Quali sono i limiti del diritto di critica da parte del lavoratore?
Corte d'Appello Brescia, Sez. lavoro, 03/11/2022, n. 281
L'esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro incontra un triplice ordine di limiti posti a presidio della dignità della persona umana, così come predeterminati dal diritto vivente, superati i quali la critica può trasformarsi da esercizio lecito di un diritto a condotta astrattamente idonea a configurare un illecito disciplinare. Il primo limite è quello della continenza sostanziale, nel senso che ove la critica si sostanzi nell'attribuzione di condotte che si assumono come storicamente verificatesi, tali fatti narrati devono corrispondere a verità, sia pure non assoluta, ma corrispondente ad un prudente apprezzamento soggettivo di chi dichiara gli stessi come veri, per cui viene in rilievo l'atteggiamento anche colposo del lavoratore. Il secondo limite è quello della continenza formale, nel senso che l'esposizione della critica deve avvenire con modalità espressive che possano dirsi rispettose di canoni, generalmente condivisi, di correttezza, misura e civile rispetto della dignità altrui. Infine, il terzo limite è quello della pertinenza, intesa come rispondenza della critica ad un interesse meritevole in confronto con il bene suscettibile di lesione, parametrato, nell'ambito del rapporto di lavoro, all'interesse che attiene e si relaziona, direttamente o indirettamente, con le condizioni del lavoro e dell'impresa, come le rivendicazioni lato sensu sindacali o le manifestazioni di opinione attinenti il contratto di lavoro, mentre sono suscettibili di esondare dal limite della pertinenza le critiche rivolte al datore di lavoro, magari afferenti alle sue qualità personali, oggettivamente avulse da ogni correlazione con il rapporto contrattuale e gratuitamente mirate a ledere la sua onorabilità. Laddove anche uno solo dei limiti ora descritti venga travalicato, la critica rivolta dal lavoratore al datore di lavoro, idonea a ledere l'onore, la reputazione e il decoro di questi, non è scriminata dall'esercizio del relativo diritto ed assume l'attitudine ad integrare un illecito disciplinare. (Nel caso di specie, la corte territoriale ha respinto il reclamo proposto da parte datoriale avverso la sentenza con la quale il tribunale, nel ritenere illegittimo il licenziamento irrogato ad una lavoratrice, aveva ritenuto che quelle esposte da quest'ultima nei confronti del datore di lavoro attraverso un social network fossero semplici opinioni personali, manifestate anche in qualità di delegato sindacale, senza derive denigranti o diffamatorie e nell'ambito del legittimo e libero esercizio del diritto di critica.)