Come interpreta la cassazione la proroga prevista dal ccnl Commercio nella procedura disciplinare?
In base a Cass. civ. Sez. lavoro del 22-09-2017n. 22171
3.3. Va detto, però, che le parti collettive hanno subordinato la legittimità del differimento alla "preventiva comunicazione scritta al lavoratore interessato", il che esclude che il datore di lavoro possa manifestare la volontà dopo la scadenza del termine indicato dal primo comma della clausola contrattuale, che, nel rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dagli artt. 1362 e 1363 c.c., va interpretata tenendo conto del tenore complessivo della stessa, delle espressioni letterali utilizzate, delle finalità perseguite dai contraenti.
In merito occorre premettere che questa Corte, nell'interpretare clausole analoghe di altri contratti collettivi, ha evidenziato, con plurime pronunce, che "nel caso in cui il contratto collettivo di lavoro imponga al datore l'onere di intimare la sanzione disciplinare, a pena di decadenza, entro un certo termine dalla data di ricezione delle giustificazioni fornite dal lavoratore, tale termine deve intendersi rispettato per il solo fatto che il datore abbia tempestivamente manifestato la volontà di irrogare la sanzione, a nulla rilevando che tale dichiarazione recettizia sia portata a conoscenza del lavoratore successivamente alla scadenza di quel termine" (Cass. 4.10.2010 n. 20566 e negli stessi termini Cass. 2.3.2011 n. 5093; Cass. 10.9.2012 n. 15102; Cass. 20.3.2015 n. 5714).
Si è osservato, infatti, che il principio della scissione tra il momento in cui la volontà di recedere è manifestata e quello in cui si producono gli effetti ricollegabili a tale volontà, affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8830 del 14 aprile 2010 con riferimento alla impugnazione del licenziamento, deve trovare applicazione ogniqualvolta nell'ambito del procedimento disciplinare il momento della esternazione della volontà non coincide con quello della conoscenza da parte del destinatario, perchè diversamente risulterebbe intaccato il parametro di ragionevolezza ed uguaglianza formale e sostanziale tra i soggetti coinvolti.
Il principio di diritto, al quale il Collegio intende dare continuità, deve essere qui ribadito, in quanto, per la sua portata generale, trascende il singolo contratto e la sua applicabilità può essere impedita solo da una esplicita diversa previsione della norma contrattuale, che va esclusa nella fattispecie.
3.4. Invero il tenore letterale dei termini utilizzati dall'art. 227, del CCNL commercio non consente di affermare che i contraenti abbiano senz'altro inteso attribuire rilievo, ai fini del rispetto del termine entro il quale il procedimento disciplinare deve essere concluso, al momento della conoscenza della sanzione da parte del lavoratore, perchè il verbo comunicare descrive una relazione fra due soggetti e, quindi, evoca innanzitutto il momento della trasmissione ad altri della notizia o del pensiero, rispetto al quale la fase della ricezione si pone come logicamente e temporalmente successiva.
Ne discende che la volontà delle parti collettive deve essere ricostruita, a fronte di espressioni di significato non univoco, considerando innanzitutto che la disciplina del procedimento realizza una mediazione fra gli opposti interessi delle parti e che, mentre il termine per la contestazione è volto a garantire la tempestività dell'esercizio del potere, in funzione della necessaria tutela del diritto di difesa del lavoratore ed in considerazione del principio del legittimo affidamento sulla irrilevanza disciplinare della condotta, il termine per la conclusione soddisfa esigenze diverse da quelle già assicurate dal contraddittorio procedimentale, ed è finalizzato a garantire la certezza delle situazioni giuridiche, che, una volta avviato il procedimento, implica una valutazione tempestiva da parte del datore di lavoro delle giustificazioni fornite dal lavoratore e una decisione, altrettanto tempestiva, sulla rilevanza della condotta e sulla scelta della sanzione da irrogare.
Rispetto a dette esigenze, quindi, ciò che rileva è il momento della manifestazione della volontà da parte del datore di lavoro, al quale va riferito il termine concesso per gli accertamenti e per le valutazioni, termine che finirebbe per essere compresso, senza ragione alcuna, qualora si pretendesse dal datore di farsi carico anticipatamente di eventuali ritardi addebitabili al soggetto incaricato di recapitare al lavoratore l'atto.
3.5. Considerazioni analoghe vanno espresse con riferimento all'onere di comunicazione imposto in caso di proroga dall'art. 227, comma 2, perchè, se il termine fissato dal comma 1, è rispettato nel momento in cui la volontà viene esternata e trasmessa al destinatario, affinchè la proroga possa essere validamente disposta è necessario che, prima dello spirare del termine finale, il datore di lavoro manifesti per iscritto la volontà di avvalersi del prolungamento e entro il medesimo termine, ove non provveda alla consegna dell'atto, avvii la procedura di comunicazione mediante consegna al soggetto incaricato di curare il recapito.
Inoltre poichè le formalità imposte dalla disposizione contrattuale condizionano la legittimità della proroga, qualora il rispetto delle stesse venga contestato, sarà onere del datore di lavoro dimostrare di avere ottemperato alle prescrizioni previste dal CCNL e, quindi, di avere quantomeno avviato, entro il termine di 15 giorni, la procedura di comunicazione al lavoratore del disposto prolungamento.
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