mercoledì 31 maggio 2023

 Quando è possibile licenziare per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore?


Cass. 29/05/2023, n. 15002

Nell'ipotesi di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore e in presenza dei presupposti di applicabilità dell'art. 3, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 216 del 2003, il datore di lavoro ha l'onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 604 del 1966, dimostrando non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore e l'impossibilità di adibirlo a mansioni, eventualmente anche inferiori, compatibili con il suo stato di salute, ma anche l'impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli, con la possibilità di assolvere tale ultimo onere mediante la deduzione del compimento di atti o operazioni strumentali all'avveramento dell'accomodamento ragionevole, che assumano il rango di fatti secondari presuntivi, idonei a indurre nel giudice il convincimento che il datore di lavoro abbia compiuto uno sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata in grado di scongiurare il licenziamento, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto.

martedì 30 maggio 2023

 Entro quali limiti opera l'esonero di responsabilità del dipendente pubblico che denuncia illeciti?


Cass. 22/05/2023, n. 14093

L'art. 54 bis, D.Lgs. n. 165 del 2001 deve essere interpretato nel senso che sussiste l'esonero dalla responsabilità disciplinare del dipendente che abbia provveduto alla legittima segnalazione di condotte illecite di cui lo stesso sia comunque venuto a conoscenza diretta in ragione del rapporto di lavoro, ovvero che siano state apprese, non solo in ragione dell'ufficio rivestito ma anche casualmente, in occasione e/o a causa delle mansioni espletate ed investe tutte quelle condotte, come la ricerca di documentazione a corredo della segnalazione inoltrata "extra moenia", che, per quanto rilevanti persino sotto il profilo penale, siano funzionalmente correlate alla denunzia dell'illecito.

lunedì 29 maggio 2023

 Quando il risarcimento del danno è esente?

Cass. 23/05/2023, n. 14249

In tema di classificazione dei redditi ex art. 6, secondo comma, TUIR, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se, e nei limiti in cui, risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), e non costituiscono reddito imponibile nell'ipotesi in cui esse tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa (cd. danno emergente). Non è quindi tassabile il risarcimento del danno ottenuto dal lavoratore dipendente, anche in via transattiva, per la perdita di "chance" di accrescimento professionale. Spetta al contribuente dimostrare che, nel caso concreto, le somme percepite sono collegate a questa seconda categoria di danni esenti.

venerdì 26 maggio 2023

 Quando si ha cessione di ramo di azienda?

Cass. 24/05/2023, n. 14381

La cessione di ramo d'azienda è configurabile ove venga ceduto un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un'attività volta alla produzione di beni o servizi. In tale indagine, allorquando ai fini di una certa qualificazione giuridica di un rapporto controverso occorre avvalersi di una serie di elementi fattuali sintomatici ai quali i giudici del merito hanno affidato la propria valutazione, ciò che deve negarsi è soltanto l'autonoma idoneità di ciascuno di questi elementi, considerato singolarmente, a fondare la riconduzione ad una certa qualificazione, non anche la possibilità che, in una valutazione globale dei medesimi, essi vengano assunti, come concordanti, gravi e precisi indici rivelatori di ciò che si intende dimostrare. Sicché, quando gli elementi fattuali da valutare sono, in via sintomatica ed indiziaria, molteplici al fine di verificare l'autonomia funzionale del ramo d'azienda ceduto, trattandosi di una decisione che è il frutto di selezione e valutazione di una pluralità di circostanze, che sono soltanto aspetti parziali di una valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, perciò, essere valutati isolatamente, chi ricorre, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, non può invocare una diversa combinazione di tali elementi oppure un diverso apprezzamento rispetto a ciascuno di essi, sollecitando la Corte ad un controllo estraneo al sindacato di legittimità

giovedì 25 maggio 2023

 Quando il lavoro giornalistico è di tipo subordinato?

Cass. 17/05/2023, n. 1224

In materia di attività giornalistica, la qualificazione del rapporto di lavoro intercorso tra le parti come autonomo o subordinato deve considerare che, in tale ambito, il carattere della subordinazione risulta attenuato per la creatività e la particolare autonomia qualificanti la prestazione lavorativa, nonché per la natura prettamente intellettuale dell'attività stessa, con la conseguenza che, ai fini dell'individuazione del vincolo, rileva specificamente l'inserimento continuativo ed organico delle prestazioni nell'organizzazione d'impresa

mercoledì 24 maggio 2023

 Quando possono sottoscritti i contratti a termine in forza dell'art. 19 dlgs 81 del 2015 come modificato dal dl 48 del 2023?


Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51;41

b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;

martedì 23 maggio 2023

 L'indennità di maternità erogata dalla cassa forense può essere cumulata con indennità della stessa natura erogate da altri enti?



Cass. 19/05/2023, n. 13846

In materia di indennità per maternità erogata dalla Cassa forense, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 71 del D.Lgs. n. 151 del 2001, va escluso il diritto al cumulo di prestazioni da parte di diversi enti previdenziali in relazione allo stesso evento, ovvero la situazione di maternità, in quanto il diritto alla suddetta prestazione è riconosciuto, indipendentemente dall'effettiva astensione dall'attività, a condizione che la lavoratrice proponga la relativa istanza, documenti idoneamente lo stato di gravidanza e la data presunta del parto ed attesti con dichiarazione "ad hoc", quale requisito essenziale per l'erogazione, l'inesistenza di altro trattamento di maternità come lavoratrice pubblica o autonoma.

lunedì 22 maggio 2023

 L'indennità sostitutiva delle ferie è  soggetta ad IRPEF?

Cass. 18/05/2023, n. 13727

In tema d'IRPEF, l'indennità sostitutiva del riposo settimanale, equiparabile all'indennità per ferie non godute, è soggetta a tassazione a norma degli artt. 46 e 48 (ora 49 e 51) del D.P.R. n. 917 del 1986, sia perché, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha carattere retributivo, sia perché un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non ne escluderebbe la riconducibilità all'ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dai citati articoli, costituendo essa comunque un'attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nell'elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla contribuzione.

venerdì 19 maggio 2023

 Quando ricorre una giusta causa di licenziamento?



Cass. 17/05/2023, n. 13482

In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all'illecito commesso - rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l'inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della "non scarsa importanza" di cui all'art. 1455 cod. civ., sicché l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto.

giovedì 18 maggio 2023

 Il rapporto convenzionale dei medici con il SSN può essere regolamentato in deroga agli accordi collettivi per atto unilaterale della PA?



Cass. 16/05/2023, n. 13396

Il rapporto convenzionale dei medici con il S.S.N. è disciplinato, quanto agli aspetti economici, dagli accordi collettivi nazionali e integrativi, ai quali devono conformarsi, a pena di nullità, i contratti individuali, ai sensi degli artt. 48 della L. n. 833 del 1978 e 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992. Ne consegue che tale disciplina non può essere derogata da quella speciale prevista per il rientro da disavanzi economici e che le sopravvenute esigenze di riduzione della spesa devono essere fatte valere nel rispetto delle procedure di negoziazione collettiva e degli ambiti di competenza dei diversi livelli di contrattazione, dovendo pertanto considerarsi illegittimo l'atto unilaterale di riduzione del compenso adottato dalla P.A., posto che il rapporto convenzionale si svolge su un piano di parità ed i comportamenti delle parti vanno valutati secondo i principi propri che regolano l'esercizio dell'autonomia privata.

mercoledì 17 maggio 2023

 Quali ndocumenti è possibile produrre in Cassazione?



Cass. 15/05/2023, n. 13238

Nel giudizio di cassazione è ammissibile la produzione di documenti non prodotti in precedenza non solo ove attengano alla nullità della sentenza impugnata o all'ammissibilità processuale del ricorso o del controricorso (ipotesi esplicitamente contemplate nell'art. 372 c.p.c.), ma anche nel caso in cui i nuovi documenti attengano al maturare di un successivo giudicato

martedì 16 maggio 2023

 Può essere svolta attività anche lavorativa nel corso della malattia?


Cass. 12/05/2023, n. 12994

In tema di sanzioni disciplinari e licenziamento, pur non ricorrendo un obbligo del lavoratore in stato di malattia di astenersi da attività, anche lavorative, con esso compatibili, purché con le cautele idonee a non ritardarne la guarigione, nel rispetto dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, deve giustificarsi il recesso datoriale nel caso in cui la medesima attività – con valutazione ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte – possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro, con irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia, spettando al lavoratore l'onere della prova della suddetta compatibilità, non pregiudicante, né ritardante la guarigione

lunedì 15 maggio 2023

 Il mobbing può determinare anche il cd danno parentale?

Cass. 09/05/2023, n. 12460

Va esclusa la configurabilità dell'efficienza causale tra il mobbing patito dal lavoratore ed il preteso disfacimento della sua vita familiare, ove risulti allegato e dimostrato che lo stesso non abbia fatto mancare al coniuge ed al figlio il proprio sostegno affettivo, morale e materiale, e men che meno che questi ultimi abbiano dovuto prestare continua assistenza e vicinanza al parente infermo. Se, infatti, risulta accertato dal giudice di merito che il lavoratore non potesse ritenersi affetto da depressione grave e che è indimostrato che la sua patologia avesse inciso sulla vita familiare, la domanda di risarcimento del danno parentale lamentato dal coniuge e dal figlio merita di essere rigettata

sabato 13 maggio 2023

 



Come si definisce il lavoro intermittentente?

Cass. 02/05/2023, n. 4440

Il lavoro intermittente è l'espressione di un tipo di lavoro subordinato flessibile, con il quale un lavoratore pone a disposizione del datore di lavoro la propria prestazione lavorativa, vale a dire le proprie energie e competenze, con cadenza appunto intermittente e dunque discontinua nel tempo. Caratteristica peculiare di tale forma di lavoro è pertanto la non continuità delle prestazioni lavorative richieste dal datore di lavoro, non essendo la frequenza delle prestazioni lavorative e la durata delle stesse predeterminate ma venendo esse espletate, di volta in volta, in base all'effettiva esigenza dell'impresa. Nel lavoro intermittente, attualmente disciplinato in maniera organica dall'art. 13 del D.Lgs. n. 81/2015, la forma scritta è prevista ai soli fini probatori

giovedì 11 maggio 2023

 Come è ripartito l'onere della prova nel danno da usura psicofisica per mancati riposi?

Cass. 09/05/2023, n. 12249

Il danno da usura psico-fisica si iscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava, pertanto, l'onere della relativa specifica deduzione della prova eventualmente anche attraverso presunzioni semplici. Sulla base della distinzione del danno da usura psico-fisica rispetto al danno alla salute o biologico è possibile affermare che la mancata fruizione dei riposi sia fonte di danno non patrimoniale in via presuntiva. Dunque grava sul datore di lavoro dimostrare la fruizione dei riposi compensativi, quali fatti impeditivi, potendosi desumere dalla specifica allegazione della lunghezza dei periodi nei quali si è registrato l'inadempimento datoriale l'anormale gravosità del lavoro e, dunque, il danno da usura psico-fisica cagionato dal maggiore dispendio di energie necessarie per sostenere i ritmi lavorativi che, senza adeguati e cadenzati riposi, diventano oggettivamente usuranti anche per una persona esente da qualsivoglia patologia.

mercoledì 10 maggio 2023

 

Il mobbing posto in essere da altri dipendente superiore gerarchico esenta l'azienda da responsabilità?


Cass. 20/04/2023, n. 10691


Il mobbing si ravvisa nella condotta datoriale lesiva (in violazione dell'obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dall'art. 2087 c.c.) della sfera professionale o personale del lavoratore, intesa nella pluralità delle sue espressioni, senza che la circostanza che una simile condotta provenga da un altro dipendente, posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, valga ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, su cui incombono gli obblighi ex art. 2049 c.c., ove questi sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto.

martedì 9 maggio 2023

 Quando decorre la prescrizione dei crediti di lavoro?


Cass. 05/05/2023, n. 11938

Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della L. n. 92 del 2012 e del D.Lgs n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della L. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro.

lunedì 8 maggio 2023

 A quali norme occorre riferirsi per il nesso causale delle malattie professionali?



Cass. 03/05/2023, n. 11488

Le regole che governano il nesso causale in tema di malattie professionali si trovano negli artt. 40 e 41 c.p., norme cui aver riguardo nella corretta interpretazione dell'art. 145 D.P.R. n. 1124 del 1965. In base all'art. 41 c.p., va data rilevanza ad ogni concausa che abbia contribuito alla produzione dell'evento lesivo, quand'anche la sua incidenza in termini di efficienza eziologica non sia stata preponderante, ma abbia contribuito in maniera indiretta e remota. Il nesso eziologico tra concausa ed evento è escluso solo quando questa degradi a mera occasione per l'intervento di fattori estranei all'attività lavorativa di per sé assorbenti.

venerdì 5 maggio 2023

 Come si deve adempiere all'ordine di ripristino del lavoratore?



Cass.03/05/2023, n. 11564

L'ordine giudiziale di ripristino del rapporto di lavoro comporta la riammissione in servizio del dipendente nel posto precedentemente occupato e nelle mansioni originarie come prevalente rispetto a successive assegnazioni, che devono essere considerate provvisorie, dovendo il datore di lavoro, una volta intervenuto l'ordine di ripristino, riammettere il lavoratore nel suo originario posto di lavoro senza che l'avvenuta sua sostituzione possa essere addotta come esigenza organizzativa atta a legittimare il trasferimento del medesimo in altra sede.

giovedì 4 maggio 2023

 Come deve essere redatta la contestazione disciplinare?


Cass. 02/05/2023, n. 11344

La contestazione dell'addebito, necessaria in funzione di tutte le sanzioni disciplinari, ha lo scopo di consentire al lavoratore l'immediata difesa e deve a tal fine rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ. Il giudice di merito, al fine di valutare il grado di specificità della contestazione, deve tener conto del contesto in cui i fatti di rilievo disciplinare si collocano, della natura e del contenuto dei fatti medesimi ed accertare se la mancata precisazione di alcuni elementi fattuali (ad esempio di ordine temporale, spaziale o relativi alle esatte parole pronunciate) possa aver determinato un'insuperabile incertezza nell'individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto di difesa. L'accertamento relativo al requisito della specificità della contestazione costituisce oggetto di un'indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal giudice di merito.

mercoledì 3 maggio 2023

 Quando decorre il termine della prescrizione del diritto alla rendita?


Cass. 28/04/2023, n. 11250

In tema di malattia professionale, la malattia si considera verificata, con correlata decorrenza del diritto alla rendita e decorrenza del termine di prescrizione triennale, dal primo giorno di completa astensione dal lavoro per causa della malattia. Il giorno del riconoscimento in sede amministrativa, invece, non segna l'insorgenza del diritto, che viene riconosciuto dall'Inail in quanto già esistente a far data dalla verificazione della malattia.

martedì 2 maggio 2023

 L'eccessiva morbilità può cagionare il licenziamento per scarso rendimento?


Cass.27/04/2023, n. 11174

Il licenziamento per scarso rendimento è riconducibile ad una ipotesi di recesso per giustificato motivo soggettivo che, per essere legittimo, deve connotarsi di una condotta imputabile al lavoratore la quale, complessivamente valutata e sulla base delle allegazioni e delle prove offerte, evidenzi una violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente e determini una rilevante sproporzione tra gli obiettivi fissati e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, tenuto conto della media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione con conseguente grave inadempimento del lavoratore dei compiti a lui affidati. La nozione di «scarso rendimento» è legata ad un inadempimento del lavoratore che abbia carattere notevole e sia a lui imputabile e non piuttosto al dato obiettivo della inidoneità della prestazione al conseguimento degli obiettivi aziendali. Il licenziamento connesso all'elevata morbilità del lavoratore è qualificabile invece come un particolare tipo di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Esso si collega da un lato all'esistenza di una o più malattie e dall'altro al fatto oggettivo del tempo complessivamente trascorso in malattia. È l'esaurimento del periodo di comporto che di per sé giustifica la risoluzione del rapporto di lavoro. Le norme speciali che regolano il comporto perseguono il fine preservare il rapporto di lavoro durante la malattia del lavoratore impedendo al datore di lavoro di porvi unilateralmente fine per il tempo - predeterminato dalla legge, dalle parti o, in via equitativa, dal giudice - di tollerabilità dell'assenza. L'unica condizione di legittimità del recesso è dunque quel superamento del periodo di comporto, espressione del contemperamento degli interessi confliggenti del datore di lavoro e del lavoratore. Né un rendimento inadeguato alle esigenze aziendali né un disservizio cagionato dalle assenze per malattia del lavoratore possono legittimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di quel lavoratore prima che sia stato superato il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro espressione di un bilanciamento degli opposti interessi coinvolti.