giovedì 30 settembre 2021

 Come e' disciplinato il green pass nel lavoro privato?

In forza dell'art. 9 septies del DL 52 del 2021 come modificato dal DL 127 del 2021



Art. 9-septies. Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore privato

1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell'accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9-ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.


2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.


3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.


4. I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2. Per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.


5. I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l'organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell'accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell'accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10.


6. I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell'accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.


7. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021.


8. L'accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 9 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore.


9. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4 o di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 8, si applica l'articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 8, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita in euro da 600 a 1.500.


10. Le sanzioni di cui al comma 9 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell'accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.

mercoledì 29 settembre 2021

 Come è disciplinato l'accesso tramite green pass dal DL 127 del 2021 per il pubblico impiego?

In forza dell'art. 1 del DL 127 del 2021:



Art. 1. Disposizioni urgenti sull'impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo pubblico

1. Al decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, dopo l'articolo 9-quater è inserito il seguente:
«Art. 9-quinquies (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore pubblico). - 1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2, al personale delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale di cui all'articolo 3 del predetto decreto legislativo, al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d'Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, ai fini dell'accesso ai luoghi di lavoro, nell'ambito del territorio nazionale, in cui il predetto personale svolge l'attività lavorativa, è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9-ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagliarticoli 4 e 4-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato presso le amministrazioni di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
4. I datori di lavoro del personale di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2. Per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.
5. I datori di lavoro di cui al comma 4, primo periodo, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l'organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell'accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell'accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e della salute, può adottare linee guida per la omogenea definizione delle modalità organizzative di cui al primo periodo. Per le regioni e gli enti locali le predette linee guida, ove adottate, sono definite d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
6. Il personale di cui al comma 1, nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell'accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati.
7. L'accesso del personale ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 8 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza.
8. In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4, di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonché per la violazione di cui al comma 7, si applica l'articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 7, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 è stabilita in euro da 600 a 1.500.
9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell'accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 8 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.
10. Al personale di cui al comma 1 dell'articolo 9-sexies, collocato fuori ruolo presso le amministrazioni di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 9-sexies, commi 2 e 3, fermo restando quanto previsto dal comma 8 del presente articolo.
11. Fermo restando quanto previsto al comma 12, ai soggetti titolari di cariche elettive o di cariche istituzionali di vertice, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 3, 4, 5 e 8.
12. Gli organi costituzionali, ciascuno nell'ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni di cui al presente articolo.
13. Le amministrazioni di cui al comma 1, provvedono alle attività di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».


lunedì 27 settembre 2021

 Quali obblighi impone l'art. 2087 cc?



Cass. civ. Sez. III, 21/09/2021, n. 25512

L'art. 2087 cod. civ. pone a carico del datore di lavoro il cd. obbligo di sicurezza, per cui il prestatore di lavoro deve essere posto al riparo da ogni stato di pericolo nascente dall'attività lavorativa, posta la particolare configurazione del rapporto di lavoro, il quale non si risolve in un mero scambio di prestazione lavorativa contro retribuzione, ma determina una situazione più complessa la quale implica necessariamente l'esigenza di tutela delia personalità fisica e morale del lavoratore.

sabato 25 settembre 2021

 Entro che limiti possono essere effettuati i controlli difensivi del datore di lavoro?


Cass. 22/09/2021, n. 25732

È legittimo il controllo c.d. difensivo del datore di lavoro sulle strutture informatiche aziendali in uso al lavoratore, a condizione che esso sia occasionato dalla necessità indifferibile di accertare lo stato dei fatti a fronte del sospetto di un comportamento illecito e che detto controllo prescinda dalla pura e semplice sorveglianza sull'esecuzione della prestazione lavorativa essendo, invece, diretto ad accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti.

giovedì 23 settembre 2021

 Quando la condotta del dipendente esonera il datore da responsabilità in caso di infortunio?


Cass. 21/09/2021, n. 25597

La condotta del dipendente può comportare l'esonero totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell'atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, cioè quando la condotta del lavoratore, del tutto imprevedibile rispetto al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell'evento.

mercoledì 22 settembre 2021

 Per accedere agli ammortizzatori speciali covid come si determina la data di assunzione del lavoratore in caso di appalti?




Circolare 47 del marzo 2020



Ai sensi dell’articolo 19, comma 8, del decreto-legge in esame, le norme del medesimo articolo si applicano esclusivamente ai lavoratori che alla data del 23 febbraio 2020 risultino alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione. Ai fini della sussistenza di tale ultimo requisito, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. e nei casi di lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, si computa anche il periodo durante il quale il lavoratore stesso è stato impiegato presso il precedente datore di lavoro



Circolare 28 de 17 febbraio del 2021

L’articolo 1, comma 305, della legge n. 178/2020 stabilisce che i trattamenti di cassa integrazione salariale (ordinaria e in deroga), assegno ordinario e CISOA (cfr. il successivo paragrafo 11), previsti dalla legge di bilancio 2021, trovino applicazione ai lavoratori che risultino alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione al 1° gennaio 2021 (data di entrata in vigore della legge n. 178/2020)…….. Riguardo al requisito soggettivo del lavoratore (data in cui essere alle dipendenze dell’azienda richiedente la prestazione), nelle ipotesi di trasferimento di azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. e di assunzioni a seguito di cambio di appalto, resta valido quanto già precisato dall’Istituto in materia. Conseguentemente, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. e nei casi di lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, si computa anche il periodo durante il quale il lavoratore stesso è stato impiegato presso il precedente datore di lavoro.



Circolare 72 del 2021



L’articolo 8, commi 1 e 2, del decreto–legge n. 41/2021 stabilisce che i trattamenti di cassa integrazione salariale (ordinaria e in deroga) e di assegno ordinario previsti dal medesimo decreto–legge trovino applicazione ai lavoratori che risultino alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione al 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del medesimo decreto–legge). ……Riguardo a tale requisito soggettivo del lavoratore (data alla quale il lavoratore deve risultare in forza presso l’azienda richiedente la prestazione), nelle ipotesi di trasferimento di azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. e di assunzioni a seguito di cambio di appalto, resta valido quanto già precisato dall’Istituto in materia. Conseguentemente, nelle ipotesi di trasferimento d’azienda ai sensi dell’articolo 2112 c.c. e nei casi di lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto, si computa anche il periodo durante il quale il lavoratore stesso è stato impiegato presso il precedente datore di lavoro.

martedì 21 settembre 2021

 Il mancato rispetto delle procedure sindacali previste dal ccnl in caso di procedure di licenziamento collettivo costituisce attività antisindacale?


Tribunale Firenze, 20/09/2021

È antisindacale la condotta del datore di lavoro che, nell'ambito della procedura di licenziamento collettivo, non abbia adempiuto agli obblighi di informazione sindacale preventiva prescritti dal Ccnl applicabile (in specie art. 9 Ccnl metalmeccanici) nonché nell'accordo aziendale.

lunedì 20 settembre 2021

 Una colluttazione sul lugo di lavoro può determinare il licenziamento disciplinare?



Corte d'Appello Roma Sez. lavoro, 14/09/2021

Deve ritenersi legittimo il licenziamento per giusta causa irrogato ad un lavoratore che, nel corso di una colluttazione scoppiata sul luogo di lavoro, abbia aggredito e ripetutamente colpito un collega di lavoro. Trattasi, infatti, di condotta che, per la sua gravità, non consente la prosecuzione, nemmeno temporanea, del rapporto di lavoro con conseguente legittimità del recesso

sabato 18 settembre 2021

Come è disciplinato il regime intertemporale dell'apprendistato tra l'entrata in vigore del Dlgs 276 del 2003 e la l. 25 del 1955?



Tribunale Torino Sez. lavoro, Sent., 19-04-2018

Ai fini della decisione della presente controversia risulta preliminare l'accertamento della normativa ratione temporis applicabile ai contratti in esame.

La L. n. 25 del 1955, invocata da parte ricorrente, costituiva, prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 276 del 2003, il parametro normativo di riferimento per la disciplina del contratto di apprendistato.

Come noto, la cd. riforma B. ha innovato profondamente la materia, scindendo l'originaria unica fattispecie di apprendistato in tre distinte tipologie contrattuali, le quali con diversa gradualità coniugano le esigenze formative con la pratica professionale.

La menzionata riforma non ha, tuttavia, espressamente abrogato la normativa previgente.

Secondo parte ricorrente la mancata abrogazione della legge menzionata evidenzia la volontà legislativa di mantenere in vigore entrambi i testi normativi in un'ottica di reciproca integrazione.

Tale opzione interpretativa non pare condivisibile per le seguenti ragioni.

Il menzionato decreto, in considerazione del mutato quadro costituzionale e, in particolare, della riforma del Titolo V della Costituzione, enuncia i principi generali che governano i tre contratti di apprendistato, demandando alle Regioni e all'autonomia collettiva la regolamentazione di dettaglio del loro contenuto formativo.

Tuttavia, nella consapevolezza dei tempi necessari all'adozione della normativa attuativa della riforma, l'art. 47, comma 3, D.Lgs. n. 276 del 2003 precisa che "m attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del presente decreto continua ad applicarsi la vigente normativa in materia" e, dunque, la L. n. 25 del 1955; legge, di conseguenza, non espressamente abrogata dal successivo art. 85.

La mancata espressa abrogazione della disciplina previgente non deve, pertanto, essere interpretata come sintomatica dell'intenzione legislativa di mantenere in vigore entrambi i testi normativi, quanto piuttosto della evidenziata necessità di offrire una disciplina medio tempore applicabile all'istituto in esame, in tal modo evitando vuoti di disciplina. Tale conclusione trova conferma nell'art. 53, comma 4, del menzionato decreto ai sensi del quale "resta ferma la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla L. 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni e integrazioni".

Non si comprenderebbe, invero, la necessità di specificare la permanenza in vigore della predetta legge con esclusivo riferimento alla disciplina previdenziale ed assistenziale se, come affermato da parte ricorrente, l'intero testo normativo risultasse essere ancora la fonte primaria di disciplina della materia.

Inoltre, il menzionato art. 85 dispone la sola abrogazione di alcune specifiche norme della L. n. 25 del 1955, oramai inapplicabili alla luce del quadro normativo vigente in materia di mercato del lavoro, mantenendo in vigore norme della pregressa disciplina che non risultano tuttavia compatibili con le innovazioni portate dal D.Lgs. n. 276 del 2003 al diritto del lavoro ingenerale1.

A tale proposito risulta utile operare un raffronto tra l'art. 49, comma 1, D.Lgs. n. 276 del 2003 ai sensi del quale "possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico‐professionali, i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni" e l'art. 16, comma 1, L. n. 196 del 1997 (che ha abrogato l'art. 6 L. n. 25 del 1955) che, contrariamente, dispone che "possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato, i giovani di età non inferiore a sedici anni e non inferiore a ventiquattro" (con possibilità di estendere l'età fino ai ventisei anni in determinate aree territoriali).

La mancata espressa abrogazione di norme palesemente incompatibili evidenzia la volontà legislativa di mantenere in vigore la pregressa normativa solo temporaneamente, sino alla completa attuazione della nuova disciplina, destinata a sostituire il quadro normativo previgente.

Parimenti emblematico risulta il confronto tra l'art. 49, comma 4, D.Lgs. n. 276 del 2003 cit, ai sensi del quale "il contratto di apprendistato professionalizzante é disciplinato in base ai seguenti principi: (...) c) possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall'art. 2118 c.c.", e l'art. 19 L. n. 25 del 1955 che prevede una facoltà del tutto analoga.

In tal caso, sono state mantenute in vigore due norme dal medesimo tenore, il che contrasta con l'ipotesi secondo cui la L. del 1955 rimanga applicabile all'apprendistato professionalizzante, poiché in tal caso la nuova disposizione sarebbe del tutto pleonastica. Anzi, proprio in tale occasione il legislatore del 1955 aveva sancito l'obbligo di considerare "utile ai fini dell'anzianità di servizio del lavoratore il periodo di apprendistato", previsione assente nella nuova norma.

In tal modo ricostruiti i rapporti tra i due testi legislativi in esame, occorre, pertanto, valutare se all'epoca della stipulazione dei contratti di cui è causa risultasse compiutamente regolamentato l'apprendistato professionalizzante, con conseguente superamento, in caso di positivo accertamento, della L. n. 25 del 1955.

A tale proposito giova richiamare il comma 5 bis dell'art. 49 D.Lgs. n. 276 del 2003 cit, introdotto dal legislatore con la L. n. 80 del 2005 al fine di accelerare il processo di messa a regime dell'istituto, ai sensi del quale, in attesa di apposite leggi regionali da adottarsi di intesa con le parti sociali, la disciplina dell'apprendistato professionalizzante viene demandata all'autonomia collettiva.

La normativa contrattuale applicata nel caso di specie, adottata in attuazione del rinvio operato dal menzionato decreto e, in particolare, l'Acc. del 1 marzo 2006 (successivo alla menzionata novella), determina pertanto il superamento della L. n. 25 del 1955: all'indomani di tale accordo, infatti, ogni aspetto della nuova fattispecie di apprendistato è compiutamente regolato dalle norme legali (art. 47 e seguenti D.Lgs. n. 276 del 2003) e contrattuali2.

Tale rilievo risulta assorbente ai fini del rigetto del presente ricorso, non potendosi riscontrare nella disciplina ratione temporis applicabile ai contratti in esame , i.e. il D.Lgs. n. 276 del 2003 (come integrato dall'accordo collettivo del marzo 2006), una norma impositiva dell'obbligo di equiparazione del periodo di apprendistato al lavoro cd. ordinario ai fini della determinazione degli aumenti periodici di anzianità.

In considerazione della complessità della questione trattata e della presenza di precedenti giurisprudenziali contrastanti in materia si dispone la compensazione delle spese di lite.

giovedì 16 settembre 2021

 La reversibilità è riconosciuta anche nelle unioni civili nelle casse private?



Cass. 14/09/2021, n. 24694

La reversibilità rientra nel nucleo dei diritti/doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia e, quindi, dei diritti fondamentali che l'art. 2 Cost. tutela e garantisce all'interno delle formazioni sociali, nel cui novero va inclusa l'unione omosessuale intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso. Infatti, tra le formazioni sociali di cui all'art. 2 Cost. vi è ogni forma di comunità idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita sociale, rientrando nella nozione di vita familiare anche la relazione di stabile convivenza d'una coppia omosessuale.

mercoledì 15 settembre 2021

 Come si definisce il rischio elettivo nell'infortunio in itinere?



Cass. 03/08/2021, n. 22180

In tema di infortunio "in itinere", indipendentemente dall'applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3, (aggiunto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 12), per rischio elettivo, che esclude l'"occasione di lavoro", si intende una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa a prescindere da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata.

martedì 14 settembre 2021

Quando il lavoro giornalistico è subordinato? 



cass. 07/09/2021, n. 24078

Stante la creatività, la particolare autonomia, il carattere prettamente intellettuale che contraddistinguono la prestazione giornalistica, la valutazione circa l'esistenza di un vincolo di subordinazione deve essere condotta mediante modalità e criteri non del tutto corrispondenti a quelli adottati in relazione alle altre attività lavorative, rivelandosi opportuna la considerazione di indici complementari e sussidiari rispetto all'eterodirezione. In particolare, ai fini dell'accertamento di tale vincolo, non può essere attribuita eccessiva rilevanza alla circostanza che il giornalista non sia tenuto al rispetto di un orario di lavoro fisso o alla permanenza sul luogo di lavoro, ma al contrario, debbano essere presi in considerazione altri e più appropriati elementi quali: lo stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista nell'organizzazione aziendale, la soddisfazione di un'esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche, la continuità della prestazione giornalistica resa, la disponibilità del lavoratore alle esigenze ed alle richieste del datore di lavoro nell'intervallo tra una prestazione e l'altra. (Nel caso di specie, nel rigettare il ricorso di parte datoriale, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale il giudice d'appello aveva confermato la decisione di prime cure che aveva accertato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con inquadramento del prestatore come praticante giornalista; nella circostanza, osserva la decisione, i giudici di seconde cure avevano sottolineato che l'istruttoria espletata aveva consentito di accertare il continuativo inserimento organico del prestatore nell'attività aziendale, con assoggettamento alle autorità dei superiori; in particolare, era emerso con assoluta chiarezza che quest'ultimo era sottoposto a potere gerarchico dei suoi superiori, con riguardo sia alla presenza sul posto di lavoro che alle modalità di esecuzione delle prestazioni, sottoposte alle direttive, ai controlli e alle correzioni dell'art director e del direttore.

lunedì 13 settembre 2021

 Come si determina il corrispettivo nel contratto d'opera?



Cass. civ. Sez. II Ord., 09/09/2021, n. 24374

In tema di contratto d'opera, ai sensi dell'art. 2225 c.c., ove non sia stato convenuto dalle parti, il corrispettivo deve essere stabilito dal giudice in relazione alla natura, quantità e qualità delle prestazioni eseguite, nonché al tempo e ai costi occorrenti per il relativo espletamento, secondo il duplice parametro del risultato per il committente e del lavoro per il prestatore d'opera. In particolare, nel caso di attività assimilabile alla normale prestazione di opera o di lavoro subordinato, sarà assunto come parametro principale il livello generale delle mercedi per prestazioni di tipo analogo, mentre, nel caso di opera o di servizio autonomo, si ricorrerà ai criteri di cui agli artt. 2225 e 2233 c.c.

venerdì 10 settembre 2021

 Il danno differenziale come è determinato?



Cass. 27/08/2021, n. 23529


In tema di danno c.d. differenziale, il giudice di merito deve procedere d'ufficio allo scomputo, dall'ammontare liquidato a detto titolo, dell'importo della rendita INAIL, anche se l'istituto assicuratore non abbia, in concreto, provveduto all'indennizzo, trattandosi di questione attinente agli elementi costitutivi della domanda, in quanto l'art. 10 del D.P.R. n. 1124 del 1965, ai commi 6, 7 e 8, fa riferimento a rendita "liquidata a norma", implicando, quindi, la sola liquidazione, un'operazione contabile astratta, che qualsiasi interprete può eseguire ai fini del calcolo del differenziale. Diversamente opinando, il lavoratore locupleterebbe somme che il datore di lavoro comunque non sarebbe tenuto a pagare, né a lui, perché, anche in caso di responsabilità penale, il risarcimento gli sarebbe dovuto solo per l'eccedenza, né all'INAIL, che può agire in regresso solo per le somme versate; inoltre, la mancata liquidazione dell'indennizzo potrebbe essere dovuta all'inerzia del lavoratore, che non abbia denunciato l'infortunio, o la malattia, o abbia lasciato prescrivere l'azione.

giovedì 9 settembre 2021

Per il periodo emergenziale da covid 19 il personale scolastico deve essere vaccinato?




In forza dell'art. art. 9-ter. DL 2021 n. 52


1. Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2.


2. Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 da parte del personale scolastico e di quello universitario è considerato assenza ingiustificata e a decorrere dal quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.


3. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.


4. I dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi dell'infanzia nonché delle scuole paritarie e delle università sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10. Con circolare del Ministro dell'istruzione possono essere stabilite ulteriori modalità di verifica. Con riferimento al rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1 da parte degli studenti universitari, le verifiche di cui al presente comma sono svolte a campione con le modalità individuate dalle università.


5. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 4 è sanzionata ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74.


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Secondo la giurisprudenza




T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, 02/09/2021, n. 4531 e n. 4532



Con riferimento alle misure introdotte dall'art. 9-ter, commi 1 e 2, del D.L. n. 52/2021 il diritto del personale scolastico a non essere vaccinato non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l'estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell'essenziale servizio pubblico della scuola in presenza. In ogni caso tale diritto è riconosciuto dal legislatore che prevede in via alternativa la produzione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov 2.

mercoledì 8 settembre 2021

 Come deve essere valutato il principio di immediatezza della contestazione?



Cass. 24/08/2021, n. 23332

Per costante giurisprudenza di legittimità, nel licenziamento per giusta causa, il principio dell'immediatezza della contestazione dell'addebito deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l'accertamento e la valutazione dei fatti siano molto laboriosi e richiedano uno spazio temporale maggiore (ex plurimis, Cass. n. 5546 del 2010; Cass. n. 10069 del 2016; Cass. n. 12193 del 2020).

martedì 7 settembre 2021

 Quali sono i criteri di validità di un patto di non concorrenza?



Cass. 25/08/2021, n. 23418

Al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza disciplinato dall'art. 2125 c.c., occorre che siano osservati i seguenti criteri: a) il patto non deve necessariamente limitarsi alle mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto, ma può riguardare qualsiasi prestazione lavorativa che possa competere con le attività economiche volte da datore di lavoro, da identificarsi in relazione a ciascun mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergano domande e offerte di beni o servizi identici o comunque parimenti idonei a soddisfare le esigenze della clientela del medesimo mercato; b) non deve essere di ampiezza tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in termini che ne compromettano ogni potenzialità reddituale; c) quanto al corrispettivo dovuto, il patto non deve prevedere compensi simbolici o manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato (cfr. Cass. n. 9790 del 2020); d) il corrispettivo del patto di non concorrenza può essere erogato anche in corso del rapporto di lavoro (per tutte Cass. n. 3507 del 2001).

lunedì 6 settembre 2021

La possibilità del datore di lavoro di risolvere autonomamente il patto di non concorrenza è ammissibile?


Cass. 01/09/2021, n. 23723

In tema di patto di non concorrenza, la previsione della risoluzione del patto di non concorrenza rimessa all'arbitrio del datore di lavoro concreta una clausola nulla per contrasto con norme imperative; in proposito, premesso che l'obbligazione di non concorrenza a carico del lavoratore per il periodo successivo alla cessazione del rapporto sorge sin dall'inizio del rapporto di lavoro, "tamquam non esset" va considerata la successiva rinuncia al patto stesso perché, mediante questa, si finisce per esercitare la clausola nulla, tramite cui la parte datoriale unilateralmente abbia ritenuto di potersi sciogliere dal patto, facendo cessare "ex post" gli effetti, invero già operativi, del patto stesso, in virtù di una condizione risolutiva affidata in effetti a mera discrezionalità di una sola parte contrattuale.