venerdì 28 febbraio 2020

Cosa caratterizza il contratto di apprendistato?

Corte d'Appello Roma Sez. lavoro Sent., 30/10/2019


In tema di contratto di apprendistato, esso si configura quale negozio a causa mista, essendo rappresentata la sua funzione dallo scambio tra l'addestramento professionale e la prestazione di lavoro; pertanto, va escluso che detto contratto possa essere concluso unicamente allo scopo di far svolgere al lavoratore le mansioni tipiche del profilo professionale, dovendo piuttosto prevedere al contempo un'attività di insegnamento. La mancanza dell'insegnamento, infirmando in radice la causa, ne determina la conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con inquadramento del lavoratore nella qualifica ordinaria.

giovedì 27 febbraio 2020

Le tipizzazioni di giusta causa di licenziamento sono vincolanti?





Cass. 10/02/2020, n. 3078

In tema di licenziamento per giusta causa, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell'art. 2119 cod. civ. L'unica eccezione è rappresentata dal fatto di non potere estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi soggettivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall'autonomia delle parti, nel senso che condotte pur astrattamente ed eventualmente suscettibili di integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo ai sensi di legge non possono rientrare nel relativo novero se l'autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse, con clausola migliorativa per il lavoratore, sanzioni meramente conservative. (Nel caso di specie, rigettando il ricorso del lavoratore, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la pronuncia impugnata con la quale la corte territoriale aveva affermato la legittimità del licenziamento disciplinare intimato al ricorrente, ritenuto responsabile, utilizzando furtivamente il computer di un collega, di aver stampato presso la filiale ove prestava servizio un file contenente informazioni commerciali riservate da fornire a terzi; con motivazione adeguata e congrua, i giudici di merito hanno rilevato che il licenziamento era stato intimato per giusta causa ritenendo integrato tale elemento ed argomentando, in aggiunta, che tale giudizio era “anche” sostenuto dalla contrattazione collettiva.)

mercoledì 26 febbraio 2020

Può essere prolungato il preavviso contrattuale per dimissioni?
Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 15/09/2016, n. 18122 


In materia di recesso dal rapporto di lavoro, la durata legale o contrattuale del preavviso è derogabile dall'autonomia delle parti, sicché è valida la clausola del contratto individuale che preveda un termine di preavviso per le dimissioni più lungo rispetto a quello stabilito dalla contrattazione collettiva, ove il lavoratore riceva, quale corrispettivo per tale deroga, l'attribuzione di benefici economici e di carriera. (Nella specie, la S.C. ha confermato la legittimità di un prolungamento del periodo di preavviso, da uno a dodici mesi, pattuito a fronte di un avanzamento di carriera e del riconoscimento di un assegno "ad personam"). (Rigetta, App. Bologna, 08/06/2012)
Deve peraltro rilevarsi che, anche a prescindere dal rinvio contenuto nella disciplina collettiva, questa Corte ha da tempo risolto in senso positivo, in ogni caso, il problema della legittimità delle pattuizioni individuali volte a regolamentare il preavviso, affermando (sent. n. 3741/1981) che, nel rapporto di lavoro dipendente, il preavviso si pone come condizione di liceità del recesso, la cui inosservanza è sanzionata dall'obbligo di corrispondere da parte del recedente una indennità sostitutiva; pertanto, esso non può essere preventivamente escluso dalla volontà delle parti nè essere limitato nella sua durata rispetto a quella fissata dalla contrattazione collettiva. E' lecito invece, mediante accordo individuale, pattuirne una maggior durata giacchè tale pattuizione può giovare al datore di lavoro, come avviene nel caso in cui non è agevole la sostituzione del lavoratore recedente, ed è sicuramente favorevole a quest'ultimo che resta avvantaggiato dal computo dell'intero periodo agli effetti della indennità di anzianità, dei miglioramenti retributivi e di carriera e dal regime di tutela della salute, (cfr. anche Cass. n. 5929/79). Nel medesimo senso si è ritenuto (cfr. Cass. n. 18547/2009; Cass. n. 17817/2005) che il lavoratore subordinato può liberamente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell'ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso, e che non contrasta pertanto con alcuna norma o principio dell'ordinamento giuridico la clausola con cui si prevedano limiti all'esercizio di detta facoltà, stabilendosi a carico del lavoratore un obbligo risarcitorio per l'ipotesi di dimissioni anticipate rispetto ad un periodo di durata minima; inoltre, la medesima clausola non rientra neppure in alcuna delle ipotesi di cui all'art. 1341 c.c., comma 2, per le quali è richiesta l'approvazione specifica per iscritto. Il principio è stato ribadito ancor più di recente (Cass. n. 17010/2014), essendosi affermato che il lavoratore subordinato può liberamente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell'ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso, che comporti, fuori dell'ipotesi di giusta causa di recesso di cui all'art. 2119 c.c., il risarcimento del danno a favore della parte non recedente, conseguente al mancato rispetto del periodo minimo di durata del rapporto; nè può prospettarsi, in relazione alle clausole pattizie che regolano l'esercizio della facoltà di recesso dal rapporto di lavoro subordinato, una limitazione della libertà contrattuale del lavoratore, in violazione della tutela assicurata dai principi dell'ordinamento. 
Alla luce di tale ricostruzione, può dirsi che l'ordinamento rimette alle parti sociali ovvero alle stesse parti del rapporto la facoltà di disciplinare la durata del preavviso in relazione alle proprie valutazioni di convenienza, rendendo essenzialmente le parti arbitre del giudizio di maggior favore della disciplina concordata. In tale contesto, la durata legale o contrattuale del preavviso è dunque derogabile dall'autonomia individuale in relazione a finalità meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico, quale quella per il datore di garantirsi nel tempo la collaborazione di un lavoratore particolarmente qualificato, sottraendolo alle lusinghe della concorrenza, mediante l'attribuzione al dipendente di ulteriori benefici economici e di carriera in funzione corrispettiva del vincolo assunto dal dipendente circa la limitazione della facoltà di recesso ancorandone l'esercizio ad un più lungo periodo di preavviso. La pattuizione individuale (peraltro con patto ad efficacia temporanea ben determinata, esaurita la quale i contraenti hanno la possibilità di disdetta con preavviso del patto stesso) di una più ampia durata del preavviso a fronte di cospicui vantaggi per il lavoratore (come, nel caso in esame, l'avanzamento al 2 livello della terza area professionale, con l'attribuzione del relativo trattamento economico, e la corresponsione di un assegno ad personam di lire 300.000 lorde per tredici mensilità) è dunque legittima, essendosi già affermato in sede di legittimità (sentenza n. 23235/2009) il principio, che qui va ribadito, secondo il quale, in materia di recesso dal rapporto di lavoro, è valida la clausola del contratto individuale che preveda un termine di preavviso per le dimissioni più lungo rispetto a quello stabilito per il licenziamento, ove tale facoltà di deroga sia prevista dal contratto collettivo ed il lavoratore riceva, quale corrispettivo per il maggior termine, un compenso in denaro.






Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 10/11/2015, n. 22933


Il patto di prolungamento del preavviso, sorretto da un minimo incremento retributivo e non in rapporto di corrispettività con una preordinata progressione in carriera, è nullo per frode alla legge in quanto finalizzato a perseguire l'interesse tipico del patto di non concorrenza, eludendone tuttavia i limiti di specificazione dell'attività e di adeguatezza del corrispettivo.

martedì 25 febbraio 2020

La carcerazione del dipendente può determinare il licenziamento per giustificato motivo ?




Tribunale Latina Sez. lavoro Sent., 07/10/2019




La carcerazione preventiva del lavoratore per fatti estranei allo svolgimento del rapporto di lavoro, integra un fatto oggettivo determinante una sopravvenuta impossibilità temporanea della prestazione lavorativa, in relazione alla quale la persistenza o meno nel datore di lavoro di un interesse apprezzabile a ricevere le ulteriori prestazioni del lavoratore detenuto deve essere valutata alla stregua di criteri oggettivi, riconducibili a quelli fissati nell'ultima parte dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966.


lunedì 24 febbraio 2020

Che tassazione ha l'incentivo all'esodo?






Cass. 11/02/2020, n. 3264

In tema di incentivo all'esodo del lavoratore, le somme corrisposte dal datore di lavoro, in aggiunta alle spettanze di fine rapporto, come incentivo alle dimissioni anticipate del dipendente, costituiscono reddito di lavoro dipendente, essendo predeterminate al fine di remunerare il consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del rapporto, in funzione del ristoro di un lucro cessante e che le stesse sono assoggettate alla tassazione separata alla stregua delle altre indennità e somme di cui all'art. 16, primo comma, lettera a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - nel testo "ratione temporis" vigente - percepite una tantum in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro.

venerdì 21 febbraio 2020

L'andamento economico negativo costituisce un presupposto necessario per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo?




Cass. 17/02/2020, n. 3908




Ai fini della legittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di un'individuata posizione lavorativa, non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro, sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell'art. 41 Cost.; ove, però, il giudice accerti in concreto l'inesistenza della ragione organizzativa o produttiva, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità e pretestuosità della causale addotta.

giovedì 20 febbraio 2020

La responsabilità solidale ex art. 29 dlgs 276 del 2003 opera anche verso i consorzi?

Cass. 20-06-2018, n. 16259


L'art. 29 citato così come modificato dal D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251, art. 6, commi 1 e 2, nonchè dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 911, era il seguente:


"1. Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'art. 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del,servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del, potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonchè per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.

2. In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti.

3. L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d'appalto, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda.

3 - bis. Quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'art. 414 c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'art. 27, comma 2.

3-ter. Fermo restando quando previsto dagli artt. 18 e 19, le disposizioni di cui al comma 2 non trovano applicazione qualora il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale.

Questa Corte, con particolare riferimento alla tutela riservata ai lavoratori delle ditte appaltatrici o subappaltatrici, ha affermato che.

- i consorzi, quando contrattano con i terzi, operano quali mandatari dei consorziati, per cui le obbligazioni assunte sorgono direttamene in capo al singolo consorziato, senza la necessità della spendita del nome dello stesso (cfr. Cass. n. 16931 del 2014; Cass. n. 3829 del 2001);

- l'assegnazione, da parte dei Consorzi, dei lavori oggetto dell'appalto all'impresa consorziata costituisce una forma di sub-derivazione del contratto d'appalto;

- la legittimazione passiva del Consorzio è stata ritenuta sulla base della qualificazione del negozio di assegnazione in termini di sub-appalto;

- nel caso di subappalto, che altro è se non un contratto "derivato" da altro contratto, trovano applicazione le tutele speciali previste dall'ordinamento ed in particolare quelle speciali previste dall'art. 1676 c.c. e dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, a favore dei lavoratori dipendenti dall'impresa dell'appaltatore nei confronti del committente per preservarli dal rischio di inadempimento dell'appaltatore (cfr. Cass. n. 6208 del 2008, Cass. n. 10439 del 2012; Cass. n. 16931 del 2014; Cass. n. 24368 del 2017).

E' pacifico, in punto di fatto, che i Consorzi EXPO JOB e COISE GROUP hanno sottoscritto contratti d'appalto per la movimentazione di merci che sono stati assegnati alla società consorziata Interaction (datore di lavoro del lavoratore ricorrente, attualmente cancellata dal registro delle imprese).

Pertanto, in relazione ai contratti di appalto stipulati dai Consorzi e poi ceduti all'impresa consorziata Interaction, ed ai fini del rapporto con i lavoratori subordinati di quest'ultima, i Consorzi vanno considerati alla stregua di sub-committenti e la vicenda contrattuale va riguardata come un caso di sub-derivazione dal contratto di appalto, e, quindi, di subappalto; ne consegue l'applicazione della specifica disciplina di tutela in relazione ai diritti dei dipendenti dell'appaltatore (o, come nel caso di specie, dei dipendenti del subappaltatore) ai sensi della L. n. 276 del 2003, art. 29 (e dell'art. 1676 c.c.), all'interno della cui disciplina garantistica ricade, per le già viste considerazioni.

Invero, la suddetta tutela speciale, in base alla quale i lavoratori dipendenti dell'appaltatore hanno, nei confronti del committente, un'azione diretta allo scopo di conseguire quanto è loro dovuto con riferimento all'attività lavorativa prestata per eseguire l'opera appaltata, si applica anche ai dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente o subappaltante, sia in base al criterio di interpretazione letterale, in quanto il contratto di subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza rispetto al contratto-tipo solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto, sia in considerazione della ratio delle norme, che è ravvisabile nell'esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell'appaltatore, atta a preservarli dal rischio dell'inadempimento di questi - esigenza che ricorre identica nell'appalto e nel subappalto (cfr. con riguardo all'art. 1676 c.c., Cass. n. 12048 del 2003).

mercoledì 19 febbraio 2020

Su chi grava l'onere di provare la fondatezza delle pretese contributive in caso di opposizione a cartella di pagamento?

Cass. Ord., 11/02/2020, n. 3279

In materia di riscossione di contributi previdenziali, l'opposizione avverso la cartella esattoriale di pagamento dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale, per cui grava sull'ente previdenziale l'onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa, quali la natura subordinata del rapporto di lavoro.

martedì 18 febbraio 2020

Come è disciplinata l’attività dei lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore attraverso piattaforme digitali? 

Dlgs 81 del 2015 

Art. 47-bis. Scopo, oggetto e ambito di applicazione 

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, le disposizioni del presente capo stabiliscono livelli minimi di tutela per i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all'articolo 47, comma 2, lettera a), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, attraverso piattaforme anche digitali. 

2. Ai fini di cui al comma 1 si considerano piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche utilizzati dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione. 



Art. 47-ter. Forma contrattuale e informazioni 

1. I contratti individuali di lavoro di cui all'articolo 47-bis sono provati per iscritto e i lavoratori devono ricevere ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi, dei loro diritti e della loro sicurezza. 

2. In caso di violazione di quanto previsto dal comma 1, si applica l'articolo 4 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, e il lavoratore ha diritto a un'indennità risarcitoria di entità non superiore ai compensi percepiti nell'ultimo anno, determinata equitativamente con riguardo alla gravità e alla durata delle violazioni e al comportamento delle parti. 

3. La violazione di quanto previsto dal comma 1 è valutata come elemento di prova delle condizioni effettivamente applicate al rapporto di lavoro e delle connesse lesioni dei diritti previsti dal presente decreto. 



Art. 47-quater. Compenso 

1. I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell'organizzazione del committente. 

2. In difetto della stipula dei contratti di cui al comma 1, i lavoratori di cui all'articolo 47-bis non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e ai medesimi lavoratori deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. 

3. Ai lavoratori di cui all'articolo 47-bis deve essere garantita un'indennità integrativa non inferiore al 10 per cento per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli, determinata dai contratti di cui al comma 1 o, in difetto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. 

Art. 47-quinquies. Divieto di discriminazione 

1. Ai lavoratori di cui all'articolo 47-bis si applicano la disciplina antidiscriminatoria e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore previste per i lavoratori subordinati, ivi compreso l'accesso alla piattaforma. 

2. L'esclusione dalla piattaforma e le riduzioni delle occasioni di lavoro ascrivibili alla mancata accettazione della prestazione sono vietate. 

Art. 47-sexies. Protezione dei dati personali 

1. I dati personali dei lavoratori che svolgono la loro attività attraverso le piattaforme digitali sono trattati in conformità alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e al codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. 





Art. 47-septies. Copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali 

1. I prestatori di lavoro di cui al presente capo sono comunque soggetti alla copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali prevista dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124. Il premio di assicurazione INAIL è determinato ai sensi dell'articolo 41 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, in base al tasso di rischio corrispondente all'attività svolta. Ai fini del calcolo del premio assicurativo, si assume come retribuzione imponibile, ai sensi dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, la retribuzione convenzionale giornaliera di importo corrispondente alla misura del limite minimo di retribuzione giornaliera in vigore per tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale, rapportata ai giorni di effettiva attività. 

2. Ai fini dell'assicurazione INAIL, il committente che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto a tutti gli adempimenti del datore di lavoro previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965. 

3. Il committente che utilizza la piattaforma anche digitale è tenuto nei confronti dei lavoratori di cui al comma 1, a propria cura e spese, al rispetto del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. 



Art. 47-octies. Osservatorio 

1. Al fine di assicurare il monitoraggio e la valutazione indipendente delle disposizioni del presente capo, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un osservatorio permanente, presieduto dal Ministro o da un suo delegato e composto da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori di cui al comma 1 dell'articolo 47-bis, designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. L'osservatorio verifica, sulla base dei dati forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'INPS e dall'INAIL, gli effetti delle disposizioni del presente capo e può proporre eventuali revisioni in base all'evoluzione del mercato del lavoro e della dinamica sociale. Ai componenti dell'osservatorio non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato. L'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ed è assicurata con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente. 



lunedì 17 febbraio 2020


In quali condizioni può essere anticipato o prorogato il divieto al lavoro previsto per le lavoratrici madri?




In forza dell'art. 17 del dlgs 151 del 2001:

Art. 17. Estensione del divieto(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 4, commi 2 e 3, 5, e 30, commi 6, 7, 9 e 10) 




1. Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.





2. La Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 16 o fino ai periodi di astensione di cui all'articolo 7, comma 6, e all'articolo 12, comma 2, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i seguenti motivi:

a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12. 


3. L'astensione dal lavoro di cui alla lettera a) del comma 2 è disposta dall'azienda sanitaria locale, con modalità definite con Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, secondo le risultanze dell'accertamento medico ivi previsto. In ogni caso il provvedimento dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice. 



4. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 è disposta dalla Direzione territoriale del lavoro, d'ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza emerga l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione medesima. 





5. I provvedimenti previsti dal presente articolo sono definitivi.

giovedì 13 febbraio 2020

Quando ilo diritto a convocare l'assemblea spetta ada un membro della RSU?


Cass. 06/02/2020, n. 2862


Nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato il diritto d'indire assemblee, di cui all'art. 20 della legge n. 300 del 1970, rientra, quale specifica agibilità sindacale, tra le prerogative attribuite non solo alla RSU considerata collegialmente, ma anche a ciascun componente della RSU stessa, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato che, nell'azienda di riferimento, sia, di fatto, dotato di rappresentatività, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 300 del 1970.

mercoledì 12 febbraio 2020

In quanto si prescrive l'indennità sostitutiva delle ferie?

Cass. 10/02/2020, n. 3021

In tema di indennità sostitutiva delle ferie non godute, stante la natura mista dell'indennità medesima - ovvero sia risarcitoria che retributiva - ai fini della prescrizione, deve ritenersi prevalente il carattere risarcitorio volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo per cui trova applicazione il termine prescrizionale decennale e non quello quinquennale dell'art. 2948 c.c. Mentre, la natura retributiva di tale indennità viene in rilievo, allorché ne debba essere valutata l'incidenza sul trattamento di fine rapporto, ai fini del calcolo degli accessori o dell'assoggettamento a contribuzione.

martedì 11 febbraio 2020

Entro che limiti la valutazione sulla gravità del licenziamento può essere sindacato in cassazione?


Cass. Ord., 04/02/2020, n. 2515

L'accertamento della gravità delle infrazioni poste a base di un licenziamento, in quanto necessariamente mediata dalla valutazione delle risultanze di causa, si risolve in un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità in termini di violazione di legge se non con la specifica denuncia di un contrasto tra il giudizio in tal senso espresso dal giudice di merito ed i principi dell'ordinamento quali delineati dalla giurisdizione di legittimità o gli "standard" valutativi esistenti nella realtà sociale che concorrono, con i principi medesimi, a comporre il diritto vivente.

sabato 8 febbraio 2020

Il licenziamento per superamento del comporto richiede la sussistenza di giustificato motivo oggettivo?

Cass. 04/02/2020, n. 2527

La fattispecie del recesso del datore di lavoro in caso di assenze determinate da malattia del lavoratore si inquadra nello schema previsto ed è soggetta alle regole dettate dall'art. 2110 c.c., che prevalgono, per la loro specialità, sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilita parziale della prestazione lavorativa, sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, con la conseguenza che, in dipendenza di tale specialità e del contenuto derogatorio delle suddette regole, il datore di lavoro, da un lato, non può unilateralmente recedere o, comunque, far cessare il rapporto di lavoro prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cosiddetto periodo di comporto), predeterminato per legge, dalla disciplina collettiva o dagli usi, oppure, in difetto di tali fonti, determinato dal giudice in via equitativa, e, dall'altro, il superamento di quel limite è condizione sufficiente di legittimità del recesso, nel senso che non è all'uopo necessaria la prova del giustificato motivo oggettivo né della sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa, né della correlata impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse, senza che ne risultino violati disposizioni o principi costituzionali.

venerdì 7 febbraio 2020

Quanto è esteso l'obbligo di fedeltà?


Cass. civ. Sez. I Ord., 04/02/2020, n. 2551


In tema di lavoro subordinato, in merito all'obbligo di fedeltà di cui all'art. 2105 c.c., integrano atti di concorrenza sleale non solo gli iniziali atti di gestione di un'attività economica concorrente, purché non meramente preparatori, ma anche soltanto la costituzione di una società avente lo stesso oggetto sociale o un oggetto interferente.

martedì 4 febbraio 2020

L'incentivo all'esodo è soggetto a contribuzione?



Cass. 23-06-2016, n. 13057

4.2. - Il D.L. n. 173 del 1988, art. 4, comma 2 bis, convertito nella L. n. 291 del 1988 (in vigore fino al 31.12.1007), prevede che: "La disposizione recata nel comma 2, n. 3, del testo sostitutivo di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, va interpretata nel senso che dalla retribuzione imponibile sono escluse anche le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori". Tale disposizione ha il dichiarato fine di favorire l'esodo del lavoratori eccedentari, fine che può essere conseguito sia con l'uscita simultanea di un gran numero di lavoratori dall'azienda sia con la uscita in tempi diversi di uno o più lavoratori.

Essa è stata successivamente riprodotta dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 6, comma 1, che, nel sostituire la L. n. 153 del 1969, art. 12 così ha disposto: "Sono esclusi dalla base imponibile le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, nonchè quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l'imponibilità dell'indennità sostitutiva del preavviso".

4.3. - Secondo un primo orientamento di questa Corte (v. Cass. 9 maggio 2002 n. 6663) il presupposto della norma è costituito dall'essere interessati all'esodo una pluralità di lavoratori il cui posto di lavoro non è esposto al rischio della precarietà e che proprio per questa ragione devono essere incentivati a dimettersi attraverso fa corresponsione di una gratifica; secondo un diverso indirizzo (Cass. 18 maggio 1999 n. 4811; Cass. 3 aprile 2004 n. 6607), è irrilevante se la cessazione del rapporto riguardi un singolo dipendente ovvero la simultanea uscita di un gran numero di lavoratori dall'azienda. Questa Corte (Cass., 13 dicembre 2004 n 23230) ha poi precisato che rientrano tra le somme che, ai sensi del D.L. n. 173 del 1988, art. 9, comma 2 bis, convertito nella L. n. 291 del 1988, vanno escluse dalla retribuzione imponibile in quanto corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, non solo quelle conseguite con un apposito accordo per l'erogazione dell'incentivazione anteriore alla risoluzione del rapporto, ma tutte le somme che risultino erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro ai fini di incentivare l'esodo, potendo risultare ciò sia da una indicazione in tal senso nell'atto unilaterale di liquidazione delle spettanze finali, sia da elementi presuntivi (in tal senso, da ultimo, Cass., 15 maggio 2015, n. 10046).

Invero, sul fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva non può incidere in alcun modo la volontà negoziale, che regoli In maniera diversa l'obbligazione contributiva, ovvero risolva con un contratto di transazione à controversia insorta in ordine al rapporto di lavoro, precludendo alle parti il relativo accertamento giudiziale. L'indagine del giudice del merito sulla natura retributiva o meno di determinate somme erogate al lavoratore dal datore di lavoro non trova alcun limite nel titolo formale di tali erogazioni e, quindi, neanche In presenza di una transazione intervenuta a seguito di lite giudiziaria (Cass., 4 ottobre 1985, n. 4809; v. anche, Cass., 2 ottobre 1985; da ultimo, Cass., 17 febbraio 2014, n. 3685).

lunedì 3 febbraio 2020

Per quanto tempo devo conservare la lettera di assunzione del lavoratore ai fini privacy?

L’articolo 40, D.L. 112/2008, convertito dalla L. 133/2008, prevede che, all’atto dell’assunzione, i datori di lavoro, prima dell’inizio dell’attività di lavoro, sono tenuti a consegnare ai lavoratori una copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 9-bis, comma 2, D.L. 510/1996, convertito, con modificazioni, dalla L. 608/1996, e successive modificazioni, adempiendo in tal modo anche alla comunicazione di cui al D.Lgs. 152/1997. 

La comunicazione obbligatoria va conservata nel limite prescrizionale quinquennale, ma, da un punto di vista privacy, si potrebbe giustificare una conservazione decennale, sempre in virtù del termine di prescrizionale decennale dei contributi in presenza di una denuncia da parte del lavoratore interessato o di un suo erede. 

La comunicazione obbligatoria, infatti, potrebbe servire per dimostrare la data di inizio del rapporto di lavoro e, quindi, dell’insorgenza dell’obbligo contributivo.