mercoledì 31 gennaio 2024

 Come va calcolata la retribuzione spettante per l'indennita' sostitutiva delle ferie?



Cass. 29/01/2024, n. 2674

Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l'indennità sostitutiva assolve, la retribuzione da utilizzare come parametro deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo "status" personale e professionale del lavoratore.

martedì 30 gennaio 2024

 

Lo svolgimento di attività lavorativa nel corso della malattia cosa comporta?


Cass. 26/01/2024, n. 2516

Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell'ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio, così che è del tutto funzionale all'accertamento dell'effettiva violazione dei predetti obblighi l'approfondimento medico-legale finalizzato alla valutazione dell'attività svolta in favore di terzi in relazione alla patologia giustificante l'assenza dal lavoro presso il datore, per così dire, principale

lunedì 29 gennaio 2024

 Come opera il principio di non contestazione nel processo del lavoro?


Cass. 25/01/2024, n. 2419


Il principio di non contestazione trova fondamento nell'art. 416 c.p.c. che impone al convenuto l'onere di prendere subito immediata e precisa posizione, a pena di decadenza, in ordine ai fatti asseriti dall'attore, con la conseguenza che la mancata contestazione dei fatti costitutivi della domanda vincola il giudice a ritenerli sussistenti, sempre che si tratti di fatti primari, cioè costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto fatto valere in giudizio dall'attore o dal convenuto che agisca in riconvenzionale, mentre i fatti secondari - vale a dire quelli dedotti in mera funzione probatoria - possono contestarsi in ogni momento.

sabato 27 gennaio 2024

 Cos'è la sospensione ex art. 7 l. 300 del 1970?



Trib. Udine sezione lavoro 03/04/2023, n. 92

La sospensione prevista dall'art. 7, comma 4 della L. 20 maggio 1970 n. 300 è un provvedimento di natura disciplinare e si differenzia dalla sospensione cautelare, misura di carattere provvisorio e strumentale all'accertamento dei fatti relativi alla violazione, da parte del lavoratore, degli obblighi inerenti al rapporto, che esaurisce i suoi effetti con l'adozione dei provvedimenti disciplinari definitivi.

giovedì 25 gennaio 2024


E' possibile intimare un ulteriore licenziamento dopo averne gia' intimato un altro per un'altra motivazione?


Cass. 23/01/2024, n. 2274

In tema di rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo, restando quest'ultimo del tutto autonomo e distinto rispetto al primo, sicché entrambi gli atti di recesso sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento produttivo di effetti solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido o inefficace il precedente. Ciò significa che, sul piano del diritto sostanziale, è legittima la intimazione di un secondo licenziamento, per quanto esso nasca come destinato a non avere effetti, se il primo licenziamento non sia caducato.

mercoledì 24 gennaio 2024

 All'approssimarsi del termine del comporto il datore di lavoro deve comunicarl9 al lavoratore?


Tribunale Napoli, Sez. lavoro, Sentenza, 15/09/2023, n. 4885


In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, tanto nel caso di una sola affezione continuata, quanto in quello del succedersi di diversi episodi morbosi (cosiddetta eccessiva morbilità), la risoluzione del rapporto costituisce la conseguenza di un caso di impossibilità parziale sopravvenuta dell'adempimento, in cui il dato dell'assenza dal lavoro per infermità ha una valenza puramente oggettiva; non rileva, pertanto, la mancata conoscenza da parte del lavoratore del limite c.d. esterno del comporto e della durata complessiva delle malattie e, in mancanza di un obbligo contrattuale in tal senso, non costituisce violazione da parte del datore di lavoro dei princìpi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto la mancata comunicazione al lavoratore dell'approssimarsi del superamento del periodo di comporto, in quanto tale comunicazione servirebbe in realtà a consentire al dipendente di porre in essere iniziative, quali richieste di ferie o di aspettativa, sostanzialmente elusive dell'accertamento della sua inidoneità ad adempiere l'obbligazione.




martedì 23 gennaio 2024

 Come si determina la competenza territoriale nelle cause per lavoro carcerario?


Cass. 19/01/2024, n. 2092


La regola di cui all'art. 413, comma 5, c.p.c., è da intendersi specificamente riferita ai rapporti di lavoro pubblico, mentre al lavoro carcerario sono applicabili i criteri previsti dall'art. 413, comma 2, c.p.c., trattandosi di prestazioni svolte - sia pure per il perseguimento dell'obiettivo di fornire alle persone detenute occasioni di lavoro e sotto la gestione degli istituti di pena, all'interno o all'esterno degli stessi penitenziari - nell'ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro privato.

lunedì 22 gennaio 2024

 Cosa occorre fare dopo la redazione del documentazione di valutazione rischi per non incorrere in responsabolità penale?




Cass. Pen. 12/12/2023, n. 1437




In tema di prevenzione degli infortuni, la redazione del documento di valutazione dei rischi, anche nei casi nei quali sia stata effettuata, esige poi l'adozione delle relative misure di prevenzione e, in ogni caso, non esclude la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione. Peraltro, gli obblighi di formazione e informazione posti a carico del datore di lavoro dagli artt. 36 e 37 D.Lgs. n. 81 del 2008 prescindono dal personale bagaglio di conoscenze del lavoratore e sono funzionali proprio a fronteggiare l'eventuale condotta negligente, imprudente o imperita di quest'ultimo.

venerdì 19 gennaio 2024

La mancanza di illiceità del fatto contestato può determinare l'applicazione dell'art. 18 comma quarto?




Cass. 16/01/2024, n. 1604

In materia di licenziamento, ai fini della tutela prevista dall'art. 18, 4 comma della L. n. 300 del 1970, novellato dalla L. n. 92 del 2012, rileva anche la mancanza di illiceità disciplinare del fatto. Tale tutela va, quindi, accordata anche nell'ipotesi in cui non sussista alcuna responsabilità personale rispetto ad un fattispecie di inadempimento considerata nella sua materialità.

giovedì 18 gennaio 2024

Quando la contestazione disciplinare è tempestiva? 






Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 16/01/2024, n. 1686

In tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo (quali il tempo necessario per l'accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell'impresa), con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici.

mercoledì 17 gennaio 2024

 Nel giudizio di accertamento della dequalificazione e richiesta di riassegnazione alle precedenti  mansioni che effetto provoca l'estinzione del rapporto?


Cass. 11/01/2024, n. 1157


In tema di dequalificazione professionale, ove il lavoratore richieda l'accertamento della illegittimità della destinazione ad altre mansioni e del diritto alla conservazione di quelle in precedenza svolte, costituendo il suddetto accertamento la premessa logica e giuridica per ulteriori domande di tipo risarcitorio, l'interesse ad ottenere la pronunzia permane anche dopo l'estinzione del rapporto di lavoro, incidendo quest'ultimo evento soltanto sull'eventuale domanda di condanna alla reintegrazione nelle mansioni svolte in precedenza ma non sul diritto all'accertamento che tale obbligo sussisteva fino alla cessazione del rapporto

martedì 16 gennaio 2024

 Quali musure sono state introdotte per il 2024 in tema di congedo parentale?


L'art.32 del dlgs 151 del 2001 come modicato dalla legge 213 del 2023 prevede:


Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima complessiva di due mesi fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell'80 per cento della retribuzione nel limite massimo di un mese e alla misura del 60 per cento della retribuzione nel limite massimo di un ulteriore mese, elevata all'80 per cento per il solo anno 2024. I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione. Nel caso vi sia un solo genitore, allo stesso spetta un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi. Qualora sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater del Codice civile, l'affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore, a quest'ultimo spetta in via esclusiva anche la fruizione del congedo indennizzato riconosciuto complessivamente alla coppia genitoriale. L'indennità è calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23.

lunedì 15 gennaio 2024

 Come si fetermins il momento in cui è possibile effettuare ls cobtestazione dell'illecito amministrativo?


Tribunale Parma, Sez. lavoro, Sentenza, 25/08/2023, n. 315


In tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell'infrazione, l'attività di accertamento dell'illecito, in relazione alla quale collocare il dies a quo del termine per la notifica degli estremi della violazione, non può coincidere con il momento in cui viene acquisito il "fatto" nella sua materialità, ma deve essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti ed afferenti gli elementi (oggettivi e soggettivi) dell'infrazione e, quindi, della fase finale di deliberazione correlata alla complessità delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell'infrazione medesima e ad acquisire piena conoscenza dell'illecito, sì da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione; compete, poi, al giudice di merito - cui è consentito di esaminare tutti gli atti relativi all'accertamento (art. 23, secondo comma, della citata L. n. 689 del 1981) di richiedere che l'autorità specifichi quali accertamenti, indispensabili ai fini delle indagini sopra indicate, abbia eseguito e quale ne sia stata la durata - determinare il tempo ragionevolmente necessario all'Amministrazione per giungere ad una simile, completa conoscenza, in modo da individuare il dies a quo di decorrenza del termine nel caso concreto, tenendo conto della maggiore o minore difficoltà del caso stesso e della necessità, comunque, che tali indagini, pur nell'assenza di limiti temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo a seconda delle circostanze ed il relativo giudizio, conseguendo a un apprezzamento di fatto è sindacabile, in sede di legittimità, solo sotto il profilo del vizio di motivazione

venerdì 12 gennaio 2024

 Il lavoratore in malattia può richiedere le ferie per non superare il comporto?


Cass. 08/01/2024, n. 582


Al lavoratore assente per malattia è consentito di mutare il titolo dell'assenza con la richiesta di fruizione delle ferie già maturate al fine di sospendere il decorso del periodo di comporto; ove una richiesta di ferie sia stata avanzata e, sia pure parzialmente, accolta prima del superamento del periodo di comporto, la dedotta successiva rinuncia alla fruizione delle ferie nel periodo indicato dal datore di lavoro deve essere provata in maniera chiara e inequivoca, attesa la garanzia costituzionale del diritto alle ferie e il rilevante e fondamentale interesse del lavoratore a evitare, con la fruizione delle stesse o di riposi compensativi già maturati, la possibile perdita del posto di lavoro per scadenza del periodo di comporto, con la ulteriore conseguenza della perdita definitiva della possibilità di godere delle ferie maturate. La facoltà del lavoratore di sostituire le ferie all’assenza per malattia per interrompere il decorso del periodo di comporto non è incondizionata e tuttavia il datore di lavoro, di fronte ad una richiesta del lavoratore di conversione dell'assenza per malattie in ferie, e nell'esercitare il potere, conferitogli dalla legge (art. 2109, secondo comma, cod. civ.), di stabilire la collocazione temporale delle ferie nell'ambito annuale armonizzando le esigenze dell'impresa con gli interessi del lavoratore, è tenuto ad una considerazione e ad una valutazione adeguate alla posizione del lavoratore in quanto esposto, appunto, alla perdita del posto di lavoro con la scadenza del comporto. Resta fermo che, allorquando il lavoratore abbia la possibilità di fruire e beneficiare di regolamentazioni legali o contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto per superamento del periodo di comporto ed in particolare quando le parti sociali abbiano convenuto e previsto, a tal fine, il collocamento in aspettativa, pur non retribuita, un tale obbligo non è ragionevolmente configurabile.

giovedì 11 gennaio 2024

 

Quando si ha licnziamento ritorsivo?


Cass. 09/01/2024, n. 741

Il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta, è considerato un licenziamento nullo quando il motivo ritorsivo, come tale illecito , sia stato l'unico determinante dello stesso, ai sensi del combinato disposto dell'art. 1418, secondo comma, e degli artt. 1345 e 1324 c.c. L'onere della prova della esistenza di un motivo di ritorsione del licenziamento e del suo carattere determinante la volontà negoziale grava sul lavoratore che deduce ciò in giudizio. Si tratta di prova non agevole, sostanzialmente fondata sulla utilizzazione di presunzioni, tra le quali presenta un ruolo non secondario anche la dimostrazione della inesistenza del diverso motivo addotto a giustificazione del licenziamento o di alcun motivo ragionevole. Poiché, dunque, il licenziamento per ritorsione costituisce la reazione a un comportamento legittimo del lavoratore, quando il licenziamento sia intimato a fronte di una condotta inadempiente del lavoratore, l'eventuale sproporzione della sanzione espulsiva, se pure può avere rilievo presuntivo, non può tuttavia portare a giudicare automaticamente come ritorsivo il licenziamento stesso.

mercoledì 10 gennaio 2024

 Quando ricorre l'ipotesi di evasione contributiva?


Corte d'Appello Firenze, Sez. lavoro, Sentenza, 14/08/2023, n. 254


Perché ricorra l'ipotesi dell'evasione contributiva, a norma dell'art. 116, comma 8, lett. a) della L. 23 dicembre 2000 n. 388, è necessario che vi sia occultamento di rapporti di lavoro ovvero di retribuzione erogate e tale occultamento sia stato attuato con l'intenzione specifica di non versare i contributi o i premi; deve trattarsi, cioè, di un comportamento volontario finalizzato allo scopo indicato. Il primo requisito sussiste non solo quando vi sia l'assoluta mancanza di un qualsivoglia elemento documentale che renda possibile l'accertamento della posizione lavorativa o delle retribuzioni, ma anche quando ricorra un'incompleta, o non conforme al vero, denuncia obbligatoria, attraverso la quale viene celata all'ente previdenziale e, quindi, occultata, l'effettiva sussistenza dei presupposti fattuali dell'imposizione, come accade quando venga accertata l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in luogo di una collaborazione autonoma, pure formalizzata variamente.

martedì 9 gennaio 2024

 Quando si verofica il mobbing?

Corte d'Appello Brescia, Sez. lavoro, 30/06/2023, n. 157
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte, l'elemento qualificante del mobbing è da ricercarsi nell'intento persecutorio che unifica i singoli atti persecutori, essendo necessario che il lavoratore alleghi e provi, con relativo onere probatorio a suo carico ex art. 2697 c.c., che i comportamenti datoriali, protratti nel tempo, siano il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione.

lunedì 8 gennaio 2024

 Quando possono essere usate le intercettazioni telefoniche nel procedimento disciplinare?


Cass. 03/01/2024, n. 109


Le intercettazioni telefoniche o ambientali, effettuate in un procedimento penale, sono pienamente utilizzabili nel procedimento disciplinare di cui all'art. 7 della L. n. 300 del 1970, purché siano state legittimamente disposte nel rispetto delle norme costituzionali e procedimentali, non ostandovi i limiti previsti dall'art. 270 c.p.p., riferibili al solo procedimento penale, in cui si giustificano limitazioni più stringenti in ordine all'acquisizione della prova, in deroga al principio fondamentale della ricerca della verità materiale. Ne consegue che, ove congruamente motivata, è pienamente conforme al diritto la sentenza con la quale il giudice abbia ritenuto legittimo il licenziamento a fronte della condotta di una responsabile di filiale che, durante l’orario di lavoro e nei locali della banca, si è speso al fine di consentire il buon fine delle operazioni di concessione di credito erogato non dalla banca stessa bensì da un cliente ad altri clienti, perché costituente condotta idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, a prescindere dalla rilevanza penale o meno di tali comportamenti.

venerdì 5 gennaio 2024

 Quando il licenziamento disciplinare può essere sanzionato ai sensi dell'art. 18 comma 4 l. 300 del 1970?


Cass. 03/01/2024, n. 95


In tema di licenziamento disciplinare, al fine di selezionare la tutela applicabile tra quelle previste dall'art. 18, commi 4 e 5, della L. n. 300 del 1970, come novellato dalla L. n. 92 del 2012, il giudice può sussumere la condotta addebitata al lavoratore, e in concreto accertata giudizialmente, nella previsione contrattuale che, con clausola generale ed elastica, punisca l'illecito con sanzione conservativa, né detta operazione di interpretazione e sussunzione trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato, restando nei limiti dell'attuazione del principio di proporzionalità, come eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo.

giovedì 4 gennaio 2024

 In caso do convivenza more uxorio è configurabile un rapporto di lavoro domestico?


Tribunale Parma, Sez. lavoro, 31/08/2023, n. 327

Premesso che ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, essa può, tuttavia, essere ricondotta ad un rapporto diverso, istituito "affectionis vel benevolentiae causa", caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa e ciò in quanto l'attività lavorativa e di assistenza svolta all'interno di un contesto familiare in favore del convivente "more uxorio" trova, di regola, la sua causa nei vincoli di fatto di solidarietà ed affettività esistenti, alternativi rispetto ai vincoli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, qual è il rapporto di lavoro subordinato, non potendosi escludere che, talvolta, le prestazioni possano trovare titolo in un rapporto di lavoro subordinato, del quale tuttavia deve essere fornita prova rigorosa. In particolare, poi, nell'ambito di tale rapporto di convivenza "more uxorio" si presume comunque l'inesistenza di un rapporto di lavoro domestico, posto che le prestazioni di assistenza personale e governo della casa sono ontologicamente riconducibili all'assorbente vincolo di solidarietà familiare ed alla correlativa condivisione della vita, onde il vincolo di eterodeterminazione va dimostrato con particolare rigore, sicuramente superiore rispetto a quello del rapporto di lavoro domestico "tout court"

mercoledì 3 gennaio 2024

 L'utilizzo di sistemi informatizzaticon con cui la committenza eserciti poteri direttivi e  di controllo nei confronti del personale dell'appaltatore può determinare l'illegittimità dell'appalto?


Tribunale Padova, Sez. lavoro, 03/03/2023, n. 126

Ove i poteri direttivi e di controllo del datore di lavoro siano esercitati mediante sistemi informatizzati, il rapporto di lavoro dei dipendenti dell'appaltatore impiegati nell'appalto deve essere considerato come rapporto di lavoro subordinato in capo al datore di lavoro titolare di tali mezzi tecnologici.

martedì 2 gennaio 2024

 Quando ricorre il diritto di critica del lavoratore?


Corte d'Appello Milano, Sez. lavoro, 05/10/2023, n. 355

In materia di licenziamento del lavoratore il quale abbia espresso perplessità e critiche in relazione all'approvazione del bilancio societario - adombrando carenze ed irregolarità, così come la configurabilità dei reati di falso in bilancio e false comunicazioni sociali con ricorso abusivo al credito – e la società datrice di lavoro abbia perciò proceduto alla contestazione disciplinare addebitando all'incolpato la formulazione di giudizi gravemente lesivi della reputazione dell'azienda e dei suoi amministratori, ricorre una ipotesi di esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica ex art. 21 Cost. ove difetti qualsiasi suo intento calunnioso, unico che può legittimare il licenziamento per giusta causa. Ciò in quanto il lavoratore è legittimato ad esprimere il proprio dissenso in base alle norme degli artt. 2392 e 2396 cod. civ., i quali non prevedono che il dissenso debba essere documentato, né che si debba rivolgere ad atti necessariamente definitivi o in assenza di disponibilità degli interlocutori ad apportare modifiche.