giovedì 29 settembre 2022

 Le sanzioni i penali per omessa e incompleta valutazione rischi si applicano anche ad aziende con meno si 10 dipendenti?



Cass. pen., Sez. III, 15/06/2022, n. 36538

Le sanzioni penali previste nel caso di omessa o incompleta valutazione dei rischi operano anche nei confronti dei datori di lavoro che occupino fino a dieci addetti, in quanto le modalità semplificate di adempimento degli obblighi in materia di valutazione dei rischi, previste per tali aziende, non esonerano il datore di lavoro dai relativi obblighi. Anche in queste ipotesi, le modalità pur semplificate di adempimento dell'obbligo di valutazione richiedono l'individuazione degli specifici pericoli cui i lavoratori sono sottoposti e la specificazione delle misure di prevenzione da adottarsi.

mercoledì 28 settembre 2022

 Per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro come deve intendersi lo stato di bisogno del lavoratore?



Cass. pen., Sez. IV, 13/07/2022, n. 34600

Ai fini dell'integrazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, lo stato di bisogno non va inteso come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, bensì come una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, tale da limitare la volontà della vittima e da indurla ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose.

martedì 27 settembre 2022

 Il datore di lavoro si può riservare di avviare un procedimento disciplinare in attesa dell'esito di un procedimento penale?


Cass.21/09/2022, n. 27680


In materia di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo l'addebito non grave o comunque non meritevole della massima sanzione. Tuttavia è legittimo il differimento della contestazione disciplinare fino al rinvio al giudizio del dipendente in un procedimento penale, in ragione del fatto che il datore di lavoro non dispone di poteri d'indagine utili ad accertare i fatti compiuti dal lavoratore al di fuori dei locali aziendali e sempreché il datore provveda tempestivamente ad informare il lavoratore della riserva di contestazione

lunedì 26 settembre 2022

Che effetti produce sulla responsabilità penale da infortunio la delega ad un soggetto diverso delle funzioni di prevenzione?



Cass. pen., Sez. IV, 24/05/2022, n. 34943

In materia di responsabilità penale per gli infortuni sul lavoro, non può riconoscersi rilievo decisivo al conferimento mediante atto di delega di specifiche attribuzioni per lo svolgimento di una funzione determinata, anche se nevralgica dell'azienda - come quella prevenzionistica, attinente alla prevenzione e protezione dei lavoratori dai rischi implicati dal processo produttivo e al rispetto delle misure di sicurezza adottate sul luogo di lavoro - per fare assurgere il delegato a soggetto in posizione di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità produttiva, secondo la previsione dell'art. 5 comma 1 lett. a) D.Lgs. n. 231 del 2001. Ciò in quanto il delegato rimane sottoposto al più ampio potere del delegante, che viene esercitato anche sotto forma di vigilanza. Il delegato inoltre è tenuto a rapportarsi e a riferire al delegante ai fini dell'adozione di quelle misure di prevenzione o di protezione che sfuggano al suo potere di gestione o di spesa

sabato 24 settembre 2022

Le  clausole generali dei ccnl pubblici in ordine alle ipotesi di licenziamento per giusta causa possono derogare alle ipotesi legali di licenziamento previste dal dlgs 165 del 2001?




Cass. 21/09/2022, n. 27683


In tema di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, le fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, introdotte dall'art. 55-quater, comma 1, lett. da a) ad f), e comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, costituiscono ipotesi aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva - le cui clausole, ove difformi, vanno sostituite di diritto ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. - per le quali compete soltanto al giudice, ex art. 2106 c.c., il giudizio di adeguatezza delle sanzioni. Correttamente, dunque si applica l'art. 55-quater, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 165 del 2001, in presenza di un comportamento fraudolento diretto a far risultare la fittizia presenza del lavoratore in ufficio.

giovedì 22 settembre 2022

 In forza del ccnl autonomie locale come deve essere remunerata la prestazione resa in festività infrasettimanale?


Cass. 25/08/2022, n. 25336


Il lavoro prestato dai dipendenti del comparto delle regioni e delle autonomie locali che cada in giornata festiva infrasettimanale, come in quella domenicale, gode dell'applicazione dell'art. 22, comma 5, CCNL 14 settembre 2000, che compensa il disagio con la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione, mentre l'art. 24 si applica soltanto nel caso in cui i lavoratori siano chiamati a svolgere la loro attività, in via eccezionale od occasionale, nelle giornate di riposo settimanale ovvero in giornate festive infrasettimanali al di là dell'orario di lavoro.


mercoledì 21 settembre 2022

 Costituisce condotta antisindacale la rimozione della bandiera?



Tribunale Roma, Sez. lavoro, 06/09/2022, n. 4178

Costituisce condotta antisindacale, in quanto lesiva del c.d. "diritto al conflitto", la rimozione unilaterale, da parte del datore di lavoro, di bandiere e striscioni, contenenti il logo del sindacato, affissi nella zona d'ingresso della struttura d'impresa, nell'imminenza della data fissata per lo sciopero generale e nel pieno stato dell'agitazione. Tale condotta, infatti, in spregio dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970, è suscettibile di ostacolare, sul piano dei rapporti di forza, il diritto del sindacato di battersi per l'accoglimento, da parte dell'imprenditore, delle proprie rivendicazioni.

martedì 20 settembre 2022

 Nel caso di aziende soggette alla tutela obbligatoria che conseguenze comporta la violazione del divieto di licenziamento prima del superamento del co.porto ea art. 2110 cc?


Cass. 16/09/2022, n. 27334




Nel sistema delineato dal L. n. 300 del 1970 art. 18, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, il licenziamento intimato in violazione dell'art. 2110, comma 2, c.c., è nullo e le sue conseguenze sono disciplinate, secondo un regime sanzionatorio speciale, dal comma 7, che a sua volta rinvia al comma 4, del medesimo art. 18, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro"

sabato 17 settembre 2022

 Posso provare per testi la consegna della lettera di licenziamento?




Cass. 08/09/2022, n. 26532

Nel caso in cui è controversa la tempestiva redazione per iscritto della lettera di licenziamento, ossia è - a monte - contestato che al momento dell'estromissione dall'azienda al lavoratore fosse stato letto, mostrato o consegnato uno scritto contenente la volontà datoriale di recesso, l'esistenza del documento non può essere dimostrata per mezzo della testimonianza, poichè l'art. 2725 cpv. c.c. non consente la prova testimoniale di un contratto (o di un atto unilaterale, ex art. 1324 c.c.) di cui la legge preveda la forma scritta a pena di nullità, se non nel caso indicato dal precedente art. 2724 n. 3 c.c., vale a dire quando il documento sia andato perduto senza colpa. Si tratta di divieto di testimonianza che ne importa inammissibilità rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio (attenendo a norma di ordine pubblico), a differenza di quanto avviene in ipotesi di violazione degli artt. 2721 e ss. c.c. o di testimonianza assunta in materia di atti unilaterali e contratti per i quali sia richiesta la forma scritta ad probationem tantum. Né tale divieto è superabile ex art. 421 co. 2°, prima parte, c.c., essendo noto che esso, nell'attribuire al giudice del lavoro il potere di ammettere d'ufficio ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, si riferisce non ai requisiti di forma previsti (ad substantiam o ad probationem) per alcuni tipi di contratti, ma ai limiti fissati alla prova testimoniale, in via generale, dagli artt. 2721, 2722 e 2723 stesso codice. A tal fine non può supplire il documento prodotto dal datore e consistente in una lettera di licenziamento, quando di tale documento non risulta la data certa di redazione in epoca anteriore o coeva all'estromissione del lavoratore, né la data potrebbe essere quella riferita dai testi, perché in tal modo si aggirerebbe surrettiziamente quel divieto di prova testimoniale di cui all'art. 2725 cpv. c.c. Pertanto, non potendosi provare in via testimoniale la comunicazione per iscritto del licenziamento, in assenza di produzione del relativo documento dotato di data certa il licenziamento risulta nullo per difetto della forma prevista ex lege.

Malattia

Quando si ha malattia ai fini della sospensione dell'attività lavorativa?

Tribunale Pesaro, Sez. lavoro, 10/09/2022, n. 140

La nozione di malattia assume un diverso significato per il diritto del lavoro rispetto alla scienza medica. Per il primo, infatti, il concetto di malattia non identifica genericamente qualunque alternazione morfologica o funzionale dell'organismo, ma coincide con la nozione di incapacità di esecuzione della specifica obbligazione contrattuale. L'obbligato resta quindi libero, durante il periodo di sospensione, di impiegare le sue residue capacità psico-fisiche nello svolgimento di altre attività, purché le stesse, oltre a non palesare una simulazione dello stato morboso e a non configurare una trasgressione del dovere di concorrenza, non ne pregiudichino il recupero e la guarigione. In costanza di malattia, in altri termini, ad essere sospesa è la sola esigibilità della prestazione lavorativa e non l'intero rapporto: permangono perciò in capo al lavoratore gli obblighi di fedeltà (art. 2015 cod. civ.), buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 cod. civ.) che impongono di salvaguardare l'interesse datoriale alla pronta ripresa della prestazione lavorativa (Nel caso di specie, nel pronunciarsi in sede di opposizione avverso l'ordinanza con la quale era stato annullato il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore resistente, il giudice adito, pur confermando la valutazione d'illegittimità del recesso in quanto la sanzione espulsiva doveva ritenersi sproporzionata rispetto alla concreta gravità delle violazioni commesse, in applicazione dell'art. 18, comma 5, della legge n. 300 del 1970, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro e condannato il datore di lavoro ricorrente al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva pari a venti mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto).

giovedì 15 settembre 2022

 Come si determina la competenza territoriale nelle controversie contro la pa?



Cass. 26/08/2022, n. 25383

Nelle controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, la competenza per territorio va determinata, secondo quanto previsto dall'art. 413 cod. proc. civ., in coerenza con la finalità legislativa di rendere più funzionale e celere il processo radicando la cognizione nei luoghi normalmente vicini alla residenza del dipendente, nei quali sono più agevolmente reperibili gli elementi probatori necessari al giudizio, di talché il giudice competente dev'essere individuato in relazione al luogo in cui il lavoratore presta effettivo servizio (purché dotato di un minimo di struttura sufficiente per la sua operatività) e non invece in relazione al luogo in cui viene effettuata la gestione amministrativa del rapporto secondo le regole interne delle singole amministrazioni. (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta tra il lavoratore ricorrente ed Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso per regolamento necessario di competenza proposto ex art. 42 cod. proc. civ. avverso la sentenza del tribunale di Bologna che, accogliendo l'eccezione sollevata dal Ministero, aveva declinato la competenza e dichiarato la competenza per territorio del tribunale di Ravenna, nel cui circondario si trovava la sede del sito museale presso il quale il ricorrente medesimo prestava servizio in qualità di assistente alla vigilanza ed all'accoglienza).

 Nel pubblico impiego lo svolgimento di mansioni superiori da diritto alla relativa retribuzione?



Cass. 12/09/2022, n. 26821

In tema di assegnazione di fatto del funzionario non dirigente ad una posizione dirigenziale, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscere nella misura indicata nell'art. 52, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all'intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all'art. 36 della Costituzione, sicché il diritto va escluso solo qualora l'espletamento sia avvenuto all'insaputa o contro la volontà dell'ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell'ordinamento.

mercoledì 14 settembre 2022

Le sanzioni applicate dall'azienda in situazioni simili che riflesso hanno sul licenziamento intimato al lavoratore? 


Cass. 07/09/2022, n. 26393

Ai fini della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, qualora risulti accertato che l'inadempimento del lavoratore licenziato sia stato tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, è di regola irrilevante che un'analoga inadempienza, commessa da altro dipendente, sia stata diversamente valutata dal datore di lavoro. L'identità delle situazioni riscontrate può tuttavia essere valorizzata per verificare la proporzionalità della sanzione adottata. Dunque non è qualificabile come discriminatorio l'esercizio di discrezionalità disciplinare datoriale in relazione a posizioni differenziate, ove ancorato a specifici elementi di fatto esplicitati nel procedimento disciplinare ed accertati in fatto.

 Come è ripartita la competenza tra giudice del lavoro e giudice fallimentare?


Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 09/09/2022, n. 26683

Nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello del fallimento il discrimine va individuato nelle rispettive speciali prerogative, spettando al primo, quale giudice del rapporto, le controversie riguardanti lo status del lavoratore, in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualità, volte ad ottenere pronunce di mero accertamento oppure costitutive, come quelle di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro. Rientrano, viceversa, nella cognizione del giudice del fallimento, al fine di garantire la parità tra i creditori, le controversie relative all'accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro in funzione della partecipazione al concorso e con effetti esclusivamente endoconcorsuali, ovvero destinate comunque ad incidere nella procedura concorsuale. Nel caso, dunque, di una domanda di condanna risarcitoria essa spetta al giudice concorsuale, con conseguente improcedibilità della domanda avanzata dinanzi al giudice del lavoro.

martedì 13 settembre 2022

 Cosa prevede l'art. 1 bis dlgs 152 del 1997 introdotto dal dlgs 104 del 2022 in tema di comunicazioni al lavoratore al momento dell'assunzione?


art. 1 bis dlgs 152 del 1997


1. Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300
2. Ai fini dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro o il committente è tenuto a fornire al lavoratore, unitamente alle informazioni di cui all'articolo 1, prima dell'inizio dell'attività lavorativa, le seguenti ulteriori informazioni:
a) gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l'utilizzo dei sistemi di cui al comma 1;
b) gli scopi e le finalità dei sistemi di cui al comma 1;
c) la logica ed il funzionamento dei sistemi di cui al comma 1;
d) le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi di cui al comma 1, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni;
e) le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità;
f) il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi di cui al comma 1 e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse.
3. Il lavoratore, direttamente o per il tramite delle rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, ha diritto di accedere ai dati e di richiedere ulteriori informazioni concernenti gli obblighi di cui al comma 2. Il datore di lavoro o il committente sono tenuti a trasmettere i dati richiesti e a rispondere per iscritto entro trenta giorni.
4. Il datore di lavoro o il committente sono tenuti a integrare l'informativa con le istruzioni per il lavoratore in merito alla sicurezza dei dati e l'aggiornamento del registro dei trattamenti riguardanti le attività di cui al comma 1, incluse le attività di sorveglianza e monitoraggio. Al fine di verificare che gli strumenti utilizzati per lo svolgimento della prestazione lavorativa siano conformi alle disposizioni previste dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, il datore di lavoro o il committente effettuano un'analisi dei rischi e una valutazione d'impatto degli stessi trattamenti, procedendo a consultazione preventiva del Garante per la protezione dei dati personali ove sussistano i presupposti di cui all'articolo 36 del Regolamento medesimo.
5. I lavoratori, almeno 24 ore prima, devono essere informati per iscritto di ogni modifica incidente sulle informazioni fornite ai sensi del comma 2 che comportino variazioni delle condizioni di svolgimento del lavoro.
6. Le informazioni e i dati di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo devono essere comunicati dal datore di lavoro o dal committente ai lavoratori in modo trasparente, in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico. La comunicazione delle medesime informazioni e dati deve essere effettuata anche alle rappresentanze sindacali aziendali ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria e, in assenza delle predette rappresentanze, alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Ispettorato nazionale del lavoro possono richiedere la comunicazione delle medesime informazioni e dati e l'accesso agli stessi.
7. Gli obblighi informativi di cui al presente articolo gravano anche sul committente nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile e di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
8. Gli obblighi informativi di cui al presente articolo non si applicano alle informazioni di cui all'articolo 98 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.»; c) l'articolo 2

Quali comunicazioni devono essere effettuate al momento dell'assunzione da parte del datore di lavoro in seguito alle modifiche stabilite dal Dlgs 104 del 2022 all'art. 1 della legge 152 del 1997? 




Modifiche 104 del 2022 all'art. 1 l. 152/1997


art. 1


1. Il datore di lavoro pubblico e privato è tenuto a comunicare al lavoratore, secondo le modalità di cui al comma 2, le seguenti informazioni:

a) l'identità delle parti ivi compresa quella dei co-datori di cui all'articolo 30 , comma 4-ter e 31, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
b) il luogo di lavoro. In mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, il datore di lavoro comunica che il lavoratore è occupato in luoghi diversi, o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro;
c) la sede o il domicilio del datore di lavoro;
d) l'inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore o, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
e) la data di inizio del rapporto di lavoro;
f) la tipologia di rapporto di lavoro, precisando in caso di rapporti a termine la durata prevista dello stesso;
g) nel caso di lavoratori dipendenti da agenzia di somministrazione di lavoro, l'identità delle imprese utilizzatrici, quando e non appena è nota;
h) la durata del periodo di prova, se previsto;
i) il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
l) la durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all'atto dell'informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi;
m) la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
n) l'importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l'indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;
o) la programmazione dell'orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un'organizzazione dell'orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile;
p) se il rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, non prevede un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro informa il lavoratore circa:
1) la variabilità della programmazione del lavoro, l'ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;
2) le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
3) il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell'inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l'incarico;
q) il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l'indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
r) gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso;
s) gli elementi previsti dall'articolo 1-bis qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante l'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
2. L'obbligo di informazione di cui al comma 1 è assolto mediante la consegna al lavoratore, all'atto dell'instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell'inizio dell'attività lavorativa, alternativamente:

a) del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto;
b) della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608.
3. Le informazioni di cui al comma 1 eventualmente non contenute nei documenti di cui al comma 2, lettere a) e b), sono in ogni caso fornite per iscritto al lavoratore entro i sette giorni successivi all'inizio della prestazione lavorativa. Le informazioni di cui alle lettere g), i), l), m), q) e r) possono essere fornite al lavoratore entro un mese dall'inizio della prestazione lavorativa.

4. In caso di estinzione del rapporto di lavoro prima della scadenza del termine di un mese dalla data dell'instaurazione, al lavoratore deve essere consegnata, al momento della cessazione del rapporto stesso, una dichiarazione scritta contenente le informazioni di cui al comma 1, ove tale obbligo non sia stato già adempiuto.

5. Agli obblighi informativi di cui al presente articolo è tenuto, nei limiti della compatibilità, anche il committente nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile , dei rapporti di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 , nonché dei contratti di prestazione occasionale di cui all'articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96
6. Le disposizioni normative e dei contratti collettivi nazionali relative alle informazioni che devono essere comunicate dai datori di lavoro sono disponibili a tutti gratuitamente e in modo trasparente, chiaro, completo e facilmente accessibile, tramite il sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per le pubbliche amministrazioni tali informazioni sono rese disponibili tramite il sito del Dipartimento della funzione pubblica.

7. Ai lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca non si applicano le disposizioni di cui al comma 1, lettere p) e r).

8. Le informazioni di cui al comma 1 sono conservate e rese accessibili al lavoratore ed il datore di lavoro ne conserva la prova della trasmissione o della ricezione.

lunedì 12 settembre 2022

 Avere un collaboratore determina il pagamento dell'IRAP?



Cass. 06/09/2022, n. 26183

In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell'autonoma organizzazione richiesto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive. Il giudice del merito deve quindi valutare in concreto la natura dell'apporto fornito dal collaboratore all'impresa familiare e segnatamente se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi

Da quando decorrono i termini di prescrizione in seguito alla legge 92 del 2012?



Cass. 06/09/2022, n. 26246

Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92 del 2012 e del D.Lgs. n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della L. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro.

domenica 11 settembre 2022

 Quando è dovuta l'IRAP



Cass. 07/09/2022, n. 26335

In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell'autonoma organizzazione richiesto dall'art. 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell'organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive. Laddove, dunque, un professionista si avvalga di collaboratori aventi anche competenze differenti, per accertare l'incidenza delle collaborazioni sul potenziamento dell'attività e della capacità reddituale del professionista è necessario verificare, ai fini della sussistenza del presupposto impositivo, se effettivamente il contribuente è il responsabile dell'organizzazione. Rispetto a tale indagine, peraltro, il dato dell'entità dei compensi erogati ai collaboratori risulta eccentrico rispetto al fondamento normativo dell'imposizione.

 Quando il licenziamento è ritorsivo?



Cass. 07/09/2022, n. 26395

Per accogliere la domanda di accertamento della nullità del licenziamento in quanto fondato su motivo illecito, occorre che l'intento ritorsivo datoriale abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di recedere dal rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso, dovendosi escludere la necessità di procedere ad un giudizio di comparazione fra le diverse ragioni causative del recesso, ossia quelle riconducibili ad una ritorsione e quelle connesse, oggettivamente, ad altri fattori idonei a giustificare il licenziamento. In tale fattispecie l'onere probatorio ricade sul lavoratore in base alla regola generale di cui all'art. 2697 c.c., non operando l'art. 5 della L. n. 604 del 1966, ma esso può essere assolto anche mediante presunzioni.

mercoledì 7 settembre 2022

 Come è ripartita la competenza tra giudice del lavoro e giudice fallimentare?



Cass. 22/08/2022, n. 25055

Nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello del fallimento il discrimine va individuato nelle rispettive speciali prerogative, spettando al primo, quale giudice del rapporto, le controversie riguardanti lo "status" del lavoratore, in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualità, volte ad ottenere pronunce di mero accertamento oppure costitutive, come quelle di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro; rientrano, viceversa, nella cognizione del giudice del fallimento, al fine di garantire la parità tra i creditori, le controversie relative all'accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro in funzione della partecipazione al concorso e con effetti esclusivamente endoconcorsuali, ovvero destinate comunque ad incidere nella procedura concorsuale (Nel caso di specie, relativo ad un procedimento "ex lege" n. 92 del 2012 avente ad oggetto il licenziamento intimato all'esito di una procedura di licenziamento collettivo, trattandosi nella circostanza di una domanda di condanna risarcitoria, spettante, in quanto tale, al giudice concorsuale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso della società in regime di amministrazione straordinaria, ha cassato la sentenza della corte del merito impugnata e, decidendo nel merito, dichiarato improcedibile la domanda del lavoratore di condanna risarcitoria pronunciata nei confronti di quest'ultima).

martedì 6 settembre 2022

 

In caso di accertamento d'interposizione di manodopera una volta messo in mora il committente opera prima cipio di compensatio lucri cum danno?




Cass. 01/09/2022, n. 25853

In tema di interposizione di manodopera, ove ne venga accertata l'illegittimità e dichiarata l'esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l'omesso ripristino del rapporto di lavoro ad opera del committente determina l'obbligo di quest'ultimo di corrispondere le retribuzioni a decorrere dalla messa in mora e, una volta sancita la natura retributiva delle somme da erogarsi dal cedente ed escluso che la richiesta di pagamento del lavoratore abbia titolo risarcitorio, non trova applicazione il principio della compensatio lucri cum damno su cui si fonda la detraibilità dell'aliunde perceptum dal risarcimento

lunedì 5 settembre 2022

Come si deve svolgere il giudizio attinente alla determinazione della natura subordinata di un rapporto?

Cass. 30/08/2022, n. 25508
Ai fini della individuazione della natura giuridica del rapporto di lavoro, il primario parametro distintivo della subordinazione deve essere necessariamente accertato o escluso anche mediante il ricorso ad elementi sussidiari che il giudice deve individuare in concreto, dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dall'effettivo svolgimento del rapporto, essendo il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione, ma anche ai fini dell'accertamento di una nuova e diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell'attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, da autonoma a subordinata. Con la conseguenza che, in caso di contrasto fra i dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e quelli di fatto emergenti dal suo concreto svolgimento, a questi ultimi deve darsi necessariamente rilievo prevalente nell'ambito di una richiesta di tutela formulata tra le parti del contratto. E sul lavoratore che intenda rivendicare in giudizio l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato grava l'onere di fornire gli elementi di fatto corrisponde