martedì 29 novembre 2022

 In caso d'insussistenza del giustificato motivo oggettivo quali conseguenze prevede l'art. 18 della legge 300 del 1970?


Cass.18/11/2022, n. 34051

Il testo dell'art. 18 comma 7, L. n. 300/1970 quale risultante all'esito degli interventi della Corte costituzionale comporta che in ipotesi di insussistenza del fatto alla base del giustificato motivo oggettivo di licenziamento il giudice deve applicare la tutela di cui al comma 4 dell'art. 18 quale risultante dalla novella della L. n. 92/2012 implicante la reintegra del lavoratore ed il pagamento di un'indennità risarcitoria nei limiti definiti dal comma medesimo.

 Quali sono i criteri d'interpretazione dei contratti collettivi?



Cass.25/11/2022, n. 34802

Per denunciare la scorretta interpretazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del settore privato (come tali, non assoggettati al particolare regime di pubblicità di cui all'art. 47, ottavo comma, del D.Lgs. n. 165 del 2001), non può farsi direttamente riferimento all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. ma si applica il regime ordinario che richiede la denuncia dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., sicché, seguendo un percorso circolare, occorrerà tener conto, in modo equiordinato, di tutti i canoni previsti dal legislatore, sia di quelli tradizionalmente definiti soggettivi che di quelli oggettivi, confrontando il significato desumibile dall'utilizzo del criterio letterale con quello promanante dall'intero atto negoziale e dal comportamento complessivo delle parti, coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette. Ciò comporta, in sede di legittimità, l'interpretazione della clausola impugnata in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell'esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento, da parte del giudice di merito, dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.

lunedì 28 novembre 2022

 Nel rito fornero quando decorre il termine per il ricorso in Cassazione?



Cass. 24/11/2022, n. 34673

Il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui all'art. 1, comma 62, della L. n. 92 del 2012, decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento, trattandosi di previsione speciale che in via derogatoria comporta la decorrenza del termine da detto incombente, su cui non incide la modifica dell'art. 133, comma 2, cod. proc. civ., nella parte in cui stabilisce che la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c., norma attinente al regime generale della comunicazione dei provvedimenti da parte della cancelleria. Tuttavia tale comunicazione in concreto è inidonea a far decorrere il termine breve laddove dalla stampa dell'allegato del biglietto di cancelleria della corte d'appello inviato via PEC risulti trasmessa copia delle sole pagine dispari della sentenza, quale errore materiale che ha impedito alla parte, e per essa al difensore, di avere piena conoscenza del testo della sentenza, e quindi di predisporre la difesa usufruendo per intero del già breve termine previsto dalla legge. Dunque è esclusa l'idoneità del mero avviso di deposito di sentenza a far decorrere il termine breve di sessanta giorni per l'impugnazione, occorrendo la comunicazione del testo integrale della sentenza, atteso che la parte deve essere posta in grado di conoscere le ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza onde predisporne l'eventuale impugnazione.

 Quando si apica il regime fiscale dell'impresa familiare?


Cass. 24/11/2022, n. 34699

In tema di imposte sui redditi, ai fini dell'applicabilità del regime fiscale dell'impresa familiare, ai sensi dell'art. 5, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 917 del 1986, è richiesto, tra l'altro, che il lavoro prestato dal collaboratore all'interno dell'impresa familiare sia prevalente rispetto alle altre attività eventualmente svolte. La sussistenza dei requisiti documentali degli elementi della fattispecie ex art. 5 citato non preclude all'Agenzia delle Entrate di contestare la sussistenza in concreto di una collaborazione effettiva, continuativa e prevalente, dei figli del contribuente all'impresa familiare, sulla base del dato, indiziante, che essi, nell'anno d'imposta accertato erano studenti universitari in altra città, ove avevano residenza.

sabato 26 novembre 2022

 Il tentativo di conciliazione,ione ex art. 420 CPC interrompe il termine per l'accesso al fondo di garanzia per le ultime tre retribuzioni?



Cass. 18/11/2022, n. 34031

La richiesta 18/11/2022, n. 34031di tentativo obbligatorio di conciliazione ai sensi degli artt. 410 e 412 bis c.p.c. (alla quale sia seguito il giudizio che ha condotto al formarsi di un titolo infruttuosamente eseguito dal lavoratore) va considerato quale dies a quo nel calcolo a ritroso del periodo di dodici mesi al cui interno devono collocarsi le retribuzioni non corrisposte rilevanti per consentire l'intervento del Fondo di garanzia, ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2.

venerdì 25 novembre 2022

 Quando si ha nullità del ricorso introduttivo?



Cass. 16/11/2022, n. 33784

Nel rito del lavoro, la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, sulle quali essa si fonda ricorre allorché sia assolutamente impossibile l'individuazione dell'uno o dell'altro elemento attraverso l'esame complessivo dell'atto, perché in tal caso il convenuto non è posto in condizione di predisporre la propria difesa né il giudice di conoscere l'esatto oggetto del giudizio.

giovedì 24 novembre 2022

 Da quando decorre la prescrizione del diritto al risarcimento del danno alla salute per violazione dell'art. 2087 cc


Cass. 22/11/2022, n. 34377

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno alla salute patito dal lavoratore in conseguenza della mancata adozione da parte del datore di lavoro di adeguate misure di sicurezza delle condizioni di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 c.c., decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo percepibile e riconoscibile, solo se l'illecito sia istantaneo (ancorché con effetti permanenti) ovvero si esaurisca in un tempo definito mentre ove l'illecito si sia protratto nel tempo, ed abbia perciò carattere permanente, il termine di prescrizione comincia a decorrere al momento della definitiva cessazione della condotta inadempiente. Inoltre la domanda giudiziale va identificata in base al bene della vita richiesto e ai fatti storici-materiali che delineano la fattispecie concreta. Ne consegue che, se i fatti materiali ritualmente allegati rimangono immutati, è compito del giudice individuare quali tra essi assumano rilevanza giuridica, in relazione alla individuazione della fattispecie normativa astratta in cui tali fatti debbono essere sussunti ed indipendentemente dal tipo di diritto indicato dalla parte, senza che possa individuarsi alcun tipo di decadenza.
Cosa deve provare un lavoratore parasubordinato per ottenere il pagamento delle prestazioni eseguite?
Cass. 22/11/2022, n. 34379
In tema di interpretazione delle domande giudiziali, il giudice non è condizionato dalle parole utilizzate dalla parte e deve tener conto dell'intero contesto dell'atto, senza alterarne il senso letterale ma, allo stesso tempo, valutandone la formulazione testuale e il contenuto sostanziale in relazione all'effettiva finalità che la parte intende perseguire. Dunque, chi chiede il compenso di prestazioni eseguite nell'ambito di un rapporto di cd. para-subordinazione deve provare le prestazioni che del diritto al corrispettivo rappresentano i fatti costitutivi, senza che tuttavia sia indispensabile qualificare esattamente il rapporto dedotto in giudizio, essendo sufficiente accertare l'espletamento di una serie di incarichi riconducibili ad una pluralità di figure contrattuali tipiche le cui modalità di esplicazione possono essere caratterizzate dall'impiego prevalente di attività personale anche non subordinata, ricadente nell'ambito di una collaborazione continuativa e coordinata.

mercoledì 23 novembre 2022

 


In forza dell'art. 18 della legge 300 del 1970 come modificato dalla legge 92 del 2012 cosa determina la violazione dell'obbligo si repechage?



Cass 18/11/2022, n. 34049

Nel vigore della modifica al testo dell'art. 18, legge n. 300 del 1970, introdotta dalla legge n. 92 del 2012, fatto costitutivo del giustificato motivo oggettivo è rappresentato sia dalle ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, sia dall'impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore (cd. "repêchage"). In ipotesi di insussistenza del fatto alla base del giustificato motivo oggettivo il giudice deve applicare la tutela di cui al comma 4 dell'art. 18 quale risultante dalla novella della legge n. 92 del 2012 implicante la reintegra del lavoratore ed il pagamento di un'indennità risarcitoria nei limiti definiti dal comma medesimo.

lunedì 21 novembre 2022

 Quando può essere disdettato un ccnl?



Cass.17/11/2022, n. 33982

I contratti collettivi di diritto comune, costituendo manifestazione dell'autonomia negoziale degli stipulanti, operano esclusivamente entro l'ambito temporale concordato dalle parti, atteso che l'opposto principio di ultrattività della vincolatività del contratto scaduto sino ad un nuovo regolamento collettivo, ponendosi come limite alla libera volontà delle organizzazioni sindacali, sarebbe in contrasto con la garanzia prevista dall'art. 39 Cost. Pertanto, alla previsione della perdurante vigenza del contratto fino alla nuova stipulazione dev'essere riconosciuto il significato della indicazione, mediante la clausola di ultrattività, di un termine di durata chiaramente individuato in relazione a un evento futuro e certo, benché privo di una precisa collocazione cronologica. Con riferimento all'azione proposta ai sensi dell'art. 28 St. Lav., è rilevante ai fini della condotta antisindacale la illegittimità della disdetta unilaterale del contratto applicato da parte del datore prima della sua scadenza. Quanto al tema dell'anticipata disdetta e della vincolatività del termine di scadenza del contratto sostituito, e quindi al suo valore ostativo o meno alla stipulazione di nuovo contratto, nessun principio o norma dell'ordinamento induce a ritenere consentita l'applicazione di un nuovo CCNL prima della prevista scadenza di quello in corso di applicazione, che le parti si sono impegnate a rispettare.

venerdì 18 novembre 2022

 Le ordinanze penali non definitive entro che limiti possono essere utilizzate dal giudice del lavoro per verificare il comportamento del lavoratore licenziato?



Cass.04/11/2022, n. 32611

In materia di pubblico impiego e licenziamento disciplinare, il giudice civile legittimamente può trarre argomentazioni del proprio convincimento dall'ordinanza cautelare del GIP nel coevo procedimento penale, ove essa non sia utilizzata nei suoi effetti propri di provvedimento giudiziale, ma soltanto come documento ricognitivo di determinate risultanze istruttorie su cui, poi, il giudice civile sviluppi il proprio ragionamento decisorio. In tale evenienza, infatti, non ricorre alcuna violazione delle norme che regolano l'efficacia del giudicato penale nei giudizi disciplinari o civili, poiché viene in rilievo esclusivamente l'utilizzazione, nella formazione del convincimento, di quel documento come fonte di cognizione delle emergenze istruttorie quali (e come) da esso risultanti

giovedì 17 novembre 2022

 Come devono essere stabiliti i criteri di scelta neu licenziamenti collettivi?

Cass. 15/11/2022, n. 33623

I criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità devono essere, tutti ed integralmente, basati su elementi oggettivi e verificabili, in modo da consentire la formazione di una graduatoria rigida e da essere controllabili in fase applicativa, e non possono implicare valutazioni di carattere discrezionale, neanche sotto forma di possibile deroga all'applicazione di criteri in sé oggettivi.

mercoledì 16 novembre 2022

 Quali sono i limiti del diritto di critica da parte del lavoratore?



Corte d'Appello Brescia, Sez. lavoro, 03/11/2022, n. 281

L'esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro incontra un triplice ordine di limiti posti a presidio della dignità della persona umana, così come predeterminati dal diritto vivente, superati i quali la critica può trasformarsi da esercizio lecito di un diritto a condotta astrattamente idonea a configurare un illecito disciplinare. Il primo limite è quello della continenza sostanziale, nel senso che ove la critica si sostanzi nell'attribuzione di condotte che si assumono come storicamente verificatesi, tali fatti narrati devono corrispondere a verità, sia pure non assoluta, ma corrispondente ad un prudente apprezzamento soggettivo di chi dichiara gli stessi come veri, per cui viene in rilievo l'atteggiamento anche colposo del lavoratore. Il secondo limite è quello della continenza formale, nel senso che l'esposizione della critica deve avvenire con modalità espressive che possano dirsi rispettose di canoni, generalmente condivisi, di correttezza, misura e civile rispetto della dignità altrui. Infine, il terzo limite è quello della pertinenza, intesa come rispondenza della critica ad un interesse meritevole in confronto con il bene suscettibile di lesione, parametrato, nell'ambito del rapporto di lavoro, all'interesse che attiene e si relaziona, direttamente o indirettamente, con le condizioni del lavoro e dell'impresa, come le rivendicazioni lato sensu sindacali o le manifestazioni di opinione attinenti il contratto di lavoro, mentre sono suscettibili di esondare dal limite della pertinenza le critiche rivolte al datore di lavoro, magari afferenti alle sue qualità personali, oggettivamente avulse da ogni correlazione con il rapporto contrattuale e gratuitamente mirate a ledere la sua onorabilità. Laddove anche uno solo dei limiti ora descritti venga travalicato, la critica rivolta dal lavoratore al datore di lavoro, idonea a ledere l'onore, la reputazione e il decoro di questi, non è scriminata dall'esercizio del relativo diritto ed assume l'attitudine ad integrare un illecito disciplinare. (Nel caso di specie, la corte territoriale ha respinto il reclamo proposto da parte datoriale avverso la sentenza con la quale il tribunale, nel ritenere illegittimo il licenziamento irrogato ad una lavoratrice, aveva ritenuto che quelle esposte da quest'ultima nei confronti del datore di lavoro attraverso un social network fossero semplici opinioni personali, manifestate anche in qualità di delegato sindacale, senza derive denigranti o diffamatorie e nell'ambito del legittimo e libero esercizio del diritto di critica.)

martedì 15 novembre 2022

 In cosa consiste lo straining?


Cass 11/11/2022, n. 33428


Rientra nell'obbligo datoriale di protezione di cui all'art. 2087 c.c., in interazione con il diritto del lavoratore alle mansioni corrispondenti all'inquadramento di cui all'art. 2103 c.c., la tutela contro le tecnopatie da costrittività organizzativa, potendosi configurare lo straining quando vi siano comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente, o pure nel caso in cui il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori, quale condizione di lavoro lesiva della salute.

lunedì 14 novembre 2022

 Nel pubblico impiego in caso di procedi.ento penale è obbligatorio sospendere il procedimento disciplinare?


Cass. 10/11/2022, n. 33234

La sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del procedimento penale, di cui all'art. 55-ter, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, costituisce una facoltà discrezionale attribuita all'Amministrazione e non un obbligo, salvo, ovviamente, l'obbligo di rispettare il termine previsto per la contestazione disciplinare una volta che l'Amministrazione abbia ricevuto una "notizia di infrazione" di contenuto tale da consentire alla stessa di dare, in modo corretto, l'avvio al procedimento disciplinare, nelle sue tre fasi fondamentali della contestazione dell'addebito, dell'istruttoria e dell'adozione della sanzione.

sabato 12 novembre 2022

 Che obblighi impone l'art. 2087 cc?



Tribunale Bari, Sez. lavoro, 07/11/2022, n. 3035

In tema di infortuni sul lavoro, l'art. 2087 cod. civ. è norma "aperta" calata nella realtà dinamica e nel contesto socio-lavorativo concreto ed impone al datore di lavoro non solo l'adozione di tutte le cautele preesistenti e collaudate, previste dalla legge a fronte di rischi specifici correlati al tipo di attività esercitata, ma anche l'adozione di qualunque misura idonea a neutralizzare fattori di rischio conosciuti sulla base della scienza e dell'esperienza del momento storico. Tale disposizione non si configura come ipotesi di responsabilità oggettiva o da posizione, ma piuttosto quale responsabilità di natura contrattuale, da inadempimento agli obblighi di protezione datoriali, modellata sullo schema della responsabilità ex art 1218 cod. civ. e presuppone che l'evento dannoso sia imputabile al datore di lavoro a titolo di colpa, intesa come difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore. La natura contrattuale di tale ipotesi di responsabilità si riverbera sul riparto dell'onere probatorio: sul lavoratore che lamenti la natura professionale dell'infortunio-malattia e la sua riconducibilità alla violazione dell'art. 2087 cod. civ., grava l'onere di provare l'esistenza del danno, la nocività dell'ambiente di lavoro e la sussistenza del nesso di derivazione causale tra l'una e l'altra; solo qualora tale prova venga positivamente raggiunta, spetterà al datore di lavoro l'onere di provare la non imputabilità dell'inadempimento ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie a scongiurare il verificarsi del danno

giovedì 10 novembre 2022

 A chi spetta l'assegno di natalità?



Cass. 07/11/2022, n. 32692

L'assegno di natalità rientra tra le prestazioni familiari di cui all'art. 3, par. 1, lett. j), regolamento CE n. 883/04, dunque esso deve essere attribuito, in base all'art. 12, par. 1, lett. e), direttiva n. 98/11, a parità di condizioni con i cittadini italiani, anche ai cittadini di Paesi terzi soggiornanti in Italia per motivi di lavoro ai sensi dell'art. 3, par. 1, lett. b), c) della stessa direttiva.

martedì 8 novembre 2022

 Al dirigente te pubblico spettano gli straordinari?



Cass. 04/11/2022, n. 32617

In forza del principio di onnicomprensività di cui all'art. 24, comma 3, D.Lgs. n. 165 del 2001, al dirigente pubblico cui siano attribuiti incarichi che possano impegnare anche oltre l'orario "normale" stabilito dalla contrattazione collettiva non spetta, salvo espressa diversa previsione della contrattazione collettiva medesima, alcuna ulteriore remunerazione a carico del datore di lavoro a titolo di compenso per lavoro straordinario.

lunedì 7 novembre 2022

 Il blocco dei licenziamenti durante il covid si applica anche ai dirigenti?

Tribunale Roma, Sez. lavoro, 25/10/2022, n. 8722

Il c.d. blocco dei licenziamenti durante l'emergenza da Covid-19 non si applica ai dirigenti. Il dato letterale della disciplina di legge, infatti, che esclude la figura del dirigente dal blocco, è coerente con la ratio che sorregge l'eccezionale ed emergenziale divieto di recesso.

sabato 5 novembre 2022

 Che responsabilità determina l'art. 2087 cc?



Cass. 20/10/2022, n. 31049

L'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza gravata in quanto la corte territoriale, nel rigettare la domanda risarcitoria già accolta dal giudice di prime cure, aveva ritenuto che fosse onere del lavoratore dimostrare la sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione delle misure di sicurezza suggerite dalla particolarità del lavoro, dall'esperienza e dalla tecnica necessaria ad evitare il danno).

giovedì 3 novembre 2022

 Quando si verificano ipotesi di mobbing?



Cass.28/10/2022, n. 32018

Ai fini della configurabilità di una ipotesi di mobbing, non è condizione sufficiente l'accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, essendo a tal fine necessario che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione. Ne consegue che è legittimo l'accertamento dell'intento persecutorio del datore di lavoro, laddove risulti che questi abbia unificato una serie di condotte ostili reiterate, talune integranti un demansionamento ed altre no, tenute sul luogo di lavoro e protrattesi, con frequenti cambiamenti di ufficio del dipendente pubblico, per un congruo periodo di tempo e che l'azione dell'Ente datore di lavoro sia stata del tutto in contrasto con il principio di buona fede ed espressione di una volontà punitiva, mirante ad isolare il lavoratore ed a lasciarlo inattivo.

mercoledì 2 novembre 2022

Il diritto all'indennitasostitutiva delle ferie è  derogabile?


Cass. 18/10/2022, n. 30558

Il diritto al pagamento di un'indennità per le ferie non godute per malattia o altra causa non imputabile al lavoratore all'atto di cessazione del rapporto di lavoro, è da ritenere di natura inderogabile, configurando la perdita automatica di tale diritto, tout court, una lesione della sfera giuridica soggettiva del lavoratore medesimo, quale parte debole del rapporto di lavoro (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, nel confermare la legittimità del licenziamento irrogato per giusta causa al ricorrente, aveva escluso il diritto di quest'ultimo alla corresponsione dell'indennità per ferie affermando che il datore di lavoro aveva recepito l'art. 5, comma 8, del decreto-legge n. 95 del 2012)

martedì 1 novembre 2022

 Nei licenziamenti collettivi possono essere esclusi nella determinazione dei criteri di scelta concordati con i sindacati i lavoratori di altre sedi?

Cass.26/10/2022, n. 31632

In tema di licenziamenti collettivi, è legittima l'adozione concordata tra le parti sociali di criteri di scelta dei lavoratori da licenziare anche difformi da quelli legali, purché rispondenti a requisiti di obiettività e razionalità. In proposito, ai fini dell'esclusione della comparazione tra i lavoratori licenziati e quelli di equivalente professionalità addetti alle unità operative non soppresse e dislocate sul territorio nazionale, può assumere rilievo il fatto, da accertarsi sulla base delle circostanze concrete, che il mantenimento in servizio dei dipendenti appartenenti all'unità soppressa esigerebbe il loro trasferimento in altra sede, con aggravio di costi per l'azienda e interferenza sull'assetto organizzativo.

Quali danni non sono coperti dall'Inail?

Cass. 24/10/2022, n. 31332
Con specifico riguardo alla nozione di danno biologico nell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e ai relativi rapporti con le altre voci di danno rientranti nella categoria del danno non patrimoniale, nell'ambito della categoria del danno non patrimoniale (categoria giuridicamente, anche se non fenomenologicamente, unitaria), vi sono alcune voci escluse in apicibus dalla copertura assicurativa INAIL (c.d. danno complementare, definito pure differenziale qualitativo, in relazione al quale non sussiste copertura assicurativa INAIL): il danno biologico temporaneo, il danno biologico in franchigia (fino al 5%,), il danno morale. Invero, l'art. 13 del D.Lgs. n. 38/2000 include nell'indennizzo erogato dall'INAIL esclusivamente il danno biologico, inteso come lesione - pari o superiore al 6% - all'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona valutata secondo una specifica Tabella delle menomazioni (ossia delle percentuali di invalidità permanente, redatta dal Ministero del Lavoro) "comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali".