martedì 31 maggio 2016

Come è disciplinato il preavviso nel  ccnl per i Dipendenti di Aziende e Cooperative esercenti attività del settore servizi - Cisal?


Art. 172 - Recesso del Datore di lavoro - Come detto, fermo restando quanto previsto dalla L. 15 luglio 1966, n. 604 e L. 20 maggio 1970, n. 300, così come modificate dalla L. 11 maggio 1990, n. 108, e dalla L. 92/2012, il Datore di lavoro può recedere dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato per “giusta causa” o “giustificato motivo”.

Recesso per “giustificato motivo soggettivo” (con preavviso)

Si ha, ai sensi dell’Art. 1 della L. 604/1966, in caso di notevole o prolungato inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del Lavoratore, ma non così grave da impedire la prosecuzione provvisoria del rapporto di lavoro. Può essere comminato anche nel caso di plurirecidiva specifica violazione di norme disciplinari che abbiamo dato luogo a sanzioni. Ricadono sotto tale fattispecie i casi di cui al paragrafo A) dell’Art. 170 che precede.

Recesso per “giustificato motivo oggettivo” (con preavviso)

Si ha nel caso di soppressione del posto di lavoro (licenziamento individuale) o di alcuni posti
(licenziamento individuale plurimo) di lavoro (fino al massimo di 5 lavoratori negli ultimo 120
giorni di calendario).

Tale recesso è stato fortemente rinnovato dal comma 40 dell’art. 1 della L. 92/2012 che prevede una specifica procedura tassativa alla quale si rinvia.

Recesso per “giusta causa” (senza preavviso)
Si ha quando si configura una delle fattispecie previste dal paragrafo B) dell’Art. 170 che precede.
Art. 173 - Recesso del Lavoratore - Le dimissioni volontarie, volte a dichiarare l’intenzione di recedere dal contratto di lavoro, devono essere presentate dal Dipendente, pena la nullità del recesso, mediante le procedure indicate dal comma 4, Art. 55 del D. Lgs. 151/2001 e dai commi 17 e segg., Art. 4 della Legge 92/2012.

Art. 174 - Periodo di preavviso - Il periodo di preavviso contrattuale non può coincidere con il periodo di ferie, né di congedo matrimoniale, salvo richiesta del Lavoratore ed accordo tra le Parti.
La parte che risolve il rapporto di lavoro senza i termini di preavviso di cui al presente articolo del CCNL, o con preavviso insufficiente, dovrà corrispondere all’altra un’indennità pari all’importo della Retribuzione lorda di fatto che sarebbe spettata per il periodo di mancato od insufficiente preavviso. Tale indennità sostitutiva sarà utile agli effetti del computo del TFR.
Al Lavoratore preavvisato potranno essere concessi brevi permessi per la ricerca di nuova occupazione. I termini di preavviso, espressi in giorni di calendario, per ambedue le Parti contraenti sono:
livelli                           fino a 5 anni d’anzianità        fino a 10 anni  d’anzianità      oltre a 10 anni

Quadro, I e II                        60 giorni                                 90 giorni                                 120 giorni
III, IV e V                             30 giorni                                 45 giorni                                 60 giorni
Op. V. 1°, 2° e 3° cat.            30 giorni                                 45 giorni                                 60 giorni
VI e VII                                 20 giorni                                 30 giorni                                 45 giorni
VIII                                        10 giorni                                 15 giorni                                 30 giorni

Il periodo di preavviso si calcola dal giorno successivo alla data di presentazione della lettera di
dimissioni o di licenziamento.

lunedì 30 maggio 2016

Come è disciplinato il patto di prova nel  ccnl per i Dipendenti di Aziende e Cooperative esercenti attività del settore servizi - Cisal?

Art. 138 - L’assunzione del Lavoratore con periodo di prova deve risultare da atto scritto.

Non sono ammesse né la protrazione, né il rinnovo, salvo quanto di seguito previsto.
Nel caso in cui il periodo di prova venga interrotto per causa di malattia o di infortunio, per un periodo superiore a giorni 15 di calendario, il Lavoratore, previo assenso scritto Aziendale, sarà ammesso a completare il periodo di prova stesso qualora sia in grado di riprendere il servizio entro 3 mesi, anche superando così, per effetto della sola interruzione, la durata massima complessiva di calendario prevista per la prova dal presente CCNL.
La durata del periodo di prova, salvo quanto precede, non potrà superare i seguenti limiti:
Quadro                                                                       6 mesi*
I                                                                                  6 mesi*
II                                                                                 6 mesi*
III                                                                               4 mesi*
IV e Op. di Vendita 1ª Cat.                                      3 mesi*
V e Op. di Vendita 2ª Cat.                                        2 mesi*
VI, VII , VIII e Op. di Vendita 3ª Cat.                    1 mese*
Lavoratori discontinui                                               1 mese*

* di calendario

Clausola di durata minima del patto di prova

Le Parti, al fine di garantire un tempo minimo di verifica dell’effettiva capacità del Lavoratore in prova, concordano a favore del Lavoratore una clausola di durata minima della stessa, pari al 50% della durata prevista dal presente Contratto.
Pertanto, salvo i casi di giusta causa o giustificato motivo, solo superato il 50% del periodo di prova ma entro il limite massimo della stessa, il rapporto di lavoro potrà essere risolto in qualsiasi momento dal Datore di Lavoro, senza obbligo di preavviso o di indennità sostitutiva, ma con diritto del Lavoratore al Trattamento di Fine Rapporto maturato.
Durante il periodo di prova è in ogni caso fatto salvo il diritto di libero recesso del Lavoratore.
Durante lo svolgimento del periodo di prova, qualora ciò sia previsto dalla contrattazione di secondo livello, l’Ente Bilaterale potrà adottare iniziative per la formazione del Lavoratore, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, entro il limite di 8 ore.
Trascorso il periodo di prova, senza che nessuna delle Parti abbia dato regolare disdetta, l'assunzione s’intenderà confermata ed il periodo stesso sarà computato, a tutti gli effetti, nell'anzianità di servizio.





sabato 28 maggio 2016

Come regolamenta il codice disciplinare il ccnl dipendenti aziende e cooperative esercenti attività nel settore servizi Cisal?

TITOLO LXIX Art. 169 - Doveri del Lavoratore
Il Lavoratore ha l’obbligo di svolgere con impegno e la massima diligenza, correttezza e fedeltà, le proprie mansioni, per le quali sia stato assunto o alle quali sia stato successivamente adibito.
In particolare, il Lavoratore deve:
a. rispettare l’orario di lavoro stabilito e adempiere a tutte le formalità previste per il controllo delle presenze sul luogo di lavoro;
b. osservare scrupolosamente le disposizioni ricevute dal Datore di lavoro o dai preposti, nel rispetto della disciplina del lavoro, delle norme di Legge vigenti e del presente CCNL;
c. ricevere, salvo giustificato impedimento, le comunicazioni formali del Datore di lavoro accusandone ricevuta;
d. osservare il più assoluto riserbo sugli interessi dell’Azienda, evitando di diffondere, in particolar modo alla concorrenza, notizie riguardanti le strategie di mercato messe in attodall’Azienda stessa;
e. astenersi dall’assumere impegni e dallo svolgere attività che siano in contrasto con i doveri e gli obblighi derivanti dal vincolo fiduciario instaurato con l’Azienda e da azioni in contrasto con l’obbligo di correttezza nei confronti della stessa;
f. usare modi cortesi nei riguardi della clientela e di terzi che, per qualsiasi motivo, intrattengano rapporti con l’Azienda;
g. evitare di accedere ai locali dell’Azienda e di trattenervisi oltre l’orario di lavoro prescritto, se non per ragioni di servizio e con l’autorizzazione dell’Azienda;
h. utilizzare le dotazioni informatiche e telefoniche nei limiti d’uso prescritti dal Datore di lavoro;
i. astenersi dall’estrarre copie di dati, archivi e simili senza apposita autorizzazione del Datore di lavoro;
j. osservare tutte le disposizioni disciplinari e di lavoro in uso presso l’Azienda, nel rispetto del potere organizzativo e disciplinare del Datore di Lavoro, delle norme di Legge vigenti e del presente CCNL.

Art. 170 - Disposizioni Disciplinari - Il mancato rispetto dei doveri di cui all’articolo precedente da parte del personale comporta l’adozione dei seguenti provvedimenti disciplinari, in relazione all’entità delle infrazioni/mancanze e alle circostanze che le accompagnano:
1. rimprovero verbale per le infrazioni più lievi;
2. rimprovero scritto;
3. multa in misura non superiore all’importo di 4 ore della normale retribuzione oraria;
4. sospensione dalla retribuzione e dal servizio per un periodo non superiore a 10 giorni;
5. licenziamento disciplinare.
Ai fini dell’irrogazione di provvedimenti disciplinari diversi dal rimprovero verbale sarà in ogni caso necessaria la preventiva contestazione formale dell’addebito al Lavoratore e sentirlo a sua difesa.
Tale comunicazione dovrà essere fatta per iscritto, e dovrà contenere la specifica indicazione dell’infrazione commessa. Il Lavoratore avrà la possibilità di presentare le proprie giustificazioni entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione della contestazione e di richiedere, al contempo, di essere ascoltato dal Datore di lavoro.
L’adozione del provvedimento disciplinare, a pena di decadenza, dovrà avvenire entro 20 giorni lavorativi dalla scadenza del termine assegnato al Lavoratore per presentare le proprie giustificazioni, e dovrà essere comunicata allo stesso mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, o comunicazione scritta con indicazione di ricevuta.
Il provvedimento del rimprovero scritto si applica in caso di recidiva, da parte del Lavoratore, nelle infrazioni che abbiano già dato origine a rimprovero verbale, e nelle infrazioni disciplinari che, pur non avendo determinato un danno effettivo all’Azienda, siano potenzialmente dannose.
Il provvedimento della multa si applica, nei limiti previsti dalla Legge, nei confronti del Lavoratore che sia recidivo a rimproveri per medesime fattispecie o che abbia determinato un danno all’Azienda involontario ma riconducibile a mancata diligenza.
A titolo esemplificativo:
a. ritardi anche dopo rimproveri specifici nell’inizio del lavoro senza giustificazione;
b. esegua con negligenza il lavoro affidatogli;
c. si rifiuti di osservare la disciplina vigente sul luogo di lavoro e di adempiere ai compiti rientranti nel profilo del proprio livello;
d. si assenti dal lavoro per almeno un’ora senza comprovata giustificazione;
e. non dia immediata notizia all’Azienda di ogni mutamento della propria dimora;
f. si presenti al lavoro in stato di manifesta alterazione etilica o da sostanze psicotrope o stupefacenti.
g. commetta recidiva nelle infrazioni che abbiano già dato origine a rimprovero scritto.
L’importo derivante dalle multe sarà destinato all’ENBIC.
Il provvedimento della sospensione dal servizio e dalla retribuzione si applica, nei termini previsti dalla Legge, nei confronti del Lavoratore che, a titolo esemplificativo:
a. arrechi danno alle cose ricevute in uso e in dotazione, con comprovata responsabilità;
b. si presenti recidivo in servizio in stato di manifesta ubriachezza etilica o da sostanze psicotrope o stupefacenti;
c. non dia immediata notizia all’Azienda di ogni mutamento della propria dimora durante i congedi o la malattia;
d. si assenti dal lavoro per un’intera giornata senza comprovata giustificazione;
e. non si presenti, senza giustificato e comprovato motivo, alla visita medica periodica, regolarmente comunicata dall’Azienda;
f. commetta recidiva specifica, oltre la seconda volta nell’anno solare, in qualunque delle infrazioni che prevedono la multa. Ferma restando l’assenza ingiustificata, la quale potrà comportare l’adozione di più gravi provvedimenti.

Il provvedimento del licenziamento disciplinare, salvo ogni altra azione legale, siapplica per le infrazioni di seguito indicate:
A) Licenziamento per giustificato motivo soggettivo (con preavviso)
Si applica nei confronti del Lavoratore che, a titolo esemplificativo:
a. si assenti dal lavoro per più di 3 giorni consecutivi, o per più di 4 giornate nell’anno solare, senza comprovata giustificazione;
b. si assenti, senza giustificazione, per 3 giornate complessive nell’arco degli ultimi 24 mesi, nel giorno precedente o seguente i giorni di riposo o festivi o di ferie;
c. commetta grave violazione degli obblighi di cui all’Art. 169;
d. commetta recidiva nell’infrazione delle norme sulla sicurezza e sull’igiene del lavoro;
e. commetta abuso di fiducia, concorrenza alla propria Azienda o violazione del segreto d’ufficio;
f. svolga, in concorrenza con l’attività dell’Azienda, prestazioni lavorative, per conto proprio o altrui, al di fuori dell’orario di lavoro;
g. mantenga, reiteratamente, un comportamento oltraggioso nei confronti del Datore di lavoro, dei superiori, dei colleghi o dei sottoposti;
h. commetta recidiva, oltre la seconda volta nell’anno solare, in qualunque delle infrazioni che abbiano già determinato la sospensione dalla retribuzione e dal servizio;
i. falsifichi le scritture contabili dell’Azienda, senza trarne personale beneficio;
j. abbandoni ingiustificatamente il posto di lavoro di custode con danno potenziale all’Azienda;
k. partecipi a rissa sul luogo di lavoro o rivolga gravissime minacce ed offese ai colleghi, senza manifesto pericolo di reiterazione nell’infrazione;
l. commetta comprovate molestie sessuali, senza manifesto pericolo di reiterazione;
m. commetta grave e comprovato comportamento di mobbing senza manifesto pericolo di reiterazione;
n. colpevolmente non comunichi al Datore di Lavoro il coinvolgimento e gli estremi del terzo responsabile;
o. sia recidivo nel non presentarsi, senza giustificato e comprovato motivo, alla visita medica periodica, regolarmente comunicata dall’Azienda;
p. commetta grave e/o reiterata violazione delle norme di comportamento e delle eventuali procedure contenute nel Modello di organizzazione e gestione adottato dall’Azienda ai sensi degli Artt. 6 e 7 del D. Lgs. 231/01, che non siano in contrasto con le norme di Legge e le disposizioni contrattuali.
B) Licenziamento per giusta causa (senza preavviso)
Si applica nei confronti del Lavoratore che commetta infrazioni od assuma comportamenti che siano tali da rendere impossibile la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto di lavoro, per grave ed irreversibile lesione del rapporto fiduciario.
A titolo esemplificativo:
a. violi l’obbligo di fedeltà all’Azienda, comunicando a terzi notizie e informazioni riservate e/o riproducendo o esportando documenti, progetti, apparecchiature o altri oggetti di proprietà aziendale;
b. svolga, in concorrenza con l’attività dell’Azienda, prestazioni lavorative, per conto proprio o altrui, durante l’orario di lavoro;
c. commetta furto, frode, danneggiamento volontario od altri simili reati;
d. falsifichi le scritture contabili dell’Azienda, traendone personale beneficio;
e. abbandoni ingiustificatamente il posto di lavoro di custode con conseguente danno all’Azienda;
f. commetta violenza privata nei confronti del Datore di lavoro e dei colleghi, con pericolo di reiterazione;
g. nell’ambito di lavoro commetta molestie sessuali, con pericolo di reiterazione;
h. commetta grave e comprovato mobbing con pericolo di reiterazione;
i. commetta, volontariamente, qualsiasi atto che possa compromettere la sicurezza e l’incolumità del personale, o del pubblico, e/o arrecare grave danneggiamento alle attrezzature, impianti o materiali aziendali.
Qualora il Lavoratore sia incorso in una delle mancanze di cui alle lettere del precedente alinea “Licenziamento per giusta causa”, l’Azienda potrà disporne, con effetto immediato, la sospensione cautelare, non disciplinare, per un periodo non superiore a 15 giorni, al fine di consentire l’esaurirsi della procedura di contestazione ex Art. 7, L. 300/1970.
Nel caso in cui l’Azienda decida di procedere al licenziamento, il periodo di sospensione cautelare non disciplinare non produrrà alcun effetto di tipo retributivo o normativo, corrispondendo ad una sospensione non retribuita.
Qualora l’Azienda non proceda al licenziamento per giusta causa, salvo diverso accordo con il Lavoratore, l’intervenuto periodo di sospensione cautelare non disciplinare corrisponderà ad un periodo di sospensione retribuita.
Indipendentemente dalle azioni disciplinari, il Lavoratore, a norma di Legge, è tenuto al risarcimento dei danni arrecati.
Art. 171 - Codice disciplinare - Ai sensi e per gli effetti dell’Art. 7 della L. 300/70, le disposizioni contenute negli articoli di cui al presente Titolo, nonché quelle contenute nei regolamenti o accordi aziendali in materia di sanzioni disciplinari, devono essere portate a conoscenza dei Lavoratori mediante affissione in luoghi accessibili a tutti.

Il Lavoratore colpito da provvedimento disciplinare, il quale intenda impugnare la legittimità del provvedimento stesso, potrà avvalersi delle procedure di conciliazione di cui all’Art. 7 della L. 300/70 e successive modificazioni ed integrazioni, o di quelle previste dal presente CCNL.

giovedì 26 maggio 2016

Per contrastare il lavoro sommerso e la tutela della salute dei lavoratori può essere sospesa l’attività imprenditoriale?


In base all’art. 14  del Dlgs 81 del 2008: Al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori di cui all’art. 92, comma 1, lettera e)[1], gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il Ministero dell’interno e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale sono quelle individuate nell’allegato I . Si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commette più violazioni della stessa indole. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse individuate, in attesa della adozione del decreto di cui al precedente periodo, nell’allegato I. L’adozione del provvedimento di sospensione è comunicata all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art. 6 Dlgs 2006  n. 163, ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di rispettiva competenza, al fine dell’adozione, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche. La durata del provvedimento è pari alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia inferiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro; nel caso in cui la percentuale dei lavoratori irregolari sia pari o superiore al 50 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero nei casi di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero nei casi di reiterazione la durata è incrementata di un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della durata della sospensione e comunque non superiore a due anni; nel caso di reiterazione la decorrenza del periodo di interdizione è successiva al termine del precedente periodo di interdizione; nel caso di non intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento è pari a due anni, fatta salva l’adozione di eventuali successivi provvedimenti di rideterminazione della durata dell’interdizione a seguito dell’acquisizione della revoca della sospensione. Le disposizioni del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell’ambito dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni di cui alla l. 1990 n. 241. Limitatamente alla sospensione dell’attività di impresa, all’accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi, indicate all’allegato I, provvede il comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, il quale procede ai sensi delle disposizioni del Dlgs 2006 n. 139, e di cui al comma 2. 
 2.  I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma 1. In materia di prevenzione incendi in ragione della competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui all’art. 46 trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 16,19 e 20 dlgs 2006 n. 139.

Come può essere revocato il provvedimento?

3.  Il provvedimento di sospensione può essere revocato da parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4.  E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di cui al comma 1:
a)  la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b)  l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; 
c)  il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al comma 6 pari a 2.000 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare e a 3.200 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
5.  E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2:
a)  l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
b)  il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 3.200 rispetto a quelle di cui al comma 6 .

5-bis.  Su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di cui ai commi 4 e 5, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del venticinque per cento della somma aggiuntiva dovuta. L'importo residuo, maggiorato del cinque per cento, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro detto termine, il provvedimento di accoglimento dell'istanza di cui al presente comma costituisce titolo esecutivo per l'importo non versato. 
6.  E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative vigenti.

Come ci si oppone al provvedimento?

In base all’art. 14 comma 9.  Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.

Che sanzione subisce il datore che non ottempera al provvedimento?

In base all’art. 14 comma 10.  Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione di cui al presente articolo è punito con l’arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare. 11.  Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.

Quali eccezioni ?
In base all’art. 14 comma 11-bis.  Il provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare non si applica nel caso in cui il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato dall’impresa.

Da quando decorre il provvedimento?

In base all’art. 14 comma 11-bis secondo periodo: In ogni caso di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi.





[1] “Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori:… e)  segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95, 96, 97, comma 1, e alle prescrizioni del piano di cui all'art. 100, ove previsto, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per l'esecuzione dà comunicazione dell'inadempienza alla azienda unità sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti”

mercoledì 25 maggio 2016

Le molestie sessuali sul luogo di lavoro sono considerate discriminazioni?


In base all’art. 26 del Dlgs 198 del 2006

1.  Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
2.  Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
2-bis.  Sono, altresì, considerati come discriminazione i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui ai commi 1 e 2 o di esservisi sottomessi. 
3.  Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 1 e 2 sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.


martedì 24 maggio 2016

Come è disciplinato il diritto allo studio nel ccnl farmacie private?

Art. 38 Ai lavoratori studenti, compresi quelli universitari che devono sostenere prove d'esame, e che in base alla legge 20 maggio 1970 n. 300 hanno diritto ad usufruire di permessi retribuiti, le aziende concederanno altri cinque giorni retribuiti (pari a 40 ore lavorative) all'anno per la relativa preparazione. I permessi di cui al precedente comma saranno retribuiti previa presentazione della documentazione ufficiale degli esami sostenuti (certificati, dichiarazioni, libretti e ogni altro idoneo mezzo di prova).

INTERVENTI DI SOSTEGNO PER LA FORMAZIONE CONTINUA PREVISTA DALLE NORME CHE REGOLANO L’E.C.M.

Art. 39 Atteso quanto previsto dalla legge che la farmacia può avere in organico farmacisti iscritti ai rispettivi Ordini professionali e che per tali farmacisti la legge prevede l’acquisizione di crediti formativi correlati all’E.C.M., le Parti convengono sull’istituzione di strumenti di sostegno a tale percorso formativo. A tale fine le Parti, a modifica ed integrazione del Verbale d’intesa del 23 marzo 2006 (che valeva anche per il 2007) concordano quanto segue:

A) la Farmacia rimborsa, anche attraverso anticipazioni, ai soggetti organizzatori dei corsi E.C.M. validamente certificati – sempre a fronte dell’effettiva partecipazione ai corsi medesimi ed a seguito di certificazione debitamente documentata ai fini fiscali – l’importo di 80 euro per l’anno 2008. Attesa la natura non retributiva di tale importo, esso non concorre, a nessun titolo, alla determinazione di ogni forma di retribuzione indiretta e differita.

B) La Farmacia riconosce, altresì, a ciascun farmacista dipendente per l’effettiva partecipazione ai corsi E.C.M., debitamente documentata, un permesso di 8 ore per l’anno 2008. Nel caso di mancata utilizzazione di tali permesso per il 2008 al farmacista dipendente – che abbia, comunque, partecipato ai corsi E.C.M. ed acquisito i crediti nel limite legale necessario per il 2008 – può essere corrisposto, a fronte dell’esibizione della relativa documentazione ed entro e non oltre il 31 gennaio 2009, il pagamento di un’indennità sostitutiva calcolata sulla retribuzione di cui all’art. 58 CCNL.


In sede regionale ed entro il 31.10.2008, la materia potrà essere diversamente definita. In caso di modifiche normative, le Parti si incontreranno tempestivamente per valutare le soluzioni da adottare. Il verbale di Intesa sottoscritto in data 23 marzo 2006 vale anche per il 2007.

lunedì 23 maggio 2016

Come  è disciplinato il diritto allo studio nel ccnl acconciatura ed estetica?


Art. 54 Diritto allo studio

Al fine di contribuire al miglioramento culturale e professionale dei lavoratori del settore, le imprese concederanno, nei casi e alle condizioni di cui ai successivi commi, permessi retribuiti ai lavoratori non in prova, compresi i lavoratori stranieri per corsi di alfabetizzazione, che intendono frequentare corsi regolari di studio per il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore e per il conseguimento di diplomi universitari o di laurea o master presso istituti pubblici o legalmente riconosciuti.

A tale scopo ogni lavoratore avente diritto può usufruire di un massimo di 150 ore retribuite ogni 3 anni, godibili anche in un solo anno e sempre che il corso in oggetto abbia durata almeno doppia del numero di ore richiesto come permesso retribuito.

I lavoratori dovranno fornire all’azienda un certificato di iscrizione al corso e successivamente certificati di frequenza con la indicazione delle ore relative.

Possono usufruire dei permessi retribuiti nelle misure sopra indicate, escludendo comunque criteri di contemporaneità (si intende con ciò che un lavoratore della forza occupata all'anno può usufruire del diritto):
a) un solo lavoratore per triennio nelle aziende da 5 a 9 dipendenti aventi diritto;
b) due lavoratori per triennio nelle aziende da 10 a 14 dipendenti aventi diritto;
c) tre lavoratori per triennio nelle aziende da 15 dipendenti aventi diritto e via via procedendo per i multipli di cinque. Resta inteso che gli apprendisti soggetti a obbligo di frequenza dei corsi di insegnamento complementare, sono esclusi dall’utilizzazione dei permessi retribuiti di cui al presente articolo.

Art. 55 Lavoratori studenti

I lavoratori studenti potranno essere immessi, su loro richiesta, in turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione degli esami. Sempre su loro richiesta potranno essere esonerati dal prestare lavoro straordinario o durante i riposi settimanali. I lavoratori studenti che devono sostenere prove d'esame hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti per tutti i giorni di esame. A richiesta dell'azienda il lavoratore interessato dovrà produrre le certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al presente articolo.

Art. 56 Congedi per formazione

Ai sensi dell'art. 5, legge 8 marzo 2000, n. 53 il dipendente con almeno cinque anni di anzianità presso la stessa impresa può chiedere un congedo per formazione, continuativo o frazionato, per un periodo non superiore a undici mesi per l'intera vita lavorativa. Il congedo deve essere finalizzato al completamento della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, nonché per la frequenza di Master post-universitari ed alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.

La richiesta di congedo potrà essere differita o negata. Implicano il diniego della richiesta i casi di:
- oggettiva impossibilità di sostituzione del lavoratore richiedente;
- mancata presentazione da parte del richiedente della documentazione comprovante l'obbligo di frequenza ai corsi. In caso di comprovate esigenze organizzative la richiesta sarà invece differita.

I lavoratori che potranno assentarsi contemporaneamente dall'unità produttiva per l'esercizio del congedo non dovranno essere superiori a:

- 1 lavoratore nelle imprese fino a 3 dipendenti, comprendendo tra questi i lavoratori a tempo indeterminato. Non rientrano nei criteri di computo i lavoratori apprendisti e quelli assunti con contratto di inserimento.
- per le imprese con più di 3 dipendenti, così come sopra calcolati: un lavoratore ogni 3 o frazioni.

Il congedo sarà fruito per un periodo minimo continuativo pari a 15 giorni La richiesta del congedo per formazione dovrà essere presentata all'azienda con un preavviso di almeno quarantacinque giorni. Durante il congedo il dipendente ha diritto alla sola conservazione del posto. Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio Nel caso di grave e documentata infermità, individuata ai sensi del decreto ministeriale 21 luglio 2000, n. 278 e comunicata per iscritto al datore di lavoro, il congedo è interrotto.

Art. 57 Formazione continua ai sensi dell’art. 6 legge 53/2000

Ai sensi dell’art. 6 della Legge 8 marzo 2000 n. 53 i lavoratori hanno diritto di proseguire i percorso di formazione per tutto l’arco della vita, per accrescere conoscenze e competenze professionali. Lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali assicurano un’offerta formativa articolata sul territorio e, ove necessario, integrata, accreditata secondo le disposizioni dell’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196 e successive modificazioni e integrazioni, e del relativo regolamento di attuazione.

L’offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati, certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed europeo. La formazione può corrispondere ad autonoma scelta del lavoratore ovvero essere predisposta dall’azienda, attraverso i piani formativi aziendali, territoriali, settoriali concordati tra le parti sociali in coerenza con quanto previsto dal citato articolo 17 della legge n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.

Le condizioni e le modalità di funzionamento di cui sopra saranno definite nell’ambito della Contrattazione Collettiva di secondo livello come definita dall’Accordo interconfederale del febbraio 2006. Le Parti, nell’individuare Fondartigianato quale strumento da utilizzare in via prioritaria per le predette attività, concordano nella necessità di ampliare i piani formativi settoriali, con particolare riferimento alle materie inerenti la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. I Piani formativi settoriali potranno essere arricchiti e integrati da intese e accordi siglati dalle categorie a livello regionale e/o locale, allo scopo di declinare ulteriormente ed in modo più specifico gli indirizzi, gli obiettivi e le finalità nazionali rispetto a contesti e specificità territoriali di riferimento, quali sistemi produttivi locali o distretti industriali. Tali accordi dovranno essere presentati a Fondartigianato per l’approvazione. Nel caso in cui le ore di frequenza ai corsi cadano in ore di sospensione o riduzione di orario, il lavoratore conserva il diritto alle integrazioni salariali a norma di legge e non trova applicazione la disciplina di cui al presente articolo

Art. 58 Aggiornamento professionale


Viene stabilito per i lavoratori di tutte le aziende un monte ore retribuito, pari a 20 annue da usufruirsi all’interno dell’orario di lavoro, a condizione che il corso abbia durata almeno doppia. Una volta ogni 3 anni il lavoratore potrà richiedere l’utilizzo delle ore previste per corsi di formazione continua concordati con il datore di lavoro. Le ore effettuate per le attività di formazione continua al di fuori dell’orario di lavoro, non comporteranno oneri aggiuntivi per le imprese. Le parti concordano nell’individuare Fondartigianato quale strumento da utilizzare in via prioritaria per le predette attività di formazione continua.

sabato 21 maggio 2016

Come è disciplinato il diritto allo studio nel ccnl terziario?

Art. 154 - Congedi retribuiti

In casi speciali e giustificati il datore di lavoro potrà concedere in qualunque epoca dell’anno congedi retribuiti con facoltà di dedurli dai permessi individuali di cui all’art. 146 ovvero, ove esauriti, dalle ferie.

Ai lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, e che, in base alla legge 20 maggio 1970, n. 300, hanno diritto ad usufruire di permessi giornalieri retribuiti, le aziende concederanno altri 5 giorni retribuiti, pari a 40 ore lavorative all’anno, per la relativa preparazione.


I permessi di cui al precedente comma saranno retribuiti previa presentazione della documentazione ufficiale degli esami sostenuti (certificati, dichiarazioni, libretti e ogni altro idoneo mezzo di prova).

giovedì 19 maggio 2016

In caso di cessione di azienda in permanenza del rapporto di lavoro chi è obbligato a pagare il TFR?


In applicazione dei principi dell’art. 2112 cc, Cass. 2016 n. 164 ha statuito:


“In caso di cessione di azienda soggetta al regime di cui all. 2112 cc, posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto, il datore di lavoro cessionario è obbligato nei confronti del lavoratore, il cui rapporto sia con lui proseguito, quanto alla quota maturata nel periodo anteriore alla cessione, in ragione del vincolo di solidarietà e resta l'unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione; il datore di lavoro cedente, invece, rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale. Ne consegue la legittimazione del lavoratore a proporre istanza di fallimento del datore di lavoro cedente”.

mercoledì 18 maggio 2016

Come è disciplinato il riassorbimento dei trattamenti  retributivi nella pubblica amministrazione in caso di passaggio da un amministrazione all’altra?

In forza di  Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 08/03/2016, n. 4545:

L’art. 2, comma 3 del Dlgs 165 del 2001, dispone: "I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva".

Dalla lettura della disposizione emerge la correttezza dell'interpretazione letterale fornitane dalla Corte di appello, posto che quest'ultima ha ritenuto palese il significato delle parole secondo la loro connessione, e la sua portata precettiva, nel senso di un principio di carattere generale dettato dalla norma, di riassorbimento dei trattamenti economici più favorevoli, demandandosi alla contrattazione collettiva solo la definizione delle modalità e della misura del detto riassorbimento. …

La interpretazione fornita dalla Corte d'appello è, peraltro, avallata dalla giurisprudenza di legittimità, essendo consolidato il condiviso orientamento secondo cui, nell'ambito del lavoro pubblico, nel caso di passaggio da una Amministrazione ad un'altra è assicurata - in mancanza di disposizioni speciali - la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del trattamento economico, il quale, ove risulti superiore a quello spettante presso l'ente di destinazione, opera nell'ambito della regola del riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in pejus del trattamento economico acquisito, in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti per effetto del trasferimento, secondo quanto risulta argomentando dal Dlgs 1993 n. 29 art. 34, come sostituito dal Dlgs 80 del 1998, art. 19, (ora Dlgs 165 del 2001 art. 31), che richiama le regole dettate dall’art. 2112 cc (Cass. 16 giugno 2005, n. 12956; Cass. 13 aprile 2006, n. 8693; Cass. 11 aprile 2006, n. 8389; Cass. 8 maggio 2006, n. 10449; Cass. 8 gennaio 2007, n. 55; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2265; Cass. 29 marzo 2010, n. 7520; Cass. 19 novembre 2010, n. 23474; Cass. 2 marzo 2011, n. 5097).

Non è, poi, dubitabile che il criterio generale del riassorbimento debba operare in riferimento ai miglioramenti del trattamento economico complessivo dei dipendenti del Amministrazione di arrivo e non con riferimento a singole voci che compongono tale trattamento economico, in quanto solo il primo sistema di riassorbimento, oltre a non essere in contrasto con le disposizioni legislative di cui finora si è detto, è conforme al principio di cui all’art. 36 cost. come costantemente interpretato dalla giurisprudenza costituzionale, nel senso che il principio della "proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione va riferito non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di essa" (vedi, per tutte: Corte Cost. sentenze: n. 141 del 1979; n. 470 del 2002; n. 434 del 2005) e quindi alle singole voci che compongono la retribuzione non può essere attribuito autonomo rilievo, a meno che ciò sia espressamente previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva.


La regola per cui il passaggio da un datore di lavoro all'altro comporta l'inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (art. 2112 cc), è confermata, per i dipendenti pubblici, dal Dlgs 165 del 2001 art. 30, che riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della "cessione del contratto" (art. 1406 cc), stabilendo la regola generale dell'applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi nel comparto dell'Amministrazione cessionari, non giustificandosi diversità di trattamento (salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito) tra dipendenti, dello stesso ente, a seconda della provenienza (Cass. 17 luglio 2006, n. 16185; Cass. 13 settembre 2006, n. 19564; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2265).

Infatti, nell'ipotesi di passaggio di lavoratori ad una diversa PA, l'eventuale diversificazione del rispettivo trattamento economico richiede una specifica base normativa, in difetto della quale l'Amministrazione, ai sensi del Dlgs 165 del 2001 art. 45 comma 2, deve garantire ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale e, comunque, trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi (Cass. 2 marzo 2011, n. 5097).

Non può esservi, allora, dubbio sul fatto che, nella specie, non solo dovesse essere operato il riassorbimento, ma anche che ciò dovesse avvenire in riferimento ai miglioramenti del trattamento economico complessivo.

Nè ha alcun rilievo l'argomento, addotto dal ricorrente, dell'assenza di disposizioni contenute nella contrattazione collettiva (applicabile) disciplinanti il riassorbimento delle eccedenze retributive verificatesi, eventualmente, nei passaggi del personale tra le varie Amministrazioni. Invero, secondo quanto si desume dal combinato disposto del Dlgs 165 del 2001 artt. 2 e 69, alla contrattazione collettiva è demandata la determinazione degli elementi che concorrono a formare, condizionandosi a vicenda, il trattamento economico complessivo dei pubblici dipendenti, e, per quanto riguarda il riassorbimento, ad essa compete solo la definizione delle modalità applicative di operatività del relativo principio (già presente, peraltro, per quel che si è detto nell'ambito dello stesso D.Lgs.), sicchè, attesa l'inderogabilità della normativa che delinea i criteri generali cui deve conformarsi il trattamento economico dei pubblici dipendenti, nel cui ambito rientra il principio del riassorbimento, in difetto di specifiche disposizioni dell'autonomia collettiva si applicano le disposizioni legislative in materia, essendo comunque preclusa alla contrattazione collettiva la possibilità di escludere l'operatività del suddetto principio (arg. ex Cass. 30 dicembre 2009, n. 27836; Cass. 18 gennaio 2012, n. 709; Cass.14 luglio 2008, n. 19299 e, da ultimo, Cass. 16.4.2012 n. 5959, Cass. n. 24949 del 24.11.2014).

Per Cass Cass. civ. Sez. lavoro, 15/10/2013, n. 23366

In tema di passaggio di personale da un'amministrazione all'altra, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo "status" posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell'ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento, trovando giustificazione la conservazione del trattamento più favorevole nel principio di irriducibilità della retribuzione, principio questo che però, ove subentri un trattamento complessivamente migliore per tutti i dipendenti, non giustifica - in assenza di una diversa specifica indicazione normativa - l'ulteriore mantenimento del divario, la cui inalterata persistenza si pone in contrasto con il principio di parità di trattamento dei dipendenti pubblici stabilito dall'art. 45 del Dlgs 2001 n. 165 (Fattispecie relativa alla conservazione dell'assegno di garanzia attribuito ai dipendenti dell'INADEL, conservato a seguito del passaggio all'INPDAP e poi riassorbito al momento del passaggio alla qualifica e posizione superiore). (Cassa e decide nel merito, App. Campobasso, 29/03/2010)


Conforme: Cass. civ. Sez. lavoro, 24/11/2014, n. 24950


In tema di passaggio di personale da un'amministrazione all'altra, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo "status" posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell'ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento, dovendosi contemperare, in assenza di una specifica previsione normativa, il principio di irriducibilità della retribuzione, con quello di parità di trattamento dei dipendenti pubblici stabilito dall'art. 45 del Dlgs 2001 n. 165 (Nella specie, la S.C. ha ritenuto riassorbibile, a seguito del passaggio diretto alle dipendenze della Regione Lazio, l'indennità di amministrazione già attribuita ai dipendenti del Ministero del Lavoro, per effetto della corresponsione dei compensi, previsti per i dipendenti regionali - per le categorie A, B e C - dall'art. 4, comma 2, e dall'art. 5 del contratto collettivo integrativo 1998/2001, a titolo di produttività collettiva e di retribuzione di posizione). (Cassa e decide nel merito, App. Roma, 14/12/2007)

martedì 17 maggio 2016

I verbali ispettivi Inps possono essere utilizzati per  gli accertamenti tributari?

In base a Cass. civ. Sez. V, 08/04/2016, n. 6871 “deve essere cassata la sentenza che ha affermato l'inidoneità delle risultanze di un verbale di verifica dell'Inps a sorreggere un accertamento tributario posto che l'art. 36 DPR 1973/600stabilisce che gli organi pubblici che svolgono attività di ispezione o vigilanza i quali, nell'esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli alla Guardia di Finanza, a propria volta deputata a trasmettere gli elementi utili per l'accertamento tributarlo all'Ufficio impositore competente (art. 33 comma 3 DPR 600/1973). L'esistenza di un vero e proprio obbligo a carico degli organi pubblici ispettivi, quali L'Inps, di trasmettere agli Uffici finanziari gli atti contenenti notizie fiscalmente rilevanti presuppone, in via logica, la piena utilizzabilità della documentazione trasmessa, come confermato dall'art. 39 comma 1 lettera c) Dpr 1973/600, che legittima l'ente impositore ad utilizzare non solo i propri verbali di accertamento ma anche "altri atti e documenti" in suo possesso”.


lunedì 16 maggio 2016

Quale è la nozione d’insubordinazione nella giurisprudenza ? (1)

Secondo cass. 11 maggio 2016 n. 9635: “Ora, è precisamente nella ricostruzione della nozione di insubordinazione che il ragionamento della Corte territoriale mostra la sua fallacia.
 Posto infatti che detta nozione non può essere limitata al rifiuto di adempiere alle disposizioni impartite dai superiori, ma si estende a qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicarne l'esecuzione nel quadro dell'organizzazione aziendale (giurisprudenza consolidata fin da Cass. n. 5804 del 1987), deve rilevarsi che la critica rivolta ai superiori con modalità esorbitanti dall'obbligo di correttezza formale dei toni e dei contenuti, oltre a contravvenire alle esigenze di tutela della persona umana di cui all’art.2 Cost., può essere di per sè suscettibile di arrecare pregiudizio all'organizzazione aziendale, dal momento che l'efficienza di quest'ultima riposa in ultima analisi sull'autorevolezza di cui godono i suoi dirigenti e quadri intermedi e tale autorevolezza non può non risentire un pregiudizio allorchè il lavoratore, con toni ingiuriosi, attribuisca loro qualità manifestamente disonorevoli.
Nè contrari argomenti possono ritrarsi dalla circostanza (pure valorizzata dalla Corte di merito) secondo cui il CCNL tipizzerebbe come ipotesi di giusta causa di recesso soltanto condotte non solo verbalmente, ma anche fisicamente aggressive: la "giusta causa" di licenziamento è nozione legale e il giudice non può ritenersi vincolato dalle previsioni dettate al riguardo dal contratto collettivo, potendo e dovendo ritenere la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile, ove tale grave inadempimento o tale grave comportamento abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, e potendo e dovendo specularmente escludere che il comportamento del lavoratore costituisca di fatto una giusta causa, pur essendo qualificato tale dal contratto collettivo, in considerazione delle circostanze concrete che lo hanno caratterizzato (cfr. da ult. Cass. n. 4060 del 2011).



sabato 14 maggio 2016

Il lavoratore studente che deve sostenere una prova di esame ha diritto ad un permesso retribuito?

In base all’art. 10 della legge 300 del 1970: “i lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma”.


giovedì 12 maggio 2016

Il licenziamento intimato prima del  trasferimento d’azienda dichiarato illegittimo può essere opposto al cessionario ex art. 2112 cc?


Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-12-2014, n. 26401

“Non si è mai dubitato che l'esaurimento o la cessazione del rapporto identifichino situazioni giuridicamente rilevanti e non vicende meramente fattuali. I rapporti di lavoro, quali rapporti giuridici, non si esauriscono nè cessano in via di mero fatto, richiedendosi a tale fine il verificarsi di circostanze giuridicamente rilevanti, idonee a produrre effetti estintivi (in tal senso, Cass., 12 aprile 2010, n. 8641).
Ora, l'effetto estintivo del licenziamento annullabile è un effetto del tutto precario, idoneo ad essere travolto fra le parti dalla pronunzia di annullamento (art. 1445 cc) con la conseguenza che, a norma dell’art. 2112 cc, il rapporto di lavoro ripristinato fra le parti originarie si trasferisce al cessionario (Cass., n. 8641/2010; Cass., 8 marzo 2011, n. 5507; da ultimo, Cass., 21 febbraio 2014, n. 4130). L'ulteriore conseguenza è che deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva dell'impresa cessionaria, nei cui confronti correttamente è stata proposta la domanda di impugnativa del licenziamento (cfr. Cass., n. 8641/2010).
Tale soluzione non osta con la direttiva 77/187/CE, la quale prevede, secondo l'interpretazione offerta dalla Corte di giustizia Ce (sentenza 12 marzo 1998 C-319/94, 11 luglio nelle 985, C-105/84, 7 febbraio 1985, C-19/83), che i lavoratori licenziati in contrasto con la direttiva debbono essere considerati dipendenti alla data del trasferimento, senza pregiudizio per la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori (Cass., 8641/2010, cit.; Cass., 8 marzo 2011, n. 5507, principio emesso ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c.)”.


Cass. civ. Sez. lavoro, 28/02/2012, n. 3041

“Per costante insegnamento di questa S.C., cui va data continuità, l'effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento d'azienda, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dagli effetti retroattivi dalla sentenza di annullamento o dichiarativa della nullità del recesso, fa sì che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisca, ai sensi dell’art. 2112 cc, in capo al cessionario;
nè osta a tale soluzione l'applicazione della direttiva 77/187/CE, la quale prevede - secondo l'interpretazione offerta dalla Corte di giustizia CE (cfr. sentenze 12.3.98, C-319/94, 11.7.85, C-105/84, e 7.2.85, C-19/83) - che i lavoratori licenziati in contrasto con la direttiva medesima devono essere considerati dipendenti del cessionario alla data del trasferimento (cfr., ex aliis, Cass. 8.3.11 n. 5507; Cass. 12.4.10 n. 8641).
In altre parole, il subingresso del cessionario nei rapporti di lavoro dei dipendenti dell'azienda ceduta non si verifica soltanto se tale rapporto sia stato legittimamente risolto in tempo anteriore al trasferimento medesimo; in caso contrario, il rapporto prosegue ope legis con l'acquirente e il lavoratore conserva nei suoi confronti tutti i diritti che aveva verso il cedente (cfr. Cass. 28.8.2000 n. 11272).
Dunque, in un caso come quello odierno, vale a dire di licenziamento basatosi unicamente sul fatto del trasferimento, deve riconoscersi la nullità del recesso per violazione della norma imperativa contenuta nell’art. 2112 cc comma 4; tale nullità comporta la prosecuzione del rapporto nei confronti del cessionario (cfr. Cass. 6.3.98 n. 2521)”.



Cass. civ. Sez. VI, Ord., 08-03-2011, n. 5507


“Alla luce del consolidato orientamento di questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 8641 del 12/04/2010 (Rv. 613418), per il quale "In tema di trasferimento d'azienda, l'effetto estintivo del licenziamento illegittimo intimato in epoca anteriore al trasferimento medesimo, in quanto meramente precario e destinato ad essere travolto dalla sentenza di annullamento, comporta che il rapporto di lavoro ripristinato tra le parti originarie si trasferisce, ai sensi dell’art. 2112 cc, in capo al cessionario, dovendosi escludere che osti a tale soluzione l'applicazione della direttiva 77/187/CE, la quale prevede - secondo l'interpretazione offerta dalla Corte di giustizia CE (cfr. sentenze 12 marzo 1998, C-319/94, 11 luglio 1985, C-105/84, e 7 febbraio 1985, C-19/83) - che i lavoratori licenziati in contrasto con la direttiva debbono essere considerati dipendenti alla data del trasferimento, senza pregiudizio per la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha ritenuto che, a seguito dell'annullamento del licenziamento, sussisteva la legittimazione passiva anche del cessionario per le richieste del lavoratore relative al ripristino del rapporto di lavoro, escludendo la necessità di una pronuncia pregiudiziale della Corte di Giustizia) (in precedenza, cfr. Cass., N. 12411 del 2003 Rv. 566211, N. 20221 del 2007 Rv. 600167)”

mercoledì 11 maggio 2016

Come è regolamentato il premio di risultato nel ccnl metalmeccanici industria?



Art. 12. – Premio di risultato.






Nelle aziende di cui al punto 6) della Premessa al presente Contratto la contrattazione aziendale con contenuti economici e` consentita per l’istituzione di un Premio annuale calcolato solo con riferimento ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttivita`, di qualita`, di redditivita` ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitivita` aziendale nonche´ ai risultati legati all’andamentoe conomico dell’impresa.

Al fine di acquisire elementi di conoscenza comune per la definizione degli obiettivi della contrattazione aziendale, le parti, di cui al punto 7) della Premessa, esamineranno preventivamente, in un apposito incontro in sede aziendale, le condizioni produttive ed occupazionali e le relative prospettive, tenendo conto dell’andamento della competitivita` e delle condizioni essenziali di redditivita` dell’azienda. Gli importi, i parametri ed i meccanismi utili alla determinazione quantitativa dell’erogazione connessa al Premio di risultato saranno definiti contrattualmente dalle parti in sede aziendale, in coerenza con gli elementi di conoscenza di cui al comma precedente, assumendo quali criteri di riferimento uno o piu` di uno tra quelli indicati al primo comma.

Gli importi erogabili saranno calcolati con riferimento ai risultati conseguiti e comunicati alla Rappresentanza sindacale unitaria entro il mese di luglio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono i risultati; avranno diritto alla corresponsione del Premio i lavoratori in forza in tale data. Nella medesima occasione la Direzione aziendalefornira` alla Rappresentanza sindacale aziendale informazioni circa gli andamenti delle variabili assunte a riferimento per la determinazione del Premio.

L’erogazione del Premio avra` le caratteristiche di non determinabilita` a priori e, a seconda dell’assunzione di uno o piu` criteri di riferimento di cui al primo comma, potra` essere anche totalmente variabile in funzione dei risultati conseguiti ed avverra` secondo criteri e modalita` aziendalmente definiti dalle parti.

Il Premio come sopra definito sara` ad ogni effetto di competenza dell’anno di erogazione, in quanto il riferimento ai risultati conseguiti e` assunto dalle parti quale parametro di definizione per individuarne l’ammontare.

Considerata la novita` e le particolari caratteristiche che l’istituto del Premio di risultato viene ad assumere nel rinnovato assetto contrattuale, le parti concordano la costituzione di una Commissione paritetica nazionale che assumera` il compito di monitoraggio ed analisi degli accordi posti in essere.

Dal 1º luglio 1994 non trova piu` applicazione la disciplina per l’istituzione del «premio di produzione» di cui all’art. 9 del C.c.n.l. 14 dicembre 1990 e l’indennita` sostitutiva di cui al punto 4 dell’articolo sopracitato, per le aziende dalla stessa interessate, resta definitivamente fissata negli importi in essere al 30 giugno 1994 ai fini della retribuzione dei lavoratori.

I premi di produzione di cui al comma precedente, gli altri premi ed istituti retributivi di analoga natura eventualmente gia` presenti in azienda non saranno piu` oggetto di successiva contrattazione; in riferimento ai loro importi gia` concordati e consolidati alla data del 30 giugno 1994, le parti, all’atto dell’istituzione del Premio di risultato di cui al presente articolo, procederanno alla loro armonizzazione, fermo restando che da tale operazione non dovranno derivare ne´ oneri per le aziende ne´ perdite per i lavoratori.

Nota a verbale.

Il presente Contratto definisce le procedure della contrattazione con caratteristiche innovative rispondenti allo spirito del Protocollo del 23 luglio 1993. 

In questo quadro, qualora si verifichino contenziosi sull’applicazione della procedura definita, le Organizzazioni sindacali territoriali delle parti, le Rappresentanze sindacali unitarie e le imprese, anche disgiuntamente, potranno chiedere l’intervento delle parti stipulanti il presente C.c.n.l., che terranno un apposito incontro nel quale formuleranno le loro valutazioni in oggetto.

Norma concordata nel Verbale di accordo stipulato in sede ministeriale il 4 febbraio 1997.

Fermo restando quanto previsto dall’Accordo interconfederale del 23 luglio 1993, le parti riconfermano che la contrattazione aziendale avente contenuto economico, dovra` riguardare esclusivamente erogazioni legate ai risultati conseguiti in termini di incrementi di elementi variabili, quali produttivita`, qualita`, redditivita` ed altri elementi rilevanti per il miglioramento della competitivita` aziendale, conseguiti attraverso la realizzazione di programmi concordati tra le parti.

Al fine di assicurare il rispetto di tali criteri, qualora una delle parti lo richieda, potra` essere attivata una sessione di esame tesa al superamento della controversia secondo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 17, Disciplina generale, Sezione terza, (attuale art. 7, Sezione quarta, Titolo VII) a livello delle strutture territoriali ed eventualmente nazionali, della durata complessiva di 20 giorni.

Linee guida per la diffusione del premio di risultato.

Le parti al fine di favorire la diffusione della contrattazione aziendale con contenuti economici collegati ai risultati con particolare riferimento alle imprese di minore dimensione, in data 28 luglio 2010 hanno concordato apposite «Linee guida» e una specifica procedura per le aziende in cui non sia stata costituita la R.s.u. riportate nell’Allegato n. 5 al presente Contratto.

Dichiarazione comune

Le parti convengono che tra i criteri di attribuzione individuale del Premio di Risultato da definire in sede di contrattazione aziendale potra` essere preso a riferimento l’effettivo svolgimento delle prestazioni richieste connesse ai sistemi di flessibilita` previsti dal C.c.n.l. o dagli accordi aziendali.


martedì 10 maggio 2016

Cosa sono i congedi per la formazione?


In base all’art. 5 della legge 2000 n. 53 “Ferme restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo studio di cui all'articolo 10 della l. 300 del 1970 n. 300, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa.
2. Per «congedo per la formazione» si intende quello finalizzato al completamento della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.
3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi. Una grave e documentata infermità, individuata sulla base dei criteri stabiliti dal medesimo decreto di cui all'articolo 4, comma 4 (DM 2000 n. 278), intervenuta durante il periodo di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo medesimo.
4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione ovvero può differirne l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso, individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene, disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di tale facoltà e fissano i termini del preavviso, che comunque non può essere inferiore a trenta giorni.
5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui al presente articolo, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria”.