lunedì 30 novembre 2020

 Con il rito Fornero può essere richiesta in via subordinata la tutela obbligatoria? 



Tribunale Roma Sez. lavoro, 27/10/2020

Il Rito Fornero è applicabile quando alla domanda svolta in via principale di impugnativa del licenziamento ex art. 18 della legge n. 300 del 1970 si accompagni, in via subordinata, domanda di tutela obbligatoria, unica in fatto applicabile per difetto del requisito dimensionale, fondandosi l'una e l'altra su identici fatti costituitivi e costituendo la seconda tutela, seppur meramente risarcitoria, di tipo omogeneo seppur di ampiezza minore. La scelta di ampliamento dell'applicabilità delle tutele apprestate dalla legge n. 92 del 2012 trova ragione in un'interpretazione estensiva della disciplina in esame, la quale consenta di evitare la parcellizzazione dei giudizi in modo che da un'unica vicenda estintiva del rapporto di lavoro possa scaturire un solo processo.

sabato 28 novembre 2020

 E' possibile annullare un concorso già terminato per la modifica dell'assetto organizzativo che ne aveva determinato il bando?



Cass. 25/11/2020, n. 26838

Il diritto soggettivo alla assunzione del vincitore di pubblico concorso per il reclutamento di personale in regime contrattualizzato è subordinato alla permanenza, all'atto del provvedimento di nomina, dell'assetto organizzativo degli uffici in forza del quale il bando è stato emesso, sicché, nel caso in cui detto assetto sia mutato a causa dello "jus superveniens", l'Amministrazione ha il potere-dovere di bloccare i provvedimenti dai quali possano derivare nuove assunzioni che non corrispondano più alle oggettive necessità di incremento del personale, quali valutate prima della modifica del quadro normativo, in base all'art. 97 Cost.

giovedì 26 novembre 2020

 I trattamenti d'integrazione salariale Covid  riconosciuti in forza del DL 137 del 2020 a quali lavoratori si applicano?


In forza del DL 149 del 2020 del 9 novembre 2020 art. 12 comma 2:

2. I trattamenti di integrazione salariale di cui all'articolo 12 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 sono riconosciuti anche in favore dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.


mercoledì 25 novembre 2020

 Quando gli avvocati devono iscriversi alla gestione separata?



Cass. 17/11/2020, n. 26021

Sussiste l'obbligo di iscrizione alla Gestione Separata presso l'Inps per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non consegue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio.

martedì 24 novembre 2020

Quali obblighi discendono dall'art. 2087 cc sul datore di lavoro? 

Cass. 20/11/2020, n. 26512

La responsabilità datoriale per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore discende o da norme specifiche o, nell'ipotesi in cui esse non siano rinvenibili, dalla norma di ordine generale di cui all'art. 2087 c.c., costituente norma di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente considerate e valutate dal legislatore al momento della sua formulazione e che impone all'imprenditore l'obbligo di adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte le misure che, avuto riguardo alla particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, siano necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori. In particolare, nel caso in cui si versi in ipotesi di attività lavorativa "peculiare", a causa del rischio di contagio che può derivare dalla "manipolazione del sangue ed altro materiale di natura biologica" e dal "contatto continuo con i pazienti", la responsabilità del datore di lavoro-imprenditore ai sensi dell'art. 2087 c.c. non configura una ipotesi di responsabilità oggettiva e, tuttavia, non è circoscritta alla violazione di regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a sanzionare, anche alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l'omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psico-fisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale, del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio.

lunedì 23 novembre 2020

Quando è  dovuta l'Irap?


Cass. 18/11/2020, n. 26197 


In tema di IRAP, il requisito dell'autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse ed impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

sabato 21 novembre 2020

 Su chi grava l'onere di provare i fatti posti a fondamento del verbale ispettivo?



Cass. 18/11/2020, n. 26274

L'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo, con la conseguenza che la sussistenza del credito contributivo dell'INPS, preteso sulla base di verbale ispettivo, deve essere comprovata dall'Istituto con riguardo ai fatti costitutivi rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria

giovedì 19 novembre 2020

 Come si determina la retribuzione ex art. 36 Cost.?



Cass. 10014 del 2016: “Va disatteso altresì, il secondo profilo di doglianza, con il quale si critica la sentenza impugnata per il mancato computo nella determinazione delle differenze retributive liquidate, degli scatti di anzianità e della quattordicesima mensilità oltre  che del calcolo dei relativi importi nel t.f.r. La pronuncia è infatti conforme a diritto, collocandosi nel solco dei principi affermati da questa Corte, che vanno qui ribaditi, alla cui stregua "In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell'art. 36 Cost., il giudice, anche se il datore di lavoro non aderisca ad alcuna delle organizzazioni sindacali che lo hanno sottoscritto, può assumere a parametro il contratto collettivo di settore, con riferimento limitato ai soli titoli previsti dal CCNL che integrano il concetto di giusta retribuzione, costituita dai minimi retributivi stabiliti per ciascuna qualifica dalla contrattazione collettiva, e con esclusione dei compensi aggiuntivi, degli scatti  di  anzianità  e delle  mensilità  ulteriori rispetto alla  tredicesima ". (vedi ex aliis, Cass. 4/12/2013 n. 27138, Cass. 4/6/2008 n. 14791). Il contratto collettivo di settore, rappresenta, infatti, il più adeguato strumento per determinare il contenuto del diritto alla retribuzione, anche se limitatamente ai titoli contrattuali che costituiscono espressione, per loro natura, della giusta retribuzione, con esclusione quindi, dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità aggiuntive oltre  la tredicesima (Cass. 18/3/2004 n.5519). Si tratta di principi con i quali questa Corte ha definito con continuità la disciplina delle fattispecie in cui non rinvenga applicazione diretta del c.c.n.l. di settore e sia d'uopo il ricorso ai parametri della retribuzione adeguata secondo i canoni di rango costituzionale, e dai quali non vi sono motivi per discostarsi.

 

Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 04/12/2013, n. 27138 In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell'art36 Cost., il giudice, anche se il datore di lavoro non aderisca ad alcuna delle organizzazioni sindacali che lo hanno sottoscritto, può assumere a parametro il contratto collettivo di settore, con riferimento limitato ai soli titoli previsti dal CCNL che integrano il concetto di giusta retribuzione, costituita dai minimi retributivi stabiliti per ciascuna qualifica dalla contrattazione collettiva e con esclusione, pertanto, dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità ulteriori rispetto alla tredicesima. Ne consegue che per la determinazione del corrispettivo dell'attività lavorativa in regime di subordinazione di un medico di casa di cura privata va escluso il compenso di pronta reperibilità, in quanto voce retributiva tipicamente contrattuale. (Cassa con rinvio, App. Roma, 03/08/2010)

 

 

Ed ancora: “ il giudice, per valutare la sufficienza della retribuzione  del lavoratore ai sensi dell'art. 36 Cost., può utilizzare la disciplina collettiva del diverso settore come parametro di raffronto e quale criterio orientativo, limitatamente alla retribuzione base senza riguardo per gli altri istituti contrattuali ed esclusa ogni automatica applicazione. (Cassa con rinvio, App. Venezia, 21 Maggio 2004) …  la Corte d'appello, accogliendo questa tesi e tenendo conto di tutte le voci retributive previste nel contratto collettivo delle imprese commerciali e non soltanto dei minimi, ha disatteso la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la disciplina collettiva adoperata dal giudice come termine di riferimento per valutare la sufficienza della retribuzione ex art. 36 cit., può trovare applicazione non automatica ma soltanto quale criterio orientativo, ossia limitatamente alla retribuzione base e senza riguardo ad altri istituti contrattuali (Cass. 21 gennaio 1985, n. 237, 13 marzo 1990, n. 2021, 2 maggio 1190, n. 3617);

 

Dello stesso avviso la giurisprudenza di merito:

 

Tribunale Ascoli Piceno Sez. lavoro, 19/02/2016

 

In tema di adeguamento della retribuzione ex art 36 Cost., il giudice, anche se il datore di lavoro non aderisca ad alcuna delle organizzazioni sindacali che lo hanno sottoscritto, può assumere a parametro il contratto collettivo di settore, con riferimento limitato ai soli titoli previsti dal CCNL che integrano il concetto di giusta retribuzione, costituita dai minimi retributivi stabiliti per ciascuna qualifica dalla contrattazione collettiva, e con esclusione dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità ulteriori rispetto alla tredicesima.

 

Tribunale Milano Sez. lavoro, 08/04/2015

 

In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell'art. 36 Cost., il giudice, anche se il datore di lavoro non aderisca ad alcuna delle organizzazioni sindacali che lo hanno sottoscritto, può assumere a parametro il contratto collettivo di settore, con riferimento limitato ai soli titoli previsti dal CCNL che integrano il concetto di giusta retribuzione, costituita dai minimi retributivi stabiliti per ciascuna qualifica dalla contrattazione collettiva, e con esclusione dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità ulteriori rispetto alla tredicesima.


martedì 17 novembre 2020

 A chi appartiene la giurisdizione sugli atti di nomina dei direttori generali del SSN?

Cass. civ. Sez. Unite, 11/11/2020, n. 25369


Ai sensi dell'art. 63 del D.Lgs. n. 165 del 2001, per regola generale le controversie concernenti il rapporto di lavoro dei direttori generali con il SSN, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, fatta eccezione soltanto per quelle che hanno ad oggetto diretto e principale l'impugnazione dell'atto di nomina ovvero di altre delibere regionali di conferma o mancata conferma nell'incarico di direttore generale di un Ente del SSN rispetto alle quali l'interessato è titolare solo di una posizione di interesse legittimo, tutelabile avanti al giudice amministrativo. Ove però l'interessato, senza impugnare gli atti regionali predetti faccia ad essi riferimento quali fonti di pretese civilistiche di risarcimento del danno, deducendo la violazione, da parte della Regione, delle regole di correttezza comportamentale nell'adozione della misura operativa e gestoria, posta in essere con le capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, la relativa controversia rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, in quanto se sono controversi beni della vita non investiti dal potere amministrativo, la tutela è affidata al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti soggettivi.

lunedì 16 novembre 2020

Il termine di decadenza ex art. 32 comma 4 lettere c e d della l. 183 del 2010 si applica nell'ipotesi in cui lavoratore intenda far valere la cessione? 

 Cass. 11-11-2020, n. 25384 

Invero, nella fattispecie in esame, la decadenza L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 4, lett. c) a differenza di quanto ritenuto dai giudici di seconde cure, non è applicabile alla stregua del consolidato principio statuito da questa Corte (Cass. n. 9469 del 2019; Cass. n. 19920 del 2019; Cass. n. 14790 del 2019; Cass. n. 10044 del 2019) secondo il quale solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del suo contratto di lavoro ex art. 2112 c.c. debba fare valere tale impugnazione nel termine di cui all'art. 32, comma 4, lett. c) citato e non negli altri casi, come quello per cui si discute, in cui la persegui. Inoltre, va evidenziato che, in virtù di quanto affermato sempre in sede di legittimità, con orientamento cui si intende dare seguito (Cass. n. 28750 del 2019) per le condivisibili argomentazioni ivi espresse, nell'ipotesi in cui il lavoratore rivendichi il suo diritto alla cessione non è applicabile neanche il termine decadenziale di cui al citato art. 32, comma 4, lett. d.

venerdì 13 novembre 2020

 Il licenziamento collettivo può essere limitato ad un solo reparto o unità produttiva?




Cass. 11/11/2020, n. 25389

In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive. Tuttavia è necessario che queste siano coerenti con le indicazioni di cui alla comunicazione ex art. 4, terzo comma, legge n. 223 del 1991 ed è onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata. Ben può, quindi, il datore di lavoro circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare ma deve indicare nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell'unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l'effettiva necessità dei programmati licenziamenti. Qualora, nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali.

giovedì 12 novembre 2020

 Quali misure sul reddito di emergenza sono state introdotte dal DL 137 del 2020?






ART. 14. Nuove misure in materia di Reddito di emergenza

1. Ai nuclei familiari già beneficiari della quota del Reddito di emergenza (di seguito “Rem”) di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, è riconosciuta la medesima quota anche per il mese di novembre 2020, nonché per il mese di dicembre 2020.


2. Il Rem è altresì riconosciuto, per una singola quota pari all'ammontare di cui all'articolo 82, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, relative alle mensilità di novembre e dicembre 2020, ai nuclei familiari in possesso cumulativamente dei seguenti requisiti:

a) un valore del reddito familiare, nel mese di settembre 2020, inferiore ad una soglia pari all'ammontare di cui all'articolo 82, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020;
b) assenza nel nucleo familiare di componenti che percepiscono o hanno percepito una delle indennità di cui all'articolo 15 del presente decreto-legge;
c) possesso dei requisiti di cui ai commi 2, lettere a), c) e d), 2-bis e 3, dell'articolo 82 del decreto-legge n. 34 del 2020.



3. La domanda per le quote di Rem di cui al comma 2 è presentata all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) entro il 30 novembre 2020 tramite modello di domanda predisposto dal medesimo Istituto e presentato secondo le modalità stabilite dallo stesso.


4. Il riconoscimento delle quote del Rem di cui ai commi 1 e 2 è effettuato nel limite di spesa di 452 milioni di euro per l'anno 2020 nell'ambito dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il reddito di emergenza di cui all'articolo 82, comma 10, del decreto-legge n. 34 del 2020, in relazione alla quale resta in ogni caso ferma l'applicazione di quanto previsto dall'articolo 265, comma 9, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.


5. Per quanto non previsto dal presente articolo, si applica la disciplina di cui all'articolo 82 del decreto-legge n. 34 del 2020, ove compatibile.

mercoledì 11 novembre 2020

Quale dilazione sui versamenti contributivi ha previsto il DL 137 del 2020? 


ART. 13. Sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione per i dipendenti delle aziende dei settori economici interessati dalle nuove misure restrittive 


1. Per i datori di lavoro privati di cui al comma 2, che hanno la sede operativa nel territorio dello Stato, sono sospesi i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti per la competenza del mese di novembre 2020


2. La sospensione dei termini di cui al comma 1 si applica ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 ottobre 2020, che svolgono come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell'Allegato 1 al presente decreto i cui dati identificativi verranno comunicati, a cura dall'Agenzia delle Entrate, a INPS e a INAIL, al fine di consentire il riconoscimento ai beneficiari delle misure concernenti la sospensione.


3. I pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, sospesi ai sensi del comma 1, sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 marzo 2021 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021. Il mancato pagamento di due rate, anche non consecutive, determina la decadenza dal beneficio della rateazione.


4. I benefici del presente articolo sono attribuiti in coerenza con la normativa vigente dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.


5. Agli oneri di cui al presente articolo, valutati in 504 milioni di euro per l'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 34.


martedì 10 novembre 2020

 Come è stata regolamentata la proroga degli ammortizzatori sociali dal DL 137 del 2020?


Art. 12. (Nuovi trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga. Disposizioni in materia di licenziamento. Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione) 

 1. I datori di lavoro che sospendono o riducono l'attivita' lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga di cui agli articoli da 19 a 22 quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per una durata massima di sei settimane, secondo le modalita' previste al comma 2. Le sei settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021. Con riferimento a tale periodo, le predette sei settimane costituiscono la durata massima che puo' essere richiesta con causale COVID-19. I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 15 novembre 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle sei settimane del presente comma. 

 2. Le sei settimane di trattamenti di cui al comma 1 sono riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato gia' interamente autorizzato l'ulteriore periodo di nove settimane di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, decorso il periodo autorizzato, nonche' ai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 che dispone la chiusura o limitazione delle attivita' economiche e produttive al fine di fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19. I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relativi alle sei settimane di cui al comma 1 versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre del 2019, pari:
 a) al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell'attivita' lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento; 
 b) al 18% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell'attivita' lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato. 
 3. Il contributo addizionale non e' dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al venti per cento, dai datori di lavoro che hanno avviato l'attivita' di impresa successivamente al primo gennaio 2019, e dai datori di lavoro appartenenti ai settori interessati dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2020 che dispone la chiusura o limitazione delle attivita' economiche e produttive di cui al comma 2. 

 4. Ai fini dell'accesso alle sei settimane di cui al comma 1, il datore di lavoro deve presentare all'Inps domanda di concessione, nella quale autocertifica, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, la sussistenza dell'eventuale riduzione del fatturato di cui al comma 2. L'Inps autorizza i trattamenti di cui al presente articolo e, sulla base della autocertificazione allegata alla domanda, individua l'aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro e' tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell'integrazione salariale. In mancanza di autocertificazione, si applica l'aliquota del 18% di cui al comma 2, lettera b). Sono comunque disposte le necessarie verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati per l'accesso ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo, ai fini delle quali l'Inps e l'Agenzia delle Entrate sono autorizzati a scambiarsi i dati. 

 5. Le domande di accesso ai trattamenti di cui al presente articolo devono essere inoltrate all'Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell'attivita' lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma e' fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto-legge. 

 6. In caso di pagamento diretto delle prestazioni di cui al presente articolo da parte dell'Inps, il datore di lavoro e' tenuto ad inviare all'Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell'integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui e' collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall'adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini di cui al presente comma sono spostati al trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore del presente decreto, se tale ultima data e' posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente. 

 7. La scadenza dei termini di invio delle domande di accesso ai trattamenti collegati all'emergenza COVID-19 e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo degli stessi che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 10 settembre 2020, e' fissata al 31 ottobre 2020. 

 8. I Fondi di cui all'articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, garantiscono l'erogazione dell'assegno ordinario di cui al comma 1 con le medesime modalita' di cui al presente articolo. Il concorso del bilancio dello Stato agli oneri finanziari relativi alla predetta prestazione e' stabilito complessivamente nel limite massimo di 450 milioni di euro per l'anno 2021 ed e' assegnato ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le risorse di cui al presente comma sono trasferite ai rispettivi Fondi con uno o piu' decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previo monitoraggio da parte dei Fondi stessi dell'andamento del costo della prestazione, relativamente alle istanze degli aventi diritto, nel rispetto del limite di spesa e secondo le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 

 9. Fino al 31 gennaio 2021 resta precluso l'avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresi' sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, gia' impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto. 

 10. Fino alla stessa data di cui al comma 9, resta, altresi', preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facolta' di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresi' sospese le procedure in corso di cui all'articolo 7 della medesima legge. 

 11. Le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 9 e 10 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell'attivita' dell'impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della societa' senza continuazione, anche parziale, dell'attivita', nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attivita' che possano configurare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa ai sensi dell'articolo 2112 del codice civile, o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori e' comunque riconosciuto il trattamento di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresi' esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l'esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell'azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso. 

 12. Il trattamento di cui al comma 1 e' concesso nel limite massimo di spesa pari a 1.634,6 milioni di euro, ripartito in 1.161,3 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione ordinaria e Assegno ordinario e in 473,3 milioni di euro per i trattamenti di Cassa integrazione in deroga L'INPS provvede al monitoraggio del limite di spesa di cui al presente comma. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che e' stato raggiunto anche in via prospettica il limite di spesa, l'INPS non prende in considerazione ulteriori domande. 

 13. All'onere derivante dai commi 8 e 12, pari a 582,7 milioni di euro per l'anno 2020 e a 1.501,9 milioni di euro per l'anno 2021 in termini di saldo netto da finanziare e a 1.288,3 milioni di euro per l'anno 2021 in termini di indebitamento netto e fabbisogno delle amministrazioni pubbliche si provvede a valere sull'importo di cui all'articolo 11, comma 1. 

 14. In via eccezionale, al fine di fronteggiare l'emergenza da Covid-19, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di cui al comma 1, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, e' riconosciuto l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico di cui all'articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, per un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, fruibili entro il 31 gennaio 2021, nei limiti delle ore di integrazione salariale gia' fruite nel mese di giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, riparametrato e applicato su base mensile. 

 15. I datori di lavoro privati che abbiano richiesto l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ai sensi dell'articolo 3, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, possono rinunciare per la frazione di esonero richiesto e non goduto e contestualmente presentare domanda per accedere ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo. 

 16. Il beneficio previsto dai commi 14 e 15 e' concesso ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" e nei limiti ed alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione. L'efficacia delle disposizioni del presente articolo e' subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea. 

 17. Alle minori entrate derivanti dai commi 14 e 15, valutate in 61,4 milioni di euro per l'anno 2021 si provvede con le maggiori entrate contributive derivanti dai commi da 2 a 4 del presente articolo. Alle minori entrate derivanti dal presente articolo valutate in 3 milioni di per l'anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, 


lunedì 9 novembre 2020

 La violazione della reiterazione del termine nei rapporti con il pubblico impiego che risarcimento origina?



Cass. 03-03-2020, n. 5740

Con l'unico motivo del ricorso principale la Croce Rossa Italiana ha impugnato il capo della sentenza d'appello in cui si è ritenuto applicabile al credito risarcitorio da illegittima reiterazione di contratti a termine la prescrizione ordinaria decennale ed ha dedotto, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1337, 1338, 2087 c.c., e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36;

6. ha premesso di avere col ricorso in appello (terzo motivo) denunciato l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva respinto l'eccezione di prescrizione tempestivamente sollevata anche rispetto alla domanda di risarcimento danno da abusiva reiterazione dei contratti a termine;

7. ha sostenuto che il diritto al risarcimento del danno previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, abbia natura precontrattuale; tale danno infatti deriverebbe non dalla mancata esecuzione della prestazione lavorativa a causa dell'inadempimento datoriale, bensì dall'impiego di risorse e tempo per un rapporto di lavoro precario in vista di una stabilizzazione mai verificatasi; in altri termini, verrebbe in gioco la lesione dell'interesse negativo a non essere coinvolti in rapporti di lavoro a tempo determinato illegittimi;

8. ha escluso che il danno di cui all'art. 36 cit., potesse considerarsi come derivante dalla mancata conversione in rapporto a tempo indeterminato in quanto lo stesso risulterebbe correlato alla lesione di un interesse non meritevole di tutela in base al disposto dell'art. 97 Cost.;

9. ha affermato che la responsabilità di cui all'art. 36 cit., in quanto di natura precontrattuale è soggetta alla prescrizione quinquennale, ai sensi dell'art. 2947 c.c.;

10. il ricorso principale è infondato, alla luce dei principi affermati da questa Corte sul danno di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36;

11. come si legge in Cass., S.U. n. 5072 del 2016, il danno di cui all'art. 36 cit., non deriva dalla mancata conversione in rapporto a tempo indeterminato e quindi dalla perdita del posto di lavoro, a cui il dipendente non avrebbe mai avuto diritto non avendo superato un concorso pubblico per un posto stabile. Il danno per il dipendente pubblico conseguente alla reiterazione di plurimi contratti a termine è altro: il lavoratore a termine nel pubblico impiego, se il termine è illegittimamente apposto, perde la chance della occupazione alternativa migliore; è il cit. art. 36, comma 5, che definisce il danno risarcibile come derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative e non già come derivante dalla perdita di un posto di lavoro;

12. in quanto derivante dalla esecuzione del contratto concluso in violazione di norme imperative, il danno risarcibile in base al cit. art. 36, comma 5, è un danno da responsabilità contrattuale, così definito nella citata pronuncia delle Sezioni Unite, il cui risarcimento deve comprendere, ai sensi dell'art. 1223 c.c., sia la perdita subita, nella specie dal lavoratore, sia il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta;

13. ai fini della misura risarcitoria prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 5, le Sezioni Unite cit., adottando una interpretazione conforme al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), hanno fatto riferimento alla fattispecie omogenea di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come "danno comunitario", determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto;

14. da quanto detto discende che il danno risarcibile ai sensi del citato art. 36, ha origine contrattuale e il relativo diritto è pertanto assoggettato alla prescrizione ordinaria decennale (cfr. Cass. n. 9402 del 2017 in motivazione; n. 14996 del 2012; n. 12697 del 2001);

15. la sentenza d'appello si è attenuta ai principi appena richiamati e si sottrae pertanto alle censure di violazione di legge proposte col motivo di ricorso in esame;

16. da quanto detto discende il rigetto del ricorso principale, risultando assorbito il ricorso incidentale condizionato;

17. le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo il criterio di soccombenza e liquidate come in dispositivo;


venerdì 6 novembre 2020

 Come deve essere determinata la subordinazione?



Cass. 03/11/2020, n. 24391

Non è idoneo a surrogare il criterio della subordinazione, inteso quale vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, neanche  il nomen iuris che al rapporto di lavoro sia dato dalle sue stesse parti il quale, pur costituendo un elemento dal quale non si può in generale prescindere, assume rilievo decisivo ove l'autoqualificazione non risulti in contrasto con le concrete modalità del rapporto medesimo.

giovedì 5 novembre 2020

 Entro quali limiti è risarcibile la mancata fornitura di vestiario ai dipendenti?





Cass. , 30/10/2020, n. 24146

La mancata fornitura della massa vestiaria ai dipendenti rappresenta un inadempimento contrattuale che legittima l'azione risarcitoria, ma a condizione che il lavoratore alleghi e dimostri di avere subito un pregiudizio economico, qual è l'usura di abiti propri, o di avere dovuto sopportare un costo per l'acquisto dei beni non forniti dal datore.




il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, sono infondati alla luce della giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche dagli stessi ricorrenti, che ha ravvisato nella mancata fornitura della massa vestiaria un inadempimento contrattuale che legittima l'azione risarcitoria, ma a condizione che il lavoratore alleghi e dimostri di avere subito un pregiudizio economico, qual è l'usura di abiti propri (Cass. n. 4100/1995), o di avere dovuto sopportare un costo per l'acquisto dei beni non forniti dal datore (Cass. n. 23897/2008);

13. alla mancata prova del danno non può sopperire la valutazione equitativa, perchè l'esercizio del potere discrezionale conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c. presuppone che sia dimostrata l'esistenza di danni risarcibili ma risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, sicchè resta fermo l'onere della parte di dimostrare l'an debeatur del risarcimento (Cass. n. 20889/2016) onere che la Corte territoriale, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto non assolto nella fattispecie;

14. il danno all'immagine per la mancata tempestiva sostituzione delle divise non può essere ritenuto in re ipsa perchè al contrario, al pari di ogni altra voce di danno, deve essere allegato e provato da chi ne pretende il risarcimento, in quanto non coincide con l'inadempimento ma è una conseguenza dello stesso (Cass. n. 31537/2018);

mercoledì 4 novembre 2020

 Quando può essere risarcito il danno differenziale?



Cass. 02/11/2020, n. 24202

Ai fini dell'accertamento del danno differenziale, è sufficiente che siano dedotte in fatto dal lavoratore circostanze che possano integrare gli estremi di un reato perseguibile d'ufficio, rilevando che anche la violazione delle regole di cui all'art. 2087 c.c., norma di cautela avente carattere generale, è idonea a concretare la responsabilità penale.

martedì 3 novembre 2020

 In caso di cessione d'azienda ex art. 2112 cc è necessario il consenso del lavoratore al trasferimento?




Cass. civ. Sez. lavoro, 19/01/2018, n. 1382

Nelle ipotesi di cessione d'azienda si realizza, con riferimento alla posizione del lavoratore, una successione legale nel contratto che non richiede il consenso del contraente ceduto, il quale potrà successivamente esercitare il proprio diritto di recesso nei termini sanciti dal comma quarto dell'art. 2112 cod. civ.

lunedì 2 novembre 2020

 Come si determina il danno da demansionamento?



Cass. 22/10/2020, n. 23144

In tema di demansionamento e dequalificazione professionale, il pregiudizio - danno non patrimoniale - non si identifica con l'inadempimento datoriale e non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento, ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale.