giovedì 31 gennaio 2019

Quali comportamenti sono sanzionabili ai sensi della legge 146 del 1990?

Cass. 28/01/2019, n. 2298

In ipotesi di astensione collettiva dalle prestazioni delle associazioni e degli organismi rappresentativi dei lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, l'art. 4, comma 4, seconda parte, della legge 12 giugno 1990, n. 146, recante norme sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, deve essere interpretato nel senso che costituisce comportamento valutabile dalla Commissione di garanzia, ai fini dell'eventuale deliberazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla disposizione richiamata, ogni condotta, attiva od omissiva, in violazione dei precetti desumibili dalla disciplina che regolamenta tale astensione collettiva, tra cui anche il comportamento omissivo attuato da detti soggetti in violazione del dovere di dissociarsi pubblicamente ed in modo inequivoco da forme di protesta che, inserendosi nella rivendicazione di categoria indetta dalle associazioni e dagli organismi rappresentativi, siano esercitate senza il rispetto delle misure dirette a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili al fine di garantire nei servizi pubblici essenziali il godimento di diritti della persona costituzionalmente tutelati.

mercoledì 30 gennaio 2019

Quando si ha trasferimento di azienda?



Cass.15-03-2017, n. 6770




Ai fini del trasferimento d'azienda la disciplina dell'art. 2112 c.c. postula che il complesso organizzato dei beni dell'impresa - nella sua identità obiettiva - sia passato a un diverso titolare in forza di una vicenda giuridica riconducibile al fenomeno della successione in senso ampio.

Questa Corte ha già affermato, con principio che va qui ribadito, che il trasferimento d'azienda o di un ramo di azienda è configurabile anche in ipotesi di successione nell'appalto di un servizio, sempre che si abbia un passaggio di beni di non trascurabile entità, tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa (Cassazione civile, sez. lav., 16/05/2013, n. 11918; Cass. 13 aprile 2011 n. 8460; Cass. 15 ottobre 2010 n. 21278; Cass. 10 marzo 2009 n. 5708; Cass. 8 ottobre 2007 n. 21023; Cass. 13 gennaio 2005 n. 493; Cass. 27 aprile 2004 n. 8054; Cass. 29 settembre 2003 n. 13949). Analoghe considerazioni valgono quando alla cessazione dell'appalto il servizio torni in gestione diretta all'imprenditore già committente.

Questo assunto trova conforto in numerose decisioni della Corte di Giustizia; secondo una giurisprudenza costante del giudice Europeo (per tutte: Corte giustizia UE, sez. 2, 09/09/2015, Joào Filipe Ferreira da Silva e Brito più altri e giurisprudenza ivi citata), il criterio decisivo, per stabilire se sussista un trasferimento, nel senso della direttiva 2001/23, consiste nel fatto che l'entità economica conservi la sua identità a prescindere dal cambiamento del proprietario, il che si desume in particolare dal proseguimento effettivo o dalla ripresa della sua gestione. Per determinare se questa condizione sia soddisfatta, si deve prendere in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l'operazione, fra le quali rientrano, in particolare, il tipo d'impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno degli elementi materiali, il valore degli elementi materiali al momento del trasferimento, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela nonchè il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un'eventuale sospensione di tali attività.

Questi elementi, tuttavia, sono soltanto aspetti parziali di una valutazione complessiva sicchè l'importanza da attribuire rispettivamente ai singoli criteri varia in funzione dell'attività esercitata o addirittura in funzione dei metodi di produzione o di gestione utilizzati nell'impresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento di cui trattasi.

In accordo con il giudice Europeo deve precisarsi, quanto all'elemento del trasferimento dei mezzi di produzione, che l'accertamento dell'avvenuto trasferimento non è subordinato al trasferimento della proprietà degli elementi materiali (cfr. Corte di Giustizia, sez. 3, 15 dicembre 2005 Nurten Gliney-Gorres e altri, punti 37-42 e giurisprudenza ivi richiamata) ed ancora, quanto al trasferimento del personale, che quando un'entità economica sia in grado, in determinati settori, di operare senza elementi patrimoniali significativi la conservazione della sua identità, al di là dell'operazione di cui essa è oggetto, non può dipendere dalla cessione di tali elementi sicchè, nei settori in cui l'attività si fonda essenzialmente sulla mano d'opera, un gruppo di lavoratori- costituente parte essenziale, in termini di numero e di competenza, del personale specificamente destinato dal predecessore alla attività- può corrispondere ad un'entità economica (cfr. Corte di giustizia sez. 6, 24 gennaio 2002, Temco Service Industries SA; 14 aprile 1994, Schmidt; 11 marzo 1997, Suzen; 10 dicembre 1998, Hernandez Vidal e a.).

La Corte di merito, nell'escludere il trasferimento di azienda in capo alla società opponente arrestandosi al dato formale della esistenza di una fattispecie di appalto di servizi, non si è conformata ai suddetti principi, ritenendo erroneamente decisivo il tipo contrattuale.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella corte d'appello di Roma in diversa composizione affinchè provveda ad una nuova valutazione della fattispecie di causa alla luce del principio di diritto sopra affermato.

martedì 29 gennaio 2019

Come è disciplinato il lavoro festivo dal ccnl piloti elicotteristi?

Art. 25 - Maggiorazione per lavoro festivo 1. 

Il Pilota in servizio nelle festività riportate nel successivo comma 2 spetta un maggiorazione della retribuzione pari al 20% della retribuzione giornaliera calcolata dividendo la retribuzione lorda complessiva annuale per 183.

 2. Sono considerati giorni festivi: il 1° giorno dell’anno, L’Epifania; il 25 Aprile, il lunedì dopo Pasqua, il 1° maggio, il giorno dell’Assunzione, il giorno di Ognissanti, il giorno della Immacolata Concezione, il giorno di Natale, il 26 Dicembre.

lunedì 28 gennaio 2019


Quando il padre può godere dei riposi ex art. 40 dlgs 151 del 2001 in caso di lavoratrice autonoma?



L'alternatività nel godimento dei riposi giornalieri da parte del padre è prevista, ex art. 40, D.Lgs. n. 151 del 2001, solo in relazione al caso in cui la madre lavoratrice dipendente non se ne avvalga, con conseguente esclusione del caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente (come nella fattispecie, ove la madre è lavoratrice autonoma). In tal caso, pertanto, il padre può fruire dei permessi giornalieri durante il primo anno di vita anche nel periodo di fruizione della indennità di maternità da parte della madre. Tale conclusione non solo trova giustificazione nella differente tutela economica per la lavoratrice autonoma rispetto alla lavoratrice dipendente, ma risulta funzionale e rispondente allo scopo primario che è posto alla base di tali riposi giornalieri, precipuamente diretti a garantire l'assistenza e la protezione della prole, di talché, del tutto coerentemente, la legge prevede nel caso della lavoratrice autonoma la possibilità della madre di rientrare al lavoro dopo il parto e, nel contempo, il diritto del padre di fruire dei riposti giornalieri nel medesimo periodo.

Riposi

Art. 40. Riposi giornalieri del padre(legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 6-ter) 

1. I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:

a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o di grave infermità della madre.



Art. 39. Riposi giornalieri della madre (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10) 

1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.

2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda.

3. I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.

venerdì 25 gennaio 2019

Il datore di lavoro può trattenere sul TFR per somme erogate in più al lavoratore?




Cass. 21-01-2019, n. 1513
12. questa Corte ha ripetutamente affermato che si è in presenza di compensazione c.d. impropria se la reciproca relazione di debito-credito nasce da un unico rapporto (qual è indubbiamente il rapporto di lavoro), in cui l'accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite può essere compiuto dal giudice d'ufficio, diversamente da quanto accade nel caso di compensazione propria, che, per operare, postula l'autonomia dei rapporti e richiede l'eccezione di parte (Cass. Ord. n. 10132 del 2018; Cass. n. 12302 del 2016; Cass. n. 21646 del 2016);

13. si è precisato come, in tema di estinzione delle obbligazioni, è configurabile la cosiddetta compensazione atecnica allorchè i crediti abbiano origine da un unico rapporto - la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l'accertamento del dare e avere, senza che sia necessaria la proposizione di un'apposita domanda riconvenzionale o di un'apposita eccezione di compensazione, che postulano, invece, l'autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono (Cass. n. 14688 del 2012; Cass. n. 28855 del 2008; Cass. n. 16561 del 2002);

14. non hanno pregio le deduzioni dei controricorrenti sulla violazione dell'art. 2120 c.c., che prevede la possibilità di anticipazioni sul tfr solo a richiesta del lavoratore, essendo esclusa la natura degli acconti (indebitamente) versati dalla società quali anticipi del tfr;

15. inoltre, secondo l'orientamento di questa Corte, la compensazione del tfr con crediti del datore di lavoro è legittima, posto che il divieto previsto dall'art. 1246 c.c., n. 3, in relazione ai crediti impignorabili, opera solamente con riguardo alla compensazione "propria", che ricorre quando le reciproche ragioni di debito-credito nascono da distinti rapporti giuridici, e non anche per quella "impropria", ove le suddette ragioni provengono da un unico rapporto, quale è indubbiamente il rapporto di lavoro, (Cass. n. 21646 del 2016; Cass. n. 5024 del 2009); 




giovedì 24 gennaio 2019

A quali categorie sono rivolte le norme sul collocamento dei disabili?

In forza dell'art. 1 della l. 68 del 1999:

La presente legge ha come finalità la promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Essa si applica:
a) alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità, nonché alle persone nelle condizioni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 12 giugno 1984, n. 222; (3)
b) alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti;
c) alle persone non vedenti o sordomute, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni;
d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.



2. Agli effetti della presente legge si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono per sordomuti coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell'apprendimento della lingua parlata.


3. Restano ferme le norme per i centralinisti telefonici non vedenti di cui alle leggi 14 luglio 1957, n. 594, e successive modificazioni, 28 luglio 1960, n. 778, 5 marzo 1965, n. 155, 11 aprile 1967, n. 231, 3 giugno 1971, n. 397, e 29 marzo 1985, n. 113, le norme per i massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti di cui alle leggi 21 luglio 1961, n. 686, e 19 maggio 1971, n. 403, le norme per i terapisti della riabilitazione non vedenti di cui alla legge 11 gennaio 1994, n. 29, e le norme per gli insegnanti non vedenti di cui all'articolo 61 della legge 20 maggio 1982, n. 270. Per l'assunzione obbligatoria dei sordomuti restano altresì ferme le disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 della legge 13 marzo 1958, n. 308.
Quando i lavoratori divenuti disabili possono essere computati nella quota di riserva?

In forza del comma 4 art. 4 l.68 del 1999

I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 se hanno subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l'assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all'articolo 8.

mercoledì 23 gennaio 2019

I costi dei veicoli affidati dal datore di lavoro ai dipendenti rientrano nei costi d'impresa deducibili?

Cass. civ. Sez. V, 16/01/2019, n. 874

I costi sostenuti dalla parte datoriale in relazione ai veicoli dati in uso ai dipendenti per l'espletamento della propria attività di lavoro sono certamente deducibili in quanto sicuramente inerenti all'attività di impresa.

martedì 22 gennaio 2019

In caso di reiterazione dei contratti a termine nel pubblico impiego come viene determinato il danno?

Cass. 16/01/2019, n. 992

Nel lavoro pubblico contrattualizzato, in conformità con il canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13) e con i principi enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 5072 del 2016, ai fini del risarcimento del danno spettante al lavoratore nell'ipotesi di illegittima o abusiva reiterazione di contratti di somministrazione di lavoro a termine, deve farsi riferimento alla fattispecie di portata generale di cui all'art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010, da configurare come corrispondente ad un danno presunto, con valenza sanzionatoria qualificabile come "danno comunitario", determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, che non può comunque farsi derivare dalla perdita del posto (in assenza di una assunzione tramite concorso ex art. 97, u.c., Cost.). Ciò non dà luogo ad una posizione di favore del dipendente pubblico rispetto al lavoratore privato, atteso che per il primo l'indennità forfetizzata agevola l'onere probatorio del danno subito pur rimanendo salva la possibilità di provare un danno maggiore, mentre per il lavoratore private essa funge da limite al danno risarcibile: tale restrizione è, tuttavia, bilanciata al diritto alla conversione del rapporto di lavoro, insussistente nel lavoro pubblico.

lunedì 21 gennaio 2019


A quanto ammonta il contributo Naspi in caso di licenziamento collettivo per le imprese tenute al finanziamento dell'integrazione salariale straordinaria?


Art. 1 - Comma 137 L 27/12/2017, n. 205

137. A decorrere dal 1° gennaio 2018, per ciascun licenziamento effettuato nell'ambito di un licenziamento collettivo da parte di un datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento dell'integrazione salariale straordinaria, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, l'aliquota percentuale di cui all'articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92, è innalzata all'82 per cento. Sono fatti salvi i licenziamenti effettuati a seguito di procedure di licenziamento collettivo avviate, ai sensi dell'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, n. 223, entro il 20 ottobre 2017.

venerdì 18 gennaio 2019

Quando un professionista deve versare l'Irap?


Il presupposto per l'applicazione dell'IRAP, secondo la previsione dell'art. 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997, è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Il requisito dell'autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture riferibili ad altri; impieghi beni strumentali eccedenti, l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui. E' irrilevante, ai fini della ricorrenza del predetto presuppsoto, l'ammontare del reddito conseguito.

giovedì 17 gennaio 2019

Come è determinato il periodo in cui calcolare il reddito ai fini degli ANF?

In forza dell'art. 2 comma 9 DL 1988 n. 69 

 “9. Il reddito del nucleo familiare è costituito dall'ammontare dei redditi complessivi, assoggettabili all'Irpef, conseguiti dai suoi componenti nell'anno solare precedente il 1° luglio di ciascun anno ed ha valore per la corresponsione dell'assegno fino al 30 giugno dell'anno successivo.”

mercoledì 16 gennaio 2019

Quando si ha diritto alla capitalizzazione della rendita da infortunio?

TU 1124 del 1965 Art. 75

Qualora, dopo la scadenza del decennio dalla costituzione della rendita, il grado di inabilità permanente residuato all'infortunato risulti determinato in maniera definitiva nella misura superiore al dieci e inferiore al sedici per cento, è corrisposta, ad estinzione di ogni diritto, una somma pari al valore capitale, determinato in base alle tabelle di cui al primo comma dell'art. 39 dell'ulteriore rendita spettante, calcolata sul limite minimo di retribuzione annua ai sensi del terzo comma dell'art. 116, applicabile al momento della liquidazione di tale somma.

martedì 15 gennaio 2019

Quali trattamenti hanno sostituito gli ANF?

 in forza dell’art. 2 DL 1988 n. 69

“2. 1. Per i lavoratori dipendenti, i titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali derivanti da lavoro dipendente, i lavoratori assistiti dall'assicurazione contro la tubercolosi, il personale statale in attività di servizio ed in quiescenza, i dipendenti e pensionati degli enti pubblici anche non territoriali, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1988, gli assegni familiari, le quote di aggiunta di famiglia, ogni altro trattamento di famiglia comunque denominato e la maggiorazione di cui all'art. 5, D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 marzo 1983, n. 79, cessano di essere corrisposti e sono sostituiti, ove ricorrano le condizioni previste dalle disposizioni del presente articolo, dall'assegno per il nucleo familiare.

lunedì 14 gennaio 2019

Come è determinato il nucleo familiare ai fini dell'erogazione degli ANF?

art. 2 comma del DL 1988 n. 69 comma 6

6. Il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro. Del nucleo familiare possono far parte, alle stesse condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i fratelli, le sorelle ed i nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non essere fornito conseguito il diritto a pensione ai superstiti 


sabato 12 gennaio 2019

Quando si ha evasione contributiva?


Cass. 09/01/2019, n. 270

In tema di contratti di lavoro, l'illegittima stipulazione di contratti a progetto, benché regolarmente denunciati e registrati, ed ancor di più la somministrazione illecita di personale attraverso l'apporto di pseudo volontari o la conclusione di contratti di appalto illeciti concretizzano l'ipotesi di "evasione contributiva" di cui all'art. 116, comma 8, lett. b) della L. 23 dicembre 2000, n. 388, e non la meno grave fattispecie di "omissione contributiva" di cui alla lettera a) della medesima norma, in quanto implicano occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fanno presumere l'esistenza della volontà datoriale di realizzarli allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti.

giovedì 10 gennaio 2019

Quale è la nozione di giustificatezza del licenziamento  del dirigente?


Cass. 04/01/2019, n. 87

La nozione di giustificatezza introdotta dalla contrattazione collettiva in materia di licenziamento del dirigente è nettamente distinta dalle nozioni di giusta causa e di giustificato motivo di cui all'art. 2119 c.c. e all'art. 3, L. n. 604 del 1966, traducendosi essenzialmente, in assenza di arbitrarietà e pretestuosità o, per converso, nella ragionevolezza del provvedimento datoriale. La nozione di giustificatezza si estende sino a comprendere qualsiasi motivo di recesso che ne escluda l’arbitrarietà, con i limiti del rispetto dei principi di correttezza e buona fede e del divieto del licenziamento discriminatorio.


Quali norme del TU sulla maternità si applicano al lavoro domestico?

In forza dell'art. 62 del Dlgs 151 del 2001:

1. Le lavoratrici e i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari hanno diritto al congedo di maternità e di paternità. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 3, 16, 17, 22, comma 3 e 6, ivi compreso il relativo trattamento economico e normativo.

2. Per il personale addetto ai servizi domestici familiari, l'indennità di cui all'articolo 22 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le modalità e le disposizioni stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403.



In particolare:

art. 6 comma 3
3. Salva l'ordinaria assistenza sanitaria e ospedaliera a carico del Servizio sanitario nazionale, le lavoratrici, durante la gravidanza, possono fruire presso le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate, con esclusione dal costo delle prestazioni erogate, oltre che delle periodiche visite ostetrico-ginecologiche, delle prestazioni specialistiche per la tutela della maternità, in funzione preconcezionale e di prevenzione del rischio fetale, previste dal decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 1, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124, purché prescritte secondo le modalità ivi indicate.

Art. 16. Divieto di adibire al lavoro le donne(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 4, comma 1 e 4)
1. E' vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo quanto previsto all'articolo 20;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto, salvo quanto previsto all'art. 20;
d) durante i giorni non goduti prima del parto, qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Tali giorni si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi di cui alle lettere a) e c) superi il limite complessivo di cinque mesi.
1.1. In alternativa a quanto disposto dal comma 1, è riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro. 
1-bis. Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall'inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l'attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.

Art. 17. Estensione del divieto(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10) 
1. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
2. La Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i seguenti motivi: 
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7e 12.
3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 è disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalità definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice. 
4. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 è disposta dalla Direzione territoriale del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza emerga l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima. 
5. I provvedimenti previsti dal presente articolo sono definitivi. 

Art. 22. Trattamento economico e normativo(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 6, 8 e 15, commi 1 e 5; legge 9 dicembre 1977, n. 903, art. 3, comma 2; decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, art. 6, commi 4 e 5) 
1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità, anche in attuazione degli articoli 7, comma 6, e 12, comma 2.
2. L'indennità di maternità, comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia, è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e con gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie. 
3. I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
4. I medesimi periodi non si computano ai fini del raggiungimento dei limiti di permanenza nelle liste di mobilità di cui all'articolo 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223, fermi restando i limiti temporali di fruizione dell'indennità di mobilità. I medesimi periodi si computano ai fini del raggiungimento del limite minimo di sei mesi di lavoro effettivamente prestato per poter beneficiare dell'indennità di mobilità.
5. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti.
6. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
7. Non viene cancellata dalla lista di mobilità ai sensi dell'articolo 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, la lavoratrice che, in periodo di congedo di maternità, rifiuta l'offerta di lavoro, di impiego in opere o servizi di pubblica utilità, ovvero l'avviamento a corsi di formazione professionale.

martedì 8 gennaio 2019

I tempi di vestizione nella sanità pubblica danno diritto alla retribuzione?

Cass.24-05-2018, n. 12935

2.1. il secondo motivo è infondato, ritenendo il collegio di dare continuità al principio affermato da questa Corte (Cfr. Cass. n. 27799 del 2017) secondo il quale, nel silenzio della contrattazione collettiva, il tempo di vestizione/svestizione dà diritto alla retribuzione, al di là del rapporto sinallagmatico, trattandosi di obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto;

NB
Fattispecie antecedente all'entrata in vigore del ccnl 22 maggio 2018

lunedì 7 gennaio 2019

Nel rapporto di lavoro  con gli infermieri i passaggio di consegne tra un turno e l'altro deve essere remunerato?

Cass. 22/11/2017, n. 27799

In materia di orario di lavoro nell'ambito dell'attività infermieristica, il cambio di consegne nel passaggio di turno, in quanto connesso, per le peculiarità del servizio sanitario, all'esigenza della presa in carico del paziente e ad assicurare a quest'ultimo la continuità terapeutica, è riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro, sicché va considerato, di per sè stesso, meritevole di ricompensa economica, quale espressione della regola deontologica, avente dignità giuridica, della continuità assistenziale. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 22/12/2011)

venerdì 4 gennaio 2019

Il documento di valutazione rischi deve essere redatto prima della sosttoscrizione del contratto a termine?

Tribunale Milano Sez. lavoro, 06/02/2017

Il termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato, soggetto alla disciplina di cui al Decreto legislativo n. 81 del 2015, è nullo qualora il negozio sia stato stipulato prima della formazione del documento di valutazione dei rischi.

giovedì 3 gennaio 2019

In caso di annullamento giudiziale delle dimissioni per incapacità da quando decorre il diritto alle retribuzioni?

Cass. 06-09-2018, n. 21701

3. La sentenza gravata ha ricostruito la fattispecie nell'ambito dell'art. 428 c.c., comma 1, secondo il quale "Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere e di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore". Ammesso lo stato d'incapacità temporaneo siccome accertato dalla CTU disposta in primo grado, con riferimento al momento dell'atto dismissivo assunto come pregiudizievole (Cass. n.02500/2017), e ritenuto provato il grave pregiudizio nella perdita della fonte di reddito e nell'alterazione dei rapporti familiari e sociali, in applicazione dell'orientamento espresso da questa Corte nella decisione n. 8886/2010, ha ritenuto che l' E. avesse diritto alle retribuzioni maturate dalla data della domanda giudiziale.

4. L'orientamento che è andato consolidandosi sulla materia, fin dalla sentenza n.18844/2010, di poco successiva a quella invocata dalla Corte d'Appello, ha focalizzato il diritto risarcitorio derivante dall'annullamento di un atto illegittimo estintivo del rapporto di lavoro, secondo le regole sull'inadempimento delle obbligazioni, sulla natura sinallagmatica del rapporto. In tal senso, dunque, si è definitivamente affermato il convincimento, da cui non si ritiene di doversi in questa sede discostare, secondo il quale, nell'ipotesi di annullamento di dimissioni presentate da un lavoratore subordinato - nella specie perchè in stato di accertata incapacità naturale - le retribuzioni a esso spettanti vanno calcolate dalla data della sentenza che dichiara l'illegittimità dell'atto unilaterale dismissivo, atteso che l'annullamento di un negozio giuridico con efficacia retroattiva non comporta di per sè il diritto alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione. Stante la natura sinallagmatica del contratto di lavoro, infatti, il diritto alla retribuzione discende necessariamente dalla prestazione dell'attività, e la possibilità del pagamento della prima, in mancanza della seconda rappresenta un'eccezione che deve essere espressamente prevista dalla legge, così come ad esempio avviene nelle ipotesi di malattia o licenziamento non sorretto da una giusta causa o da un giustificato motivo (Cass. n.14438/2000; n.13045/2005, n.2261/2012; n.22063/2014).

mercoledì 2 gennaio 2019

Come regolamenta il secondo livello di contrattazione il ccnl logistica 


Art. 38 – Secondo livello di contrattazione
1. Il secondo livello di contrattazione riguarda materie ed istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli già disciplinati dal presente CCNL e verrà pertanto svolto per le materie stabilite dalle specifiche clausole di rinvio del CCNL in conformità ai criteri e alle procedure ivi indicate.
Le parti stipulanti il presente CCNL Logistica, Trasporto merci e Spedizione, concordano che al secondo livello di contrattazione si possano sottoscrivere accordi che consentano di favorire la crescita e la competitività delle imprese.
2. Gli accordi di secondo livello stipulati successivamente alla data del presente rinnovo contrattuale hanno durata triennale e sono rinnovabili nel rispetto del principio dell'autonomia dei cicli negoziali al fine di evitare sovrapposi-zioni con i tempi di rinnovo del CCNL e delle relative erogazione economiche. Le richieste di rinnovo degli accordi azienda-li/territoriali di cui al presente articolo devono essere presentate all’azienda e/o all’associazione datoriale in tempo utile per consentire l’apertura delle trattative due mesi prima della scadenza degli accordi stessi. L’azienda e/o l’associazione datoriale dovranno procedere a convocare un apposito incontro entro 20 giorni dalla data di ricevimento della piattaforma. La tratta-tiva si dovrà sviluppare e concludere entro i successivi 70 giorni. Nelle more dell’espletamento della procedura le parti sono tenute ad astenersi dall’assumere iniziative unilaterali sulle materie in argomento.
3. Le erogazioni derivanti dalla contrattazione di secondo livello sia aziendale che territoriale devono avere caratteristiche tali da consentire l'applicazione del particolare trattamento previsto dalle leggi vigenti.
4. Gli importi di tali erogazioni sono variabili e non predeterminabili. Le erogazioni del secondo livello di contrattazione sono strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, miglioramento della competitività delle imprese, maggiore innovazione, efficienza organizzativa ed altri elementi di competitività di cui le imprese dispongono, compresi i margini di produttività, che potrà essere impegnata per accordo tra le parti, nonché ai risultati legati all'andamento economico dell'impresa. Al fine dell'acquisizione di elementi di conoscenza comune per la definizione degli obiettivi del secondo livello di contrattazione, vanno valutate le condizioni dell'impresa e del lavoro, le prospettive di sviluppo anche occupazionale, tenendo conto dell'andamento e delle prospettive della competitività e delle condizioni essenziali di redditività. Precedenti erogazioni economiche contrattate a titolo di produttività, comunque denominate, anche parzialmente variabili, dovranno essere ricondotte, senza assorbimenti, nell'ambito delle nuove erogazioni sia per la parte variabile che per la parte fissa.
5. I parametri ed i meccanismi utili alla determinazione quantitativa delle erogazioni saranno definiti contrat-tualmente a livello territoriale tra le competenti organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle imprese ovvero, alternativa-mente, nell'ambito di ciascuna unità produttiva locale e in imprese con oltre 15 dipendenti con le RSU assistite dalle OO.SS. territoriali; le imprese forniranno annualmente le informazioni necessarie.
Laddove non fosse realizzata per la vigenza del CCNL la contrattazione aziendale entro i tempi previsti dal comma 2 del presente articolo, l’azienda dovrà applicare l’accordo territoriale, fermo restando che i due livelli non si possono sommare.
Al fine dell'acquisizione di elementi di conoscenza comune per la definizione dei parametri utili per la contrattazione di secondo livello, le parti, anche in base ai dati dell’ente bilaterale, valuteranno preventivamente le condizioni del comparto nel territorio.
Laddove a livello territoriale non si pervenisse ad un accordo entro i termini previsti dalla procedura di cui al comma 2 del presente articolo, ai lavoratori interessati sarà corrisposto a titolo di elemento perequativo un’erogazione pari al 1,5% del minimo conglobato, provvisoria ed assorbibile da eventuale accordi di secondo livello sottoscritti nel triennio di riferimento. Trascorso tale termine l’importo diventerà definitivo e non riassorbibile da nessuna erogazione successiva concessa a titolo di contrattazione di secondo livello.
Nella località ove non sia presente un’associazione territoriale aderente alle organizzazioni datoriali firmatarie il presente CCNL, la piattaforma di cui al presente comma sarà inviata alla associazione regionale o, in mancanza, alla struttura territoriale della confederazione di riferimento.
6. In comparti omogenei, qualora se ne ravvisi la necessità, potranno essere concordati tra le parti criteri ge-nerali al fine di favorire omogeneità di impostazione alla contrattazione aziendale di secondo livello.
7. Fermo restando quanto previsto in materia dei compiti delle RSA/RSU dei lavoratori all'art.40 del CCNL e quanto contenuto al Capitolo I sulle relazioni industriali, la contrattazione di secondo livello avrà per oggetto i trattamenti economici con le modalità e i criteri sopra indicati, in ogni caso non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del CCNL.
8. Le parti si impegnano a non modificare le condizioni del presente contratto nazionale per tutto il suo pe-riodo di attività.

Le OO.SS. dei lavoratori stipulanti il presente contratto si impegnano, anche a nome e per conto dei propri organismi terri-toriali ed aziendali a dare corretta attuazione ai principi del presente articolo.

In questo ambito le parti si impegnano ad avviare i confronti richiesti in applicazione del presente articolo.

Le associazioni stipulanti il presente CCNL, nei limiti conferiti dai rispettivi statuti, si impegnano a favorire il pieno svolgi-mento del secondo livello di contrattazione di cui al comma 1.

Deroga per Assologistica

Tenuto conto che Assologistica non ha strutture territoriali, le piattaforme dovranno essere inviate alla sede nazionale.