giovedì 31 dicembre 2020

 Quando si può computare il lavoro straordinario negli istituti indiretti?



Cass. 23/10/2020, n. 23366

In tema di retribuzione nel lavoro subordinato, ai fini della determinazione della base di calcolo degli istituti indiretti (tredicesima mensilità, ferie, festività, ex festività soppresse e permessi retribuiti) non vige nell'ordinamento un principio di omnicomprensività, sicché il compenso per lavoro straordinario va computato, a tali fini, solo ove previsto da norme specifiche o dalla disciplina collettiva"; pertanto, la retribuzione corrisposta per prestazioni continuative e sistematiche di lavoro straordinario, non facendo parte della retribuzione normale anche se corrisposta in maniera fissa e stabile, non rileva ai fini del trattamento retributivo per le festività infrasettimanali, poiché la L. n. 260 del 1949, art. 5, fa riferimento alla normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio.

martedì 29 dicembre 2020

 Quale valore hanno le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento della condizione di disabilità?



Cass. civ. Sez. lavoro, 22/12/2020, n. 29311

Le controversie che per il loro contenuto intrinseco non sono suscettibili di valutazione economica, come quelle relative allo stato ed alla capacità delle persone, debbono ritenersi di valore indeterminabile, ai fini della liquidazione delle spese giudiziali. Così, la condizione di portatore di handicap è stata più volte accostata ad un vero e proprio status, trattandosi propriamente di una qualità giuridica che l'art. 3, comma 1, della legge n. 104/1992, attribuisce ad un soggetto nei confronti di altri soggetti nell'ambito dell'ordinamento giuridico, la quale a sua volta è matrice di una pluralità indeterminata di situazioni soggettive attive e passive, di cui al medesimo art. 3, commi 2 ss., e agli artt. 17-19, 33 ss. della legge n. 104/1992.

lunedì 28 dicembre 2020

 Come va qualificato il rapporto con il rider?




Tribunale Bologna Sez. lavoro, Decr., 14-04-2020

osservato infatti che l'art. 2 del D.Lgs. n. 81 del 2015, come novellato dal D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, nella L. 2 novembre 2019, n. 128, dispone che "A far data dal 1 gennaio 2016. si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. Le disposizioni dì cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali";

osservato altresì che la Suprema Corte, nel recente arresto n. 1663/2020, ha chiarito che, con la norma sopra citata - nel testo previgente, applicabile ratione temporis alla fattispecie portate all'attenzione della Corte - il legislatore ha inteso, in una ottica sia di prevenzione sia "rimediale", selezionare "taluni elementi ritenuti sintomatici ed idonei a svelare possibili fenomeni elusivi delle tutele previste per i lavoratori" e "in ogni caso ha, poi. stabilito che quando l'etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una proiezione equivalente e, quindi, il rimedio dell'applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato";

che la Cassazione ha inoltre precisato che si tratta "di una scelta di politica legislativa volta ad assicurare al lavoratore la stessa protezione di cui gode il lavoro subordinato, in coerenza con l'approccio generale della riforma, al fine di tutelare prestatori evidentemente ritenuti in condizione di "debolezza" economica, operanti in una "zona grigia" tra autonomia e subordinazione, ma considerati meritevoli comunque di una tutela omogenea" aggiungendo che l'intento protettivo del legislatore appare confermato dalla novella del 2019, "la quale va certamente nel senso di rendere più facile l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato, stabilendo la sufficienza - per l'applicabilità della norma - di prestazioni "prevalentemente" e non più "esclusivamente" personali, menzionando esplicitamente il lavoro svolto attraverso piattaforme digitali e, quanto all'elemento della "etero- organizzazione", eliminando le parole "anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro", cosi mostrando chiaramente l'intento di incoraggiare interpretazioni non restrittive di tale nozione";

che pertanto, alla luce della recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale in tema di tutela dei riders, non pare oggi potersi dubitare della necessità di estendere anche a tali lavoratori, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalle parti nel contratto di lavoro, l'intera disciplina della subordinazione e, in particolare, per quanto qui interessa, la disciplina in tema di tutela delle condizioni di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro fra cui rientrano tutte le norme che prevedono l'obbligo a carico del datore di lavoro di continua fornitura e manutenzione dei Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.);

osservato da ultimo, con specifico riferimento alla normativa emergenziale dettata in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che il D.P.C.M. 11 marzo 2020, che ha disposto sull'intero territorio nazionale la sospensione delle attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub. ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ha consentito la prosecuzione della sola ristorazione con consegna a domicilio "nel rispetto delle norme igienico -sanitarie sia per l'attività di confezionamento che di trasporto", con ciò implicitamente onerando l'imprenditore di provvedere a garantire il richiesto rispetto delle prescrizione igienico-sanitarie previste per l'attività di trasporto e consegna a domicilio del cibo, e ciò a tutela della salute non solo degli operatori, ma anche dell'utenza del servizio e, con essa, della collettività intera;

che nel novero delle prescrizioni igienico sanitarie appare ragionevolmente ricompreso l'uso dei dispositivi di protezione individuale, quali guanti, mascherine e prodotti igienizzanti, di cui peraltro il citato DPCM raccomanda l'adozione nell'ambito di tutte le attività produttive e che appaiono vieppiù necessarie nello svolgimento di quelle attività che comportano il contatto con il pubblico: osservato che tale conclusione trova conforto anche nella condotta ante cansam della società resistente la quale, a fronte delle reiterate richieste del ricorrente di essere rifornito dei dispositivi di protezione individuale (doc. 6 rie.), non solo non ha opposto alcun rifiuto ma, al contrario, ha espressamente ribadito la propria disponibilità a fornire detti dispositivi, giustificando il ritardo nell'evadere la richiesta con motivazioni di carattere pratico e organizzativo (l'alto numero delle richiesta ricevute e le difficoltà a reperire sul mercato i dispositivi di protezione) che, seppure astrattamente plausibili, non appaiono costituire insormontabile ostacolo all'adempimento dell'obbligo imposto dalla legge al datore di lavoro; che pertanto si ravvisa il fumus boni iuris del diritto del ricorrente alla consegna dei D.P.I. meglio descritti in ricorso;

giovedì 24 dicembre 2020

 L'assoluzione in sede penale del dipendente pubblico determina il venir meno del procedimento disciplinare?



Cons. Stato Sez. IV, 22/06/2020, n. 3956

In materia di procedimento disciplinare del pubblico impiegato, la P.A. può procedere con le sanzioni anche nel caso in cui il processo penale si sia concluso con il proscioglimento dell'imputato, a fortiori se determinato dall'estinzione del reato per prescrizione, atteso che uno stesso comportamento del dipendente mentre, in sede penale, può essere valutato in maniera tale da giustificare una sentenza di proscioglimento, in sede disciplinare, può essere, viceversa, qualificato dall'Amministrazione competente come illecito disciplinare.

mercoledì 23 dicembre 2020

 Quali sono gli elementi che contraddistinguono il mobbing?






T.A.R. Lazio Roma Sez. stralcio, 03/12/2020, n. 12920

Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro in termini di mobbing sono rilevanti: la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio unificante i singoli fatti lesivi, che rappresenta elemento costitutivo della fattispecie. (Rigetta il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti.)

martedì 22 dicembre 2020

Come si determina il danno da demansionamento?


Cass. 18-12-2020, n. 29114

Per quanto più specificamente attiene al pregiudizio alla professionalità derivato al lavoratore a seguito del demansionamento subito, i giudici di seconda istanza sono pervenuti alla decisione, uniformandosi ai consolidati arresti giurisprudenziali di questa Corte, alla stregua dei quali, in tema di demansionamento e di dequalificazione professionale, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale e biologico non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio lamentato (cfr., ex plurimis, Cass. n. 5237/2011). Pacificamente, infatti, va distinto il momento della violazione degli obblighi contrattuali da quello relativo alla produzione del danno da inadempimento, essendo quest'ultimo eventuale, in quanto il danno non è sempre diretta conseguenza della violazione di un dovere. In base ai principi generali dettati dagli artt. 2697 e 1223 c.c., è necessario individuare, quindi, un effetto della violazione incidente su di un determinato bene perchè possa configurarsi un danno e possa poi procedersi alla liquidazione (eventualmente anche in via equitativa) del danno stesso. Al riguardo, il Giudice delle leggi ha chiarito, già da epoca non recente (v. sent. n. 372/1994), che neppure il danno biologico è presunto, perchè se la prova della lesione costituisce anche la prova dell'esistenza del danno, occorre tuttavia la prova ulteriore dell'esistenza dell'entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall'art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale) alla quale il risarcimento deve essere commisurato. Nello stesso senso, questa Corte ha sottolineato che le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione di una condotta datoriale colpevole, produttiva di danni nella sfera giuridica del lavoratore, ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo il ricorrente mettere la controparte in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall'assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo (v., ex multis, Cass. nn. 5590/2016; 691/2012). Grava, quindi, sul lavoratore l'onere di provare l'esistenza del danno lamentato, la natura e le caratteristiche del pregiudizio subito, nonchè il relativo nesso causale con l'inadempimento del datore di lavoro (cfr., tra le altre, Cass. nn. 2886/2014; 11527/2013; 14158/2011; 29832/2008);

lunedì 21 dicembre 2020

 Quali sono i limiti dell'intervento del giudice nella valutazione del licenziamento collettivo?



Cass. 16/12/2020, n. 28816

La legge n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, dovuto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda. I residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più, quindi, gli specifici motivi della riduzione del personale (a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo) ma la correttezza procedurale dell'operazione, con la conseguenza che non possono trovare ingresso in sede giudiziaria tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati artt. 4 e 5 e senza fornire la prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, si finisce per investire l'autorità giudiziaria di un'indagine sulla presenza di “effettive” esigenze di riduzione o trasformazione dell'attività produttiva.

giovedì 17 dicembre 2020

 Quando si ha illegittima modifica della contestazione disciplinare?



Tribunale Pavia Sez. lavoro, 07/12/2020

In tema di licenziamento disciplinare, il principio di immutabilità della contestazione attiene al complesso degli elementi materiali connessi all'azione del dipendente e può dirsi violato solo ove venga adottato un provvedimento sanzionatorio che presupponga circostanze di fatto nuove o diverse rispetto a quelle contestate, così da determinare una concreta menomazione del diritto di difesa dell'incolpato, e non quando il datore di lavoro proceda a un diverso apprezzamento o a una diversa qualificazione del medesimo fatto, come accade nell'ipotesi di modifica dell'elemento soggettivo dell'illecito. (Nel caso di specie, relativo ad un licenziamento intimato ad un lavoratore responsabile dell'investimento di un collega mentre era intento, presso il piazzale interno dello stabilimento aziendale, a condurre un carrello elevatore, il giudice lombardo ha ritenuto che una descrizione più accurata del fatto, quale quella contenuta nella lettera di recesso rispetto a quella indicata nella contestazione, non fosse tale da integrare una violazione del principio d'immutabilità della contestazione, posto che i fatti considerati erano ontologicamente gli stessi e senza che il licenziamento avesse trovato fondamento in circostanze nuove e non espresse in precedenza.)

mercoledì 16 dicembre 2020

In forza dell'accordo sindacale che stabilisce l'obbligo di assumere i lavoratori in forza presso altra azienda è possibile richiedere l'esecuzione in forma specifica? 



Cass. 14/12/2020, n. 28415

Qualora le parti abbiano concordato, in sede di accordo sindacale, l'obbligo per il datore di lavoro di assumere personale in forza presso un'altra azienda, prevedendo il contratto collettivo applicabile ai nuovi dipendenti, la relativa categoria di inquadramento, nonché il riconoscimento dell'anzianità pregressa e del superminimo individuale, l'oggetto del contratto di lavoro deve ritenersi sufficientemente determinato. Ne consegue che il lavoratore, in caso di inadempimento, può richiedere, ai sensi dell'art. 2932 c.c., l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, senza che rilevi la mancata predeterminazione della concreta assegnazione della sede lavorativa e delle mansioni, che attiene alla fase di esecuzione del contratto.

martedì 15 dicembre 2020

 Quale procedimento deve seguire il tribunale per determinare a quale ipotesi dell'art. 18 l. 300 del 1970 ricondurre l'illegittimità del licenziamento?



Corte d'Appello Firenze Sez. lavoro, 07/12/2020

In tema di licenziamento disciplinare, nella nuova disciplina prevista dall'art. 18 st. lav. riformulato, il giudice deve preliminarmente accertare se ricorrano gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, quali presupposti condizionanti la legittimità del recesso secondo previsioni legali non modificate dalla riforma e, solo ove ravvisi la mancanza della causa giustificativa, deve provvedere a selezionare la tutela applicabile ed in particolare se si tratti di quella generale ex comma 5 ovvero quella ex comma 4, operante nei soli casi ivi previsti. In particolare, il giudizio di impugnazione del licenziamento deve svolgersi in due passaggi logici distinti e successivi: (i) il primo che riguarda la ricostruzione dei profili oggettivi e soggettivi della condotta, per verificarne la qualificazione in termini di giusta causa o giustificato motivo soggettivo; (ii) il secondo, qualora entrambe le ipotesi anzidette siano state escluse, riguarda la tutela applicabile, secondo la regola generale del solo risarcimento del danno del comma 5, a meno che non ricorrano le eccezioni espressamente previste nel comma 4, fra cui la puntuale corrispondenza della condotta alle ipotesi tipizzate dalla contrattazione collettiva ai fini dell'applicazione di sanzioni conservative, senza che le stesse norme collettive possano nell'occasione essere interpretate in modo estensivo o analogico. (Nel caso di specie, relativo ad un licenziamento per giusta causa intimato ad un portiere di notte di un albergo sorpreso dalla direzione addormentato su una poltrona nel back office della reception, il giudice d'appello, quanto al primo passaggio, ha escluso che la condotta contestata fosse tale da integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso, e, quanto al secondo passaggio, ha ritenuto applicabile la reintegra ed il risarcimento del comma 4, piuttosto che il solo risarcimento del comma 5).

lunedì 14 dicembre 2020

 Nel giudizio avente ad oggetto la legittimità della sanzione disciplinare quando può essere modificata la sanzione?


Cass. civ. Sez. lavoro, 04/12/2020, n. 27911

In tema di sanzioni disciplinari, non è consentito al giudice di sostituirsi al datore di lavoro nella graduazione della sanzione da irrogare in concreto, se non quando l'imprenditore abbia superato il massimo edittale e la riduzione consista, perciò, soltanto in una riconduzione a tale limite, oppure sia lo stesso datore di lavoro, convenuto in giudizio per l'annullamento della sanzione, a chiedere, nel suo atto di costituzione, la riduzione della sanzione per l'ipotesi in cui il giudice, in accoglimento della domanda del lavoratore, ritenga eccessiva la sanzione già inflitta, poiché, in tali ipotesi, l'applicazione all'esito del giudizio di una sanzione minore è da ritenersi legittima, in quanto non implica la sottrazione della sua autonomia all'imprenditore e realizza l'economia di un nuovo ed eventuale giudizio valutativo, avente ad oggetto la sanzione medesima.

mercoledì 9 dicembre 2020

 Quando il rapporto con i rider può essere considerato subordinato?


Tribunale Palermo, 24/11/2020

Tenuto conto delle sue concrete modalità di svolgimento, il rapporto di lavoro intercorrente tra rider e società di gestione della piattaforma, deve essere qualificato come subordinato ai sensi dell'art. 2094 c.c. La prestazione dei rider risulta, infatti, completamente organizzata dall'esterno e la libertà del rider di scegliere se e quando lavorare, su cui si fonda la natura autonoma della prestazione non è reale, ma solo apparente e fittizia. Conseguentemente la disconnessione e la mancata riattivazione dell'account del lavoratore configura un licenziamento per fatti concludenti qualificabile come licenziamento orale quindi nullo. Da tale premessa deriva la condanna della società di gestione della piattaforma, da qualificarsi imprenditore del settore trasporti, logistica e distribuzione, alla reintegrazione del rider illegittimamente licenziato.

lunedì 7 dicembre 2020

Come si  determina il trattamento economico di maternità? 

Cass. 02/12/2020, n. 27552


La disciplina del calcolo del trattamento economico di maternità e, dunque, delle modalità di determinazione del quantum, si rinviene esclusivamente nell'art. 23, D.Lgs. n. 151 del 2001 che richiama solo gli elementi che concorrono a determinare la base di calcolo delle indennità economiche di malattia mentre nulla dice in ordine alla misura della loro computabilità. Ciò perché la norma stabilisce una specifica disciplina di calcolo, prevedendo espressamente che la retribuzione parametro, da prendere a riferimento per determinare, nella misura dell'80 per cento di essa (come stabilito dal precedente art. 22), l'indennità medesima (recte di malattia), sia costituita dalla "retribuzione media globale giornaliera" che si ottiene dividendo per trenta l'importo totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo.

venerdì 4 dicembre 2020

 Ai contratti di somministrazione a tempo determinato si applica il diritto di precedenza previsto per il rapporti a termine?

 

In forza dell’art. 34 Dlgs 81 del 2015 comma 2:  In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore. 

 

L’art. 24 espressamente escluso dalla norma è quello che regolamenta il diritto di precedenza dei lavoratori a termine:

 

Art. 24.  Diritti di precedenza

1.  Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.

2.  Per le lavoratrici, il congedo di maternità di cui al Capo III del decreto legislativo n. 151 del 2001, e successive modificazioni, usufruito nell'esecuzione di un contratto a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza di cui al comma 1. Alle medesime lavoratrici è altresì riconosciuto, alle stesse condizioni di cui al comma 1, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine.

3.  Il lavoratore assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.

4.  Il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nell'atto scritto di cui all'articolo 19, comma 4, e può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro nei casi di cui ai commi 1 e 2, ed entro tre mesi nel caso di cui al comma 3. Il diritto di precedenza si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.

 

giovedì 3 dicembre 2020

 Come è disciplinato il deposito del ricorso in appello dall'art. 434 cpc?


c.p.c. art. 434. Deposito del ricorso in appello 

Il ricorso deve contenere le indicazioni prescritte dall'articolo 414. L'appello deve essere motivato. La motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 

1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 

2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. 

Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all'estero.

martedì 1 dicembre 2020

 I trattamenti d'integrazione salariale di cui al DL 104 del 2020 a quali lavoratori si applicano?

In base all'art. 13 del DL 157 del 2020

1. I trattamenti di integrazione salariale di cui all'articolo 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, sono riconosciuti anche in favore dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del decreto-legge 9 novembre 2020, n. 149, nel limite di 35,1 milioni di euro ripartito in 24,9 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria e assegno ordinario e in 10,2 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione in deroga.

2. Agli oneri derivanti dal presente articolo valutati in 35,1 milioni di euro per l'anno 2021 e 0,6 milioni di euro per l'anno 2022 si provvede ai sensi dell'articolo 26.