venerdì 30 giugno 2023

 Come deve essere effettuato il giudizio di proporzionalità e gravità nei licenziamenti del pubblico impiego?


Cass. 27/06/2023, n. 18372


Il giudizio sulla proporzionalità e gravità del licenziamento non può mai essere implicito, anche là dove il fatto addebitato non sia ascrivibile a mera negligenza del lavoratore per essere la relativa condotta connotata da una chiara consapevolezza dell'arbitrarietà della stessa. A fronte di una fattispecie legale quale quella di cui all'art. 55 quater del D.Lgs. n. 165 del 2001, nel valutare la legittimità della sanzione irrogata dall'Amministrazione, una volta accertato che il lavoratore abbia commesso una delle mancanze previste dalla norma, il licenziamento non è una conseguenza automatica e necessaria, conservando l'amministrazione il potere-dovere di valutare l'effettiva portata dell'illecito tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, quindi, di graduare la sanzione da irrogare, potendo ricorrere a quella espulsiva solamente nell'ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento. Dunque la suddetta norma cristallizza, dal punto di vista oggettivo, la gravità della sanzione prevedendo ipotesi specifiche di condotte del lavoratore, mentre consente la verifica, caso per caso, della sussistenza dell'elemento intenzionale o colposo, ossia la valutazione se ricorrono elementi che assurgono a scriminante della condotta. Ferma la tipizzazione della sanzione disciplinare (licenziamento) una volta che risulti provata la condotta, permane la necessità della verifica del giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione che si sostanzia nella valutazione della gravità dell''inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso

giovedì 29 giugno 2023

 La richiesta della rivalutazione monetaria deve essere oggetto di specifica richiesta al momento dell'insinuazione al passivo?


Cass. 22/06/2023, n. 17896


La rivalutazione dei crediti di lavoro, costituendo una proprietà intrinseca ed indissolubile di tali crediti, come tale riconducibile alla causa petendi della domanda con cui il credito è fatto valere, deve essere operata d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio – anche di opposizione allo stato passivo proposta dal lavoratore nell'ipotesi di fallimento del datore -, senza necessità di una specifica domanda del lavoratore, sempreché sulla questione non sia già intervenuta una pronuncia, ancorché solo implicita, non contestata dalla parte soccombente, atteso che in tale caso il potere officioso del giudice viene meno per effetto dell'acquiescenza e della formazione del giudicato sulla questione.

mercoledì 28 giugno 2023

 Quando è possibile utilizzare la corrispondenza trovata sul computer per un licenziamento?


Cass. 26/06/2023, n. 18168



In materia di controlli difensivi, ove il datore intimi il licenziamento fondandolo su corrispondenza riscontrata sul personal computer aziendale del dipendente, detto licenziamento deve ritenersi legittimamente annullato ove il giudice investito della sua impugnazione, al termine di un apprezzamento con riferimento alla natura ed estensione della sorveglianza sul lavoratore e del conseguente grado di intrusione nella sua vita privata, abbia così constatato la mancanza di giustificazione del monitoraggio, l'esistenza di un controllo che ha riguardato indistintamente tutte le comunicazioni presenti nel pc aziendale in uso al dipendente e senza limiti di tempo, nonché l'assenza di prova di avere il datore preliminarmente informato il lavoratore della possibilità che le comunicazioni che effettuava sul pc aziendale avrebbero potuto essere monitorate ovvero del carattere e della portata del monitoraggio o del livello di invasività nella sua corrispondenza

martedì 27 giugno 2023

Come devono essere remunerate le cd "prestazioni aggiuntive" in assenza di autorizzazione di spesa?



Cass. 23/06/2023, n. 18063

In tema di pubblico impiego privatizzato, il riconoscimento del diritto a prestazioni c.d. "aggiuntive" ai sensi dell'art. 1 D.L. n. 402 del 2001 conv. con mod. in L. n. 1 del 2002, quale poi richiamato ratione temporis dalla contrattazione collettiva del comparto sanità, è subordinato al ricorrere dei presupposti tipici di esse e dunque all'autorizzazione regionale, anche a fini organizzativi e di spesa, alla presenza in capo ai lavoratori così impiegati di requisiti c.d. soggettivi e ad un'apposita determinazione tariffaria. Tuttavia, lo svolgimento oltre il debito orario di tali prestazioni di lavoro, pur in mancanza dei menzionati presupposti, comporta il diritto al riconoscimento del compenso corrispondente alla misura propria del lavoro straordinario secondo la contrattazione collettiva di tempo in tempo vigente, in quanto la presenza del consenso datoriale, comunque espresso, è il solo elemento che condiziona l'applicabilità dell'art. 2126 c.c., in relazione all'art. 2108 c.c., a nulla rilevando, se non per quanto attiene alla responsabilità dei funzionari verso la Pubblica Amministrazione, il superamento anche di limiti o di regole riguardanti la spesa pubblica, in presenza di una prestazione così acconsentita e resa.

lunedì 26 giugno 2023


Come deve essere effettuata l'impugnazione e del licenziamento?



Cass. 21/06/2023, n. 17731

Ai fini dell'impugnazione stragiudiziale del licenziamento ai sensi dell'art. 6, legge n. 604 del 1966, è sufficiente ogni atto scritto con cui il lavoratore manifesti al datore di lavoro, con qualsiasi termine, anche non tecnico, e senza formule prestabilite, la volontà di contestare la validità e l'efficacia del provvedimento, essendo in detta manifestazione di volontà implicita la riserva di tutela dei propri diritti davanti all'autorità giudiziaria. Ne consegue che è idonea a concretare impugnazione del licenziamento la nota con la quale il lavoratore manifesti il proprio dissenso rispetto al provvedimento espulsivo attraverso l'apposizione della dicitura, in calce alla lettera di comunicazione del medesimo, di ricevere il documento pur non condividendone né forma né contenuto

sabato 24 giugno 2023

 

Quando è obbligatorio il versamento alla cassa geometri?



Cass. 21/06/2023, n. 17823

In tema di Cassa dei geometri liberi professionisti, ai fini dell'obbligatorietà dell'iscrizione e del pagamento della contribuzione minima, è condizione sufficiente l'iscrizione all'albo professionale, essendo, invece, irrilevante la natura occasionale dell'esercizio della professione e la mancata produzione di reddito, dovendo peraltro escludersi che la mera iscrizione ad altra gestione INPS sia di per sé ostativa all'insorgere degli obblighi nei confronti della previdenza di categoria. Dall'obbligo di iscrizione alla Cassa - previsto dallo Statuto della stessa con disposizione legittima - deriva, inoltre, l'applicazione delle norme regolamentari della stessa, che stabiliscono le condizioni per le quali è possibile derogare alla presunzione di attività professionale da parte degli iscritti all'albo. L'esistenza di altra attività esclusiva con obbligo contributivo generale può incidere sugli obblighi contributivi alla Cassa, invero, solo nei limiti delle condizioni fissate dalla Cassa, potendo in tal modo la Cassa svolgere i controlli opportuni in ordine alle attività svolte ed ai redditi prodotti.

giovedì 22 giugno 2023

 L'art  2103 cc si applica ai rapporti con gli enti pubblici economici?


Cass. 20/06/2023, n. 17631


Il rapporto di lavoro che intercorre con l'ente pubblico economico ha natura privatistica ed allo stesso si applica, in difetto di specifiche disposizioni di legge derogatorie, la disciplina dettata dal codice civile e dalle leggi sul rapporto subordinato di lavoro alle dipendenze delle imprese private. L'assegnazione a mansioni superiori è, quindi, disciplinata dall'art. 2103 cod. civ. e non dall'art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001.

mercoledì 21 giugno 2023

 Come si determina la quota b della pensione dei lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo



Cass. 16/06/2023, n. 17278

Nella determinazione della "quota B" della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall'art. 12, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1420, così come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 10, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182. Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dal medesimo art. 4, comma 8, del D.Lgs. n. 182 del 1997.

martedì 20 giugno 2023

 Come si determina la base contributiva della gestione e commercianti?


Cass. 16/06/2023, n. 17295


Posto che ai sensi dell'art. 3-bis del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito in L. n. 438 del 1992, la base imponibile contributiva è costituita dalla totalità dei redditi d'impresa denunciati ai fini IRPEF e che l'Aiuto alla Crescita Economica di cui all'art. 1 del D.L. n. 201 del 2011 è un onere deducibile che incide sulla quantificazione del reddito d'impresa imponibile, ne consegue che - in base ad un'interpretazione teleologica delle norme appena richiamate - l'ACE finisce per incidere tanto sulla base imponibile fiscale quanto su quella contributiva.

lunedì 19 giugno 2023

 Come è regolamentata l'indennità di trasferta?


Cass. 09/06/2023, n. 16462


5. Il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 7-quinquies inserito dalla legge di conversione 1 dicembre 2016, n. 225, è sopravvenuto tanto alla sentenza non definitiva quanto a quella che ha definito il giudizio.


Tale disposizione reca l'interpretazione autentica del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51, comma 6, che regola "(l)e indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità" e stabilisce che concorrano "a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare".




5.1.- del D.L. n. 193 del 2016, citato art. 7-quinquies, al comma 1, chiarisce che i lavoratori rientranti nella disciplina stabilita dall'art. 51, comma 6, del testo unico delle imposte sui redditi "sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta".




5.2.- Il predetto art. 7-quinquies, al comma 2, puntualizza che, quando non si riscontri la contestuale sussistenza delle condizioni tipizzate dal comma 1, si applica la disciplina dell'art. 51, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi.




Pertanto, in tale ipotesi, "Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto; in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto, nonchè i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all'importo massimo giornaliero di lire 30.000, elevate a lire 50.000 per le trasferte all'estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito".

venerdì 16 giugno 2023

 Se un lavoratore al momento dell'assunzione con la Pa a tempo determinato  tace il proprio stato di maternità che impedisce lo svolgimento delle mansioni ex art. 7 del dlgs 151 del 2001 per tutta la durata del rapporto può annullare il contratto?

Cass. 13/06/2023, n. 16785

Nel caso in cui sia stipulato un contratto di assunzione a tempo determinato tra la P.A. e la lavoratrice e quest'ultima immediatamente dopo la stipula manifesti il proprio stato di gravidanza, è legittima la comunicazione con cui la P.A. vieti alla lavoratrice di prendere servizio, stante il divieto di cui all'art. 7 del D.Lgs. n. 151 del 2001, Allegato A punto L, senza che venga in rilievo alcuna questione di disparità di trattamento tra generi o su interferenze rispetto al diritto della gestante, a tutela delle proprie chance. Ciò in quanto quelle condizioni di fatto rilevano come dato obiettivo e impeditivo per legge, con la forza del divieto, dell'instaurazione di un valido rapporto, i cui difetti genetici lo rendono nullo di pieno diritto.


2.3. in proposito, va intanto richiamato quanto già chiarito da questa S.C. rispetto al disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-quater, lett. d), nel senso che l'assunzione sulla base di dati non veridici è causa di decadenza, con conseguente nullità del contratto, allorquando ciò comporti la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l'instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A, mentre è solo nelle altre ipotesi che le produzioni o dichiarazioni false effettuate in occasione o ai fini dell'assunzione possono comportare, una volta instaurato il rapporto, il licenziamento, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55-quater, lett. d), in esito al relativo procedimento disciplinare ed a condizione che, valutate tutte le circostanze del caso concreto, la misura risulti proporzionata rispetto alla gravità dei comportamenti tenuti (Cass. 11 luglio 2019, n. 18699);

2.3.1 non vi è dunque a parlale di licenziamento o recesso datoriale, se il rapporto sia viziato ab origine da un vizio di nullità ed in tali casi, l'atto con il quale l'amministrazione revochi un'assunzione o un incarico "equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perchè affetto da nullità, trattandosi di un comportamento con cui si fa valere l'assenza di un vincolo contrattuale" (Cass. 18699 cit; Cass. 8 gennaio 2019, n. 194; Cass. 1 ottobre 2015, n. 19626; Cass. 8 aprile 2010, n. 8328), ovverosia, secondo un più risalente ma pur sempre valido precedente, la decadenza in questi casi va apprezzata "semplicemente in termini di rifiuto dell'amministrazione scolastica di continuare a dare esecuzione al rapporto di lavoro a causa della nullità del contratto per violazione di norma imperativa" (Cass. 5 giugno 2006, n. 13150);

2.4 l'inquadramento del vizio, in questo caso, sulla base degli accertamenti di fatto svolti dalla Corte territoriale e previa parziale integrazione dell'argomentazione giuridica da essa svolta, va svolto muovendo dal dato normativo per cui vi è divieto durante la gravidanza all'assegnazione a certe mansioni (D.Lgs. n. 151 del 2000, art. 7), a tutela della gestante e del feto;


tra queste mansioni rientra quelle di "assistenza e cura degli infermi nei sanatori e nei reparti... per malattia nervose e mentali" e ciò "durante la gestazione e per i setti mesi dopo il parto" (All. A, all'art. 7, lett. L);


a ciò va associata la considerazione, sempre svolta dalla Corte di merito, per cui quel divieto sarebbe stato tale da coprire l'intero periodo del rapporto a termine per esigenze sostitutive instaurato; è chiaro che, a fronte di un contratto a termine per esigenze sostitutive di uno specifico lavoratore, su un incarico con tratti di spiccata professionalità quale è uno psichiatra, non può esservi luogo a ragionare in termini di allocazione altrove della gestante che sia stata assunta a tempo determinato e proprio e solo per quello specifico fine;


quello per cui vi era stata l'assunzione era chiaramente un incarico infungibile, sicchè non si poteva rimediare spostando la A.A. ad altro incarico e adibendo un altro lavoratore già in forza a quelle funzioni, ma si sarebbe dovuto ricorrere ad una reiterazione del medesimo contratto con altro sostituto, il che significherebbe piena vanificazione del programma negoziale, inevitabilmente rigido data la natura dell'incarico;

il ricorrere fin dal primo giorno di lavoro di quell'impedimento e divieto, destinato a perdurare per tutta la durata del rapporto, porta a ravvisare nell'accaduto un difetto originario e radicale del contratto, impossibilitato ad essere attuato, secondo il programma negoziale in esso incorporato, per tutta la sua durata;

 Quando si ha trasferimento d'azienda?

Cass. 14/06/2023, n. 17001

L'accertamento in concreto dell'insieme degli elementi fattuali idonei o meno a configurare la fattispecie legale tipica del trasferimento di ramo d'azienda, delineata in astratto dall'art. 2112, quinto comma c.c., implica prima una individuazione ed una selezione di circostanze concrete e poi il loro prudente apprezzamento, traducendosi in attività di competenza del giudice di merito, cui non può sostituirsi il giudice di legittimità. Anche nel testo modificato dall'art. 32 del D.Lgs. n. 276 del 2003, ai fini del trasferimento di ramo d'azienda previsto dall'art. 2112 c.c., rappresenta elemento costitutivo della cessione l'autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere - autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario - il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell'ambito dell'impresa cedente al momento della cessione.

giovedì 15 giugno 2023

 In caso di annullamento della sospensione del dipendente pubblico cosa deve versare l'amministrazione?


Cons. giust. amm. Sicilia, 25/05/2023, n. 367

In caso di annullamento giurisdizionale di provvedimenti cautelari o disciplinari che hanno comportato effetti negativi sul rapporto di servizio del pubblico dipendente, sia in termini giuridici che economici, l'Amministrazione datrice di lavoro è tenuta alla restitutio in integrum, di talché il dipendente ha diritto a vedersi attribuire la retribuzione per i periodi di lavoro non prestato a causa dell'illegittima sospensione o interruzione del rapporto di servizio

 Posso trasferire una rosa in caso termine del suo incarico?



Tribunale Castrovillari, Sez. lavoro, 25/05/2023, n. 948

In tema di attività sindacale, scopo dell'art. 22 dello Statuto dei lavoratori non è quello di consentire ai responsabili della conduzione della rappresentanza sindacale, e quindi anche ai rappresentanti delle RSU, di permanere nella sede in cui sono stati eletti anche se non ne hanno diritto, ma di porre un principio fondamentale, di tutela della piena esplicazione dell'attività delle rappresentanze sindacali, a fronte di iniziative datoriali, quali un trasferimento o fattispecie nella sostanza equiparabili, che siano idonee a comprometterle, con la necessità, quindi, di un nulla osta da parte dell'organizzazione sindacale di appartenenza. La disposizione in esame non può pertanto essere invocata quando l'allontanamento rappresentanti delle RSU dalla sede di elezione è conseguenza della, fisiologica e necessariamente nota, scadenza di un incarico annuale.

mercoledì 14 giugno 2023

 L'amministratore può essere lavoratore subordinato?


Cass. 27/01/2022, n. 2487

La carica di amministratore e l'attività di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali sono compatibili ove sia accertata l'attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e il vincolo di subordinazione, ossia l'assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società. La prova della subordinazione è a carico della parte che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato.

 Nel sistema previdenziale forense gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formate l'anzianità contributiva?



Cass. 12/06/2023, n. 16586

Nel sistema previdenziale forense, anche gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formare l'anzianità contributiva e vanno inseriti nel calcolo tanto della pensione di vecchiaia quanto nella pensione di anzianità, in quanto nessuna norma prevede che venga "annullata" l'annualità in cui il versamento sia stato inferiore al dovuto. Da ciò consegue che la pensione del professionista debba essere commisurata alla contribuzione "effettiva", non rilevando il principio di automatismo delle prestazioni valido nel lavoro dipendente, tant’è che il termine "effettivo" è estraneo al concetto di "misura" e, conseguentemente, esso non deve essere inteso quale sinonimo di "integrale

martedì 13 giugno 2023

Qual è la retribuzione di riferimento da utilizzare a fini contributivi?



Cass. 09/06/2023, n. 16416

Il D.L. n. 338 del 1989, all'art. 1, nel prevedere che la retribuzione da assumere quale base di calcolo dei contributi previdenziali non possa essere "inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quella prevista dal contratto collettivo", non si limita a ribadire quanto già desumibile dalla legge n. 153 del 1969, art. 12, ossia che l'imponibile contributivo si determina sul "dovuto" e non su quanto "di fatto erogato", ma pone il diverso e ulteriore principio per cui la retribuzione "dovuta" in relazione al sinallagma del rapporto di lavoro risulta rilevante solo se è superiore ai minimi previsti dal contratto collettivo, mentre in caso contrario non rileva e vale la misura minima determinata dal contratto collettivo. Vale a dire che non ogni alterazione del sinallagma funzionale del rapporto di lavoro, per quanto possa incidere sull'an e sul quantum dell'obbligazione retributiva, è rilevante ai fini della commisurazione dell'obbligazione contributiva: quest'ultima segue infatti proprie regole, potendo risultare dovuta perfino in assenza di alcun obbligo retributivo a carico del datore di lavoro

 Con la richiesto di rigetto della domanda di accertamento negativo del debito previdenziale l'INPS è in grado di interrompere la prescrizione?



Cass. 09/06/2023, n. 16470

La richiesta del convenuto di mero rigetto dell'altrui domanda di accertamento negativo di un debito può costituire domanda idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore, ex art. 2943 cod. civ., secondo comma, in quanto, in concreto, sia volta a ribadire le ragioni del proprio credito e a chiederne giudizialmente l'accertamento, con i consequenziali effetti permanenti di cui all'art. 2945 cod. civ., secondo comma.

lunedì 12 giugno 2023

 Quando l'allontanamento dall'italia fa venir meno il diritto all'assegno sociale?



Cass. 06/06/2023, n. 15827

Ove gli episodi di allontanamento dall'Italia per recarsi nel Paese d'origine siano occasionali e non escludano la continuità della permanenza in Italia, gli stessi non possono da soli giustificare il venir meno del diritto all'assegno sociale di cui all'art. 3 della legge n. 335 del 1995, come modificato dall'art. 20, co. 10, D.L. n. 112 del 2008, conv. in L. n. 133 del 2008.

 Chi sono i dirigenti convenzionali?

Cass. 08/06/2023, n. 16208

La disciplina limitativa del potere di licenziamento non è applicabile, ai sensi dell'art. 10 L. n. 604 cit., ai dirigenti convenzionali, quelli cioè da ritenere tali alla stregua delle declaratorie del contratto collettivo applicabile, siano essi dirigenti apicali, siano dirigenti medi o minori, ad eccezione degli pseudo-dirigenti, vale a dire di coloro i cui compiti non sono in alcun modo riconducibili alla declaratoria contrattuale del dirigente.

sabato 10 giugno 2023

 A che tassazione sono sottoposti i bonus e le stick options dei dirigenti di imprese operanti nel settore finanziario?



Cass.06/06/2023, n. 15861

Per effetto del co. 2-bis dell'art. 33 del D.L. n. 78 del 2010 (introdotto dall'art. 23, co. 50-bis, del D.L. n. 98 del 2011, conv. in L. n. 111 del 2011), relativamente ai compensi corrisposti, a decorrere dalla data dal 17 luglio 2011, sotto forma di "bonus" e "stock options", ai dirigenti delle imprese operanti nel settore finanziario, l'imposta addizionale prevista dall'art. 33 del D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122 del 2010, trattenuta dal sostituto di imposta al momento dell'erogazione degli emolumenti, si applica sull'ammontare di detti compensi che eccede l'importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione, senza che sia necessario che la retribuzione variabile ecceda anche il triplo della parte fissa della retribuzione.

 In caso di fallimento chi ha legittimazione a richiedere le quote di previdenza complementare non versate?



Cass. 07/06/2023, n. 16116

In tema di previdenza complementare, il generico riferimento, contenuto nell'art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 252 del 2005, al "conferimento" del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, lascia aperta la possibilità che le parti, nell'esplicazione dell'autonomia negoziale loro riconosciuta dall'ordinamento, pongano in essere non già una delegazione di pagamento (art. 1268 cod. civ.) bensì una cessione di credito futuro (art. 1260 cod. civ.). In caso di fallimento del datore di lavoro, la legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di TFR maturate e accantonate ma non versate al Fondo di previdenza complementare spetta, di regola, al lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro, salvo che dall'istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo predetto, cui in quel caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell'art. 93 L. Fall.

giovedì 8 giugno 2023

 Quando è compatibile l'iscrizione ad una cassa professionale con lo svolgimento di una prestazione subordinata?


Cass. 06/06/2023, n. 15840

In materia di previdenza dei professionisti, dall'obbligo di iscrizione alla Cassa ordinistica deriva l'applicazione delle norme regolamentari della stessa, che stabiliscono le condizioni per le quali è possibile derogare alla presunzione di attività professionale da parte degli iscritti all'albo. L'esistenza di altra attività esclusiva, con obbligo contributivo generale, può incidere sugli obblighi contributivi alla Cassa, invero, solo nei limiti delle condizioni fissate dalla Cassa. Ove, dunque, sia previsto l'obbligo di presentare l'autocertificazione recante dichiarazione dell'iscritto di non esercitare attività professionale senza vincolo di subordinazione, in forma autonoma, societaria o associata, anche in via occasionale e di non essere titolare di partita IVA, l'iscrizione di coloro che siano dipendenti presso terzi può essere esclusa in presenza di inquadramento nel ruolo professionale previsto dal CCNL, sempre che l'attività - svolta nel solo ed esclusivo interesse del datore di lavoro - rientri nelle mansioni proprie del ruolo contrattuale, ovvero nella sussistenza di dichiarazione datoriale che attesti che il dipendente non svolga attività tecnico professionale riconducibile a quella degli iscritti alla Cassa di riferimento. La prova delle condizioni previste per l'esclusione deve essere fornita con le modalità stabilite dalla regolamentazione della Cassa, in quanto solo in tal modo quest'ultima può attivare i controlli necessari, in concreto, per verificare l'effettività della situazione dichiarata dal professionista

mercoledì 7 giugno 2023

 Come deve essere adempiuto l'ordine di riammissione in giudizio?


Cass. 05/06/2023, n. 15676

L'ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell'attività lavorativa deve quindi avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, altrimenti configurandosi (salvo sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive) una condotta datoriale illecita, che giustifica la mancata ottemperanza a tale provvedimento da parte del lavoratore, sia in attuazione di un'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c., sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti.

martedì 6 giugno 2023

 

Quando la condotta del lavoratore esclude la responsabilità del datore nella cassazione dell'infortunio?


Cass. Pen.  22/03/2023, n. 23723

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dai soggetto titolare della posizione di garanzia oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

lunedì 5 giugno 2023

 Come deve essere valutata la gravità del licenziamento disciplinare?


Cass. 30/05/2023, n. 15140

In tema di licenziamento disciplinare, il giudizio di valutazione di gravità in concreto e di proporzionalità risulta correttamente effettuato dal giudice di merito che abbia operato il riferimento al contratto collettivo ed alla circostanza della recidiva per la medesima infrazione con sanzione sospensiva in precedenti occasioni e, quindi, non mediante automatismo, ma con motivata sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta del contratto collettivo, con valutazione di gravità giustificante la sanzione espulsiva ancorata alla recidiva plurima nell'infrazione, come da scala valoriale recepita dalle parti sociali, e con verifica se il fatto addebitato, oltre ad essere riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l'irrogazione del licenziamento, è suscettibile di far ritenere la prosecuzione del rapporto pregiudizievole per gli scopi aziendali, con particolare riferimento alla diligente attuazione degli obblighi assunti.

venerdì 2 giugno 2023

 Il sistema di rilevazione biometrico di accesso richiede il consenso del lavoratore ai fini della privacy?


Cass. 19/05/2023, n. 13873

All'infuori dei casi in cui vi sia un apposito intervento del Garante per la protezione dei dati personali, è illegittimo, in assenza di uno specifico consenso del lavoratore interessato, l'utilizzo del sistema di rilevazione biometrica per il controllo dell'accesso ai luoghi di lavoro - cosiddetto "lettore Handkey" - basato sulla cattura di informazioni geometriche della mano del dipendente.

 Quali sono I limiti del diritto di critica verso il datore di lavoro?


Tribunale Trieste, Sez. lavoro, 19/05/2023, n. 62

L'art. 1 dello Statuto dei lavoratori, nel riconoscere ai lavoratori, il "diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge", riconosce anche diritto anche di critica nei confronti del datore di lavoro. Trattasi di diritto che trova il suo limite nella continenza formale e sostanziale, dovendo essere esercitato con moderazione di toni e rispetto della verità dei fatti, senza ricorrere all'impiego di termini volgari, infamanti, offensivi e calunniosi