17. Per le eventuali prestazioni di lavoro supplementare effettuate oltre il limite massimo complessivo annuale di ore pro capite di cui al comma 16, si darà luogo alla corresponsione della maggiorazione oraria comprensiva degli istituti legali e contrattuali del 40%. 

18. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. Dette prestazioni soggiacciono alla specifica disciplina legale e contrattuale vigente, con riferimento al superamento dell’orario normale di lavoro giornaliero e/o settimanale di cui agli artt. 9, 11, 11 bis e 11 quinquies del presente CCNL. 

19. Il personale a tempo parziale è compensato in base alla retribuzione stabilita per il personale a tempo pieno, riproporzionata in funzione della ridotta durata della prestazione lavorativa. Pertanto ad ogni lavoratore a tempo parziale viene corrisposta una retribuzione pari alla prestazione mensile che il lavoratore è tenuto ad assicurare. 

20. Il rapporto di lavoro del personale a tempo parziale è regolato dalle disposizioni del presente contratto per il personale a tempo pieno, fatte salve le esclusioni e le modifiche specificate negli articoli interessati, ai sensi dei principi di non discriminazione previsti dalla normativa vigente. Pertanto, le clausole del presente contratto, compatibilmente con le particolari caratteristiche del rapporto, hanno applicazione proporzionale alla durata della prestazione ed alla conseguente misura della retribuzione ivi comprese, anche mediante riposo compensativo, le semifestività previste dall’art. 60 lettera c); i permessi retribuiti previsti dal precedente art. 20 comma 3 possono essere fruiti per intero. 

21. La trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e viceversa deve avvenire con il consenso delle parti, le quali possono stabilire le condizioni per il ripristino del rapporto originario prevedendone una durata predeterminata, che di norma non sarà inferiore a 6 mesi. La relativa comunicazione all'interessato sarà fornita entro 45 giorni dalla richiesta. Qualora il tempo parziale sia definito nel tempo è consentita l'assunzione di personale con contratto a tempo determinato per completare il normale orario di lavoro giornaliero, settimanale, mensile e annuale fino a quando l'interessato osserverà il tempo di lavoro parziale. Tale consenso delle parti deve risultare da atto scritto, convalidato dalla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. In particolare le lavoratrici che rientrano dal periodo di maternità previsto dal comma 1 dell’art.64 del presente CCNL potranno godere di un periodo di lavoro part-time della durata di sei mesi. 

22. In caso di passaggio dal rapporto a tempo parziale al rapporto a tempo pieno e viceversa, nel relativo anno solare i ratei di retribuzione globale mensili relativi a tutti gli istituti contrattuali e legali sono calcolati in misura proporzionale all’effettiva durata della prestazione lavorativa nei due distinti periodi. 

23. Il personale a tempo pieno in servizio a tempo indeterminato può fare richiesta di passare a tempo parziale. L’azienda si riserva di accogliere tali domande compatibilmente con le esigenze aziendali. 

24. In caso di previsione di assunzione di personale a tempo parziale e indeterminato, il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato occupato in unità produttive site nell’ambito provinciale, adibiti alle stesse mansioni o a mansioni equivalenti rispetto a quelle per le quali è prevista l’assunzione, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell’impresa e ad accogliere prioritariamente le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. 

25. Sia la domanda del dipendente di passaggio a tempo parziale sia l’accoglimento della stessa dovrà risultare da atto scritto. 

26. Nell’esame delle domande pervenute, l’azienda terrà conto dei motivi prioritariamente di seguito specificati: esigenze connesse a gravi e comprovati problemi di salute del richiedente; necessità di assistere continuativamente dei familiari; motivi familiari per i dipendenti con figli di età inferiore ai tre anni; motivi di studio. A parità di condizioni, l’azienda terrà conto della maggiore anzianità di servizio. 

27. I lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda sanitaria locale territorialmente competente hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore. Restano in ogni caso salve disposizioni più favorevoli per il prestatore di lavoro. 

28. A decorrere dalla data del passaggio da tempo pieno a tempo parziale, trovano applicazione, ai fini di tutti gli istituti contrattuali, le corrispondenti norme previste per il personale a tempo parziale. I periodi di servizio prestati a tempo pieno vengono computati per intero. 

29. In caso di assunzione a tempo pieno e indeterminato, le aziende procederanno prioritariamente al passaggio a tempo pieno dei lavoratori, che ne facciano richiesta, assunti a tempo parziale e indeterminato in attività presso unità produttive site nell’ambito provinciale, adibiti alle stesse mansioni o a mansioni equivalenti rispetto a quelle per le quali è prevista l’assunzione. A tali fini saranno considerati prioritariamente i lavoratori con maggiore anzianità di servizio aziendale e, in caso di parità, quelli con maggiore anzianità anagrafica. 

30. Rispetto al personale a tempo pieno e indeterminato in forza al 31 dicembre dell’anno precedente, il personale a tempo parziale e indeterminato impiegato nell’azienda non può eccedere mediamente nell’anno il 25% del personale dipendente (con arrotondamento all'unità superiore), tale percentuale può essere derogata a livello aziendale attraverso accordo con la RSA, RSU o delegato di impresa unitamente alle OO.SS. territorialmente competenti; in tali accordi dovrà essere inoltre specificato il numero dei contratti per i quali dovrà essere aumentato l’orario settimanale di lavoro in misura non inferiore alle 5 ore; per i nuovi contratti di cui sopra sarà data priorità al personale già in forza all’azienda. 30 bis. In alternativa al comma precedente la suddetta percentuale del 25% può essere elevata fino al 38% del personale dipendente (con arrotondamento all’unità superiore) nel caso in cui l’azienda comunichi alle RSA/RSU o, in loro assenza, alle OO.SS. territoriali di aver ottemperato a quanto previsto dai precedenti commi 23 e 24. Tale percentuale potrà essere elevata fino al 48% per ulteriori part-time con almeno il 65% della prestazione. 

31. E’ consentita, comunque, l’attivazione di contratti part-time sino a 10 unità purché non risulti superato il totale dei contratti a tempo pieno e indeterminato in atto nell’unità produttiva. 

32. I lavoratori a tempo parziale si computano, ai fini dell’articolo 35 della legge 300/70 come unità a tempo pieno. 

33. Per le imprese che occupino da 0 a 3 dipendenti è comunque consentita l’assunzione con contratto part-time di 3 lavoratori.

venerdì 27 ottobre 2017

La violazione del dovere di fedeltà impone che la condotta sia produttiva di danno?


Il dovere di fedeltà sancito dall'art. 2105 c.c. si sostanzia nell'obbligo del lavoratore di astenersi da attività contrarie agli interessi del datore di lavoro, tali dovendosi considerare anche quelle che, sebbene non attualmente produttive di danno, siano dotate di potenziale lesività. .Cass 24/10/2017, n. 25147 (conf. Cass. 30/01/2017 n. 2239)

giovedì 26 ottobre 2017

Come è disciplinato l'orario di lavoro per il personale viaggiante nel ccnl logistica?

Art. 11 – Orario di lavoro per il personale viaggiante 

1. Fatto salvo quanto previsto dal successivo articolo 11 bis, l’orario di lavoro settimanale è stabilito in 39 ore. La durata media della settimana lavorativa non può superare le 48 ore. La durata massima della settimana lavorativa può essere estesa a 60 ore solo se su un periodo di 6 mesi, al netto delle giornate non lavorate ma retribuite, la media delle ore di lavoro non supera il limite di 48 ore settimanali. Agli effetti delle disposizioni del presente articolo si intende per orario di lavoro ogni periodo compreso fra l'inizio e la fine del lavoro durante il quale il lavoratore autista è sul posto di lavoro, a disposizione del datore di lavoro ed esercita le sue funzioni o attività ossia: 
- il tempo dedicato a tutte le operazioni di autotrasporto; in particolare la guida, il carico e lo scarico, la pulizia e la manutenzione tecnica del veicolo, ogni altra operazione volta a garantire la sicurezza del veicolo e del carico o ad adempiere agli obblighi legali o regolamentari direttamente legati al trasporto specifico in corso, incluse la sorveglianza delle operazioni di carico e scarico, le formalità amministrative di polizia e di dogana o altro;
- i periodi di tempo durante i quali il lavoratore mobile non può disporre liberamente del proprio tempo e deve rimanere sul posto di lavoro, pronto a svolgere il suo lavoro normale, occupato in compiti connessi all'attività di servizio. 

2. Sono esclusi dal computo dell'orario di lavoro i periodi di interruzione dalla guida di cui all'art. 7 del regolamento CE 561/06, i riposi intermedi di cui all'articolo 5 del Decreto Legislativo 234/07, i periodi di riposo di cui all'articolo 6 del medesimo decreto e i periodi di attesa per i divieti di circolazione con esclusione dei casi in cui tali periodi siano fruiti presso la residenza del lavoratore. In tali casi il lavoratore mobile ha diritto alla sola indennità di trasferta. 

3. Per i tempi di disponibilità in cui il lavoratore mobile, pur non dovendo rimanere sul posto di lavoro, deve tenersi a disposizione per rispondere ad eventuali chiamate con le quali gli si chieda di iniziare o di riprendere la guida o di eseguire altri lavori, è dovuto unicamente il trattamento di trasferta. I seguenti periodi si calcolano, ai soli fini retributivi, in ragione del 50% della loro durata per la sola parte che eccede il limite dell’orario ordinario e non concorrono al computo del lavoro straordinario: 
a) tempo trascorso in viaggio, per treno, per nave, aereo od altri mezzi di trasporto per la esecuzione dei servizi affidati al lavoratore; 
b) tempo di attesa del proprio turno di guida nella cabina dell'autotreno guidato da due conducenti e ripartendo in misura uguale fra di essi il lavoro effettivo in trasferta. Le disposizioni per l’imbarco su treno o traghetto o per la presenza del secondo conducente assolvono la comunicazione di cui all’art. 3, comma 1 lettera b) del D.LGVO 234/2007. 
I periodi di cui sopra potranno essere retribuiti secondo le modalità stabilite dagli accordi di forfettizzazione di cui al successivo comma 8. 

4. Le norme previste dal regolamento CE 561/06 devono essere integralmente osservate, senza eccezione alcuna, dal datore di lavoro e dal lavoratore. 

5. I tempi di riposo previsti dal contratto non sono cumulabili con quelli previsti dalla legge e dai regolamenti e si applica la disposizione più favorevole al lavoratore. 

6. Rientrano nei riposi intermedi: 
- i tempi per la consumazione dei pasti, che sono di un’ora per le trasferte di durata fino a 15 ore e di 2 ore (un’ora per ciascuna interruzione) per le trasferte superiori alle 15 ore; 
- il tempo minimo previsto dalle norme di legge. 

7. Il lavoratore non ha diritto alla retribuzione per i tempi di riposo ed ha diritto alla sola indennità di trasferta nel caso in cui il riposo sia dato fuori dalla sede dell'impresa o della residenza del lavoratore. 
8. Ferma restando la durata del lavoro contrattuale, l’eventuale maggior durata dell’orario di lavoro è retribuita con le maggiorazioni previste per il lavoro straordinario con una delle seguenti modalità: a) secondo l'attività effettivamente prestata, quale risulta dal Libro unico del lavoro di cui al comma 2 dell'articolo 8 del Decreto Legislativo 234/07 e dalle registrazioni del tachigrafo; le aziende su richiesta dei lavoratori sono tenute a fornire copia della registrazione entro 30 giorni dalla richiesta; b) secondo quanto previsto da: 

- Accordi aziendali per la definizione, anche forfettaria, dei trattamenti di trasferta e del compenso per il lavoro straordinario; se convenuto nell’ambito di tali accordi, ai fini della determinazione della retribuzione spettante ed in conformità al disposto dell’art. 3, comma 1, lettera a) del D.LGVO 19.11.2007 n. 234, si considera equiparato alla anticipata conoscenza della durata probabile dei periodi di attesa per carico e scarico la situazione in cui in alternativa: 
* l’impresa rimetta al lavoratore mobile l’onere di acquisire presso la sede ove lo stesso deve effettuare il carico e/o lo scarico, indicazioni sul periodo di attesa; 
*  le parti determinino il tempo medio di attesa per le operazioni di carico e scarico riferito alla specifica tipologia di attività svolta dai lavoratori mobili occupati nella medesima impresa. Tali tempi assolveranno l’obbligo di comunicazione fino a concorrenza. 
- Accordi collettivi territoriali Gli accordi collettivi territoriali stabiliscono regole per la forfettizzazione che fanno riferimento alle "linee guida" stabilite fra le parti a livello nazionale. Tali accordi sono stipulati secondo le seguenti modalità.

 1) Accordo-quadro territoriale - 

Definisce, senza determinarne i valori, i parametri di riferimento per gli accordi di forfettizzazione. I valori di forfettizzazione saranno determinati a livello aziendale. Per le aziende che occupano meno di 8 dipendenti autisti, salvo che le stesse non applichino accordi aziendali ovvero i parametri di riferimento di cui agli "accordi quadro territoriali", gli accordi territoriali stessi potranno determinare altresì i valori della forfettizzazione. Sono comunque fatte salve altre norme di regolazione della materia purché rientrino nella fattispecie di accordi collettivi stipulati fra le parti titolate a norma del presente contratto, conclusi precedentemente alla stipula del presente CCNL. 

2) Accordi per servizi omogenei e/o per bacini di traffico - 

Tali accordi sono stipulati fra le Associazioni datoriali e le OO.SS. stipulanti e firmatarie il presente CCNL, laddove si individuino, a livello territoriale, condizioni oggettivamente omogenee in ragione della tipologia dei servizi, della durata e della qualità delle relazioni e dei bacini di traffico. A fronte di tali condizioni, i valori delle forfettizzazioni saranno individuati all'interno dell'accordo territoriale. 
Gli accordi aziendali e territoriali saranno depositati presso le Direzioni del Lavoro e quelle degli Istituti previdenziali, territorialmente competenti, a norma dell'art. 3, D.L. 318/96, convertito nella legge 29.07.1996, n. 402, affinché abbiano piena efficacia anche agli effetti previdenziali come previsto dalla stessa legge. La forfettizzazione dei trattamenti di trasferta e dei compensi per lavoro straordinario ha la natura e l’efficacia di accordo collettivo. Sono titolate alla stipulazione degli accordi collettivi suddetti le imprese e le loro Associazioni da una parte, le RSU, le RSA, le rappresentanze territoriali delle OO.SS. stipulanti e firmatarie dall’altra. Gli accordi collettivi si applicano alla totalità del lavoratori dipendenti delle aziende che rientrano nel campo di applicazione degli accordi stessi. Gli accordi collettivi territoriali si applicano altresì a tutte le imprese ed ai loro dipendenti che, pur non aderendo alle associazioni ed alle OO.SS. stipulanti, vi abbiano dato adesione volontaria, applicandoli di fatto. Le imprese che sono tenute all'applicazione degli accordi territoriali, possono derogare agli stessi soltanto con accordi collettivi aziendali, conclusi dalle parti titolate a norma del presente articolo. 

9. Per l'efficacia di tali accordi si applica agli stessi la seguente clausola di decadenza: "il lavoratore è tenuto, a pena di decadenza, a chiedere il pagamento delle differenze di indennità di trasferta e di compenso per lavoro straordinario che ritenga dovute, derivanti dal presente accordo, nel termine perentorio di sei mesi dalla data in cui riceve i compensi ai titoli suddetti". Gli accordi di cui sopra dovranno essere firmati per adesione dai lavoratori interessati. 

10. Al personale viaggiante si applicano i limiti sul lavoro straordinario previsti dagli articoli 11 e 11bis e non si applicano i limiti annuali, settimanali e giornalieri previsti dagli articoli sul lavoro straordinario relativi al personale non viaggiante. 

11. In aggiunta alle 4 festività abolite spettanti ai sensi dell'art. 14 del presente CCNL, al personale viaggiante sono riconosciute, a decorrere dal 1 luglio 2000, 4,5 giornate di permesso retribuito in ragione di anno di servizio o frazione di esso. Le suddette giornate vengono riproporzionate su base annua in rapporto alle assenze non retribuite (assenze facoltative post-partum, aspettativa ecc.). Per gli anni 2014 e 2015 le 4,5 giornate di permesso retribuito di cui al presente comma, in luogo della fruizione, saranno obbligatoriamente monetizzate in ragione del 75% del valore corrispondente. Tale importo sarà erogato in via anticipata nel mese di febbraio di ciascun anno di vigenza contrattuale, salvo eventuali conguagli. La disposizione in esame ha validità fino alla scadenza del presente contratto. Entro e non oltre il 31 ottobre 2015 le parti si incontreranno per verificare le condizioni di prosieguo del presente provvedimento. 

12. Al personale addetto ai servizi di trasloco diverso dal conducente, per il tempo in viaggio e l'eventuale tempo di presenza a disposizione, si applicano per analogia le norme del presente articolo. Le condizioni di migliore favore di cui ai commi precedenti sono assorbite fino a concorrenza. 

13. Fatta eccezione per il trasporto a collettame, l'orario di lavoro del personale viaggiante addetto ai servizi extraurbani che gode del trattamento di trasferta (3° livello Super, 3° livello Super Junior (rif.art.11 quater) e 3° livello) si intende distribuibile fino alle ore 13,00 del sabato senza la maggiorazione del 50% ed è consentito il conguaglio orario nell'ambito di 4 settimane. 

14. Le parti convengono che durante la vigenza del presente contratto potrà essere concordato a livello aziendale una specifica indennità economica per gli autisti inquadrati al 3° livello Super in possesso di particolari abilitazioni.  

mercoledì 25 ottobre 2017

La malattia interrompe la prova?

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-09-2015, n. 19043:

"Il decorso di un periodo di prova determinato nella misura di un complessivo arco temporale, mentre non è sospeso dalla mancata prestazione lavorativa inerente al normale svolgimento del rapporto, quali i riposi settimanali e le festività, deve ritenersi escluso, invece, stante la finalità del patto di prova, in relazione ai giorni in cui la prestazione non si è verificata per eventi non prevedibili al momento della stipulazione del patto stesso, quali la malattia, l'infortunio, la gravidanza e il puerperio, i permessi, lo sciopero, la sospensione dell'attività del datore di lavoro e, in particolare, il godimento delle ferie annuali, che, data la funzione delle stesse di consentire al lavoratore il recupero delle energie lavorative dopo un cospicuo periodo di attività, non si verifica di norma nel corso del periodo di prova. Tale principio trova applicazione solo in quanto non preveda diversamente la contrattazione collettiva, la quale può attribuire od escludere rilevanza sospensiva del periodo di prova a dati eventi, che si verifichino durante il periodo medesimo" (Cass., n. 4573 del 2012).

martedì 24 ottobre 2017

In caso di definizione agevolata dei credito contributivi ex art. 6 DL 193 del 2016 è possibile ottenere il Durc?


L'art. 54 del DL   50 del 2017 prevede:

1. Il documento Unico di regolarità contributiva (DURC) di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per semplificazione e la pubblica amministrazione del 30 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125, del 1° giugno 2015, nel caso di definizione agevolata di debiti contributivi ai sensi dell'articolo 6, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, è rilasciato, a seguito della presentazione da parte del debitore della dichiarazione di volersi avvalere della suddetta definizione agevolata effettuata nei termini di cui al comma 2 del citato articolo 6, ricorrendo gli altri requisiti di regolarità di cui all'articolo 3 del citato decreto interministeriale 30 gennaio 2015.


2. In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento dell'unica rata ovvero di una rata di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento delle somme dovute ai fini della predetta definizione agevolata, tutti i DURC rilasciati in attuazione del comma 1 sono annullati dagli Enti preposti alla verifica. A tal fine, l'agente della riscossione comunica agli Enti il regolare versamento delle rate accordate. I medesimi Enti provvedono a rendere disponibile in apposita sezione del servizio “Durc On Line” l'elenco dei DURC annullati ai sensi del presente comma.


3. I soggetti che hanno richiesto la verifica di regolarità contributiva e i soggetti i cui dati siano stati registrati dal servizio “Durc On Line” in sede di consultazione del DURC già prodotto utilizzano le informazioni rese disponibili nella sezione di cui al comma 2 nell'ambito dei procedimenti per i quali il DURC è richiesto.


4. Le Amministrazioni pubbliche interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni del presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


lunedì 23 ottobre 2017

Il bando di concorso per pubblico impiego può imporre la necessità di essere cittadini italiani?

Il Tribunale di Firenze Sez. lavoro, Ord., 27-05-2017 ricostruisce le principali pronunce comunitarie:


"Si osserva che il requisito della cittadinanza per l'accesso al lavoro nella pubblica amministrazione previsto da norme nazionali di diverso rango (art. 51 Cost., art. 2 del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 2 D.P.R. n. 487 del 1994richiamato dall'art. 70 comma 13 D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1 D.P.C.M. n. 174 del 1994,) ha subito restrizioni derivanti dal processo di integrazione europea, dal principio di libera circolazione all'interno dell'Unione e di non discriminazione, sulla base della nazionalità, tra i lavoratori degli stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione, le condizioni di lavoro (artt. 45 TFUE ex 39 TCE).

L'ordinamento europeo prevede quale eccezione alla abolizione di ogni discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli stati membri, gli impieghi nella pubblica amministrazione (art. 45 paragrafo 4 TFUE). La portata applicativa di detta esclusione, ampia nella enunciazione letterale, è stata definita dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in termini restrittivi.

Secondo la Corte la nozione di "pubblica amministrazione", ai sensi dell'art. 45 paragrafo 4 è comunitaria e non può essere rimessa alla discrezionalità degli stati membri (CGUE sent. 12/02/1974 Sotgiu/Deuteche Bundespost C 152/73 punto 5; CGUE sent. 17/12/1979 Commissione CE/Regno del Belgio C 149/79 punto 12 e 18; CGUE sent,. 20/09/2003 Colegio de Oficiales del la Marina Mercante Espanola C 405/2001 punto 38); trattandosi di deroga al principio fondamentale della libera circolazione e della parità di trattamento dei lavoratori comunitari, deve ricevere una interpretazione che ne limiti la portata a quanto è strettamente necessario per salvaguardare gli interessi che essa consente agli stati membri di tutelare (CGUE sent,. 20/09/2003 Colegio de Oficiales della Marina Mercante Espanola C 405 punto 41); la deroga dell'art. 45 paragrafo 4 non trova applicazione a impieghi, che pur dipendendo dallo stato o da altri enti pubblici non implicano la partecipazione a compiti spettanti alla pubblica amministrazione propriamente detta (CGUE sent. 17/12/1979 Commissione CE/Regno del Belgio C 149/79 punto 11; CGUE sent,. 20/09/2003 Colegio de Oficiales della Marina Mercante Espanola C 405/2001 punto 40); ha circoscritto detta deroga ai "posti che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all'esercizio dei pubblici poteri ed alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela di interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche" in quanto "presuppongono, da parte dei loro titolari, l'esistenza di un rapporto particolare di solidarietà nei confronti dello Stato nonché la reciprocità di diritti e di doveri che costituiscono il fondamento del vincolo di cittadinanza" (CGUE sent. 17/12/1979 Commissione CE/Regno del Belgio C 149/79 punto 10; CGUE sent. 20/09/2003 Colegio de Oficiales del la Marina Mercante Espanola C 405/2001 punto 39).

Facendo applicazione di detti criteri La Corte di Giustizia non ha ritenuto impieghi nella P.A., pertanto non ricompresi nella deroga al principio di parità di trattamento dei lavoratori comunitari: il tirocinio della professione di insegnante (Corte Giust. 3 luglio 1986, La., c- 66/85), i posti di ricercatore presso il CNR (Corte Giust. 16 giugno 1987, Commissione c. Italia, c- 225/85), i posti di lettore di lingua straniera nell'Università di Venezia (Corte Giust. 30 maggio 1989, Al., C33/88), il lavoro di infermiere (Corte Giust.3 giugno 1986, Commissione c. Francia, c- 307/84), vari impieghi esecutivi presso amministrazioni comunali (es.: falegname, aiuto giardiniere, elettricista; v. Corte Giust., 26 maggio 1982, Commissione c. Belgio, c- 149/79).

Secondo l'interpretazione sempre più rigorosa della Corte di Giustizia i pubblici poteri finalizzati alla tutela dell'interesse nazionale rilevanti ai fini della deroga di cui all'art. 45 paragrafo 4 si manifesterebbero nella posizione e mansione lavorativa che: 1) implichi l'esercizio di poteri di coercizione o d'imperio nei confronti dei terzi, 2) in funzione di interessi generali e non meramente tecnici o economici, 3) e purché siano esercitati in modo abituale e non rappresentino una parte molto ridotta dell'attività (CGUE sent. 20/09/2003 Colegio de Oficiales della Marina Mercante Espanola C 405/2001 punti 42, 44; CGUE sent. An. C 47/2002 punto 63 CGUE; sent. 10/09/2014 Ha. punti 57, 58, 59 che ha ritenuto che la esclusione generale dall'accesso dei cittadini di altri stati membri dalla funzione di Presidente dell'Autorità Portuale, nello specifico di Brindisi, costituisce discriminazione fondata sulla nazionalità vietata dall'art. 45 TFUE).

Detta nozione restrittiva è espressione di un criterio funzionale, che cumula i due requisiti dell'impiego di pubblici poteri, come sopra intesi, e la tutela degli interessi generali dello Stato o delle pubbliche collettività.

In aggiunta si osserva che in pronunce intervenute in tema di discriminazione fondata sulla nazionalità, vietata dall'artt. 49 TFUE (ex 43 TCR diritto di stabilimento), ove la Corte ha fornito l'interpretazione della nozione di pubblici poteri fondanti la deroga consentita dall'art. 51 paragrafo I (ex art. 45 TCE), ha ritenuto illegittimo il requisito della cittadinanza per l'accesso a determinate posizioni lavorative pubbliche o private collegate all'esercizio di pubblici poteri consistenti in: talune attività ausiliarie o preparatorie rispetto all'esercizio dei pubblici poteri (v. in tal senso, sentenze del 13 luglio 1993, Thijssen, C-42/92, EU:C:1993:304, punto 22; del 29 ottobre 1998, Commissione/Spagna, C-114/97, EU:C:1998:519, punto 38; del 30 marzo 2006, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, C-451/03, EU:C:2006:208, punto 47; del 29 novembre 2007, Commissione/Germania, C-404/05, EU:C:2007:723, punto 38, e del 22 ottobre 2009, Commissione/Portogallo, C-438/08, EU:C:2009:651, punto 36), o determinate attività il cui esercizio, pur comportando contatti, anche regolari e organici, con autorità amministrative o giudiziarie, o addirittura una partecipazione, anche obbligatoria, al loro funzionamento, lasci inalterati i poteri di valutazione e di decisione di tali autorità (v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 1974, Re., 2/74, EU:C:1974:68, punti 51 e 53), o ancora determinate attività che non comportano l'esercizio di poteri decisionali (v., in tal senso, sentenze del 13 luglio 1993, Th., C-42/92, EU:C:1993:304, punti 21 e 22; del 29 novembre 2007,

Commissione/Austria, C-393/05, EU:C:2007:722, punti 36 e 42; del 29 novembre 2007, Commissione/Germania, C-404/05, EU:C:2007:723, punti 38 e 44, nonché del 22 ottobre 2009, Commissione/Portogallo, C-438/08, EU:C:2009:651, punti 36 e 41), di poteri di coercizione (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 29 ottobre 1998, Commissione/Spagna, C-114/97, EU:C:1998:519, punto 37), o di potestà coercitiva (v., in tal senso, sentenze del 30 settembre 2003, An. e a., C-47/02, EU:C:2003:516, punto 61, nonché del 22 ottobre 2009, Commissione/Portogallo, C-438/08, EU:C:2009:651, punto 44) (così riassuntivamente indicate nella sentenza CGUE Commissione europea c Repubblica Ungherese 01/02/2017 c 392/2015 al paragrafo 108).

Le norme e le statuizioni della Corte di Giustizia prevalgono sulle norme nazionali contrastanti, vincolando ad una interpretazione conforme, o in caso di impossibilità, alla disapplicazione della norma interna.

II quadro normativo nazionale in tema di accesso dei cittadini comunitari e di paesi terzi ai posti di lavoro pubblici è dettato dall'art. 38, comma 1, D.Lgs. n. 165 del 2001 (così modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b, L. 6 agosto 2013, n. 97 Legge europea 2013) che stabilisce, al comma 1 che "I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale'.

Il successivo comma 3 bis (anch'esso modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b, L. 6 agosto 2013, n. 97 Legge europea 2013) prevede che le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano, "ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria". La L. n. 97 del 2013 ha esteso l'accesso al pubblico impiego ed i limiti previsti per i cittadini UE (introdotto con la riforma del pubblico impiego del 93) a determinate categorie di cittadini di paesi terzi (familiari di cittadini UE non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, cittadini di Paesi terzi lungosoggiornanti, titolari dello status di rifugiato, titolari dello status di protezione sussidiaria). L'estensione della disciplina è piena, con la conseguenza che i cittadini terzi appartenenti a dette categorie sono ammessi all'accesso al lavoro pubblico alle stesse condizioni riconosciute ai cittadini comunitari. L'identità di regime applicabile impone che i criteri elaborati dalla Corte di Giustizia con riferimento ai cittadini LTE debbano essere applicati in modo uniforme anche ai cittadini terzi appartenenti alle categorie citate.

Al di fuori di queste categorie non è possibile estendere l'accesso al pubblico impiego agli stranieri, non esistendo un principio generale di ammissione dello straniero non comunitario al lavoro pubblico (su questa tema si veda la recente Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., n. 18523/2014). In conclusione sul punto, l'accesso al pubblico impiego secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza comunitaria deve applicarsi ai cittadini comunitari, ai cittadini di paesi terzi familiari dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ai cittadini di paesi terzi titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria.

Ai sensi del comma 2 dell'art. 38 D.Lgs. n. 165 del 2001 cit. è rimesso al D.P.C.M. ai sensi dell'art. 17 L. n. 400 del 1988 l'individuazione dei posti e delle funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.

Il D.P.C.M. n. 174 del 1994 ha individuato i posti per i quali non può prescindersi dal requisito della cittadinanza sulla base di un criterio organizzativo - settoriale, comprendendo: lett. a) e b) la categoria dei dirigenti delle Amministrazioni dello Stato e strutture periferiche, enti pubblici non economici, Regioni e enti locali, Banca d'Italia; lett. c) le carriere (le magistrature, avvocati e procuratori i dello stato); lett. d) intere Amministrazioni statuali (ruoli civili e militari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri degli Affari Esteri, dell'Interno, della Giustizia, della Difesa, delle Finanze). Prevede inoltre le funzioni per le quali è richiesto il possesso della cittadinanza (quelle che "comportano l'elaborazione, la decisione, l'esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi" e funzioni di controllo e legittimità"), riserva sottoposta alla decisione, motivata caso per caso, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il criterio organizzativo posto dal comma 1 del D.P.C.M. n. 174 del 1994 cit., applicato nel bando in esame, secondo il quale tutti i posti appartenenti al ruolo civile del Ministero della Giustizia richiedono il requisito della cittadinanza, così escludendo i cittadini UE (e gli altri cittadini di paesi terzi sopra indicati), senza ulteriori distinzioni in ordine alle specifiche mansioni e posizioni lavorative, non pare compatibile con la giurisprudenza Comunitaria illustrata e con l'elaborata nozione restrittiva e funzionale, che presuppone in modo abituale e non occasionale, l'esercizio di pubblici poteri, inteso come esercizio di poteri di imperio o di coercizione collegati a funzioni di interesse pubblico generale.

Si rende quindi necessario, conformandosi alla interpretazione comunitaria, valutare in concreto (e non in astratto) se un determinato posto presso la P.A. costituisca o meno esercizio di pubblici poteri nei termini sopra illustrati.

Il CCNL del personale non dirigenziale del Ministero della Giustizia del 29.7.2010, colloca la figura professionale dell'Assistente Giudiziario nella seconda area funzionale (assieme a Conducente di automezzi, Operatore giudiziario, Assistente alla vigilanza dei locali e al servizio automezzi, Cancelliere, Contabile, Assistente informatico, Assistente linguistico, Ufficiale Giudiziario).

L'allegato A ne definisce le specifiche professionali, richiedendo: "conoscenze teoriche e pratiche di medio livello; discreta complessità dei processi e delle problematiche da gestire; capacità di coordinamento di unità operative interne con assunzione di responsabilità dei risultati; relazioni con capacità organizzative di media complessità".

Quanto al contenuto della figura professionale dell'Assistente Giudiziario stabilisce che è propria dei "lavoratori che svolgono, sulla base di istruzioni, anche a mezzo dei necessari supporti informatici, attività di collaborazione in compiti di natura giudiziaria, contabile, tecnica o amministrativa attribuiti agli specifici profili previsti nella medesima area e attività preparatoria o di formazione degli atti attribuiti alla competenza delle professionalità superiori, curando l'aggiornamento e la conservazione corretta di atti e fascicoli. In relazione all'esperienza maturata in almeno un anno di servizio gli stessi possono essere adibiti anche all'assistenza del magistrato nell'attività istruttoria o nel dibattimento, con compiti di redazione e sottoscrizione dei relativi verbali".

Si evince quindi che detta figura professionale opera sempre sulla base di istruzioni, in collaborazione in altrui compiti di natura giudiziaria, contabile, tecnica o amministrativa. Prepara o forma atti attribuiti alle professionalità superiori. Curando l'aggiornamento e la conservazione di atti e fascicoli, compie operazioni. Quando svolge assistenza al magistrato, provvedendo alla redazione e sottoscrizione dei verbali nell'attività istruttoria o dibattimentale, che costituiscono atti pubblici, l'attività viene esercitata interamente sotto la vigilanza e la direzione del magistrato.

Tra le mansioni che l'assistente giudiziario è chiamato a svolgere sono ricompresi la ricezione di istanze per l'iscrizione all'albo dei periti e dei consulenti tecnici, la certificazione, tramite la propria sottoscrizione, del deposito di memorie nel processo civile e degli atti nel processo in cui presta assistenza (es. costituzione di parte civile nel processo penale e costituzione del convenuto nel processo civile), il rilascio di copia autentica del verbale dal medesimo redatto.

Tuttavia detta attività certificativa occupa una parte ridotta e del tutto occasionale rispetto a quella in collaborazione, preparatoria e assistenza, in quanto, "il rilascio di copie conformi e la ricezione in deposito degli atti provenienti sia dal giudice che dall'utenza deve essere limitato solo ai casi urgenti ed indifferibili nella contingente assenza di altri profili professionali di norma preposti a tali attività" (si legge in questi termini la nota inviata dal Ministero della Giustizia in data 11.2.2014 al Tribunale di Roma - Prot. n. (...)). Si tratta quindi di una mansione priva del requisito di abitualità richiesto dalla giurisprudenza comunitaria.

Alla luce di tali considerazioni, emerge che il profilo professionale di assistente giudiziario rappresenti un'attività ausiliaria, preparatoria all'esercizio di pubblici poteri. Sebbene il suo esercizio comporti la partecipazione obbligatoria al funzionamento dell'amministrazione della giustizia (con particolare riguardo ai compiti di redazione e sottoscrizione dei relativi verbali) non costituisce comunque partecipazione diretta e specifica all'esercizio dei pubblici poteri in quanto i contatti con l'autorità giudiziaria lasciano inalterati i poteri di valutazione e di decisione di stretta pertinenza di quest'ultima. Si tratta quindi di un profilo professionale, quello di assistente giudiziario, che rimane escluso dal processo decisionale che si esprime nel provvedimento giurisdizionale ed è privo di qualsiasi potere di natura discrezionale, in ogni restante sua mansione.

Si evidenzia infine che, anche se può essere preclusa la progressione di carriera allo straniero qualora le funzioni di livello più elevato implichino il compimento di pubblici poteri a tutela dell'interesse nazionale (cfr. Corte Giust., 16 giugno 1987, Commissione c. Italia, C - 225/85), l'art. 39, par. 4, TFUE non permette di riservare ai cittadini LTE un trattamento discriminatorio rispetto ai nazionali una volta che l'accesso ad un impiego nella P.A sia stato consentito (cfr. Corte Giust., 12 febbraio 1974, Sotgiu, C - 152/73) né tanto meno questo può ritenersi legittimato in virtù di una potenziale futura progressione di carriera.

Pertanto, una volta accertato che il profilo professionale in esame non implica l'esercizio di pubblici poteri a tutela dell'interesse nazionale secondo la nozione comunitaria, non si può non rilevare la natura discriminatoria dell'art. 3L. n. 67 del 2006 del bando per assistente giudiziario nella parte in cui richiede quale requisito partecipativo necessario il possesso della cittadinanza italiana. L'eventuale esclusione della ricorrente, quale soggetto in possesso di tutti i requisiti prescritti, ad esclusione di quello della nazionalità italiana, sarebbe determinata solo in ragione della sua nazionalità senza che ciò possa essere giustificato da valide ragioni dovute alla natura dell'attività lavorativa o al contesto in cui questa viene espletata.

Si ritiene quindi fondato il ricorso sotto il profilo dell'apparenza del diritto a salvaguardia del quale si intende richiedere la tutela, a cui consegue la necessaria disapplicazione dell'art. 1 lett. d) del D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 a cui rinvia l'art. 38 D.Lgs. n. 165 del 2001 e della clausola del bando di cui all'art. 3 n. 3), per incompatibilità con il diritto comunitario così come ricavato dall'interpretazione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (si veda Cass. sez. L sent. n. 17966/2011). La discriminazione ha inoltre duplice natura, individuale e collettiva. Individuale, a danno della sig.ra O.M. e collettiva, nei confronti di tutti coloro che candidati, pur non individuati e non intervenuti, sarebbero lesi dalla discriminazione se venissero esclusi dalle prove preselettive e selettive in ragione del mancato possesso della cittadinanza, nonché di coloro che, non individuabili in modo diretto, hanno omesso di presentare domanda a causa della clausola in esame."

giovedì 19 ottobre 2017



Nel rito Fornero posso richiedere in via subordinata il pagamento del TFR e dell'indennità sostitutiva del preavviso?




Cass. civ. Sez. lavoro, 16/02/2017, n. 4118

Nel rito introdotto dalla L. n. 92 del 2012 (c.d. rito Fornero) è ammissibile la proposizione in via subordinata, da parte del lavoratore, delle domande di pagamento del TFR e dell'indennità di mancato preavviso, in quanto nascenti dalla cessazione del rapporto e quindi fondate su fatti costitutivi già dedotti, sicché il relativo esame non comporta un indebito ampliamento del tema sottoposto a decisione ed evita il frazionamento dei processi o pronunce in mero rito, permettendo, al contrario, che un'unica vicenda estintiva del rapporto di lavoro dia luogo a un unico processo.

mercoledì 18 ottobre 2017



Che tassazione hanno i premi di risultato?



L 28/12/2015, n. 208 Comma 182 

182. Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.


Con il DM 5 marzo 2016 sono regolamentati i premi di produttività. In particolare:


Art. 1 Oggetto e finalità

1. Ai fini dell’applicazione delle agevolazioni fiscali di cui all’ articolo 1, commi 182, 189 e 190, della legge n. 208 del 2015, il presente decreto disciplina:

a) i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai quali i contratti aziendali o territoriali di cui all'articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015 legano la corresponsione di premi di risultato di ammontare variabile nonché i criteri di individuazione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa;
b) gli strumenti e le modalità attraverso cui le aziende realizzano il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro;
c) le ulteriori modalità attuative delle previsioni contenute nei commi da 182 a 191.



2. Il presente decreto disciplina, altresì, le modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali di cui al comma 1, lettera a).


3. Le disposizioni di cui all’ articolo 1, commi da 182 a 185, della legge n. 208 del 2015 trovano applicazione per il settore privato e con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell'anno precedente quello di percezione delle somme di cui al comma 182, a euro 50.000 al lordo delle somme assoggettate nel medesimo anno all'imposta sostitutiva di cui allo stesso comma 182.


Art. 2 Premi di risultato e criteri di misurazione

1. Ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’ articolo 1, comma 182, della legge n. 208 del 2015, per premi di risultato si intendono le somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.


2. I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), devono prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto ad un periodo congruo definito dall’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.

Art. 3 Partecipazione agli utili

1. Ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’ articolo 1, comma 182, della legge n. 208 del 2015, per somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa si intendono gli utili distribuiti ai sensi dell’articolo 2102 del codice civile.


2. Agli utili distribuiti ai sensi del comma 1 si applica l’articolo 95, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.

Art. 4 Coinvolgimento paritetico dei lavoratori

1. L’incremento di cui all’ articolo 1, comma 189, della legge n. 208 del 2015 è riconosciuto qualora i contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), prevedano strumenti e modalità di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse necessarie nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti.


2. Non costituiscono strumenti e modalità utili ai fini di cui al comma 1 i gruppi di lavoro di semplice consultazione, addestramento o formazione.

Art. 5 Deposito e monitoraggio dei contratti

1. Ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’ articolo 1, commi 182 e 189, della legge, n. 208 del 2015, il deposito di cui all’articolo 14 del decreto legislativo n. 151 del 2015 è effettuato entro 30 giorni dalla sottoscrizione dei contratti collettivi aziendali o territoriali, unitamente alla dichiarazione di conformità del contratto alle disposizioni del presente decreto, redatta in conformità al modello di cui all’allegato n. 1. Il modello di dichiarazione è reso disponibile sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - www.lavoro.gov.it e aggiornato con decreto direttoriale.

Art. 6 Voucher

1. L’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi di cui all’ articolo 51, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, può avvenire anche attraverso il rilascio di documenti di legittimazione nominativi, in formato cartaceo o elettronico. Tali documenti non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare.


2. In deroga a quanto disposto dal comma 1, i beni e servizi di cui all’ articolo 51, comma 3, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 possono essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di cui alla medesima disposizione.


3. L’affidamento e la gestione dei servizi sostitutivi di mensa continuano ad essere disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207

Art. 7 Efficacia

1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle erogazioni effettuate nel periodo di imposta 2016 e in quelli successivi.


2. Nell’eventualità in cui tali erogazioni si riferiscano a premi di risultato e partecipazione agli utili relativi al 2015, l’applicazione del regime di favore è comunque subordinata al rispetto di tutte le condizioni stabilite dalla legge n. 208 del 2015 e dal presente decreto. Nei casi di cui al presente comma, il deposito dei contratti, qualora non ancora effettuato, deve avvenire entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, unitamente all’autodichiarazione di conformità del contratto alle disposizioni del presente decreto.

Il presente decreto sarà trasmesso ai competenti organi di controllo e pubblicato sul sito web del Ministero del lavoro e delle politiche sociali www.lavoro.gov.it (sezione pubblicità legale) e, in avviso, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

martedì 17 ottobre 2017



Il lavoratore che è stato convocato per le giustificazioni ha diritto ad un differimento dell'incontro?



Ai sensi dell'art. 7, L. n. 300/1970, in caso di irrogazione di licenziamento disciplinare e salvo che la richiesta del lavoratore di differimento dell'audizione sia giustificata da una possibilità di presenziare meramente disagevole o sgradita, sussiste l'obbligo per il datore di lavoro di accoglierla soltanto se essa risponda ad un'esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. Sicchè il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, ad essere sentito oralmente dal datore di lavoro, così intendendo il primo esercitare il proprio diritto di difesa e il secondo avendone l'obbligo correlativo. L'accertamento in ordine alla compatibilità delle modalità di convocazione del lavoratore con i principi di buona fede e lealtà contrattuale, è rimesso al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile se congruamente motivata. Cass.09/10/2017, n. 23510


lunedì 16 ottobre 2017



Il licenziamento per giusta causa nel contratto a tempo determinato va impugnato entro 60 giorni?

Per cass. 23861 del 2017:

L'art. 6 della legge n. 604 del 1966, come modificato dall'art. 32 della legge n. 183 del 2010, nel testo vigente ratione temporis (anteriore alla modifiche apportate dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, c.d. "Legge Fornero"), che prevede il termine di decadenza di sessanta giorni per l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento, si applica, in forza del comma 2 del citato art. 32, costituente norma di chiusura, "a tutti i casi di invalidità del licenziamento", ivi compresa l'ipotesi di recesso ante tempus intimato per giusta causa in costanza di un rapporto di lavoro a tempo determinato.

sabato 14 ottobre 2017

Quali sono i lavori considerati discontinui dal RDL 15 Marzo 1923  n. 692



Tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'art. 1° del regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692 (art. 3 regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692, e art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955)

1. Custodi.

2. Guardiani diurni e notturni, guardie daziarie.

3. Portinai.

4. Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono una applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti.

L'accertamento che le mansioni disimpegnate dai fattorini costituiscono un'occupazione a carattere continuativo è fatta dall'Ispettorato del lavoro 

5. Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze-letto, carrozze ristoranti e piroscafi, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.

6. Pesatori, magazzinieri, dispensieri ed aiuti.

7. Personale addetto alla estinzione degli incendi.

8. Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità.

9. Cavallanti, stallieri e addetti al governo dei cavalli e del bestiame da trasporto, nelle aziende commerciali e industriali.

10. Personale di treno e di manovra, macchinisti, fuochisti, manovali, scambisti, guardabarriere delle ferrovie interne degli stabilimenti.

11. Sorveglianti che non partecipino materialmente al lavoro.

12. Addetti ai centralini telefonici privati.

13. Personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati, dei reparti per agitati o sudici nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali, delle sezioni specializzate per ammalati di forme infettive o diffusive, e, in genere, per tutti quei casi in cui la limitazione di orario, in relazione alle particolari condizioni della assistenza ospedaliera, sia riconosciuta necessaria dall'Ispettorato dell'industria e del lavoro, previo parere del medico provinciale.

14. Commessi di negozio nelle città con meno di cinquantamila abitanti a meno che, anche in queste città, il lavoro dei commessi di negozio sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto, su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate, e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio.

15. Personale addetto alla sorveglianza degli essiccatoi.

16. Personale addetto alla sorveglianza degli impianti frigoriferi.

17. Personale addetto alla sorveglianza degli apparecchi di sollevamento e di distribuzione di acqua potabile.

18. Personale addetto agli impianti di riscaldamento, ventilazione e inumidimento di edifici pubblici e privati.

19. Personale addetto agli stabilimenti di bagni e acque minerali, escluso il personale addetto all'imbottigliamento, imballaggio e spedizione.

20. Personale addetto ai servizi di alimentazione e di igiene negli stabilimenti industriali.

21. Personale addetto ai servizi igienici o sanitari, dispensari, ambulatori, guardie mediche e posti di pubblica assistenza, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato corporativo, manchino nella particolarità del caso, gli estremi di cui all'art. 6 del Regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).

22. Barbieri, parrucchieri da uomo e da donna nelle città con meno di centomila abitanti, a meno che, anche in queste città, il lavoro dei barbieri e parrucchieri da uomo e da donna sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio.

23. Personale addetto alla toeletta (manicure, pettinatrici).

24. Personale addetto ai gazometri per uso privato.

25. Personale addetto alla guardia dei fiumi, dei canali e delle opere idrauliche.

26. Personale addetto alle pompe di eduzione delle acque se azionate da motori elettrici.

27. Personale addetto all'esercizio ed alla sorveglianza dei forni a fuoco continuo nell'industria della calce e cemento, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, nella particolarità del caso, concorrano speciali circostanze a rendere gravoso il lavoro. Fuochisti adibiti esclusivamente alla condotta del fuoco nelle fornaci di laterizi, di materiali refrattari, ceramiche e vetrerie.

28. Personale addetto nelle officine elettriche alla sorveglianza delle macchine, ai quadri di trasformazione e di distribuzione, e alla guardia e manutenzione delle linee e degli impianti idraulici, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, la sorveglianza, nella particolarità del caso, non assuma i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.

29. Personale addetto alla sorveglianza ed all'esercizio:

a) degli apparecchi di concentrazione a vuoto;

b) degli apparecchi di filtrazione;

c) degli apparecchi di distillazione;

d) dei forni di ossidazione, riduzione e calcinazione nelle industrie chimiche, a meno che si tratti di lavori che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, non rivestano i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955;

e) degli impianti di acido solforico e acido nitrico;

f) degli apparecchi per l'elettrolisi dell'acqua;

g) degli apparecchi per la compressione e liquefazione dei gas.

30. Personale addetto alle gru.

31. Capistazione di fabbrica e personale dell'ufficio ricevimento bietole nella industria degli zuccheri.

32. Personale addetto alla manutenzione stradale.

33. Personale addetto esclusivamente nell'industria del candeggio e della tintoria, alla vigilanza degli autoclavi ed apparecchi per la bollitura e la lisciviatura ed alla produzione con apparecchi automatici del cloro elettrolitico.

34. Personale addetto all'industria della pesca.

35. Impiegati di albergo le cui mansioni implichino rapporti con la clientela e purché abbiano carattere discontinuo (così detti «impiegati di bureau» come i capi e sottocapi addetti al ricevimento, cassieri, segretari con esclusione di quelli che non abbiano rapporti con i passeggeri), a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).

36. Operai addetti alle pompe stradali per la distribuzione della benzina, comunemente detti pompisti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).

37. Operai addetti al funzionamento e alla sorveglianza dei telai per la segatura del marmo, a meno che nella particolarità del caso a giudizio dell'Ispettorato corporativo  manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.

38. Interpreti alle dipendenze di alberghi o di agenzie di viaggio e turismo, esclusi coloro che hanno anche incarichi od occupazioni di altra natura e coloro le cui prestazioni, a giudizio dell'Ispettorato corporativo , non presentano nella particolarità del caso i caratteri di lavoro discontinuo o di semplice attesa.

39. Operai addetti alle presse per il rapido raffreddamento del sapone, ove dall'Ispettorato corporativo  sia nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro.

40. Personale addetto al governo, alla cura ed all'addestramento dei cavalli nelle aziende di allevamento e di allenamento dei cavalli da corsa.

41. Personale addetto esclusivamente al governo e alla custodia degli animali utilizzati per prodotti medicinali o per esperienze scientifiche nelle aziende o istituti che fabbricano sieri.

42. Personale addetto ai corriponti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).

43. Artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori, cameramen-recording o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici.

44. Operai addetti esclusivamente alla sorveglianza dei generatori di vapore con superficie non superiore a 50 mq. quando, nella particolarità del caso, detto lavoro abbia carattere di discontinuità, accertato dall'Ispettorato del lavoro.

45. Operai addetti presso gli aeroporti alle pompe per il riempimento delle autocisterne e al rifornimento di carburanti e lubrificanti agli aerei da trasporto, eccettuati i singoli casi nei quali l'Ispettorato del lavoro accerti l'inesistenza del carattere della discontinuità.


46. Operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose ove dall'Ispettorato del lavoro sia, nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro

giovedì 12 ottobre 2017

Quando la giurisprudenza considera presenti i caratteri della discontinuinità per gli autisti?


Per la giurisprudenza:

"Non possono ritenersi discontinue le mansioni del lavoratore che risulti essere stato addetto in genere, oltre che alle mansioni di autista, a piccole incombenze all'interno dello stabilimento del datore di lavoro". Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-10-2015, n. 19738

"In ipotesi di lavoro "discontinuo", nella specie svolto dall'autista adibito al trasporto delle merci, le attese non lavorale non si computano nell'orario di lavoro effettivo, ai fini della determinazione del compenso per lavoro straordinario (sulla base del contratto collettivo applicabile o ai sensi dell'art. 2108 c.c.), nel caso in cui il dipendente sia rimasto, in tali frangenti temporali, libero di trascorrere le pause senza alcun vincolo di disponibilità nei confronti del datore di lavoro.
I due dedotti motivi, esaminati congiuntamente perché logicamente connessi, sono infondati.
Nella ipotesi di lavoro discontinuo, come quello del caso in esame di autista adibito al trasporto di merci, questo è caratterizzato da attese non lavorate durante le quali il dipendente o non rimane assoggettato ad alcun obbligo specifico di facere e, può, quindi, ricostituire le proprie energie psicofisiche; oppure è tenuto, durante le pause di attesa, a rimanere a disposizione del datore di lavoro.
Nel primo caso egli non ha diritto ad alcun compenso per lavoro straordinario, anche se le pause di attesa eccedano l'orario normale di lavoro, salvo che non sia diversamente disposto dal contratto collettivo di lavoro; nel secondo caso, invece, se la pausa di attesa eccede l'orario normale di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto al compenso per lavoro straordinario o ai sensi dell'art. 2108 c.c. o secondo quanto previsto dal contratto collettivo applicabile.
In tale ultima ipotesi il lavoratore per avere diritto al compenso per lavoro straordinario ha l'onere di provare che è rimasto a disposizione del datore di lavoro anche con eventuale svolgimento di attività complementari e non già a riposo con libertà di scelta sul modo di trascorrere la pausa di attesa. (v, 
pronunce di questa Corte n. 2829 del 5 aprile 1990; n. 729 del 24 gennaio 1997) Cass. civ. Sez. lavoro, 20/04/2004, n. 7577

"Non possono ritenersi discontinue le mansioni del lavoratore che risulti essere stato addetto in genere, oltre che alle mansioni di autista, a piccole incombenze all'interno dello stabilimento del datore di lavoro". Cass. civ. Sez. lavoro, 28/01/1999, n. 768


"Non è in contrasto con l'art. 2108 c.c. l'interpretazione del giudice di merito il quale - affermata la natura retributiva dell'indennità di trasferta goduta dall'autista per l'attività svolta fuori sede eccedente l'orario giornaliero contrattuale - aveva escluso che competesse, per la stessa attività, il diritto al compenso per lavoro straordinario, poichè la disciplina di carattere inderogabile in tema di lavoro straordinario, prevista da detta norma, si riferisce esclusivamente alle prestazioni di lavoro regolate dal r.d.l. 15 marzo 1923 n. 692 e dal r.d. 10 settembre 1923 n. 1955, mentre non è estensibile al lavoro del personale addetto ai trasporti di persone e di merci, che da detta regolamentazione è espressamente escluso a norma del n. 8 della tabella approvata con r.d. 6 dicembre 1923 n. 2657 indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo. (Fattispecie relativa all'interpretazione dell'art. 65 del c.c.n.l. degli addetti al settore terziario)". Cass. civ. Sez. lavoro, 21/01/1999, n. 546


Nella giurisprudenza di merito


Al prestatore di lavoro con mansioni di autista e pertanto appartenente al personale viaggiante, comandato in trasporti extraurbani, percettore dell'indennità di trasferta e operante in attività discontinua, con tempi di presenza a disposizione non coincidenti con il tempo di lavoro effettivo, è applicabile l'art. 11-bis del c.c.n.l. autotrasporto e spedizione merci, il quale prevede che il dipendente vada retribuito sino alla quarantottesima ora con il compenso ordinario e da tale ora con le maggiorazioni per lo straordinario. Qualora la porzione di indennità di trasferta erogata al lavoratore in misura superiore a quella contrattualmente prevista, e costituente trattamento di miglior favore, vada in realtà a coprire lo straordinario effettuato, non sussistono le condizioni per conservare tale trattamento, avendo esso un titolo diverso da quello apparente.Trib. Torino, 19/12/2000



mercoledì 11 ottobre 2017

Come è interpretato l'obbligo di assunzione dei disabili ex art. 3 l. 68 del 1999 dal Ministero del Lavoro?

Con nota direttoriale del 23 gennaio 2017 n. 41/454 il ministero ha statuito:

Oggetto: Art. 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, come modificato dal D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 151. Chiarimenti operativi. 

Si forniscono, di seguito, chiarimenti interpretativi in ordine alla presentazione del prospetto informativo e agli obblighi assunzionali dei datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, in conseguenza delle modifiche apportate alla legge 12 marzo 1999, n. 68 dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n.151.

 1. Premessa 

L’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. n. 151 del 2015 ha disposto, con effetto dal 1 gennaio 2017, l’abrogazione dell’articolo 3, comma 2, della legge n. 68 del 1999, secondo cui per i datori di lavoro privati, che occupano da 15 a 35 dipendenti, l’obbligo di assumere un lavoratore con disabilità si applicava solo in caso di nuove assunzioni. 

Analogamente, il successivo comma 2 dell’articolo 3, del D.Lgs. n. 151 del 2015, ha previsto, sempre con effetto dal 1 gennaio 2017, per i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, la soppressione dell’ art. 3, comma 3, della legge n. 68 del 1999, nella parte in cui prevedeva l’insorgenza dell’obbligo di assumere lavoratori con disabilità solo in caso di nuova assunzione. 

2. Presentazione del prospetto informativo. 

I datori di lavoro privati appartenenti alla fascia 15-35 dipendenti, nonché i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, che non hanno effettuato una nuova assunzione entro il 31 dicembre 2016, non sono tenuti alla presentazione, entro il 31 gennaio 2017, del prospetto informativo di cui all’articolo 9, comma 6, della legge n. 68 del 1999, secondo le modalità indicate dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, del 2 novembre 2010. 


Viceversa, per i suindicati datori di lavoro che abbiano effettuato una nuova assunzione, aggiuntiva rispetto al numero dei dipendenti in servizio, entro il 31 dicembre 2016, resta fermo l’obbligo di invio del prospetto informativo entro il 31 gennaio 2017, sulla base della disciplina vigente, atteso il cambiamento della loro situazione occupazionale. Ai sensi della citata normativa, difatti, si assume a riferimento, per l’indicazione dei dati e delle informazioni richieste, la situazione occupazionale al 31 dicembre dell’anno precedente, tenuto conto che il prospetto non va presentato se i datori di lavoro non hanno subito cambiamenti nella situazione occupazionale, tali da modificare l’obbligo o da incidere sul computo della quota di riserva. Resta naturalmente fermo l’obbligo di presentazione del prospetto, secondo la disciplina vigente, per le annualità successive. 

3. Obblighi assunzionali. 

In merito all’adempimento dell’obbligo di assunzione da parte dei datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, si evidenzia che, stante la richiamata abrogazione della disposizione di rango primario contenuta nel comma 2, dell’articolo 3 della legge n. 68 del 1999, risulta conseguentemente abrogata, in via implicita, sempre con effetto dal 1 gennaio 2017, la previsione transitoria di cui al comma 2 dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 333, che consentiva ai datori di lavoro in parola e che effettuano una nuova assunzione aggiuntiva rispetto al numero dei dipendenti in servizio, di assumere un lavoratore con disabilità entro i dodici mesi successivi dalla data in cui avevano effettuato la predetta assunzione. 

Ne consegue che i suddetti datori di lavoro sono tenuti a presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione, non già entro dodici mesi successivi alla data di assunzione effettuata nel corso del 2016, ma entro 60 giorni decorrenti dal 1 gennaio 2017 (data di entrata in vigore della nuova disciplina), secondo le modalità indicate dall’articolo 7 della legge 68 del 1999 e nella nota ministeriale n. 970 del 17 febbraio 2016. Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, che abbiano effettuato una nuova assunzione, aggiuntiva rispetto al numero dei dipendenti in servizio, entro il 31 dicembre 2016, e rispetto ai quali non trovava applicazione l’abrogato comma 2 dell’articolo 2 del menzionato d.P.R. 333 del 2000, continua ad applicarsi la regola generale della richiesta di avviamento entro i 60 giorni dall’insorgenza dell’obbligo.


martedì 10 ottobre 2017

Ai lavoratori domestici si applica il congedo di maternità e paternità?


In forza dell'Art. 62 del Dlgs 151 del 2001 Lavoro domestico (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 1, 13, 19, 22; legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 3)

1. Le lavoratrici e i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari hanno diritto al congedo di maternità e di paternità. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3 e 6, ivi compreso il relativo trattamento economico e normativo.

2. Per il personale addetto ai servizi domestici familiari, l'indennità di cui all'articolo 22 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le modalità e le disposizioni stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403.