L'appello notificato senza il rispetto dei termini ex art. 435 comma terzo cpc determina la possibilità di rinnovare la notifica ex art. 291 cpc?
Cass. 5880 del 8 marzo 2017:
1. La questione in rassegna è già stata scrutinata da questa Corte in
numerosi arresti, tra i quali Cass. 10/10/2016 n. 20335 e Cass. 28/08/2013 n. 19818, cui occorre dare continuità, che hanno
affermato che nel rito del lavoro l'inosservanza, in sede di notifica del
ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire previsto dal terzo
comma dell'art. 435 c.p.c. , non determina l'improcedibilità del
gravame, ma dà luogo ad un'ipotesi di nullità della notificazione,
sanabile "ex tunc" per effetto di spontanea costituzione dell'appellato o
di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c., costituendo
questa norma espressione del principio generale dell'ordinamento,
riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo
ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili con
effetto retroattivo, a seguito della rinnovazione disposta dal giudice,
non solo le nullità contemplate dall'art. 160 c.p.c., ma tutte le nullità in
genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all'atto
di raggiungere lo scopo a cui è destinato (art. 156 c. 3 c.p.9), ossia la
regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali
nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all'ufficiale
giudiziario o alla parte istante.
Non si verte infatti nell'ipotesi esaminata dalle Sezioni Unite di questa
Corte nella sentenza 30/07/2008 n. 20604, che ha escluso, in ossequio
al principio di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 della
Costituzione, la possibilità di concessione di nuovo termine per la
notifica, in relazione però al caso in cui la notifica non sia avvenuta o
sia inesistente (e non solamente nulla).
2. Il giudice d' appello era quindi tenuto a concedere il nuovo termine
per il rinnovo della notifica che era stato richiesto dall'appellante, ai
sensi dell'art. 291 cod. proc. civ. , al fine di garantire il rispetto dei
termini a difesa; il mancato rispetto da parte dell'appellante di tale
nuovo termine — necessariamente perentorio — avrebbe comportato
la declaratoria di improcedibilità dell'impugnazione.
Cass. 5855 del 8 marzo 2017
1. Corte d'Appello di Venezia, con la sentenza n. 137/10, pronunciata
sull'appello proposto da Parmesan Luisa nei confronti di Azienda ULSS n. 1 di
Belluno, avverso la sentenza n. 43/2007 emessa, tra le parti, dal Tribunale di
Belluno, dichiarava l'improcedibilità dell'appello ex art. 435, terzo cemnna, cpc,
poichè il decreto di fissazione per l'udienza del 2 marzo 2010 era stato notificato
solo in data 10-16 febbraio 2010, non rispettando il termine a difesa previsto da
tale norma, né veniva giustificato il ritardo..... La Corte d'Appello, dopo aver richiamato
Cass., S.U., n. 20604 del 2008, ha affermato che la notificazione tardiva per
causa imputabile all'appellante è totalmente equiparabile, ai fini giuridici, all'omessa
notificazione, atteso che ne conseguono il medesimo effetto di dilatazione non
giustificata dei tempi del processo e le medesime conseguenze.
Pertanto dichiarava l'improcedibilità dell'appello in ragione della tradiva
notificazione del decreto di fissazione dell'udienza.
Tale statuizione non è corretta.
Va precisato che nella specie viene in rilievo la tardiva notifica del decreto di
fissazione dell'udienza, in quanto intervenuta prima dell'udienza medesima (fissata
per il 2 marzo 2010), ma dopo il cd. termine a difesa (notifica in data 10-16
febbraio 2007).
L'appellata si costituiva eccependo l'improcedibilità dell'impugnazione e in
via subordinata, senza voler sanare il vizio dedotto, si difendeva nel merito,
prospettando l'infondatezza dell'appello (pag. 7 e 8 del controricorso).
Tanto premesso, occorre chiarire che Cass., S.U., n. 20604 del 2008, ha
affermato che «Nel rito del lavoro l'appello pur tempestivamente proposto nel
termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso
depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta non essendo
consentito - alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata (art.
111 Cost., comma 2) - al giudice di assegnare ex art.421 c.p.c. all'appellante,
previa fissazione di una altra udienza di discussione, un termine perentorio per
provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 c.p.c.».
Dunque, si tratta di fattispecie diversa da quelle in esame, ove la notifica
del decreto di fissazione, sia pure oltre il termine a difesa, è intervenuta.
2.6. Scopo della notificazione è quello di provocare la presa di conoscenza di
un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato
nella sua sfera di conoscibilità, con gli effetti che ne conseguono (in termini - per
quanto qui interessa - di instaurazione del contraddittorio).
In presenza di una notificazione nulla, così come opera la sanatoria per
raggiungimento dello scopo, attraverso la costituzione in giudizio della parte
intimata, correlativamente, in mancanza di tale costituzione, il giudice, ai sensi
dell'art. 291 cod. proc. civ., deve dispone la rinnovazione della notificazione
(fissando a tal fine un termine perentorio), a meno che la parte stessa non abbia a
ciò già spontaneamente provveduto. Entrambi i rimedi, che sono previsti a fronte
del verificarsi del medesimo presupposto della nullità della notificazione — con
l'unica peculiarità che l'attivazione spontanea della parte (con la costituzione o la
rinnovazione) rende superfluo l'intervento del giudice —, operano con efficacia ex
tunc, cioè sanano con effetto retroattivo il vizio della notificazione (quella originaria,
nel caso di rinnovazione): ciò è previsto espressamente nel citato art. 291 ("la
rinnovazione impedisce ogni decadenza'), si configura come una normale qualità
del concetto di sanatoria e costituisce un'ulteriore espressione del principio di
strumentalità delle forme.
Va ribadito, per completezza, che il detto effetto sanante ex tunc prodotto
dalla costituzione del convenuto — la quale non è mai tardiva, poiché la nullità della
notificazione impedisce la decorrenza del termine (per tutte, Cass., sez. un., n.
14539 del 2001) - opera anche nel caso in cui la costituzione sia effettuata al solo
fine di eccepire la nullità (tra altre, Cass., sez. un., n. 5785 del 1994; Cass. nn.
10119 del 2006, 13667 del 2007, 6470 del 2011)».
Cass. 20335 del 10 ottobre 2016
"La Corte territoriale ha rilevato che, nonostante il decreto presidenziale di cui
all'art. 435 c.p.c. fosse stato comunicato alla società a mezzo fax in data 28.3.2012,
quest'ultima aveva avviato la procedura notificatoria solo in data 6.2.2013, a fronte di
udienza fissata per il giorno 7.2.2013.
3. Ha ritenuto che, in base ai principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte
nella decisione n. 20604 del 2008, la notifica del ricorso e del pedissequo decreto era
inesistente in quanto inidonea a consentire alla parte appellata di svolgere le sue
difese, per essere stata la notifica avviata solo il giorno precedente la prima udienza di
trattazione (fissata per il giorno 7.2.2013).
4. Per la cassazione di tale sentenza la Muitiservizi srl ha proposto ricorso per
cassazione affidato a due motivi. Maranta Luigi è rimasto intimato.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia illegittimità della sentenza impugnata
per lesione del diritto di difesa e violazione e falsa applicazione degli artt. 435, 136,
421 e 291 c.p.c., sostenendo:...
7. b. che l'improcedibilità dell'appello può essere dichiarata nei soli casi di
inesistenza della notifica e non nei casi, quale quello dedotto in giudizio, in cui la notifica sia stata effettuata, sia pure in violazione dei termini posti, dall'art. 435 c. 3
c.p.c., a tutela del diritto di difesa della parte convenuta. 10. Detta questione è già stata scrutinata da questa Corte in numerose decisioni,
tra le quali: Cass. n.i 16479 del 2015, 16154/2015, 7378/2014, 19818/2013,
8125/2013; Ord, 10775/2016; Cass. SSUU, 9331/1996 (il principio enunziato da detta
decisione, da intendere con la correzione apportata dalla decisione delle Sezioni Unite
n. 30.07.08 n. 20604, per la quale il termine può essere concesso ove la notifica sia
nulla ma non quando sia inesistente).
11. Il Collegio ritiene di dare continuità all'orientamento giurisprudenziale espresso
nelle decisioni sopra richiamate secondo cui:
12. nel rito del lavoro l'inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine
dilatorio a comparire non è configurabile come vizio di forma e di contenuto dell'atto
introduttivo, atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, essa si
verifica quando l'impugnazione è stata già proposta mediante il deposito del ricorso in
cancelleria, mentre nel procedimento ordinario di cognizione il giorno dell'udienza di
comparizione è fissato dalla parte (art. 163 c.p.c., n, 7 e art. 342 c.p.c.), considerato
altresì, che tale giorno è fissato, nel rito del lavoro, dal giudice col suo provvedimento.
Pertanto, tale inosservanza non comporta la nullità dello stesso atto di appello, bensì quella della sua notificazione, sanabile "ex tunc" per effetto di spontanea costituzione
dell'appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c., costituendo
questa norma espressione di un principio generale dell'ordinamento, riferibile ad ogni
atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase
giudiziale, per cui sono sanabili "ex tunc", con effetto retroattivo a seguito della
rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall'art. 160 c.p.c.,
ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono
all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato (art. 156 c. 3 c.p.9, ossia la regolare
costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro
origine in una causa imputabile all'ufficiale giudiziario o alla parte istante.
13. La sovrapponibilità della vicenda dedotta in giudizio alle fattispecie esaminate
nelle richiamate decisioni di questa Corte, desunta dalle motivazioni che sorreggono il
"decisum " della sentenza oggi impugnata e dai motivi dei presente ricorso, esime il
Collegio dalla ripetizione delle argomentazioni motivazionali spese nelle richiamate
sentenze di questa Corte, per nulla contrastate dalla parte controricorrente, rimasta
intimata e che non ha svolto alcuna attività difensiva, e consentono il rinvio "per
relationem" a dette argomentazioni.
15. Il primo motivo del ricorso, quanto al profilo correlato all'art. 435, c. 3 c.p.c.,
va accolto, sulla scorta delle stesse ragioni esposte nelle sentenze richiamate nel
punto n. 10 di questa sentenza.
16. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, con rinvio al giudice
individuato in dispositivo, che in applicazione dei principi indicati nel punto 12 di
questa sentenza, dovrà assegnare un termine per la rinnovazione della notificazione
dell'atto di appello e fissare una nuova udienza di discussione, che l'appellante dovrà
notificare alla controparte, in una col ricorso, nel rispetto dei termine di cui all'art. 435
c.p.c., c.3.
Cass. 16479 del 5 agosto 2015
La Corte territoriale ha premesso che l'udienza del 16 febbraio 2007, in cui si
era costituito il Giannotti, era stata fissata esclusivamente per la trattazione della
richiesta di inibitoria avanzata dalla ASL e che, con diverso apposito decreto
presidenziale dell'11 luglio 2008, era stata fissata per la trattazione del merito del
gravame l'udienza del 14 novembre 2008; ha considerato che, nonostante detto
decreto fosse stato comunicato al procuratore della ASL in data 7 ottobre 2008,
questi aveva provveduto alla notifica solo in data 20 ottobre 2008, solo dopo la
scadenza del termine di 25 giorni liberi previsto dall'art. 435, co. 3, c.p.c.; ha
ritenuto che, in base ai principi espressi da Cass. SS.UU. n. 20604 del 30 luglio
2008, detta notifica eseguita doveva "ritenersi giuridicamente inesistente, e non
già semplicemente nulla, perché in siffatta ipotesi l'inattività della parte fino alla
scadenza del termine ha determinato effetti preclusivi del tutto parificabili a quelli
correlati alla scadenza di un termine perentorio, con la conseguente impossibilità
di ottenere la concessione di un nuovo termine"; pertanto la Corte di Appello,
constatato che all'udienza del 14 novembre 2008 il Giannotti non si era costituito,
ha negato la rinnovazione della notifica dell'impugnazione richiesta dalla ASL ed
ha dichiarato improcedibile l'appello.
5.— Con il primo mezzo di gravame parte ricorrente, denunciando violazione
e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. nonché dell'art. 156 c.p.c., con il
quesito di diritto innanzi riportato, lamenta che i giudici di appello avrebbero
erroneamente dichiarato improcedibile l'appello proposto dall'Azienda, ritenendo
che la notifica dell'impugnazione effettuata oltre il termine non minore di
venticinque giorni di cui all'art. 435, co. 3, c.p.c., debba considerarsi
"giuridicamente inesistente, e non già semplicemente nulla".
Il motivo è fondato.
L'art. 435, co. 3, c.p.c., prescrivendo che "tra la data di notificazione
all'appellato e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non
minore di venticinque giorni", stabilisce un termine nell'interesse dell'appellato e
dell'esercizio consapevole del suo diritto di difesa, di cui, però, l'appellato
medesimo può disporre.
In alcun modo la notifica dell'atto di appello eseguita oltre tale termine può
essere equiparata ad una notifica omessa o inesistente, per la contraddizione che
non consente di equivalere "l'eseguire" all' "omettere"; tanto è che la costituzione
dell'appellato è idonea a sanare la violazione del termine, non presidiando l'art.
435, co. 3, c.p.c., la formazione del giudicato.
Secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte, ancora di recente
ribadita (Cass. n. 19818 del 2013), nel rito del lavoro, l'inosservanza, in sede di
ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non è configurabile come
vizio di forma e di contenuto-forma dell'arto introduttivo, atteso che, a differenza
di quanto avviene nel rito ordinario, essa si verifica quando l'impugnazione è
stata già proposta mediante il deposito del ricorso in cancelleria, e considerato
altresì che, mentre nel procedimento ordinario di cognizione il giorno dell'udienza
di comparizione è fissato dalla parte (art. 163 c.p.c., n. 7 e art. 342 c.p.c.), tale
giorno è fissato, nel rito del lavoro, dal giudice col suo provvedimento. Pertanto,
tale inosservanza non comporta la nullità dello stesso atto di appello, bensì quella della sua notificazione, sanabile "ex tunc" per effetto di spontanea costituzione
dell'appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c.,
costituendo questa norma espressione di un principio generale dell'ordinamento,
riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in
una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili "ex tunc", con effetto retroattivo
a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate
dall'art. 160 c.p.c., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da
vizi che non consentono all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato (art.
156 c.p.c., comma 3), ossia la regolare costituzione del rapporto processuale,
senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile
all'ufficiale giudiziario o alla parte istante (v., tra le altre, Cass. n. 4461 del 1993;
Cass. n. 1093 del 1994; Cass. n. 7957 del 1994; Cass. n. 3373 del 1996; Cass.
n. 18165 del 2004; Cass. n. 488 del 2010).
Adesivamente occorre ancora rilevare che di recente questa Corte, a Sezioni
unite, cogliendo l'occasione rappresentata dalla questione dell'omessa o
inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza alla
controparte in materia di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 ha affermato
"che il principio del giusto processo ... non si esplicita nella sola durata
ragionevole dello stesso" ed ha richiamato la dottrina per sottolineare che
"occorre prestare altresì la massima attenzione ad evitare di sanzionare
comportamenti processuali ritenuti non improntati al valore costituzionale della
ragionevole durata del processo, a scapito degli altri valori in cui pure si sostanzia il processo equo, quali il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio, e, in
definitiva, il diritto ad un giudizio" (Cass. SS. UU. n. 5700 del 12 marzo 2014)
Sulla scorta di tale insegnamento si è così ritenuto che nel rito del lavoro,
finanche nel caso di omessa o inesistente notifica del ricorso introduttivo del
giudizio di primo grado e del decreto di fissazione dell'udienza, è ammessa la
concessione di un nuovo termine, perentorio, per la rinnovazione della
notificazione di tali atti (Cass. n. 1483 del 2015).
A maggior ragione, nel caso di notifica dell'appello e del pedissequo decreto
eseguita oltre il termine di venticinque giorni previsto dall'art. 435, co. 3, c.p.c.,
poiché la violazione determina nullità e non inesistenza della notificazione, il
giudice, ove l'appellato non si sia costituito, deve autorizzare la rinnovazione
della medesima.