lunedì 29 aprile 2019

Come si interpretano le declaratorie dei livelli dei contratti collettivi? 

Cass: 09/04/2019, n. 9861

Nell'interpretazione dei contratti collettivi, con riferimento ai profili professionali in essi previsti occorre tenere presente che le parti classificano il personale non sulla base di astratti contenuti professionali, bensì in riferimento alle specifiche figure professionali dei singoli settori produttivi che ordinano in una scala gerarchica, ed elaborano successivamente le declaratorie definitorie astratte, allo scopo di consentire l'inquadramento di figure professionali atipiche o nuove. Ne consegue che, a fronte di profili professionali espressamente tipizzati, l'individuazione della specifica e maggiore professionalità, che ne caratterizza uno rispetto ad altro, non può prescindere dall'esame della declaratoria di livello, che, pur non avendo valore assorbente, svolge funzione interpretativa nella sussunzione dei compiti all'uno o all'altro di essi.

sabato 27 aprile 2019

Quando un socio di società di persone può essere un lavoratore subordinato?



Cass. 18-04-2019, n. 10909

1.3. Quanto al merito, poichè è pacifico che i due soci erano accomandatari (cfr. motivazione sentenza della Commissione regionale "trattandosi di soci accomandatari"), trova applicazione il principio giurisprudenziale per cui, nelle società a base personale (nella specie società in accomandita semplice), la carica di amministratore unico è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato della stessa, in quanto non possono in un unico soggetto riunirsi la qualità di esecutore subordinato della volontà sociale e quella di organo competente ad esprimere tale volontà (Cass., sez. L., 22 marzo 2013, n. 7321). Infatti, la costituzione e l'esecuzione del rapporto lavorativo subordinato devono essere collegabili ad una volontà della società distinta da quella dell'amministratore (Cass., 15 settembre 1979, n. 4779; Cass., 17 maggio 1975, n. 1940). Si è anche aggiunto che, instaurandosi il rapporto di lavoro subordinato nei confronti dell'amministratore della società, nel caso di amministratore unico verrebbe a mancare l'elemento dell'intersoggettività, senza il quale è inconcepibile la stessa esistenza di tale rapporto giuridico. Ciò vale a maggior ragione per le società di persone, nelle quali la mancata istituzione di un distinto ente giuridico e la minore spersonalizzazione dei soggetti preposti agli organi sociali fanno apparire ancor più necessaria la distinzione tra i soggetti dei relativi rapporti giuridici (Cass., 3 novembre 1977, n. 4690).

Va, peraltro, considerato che nelle società di persone è possibile che il socio conferisca la propria opera ai sensi dell'art. 2263 c.c., comma 2. Si è sul punto affermato da questa Corte che nelle società di persone è configurabile un rapporto di lavoro subordinato tra la società e uno dei soci purchè ricorrano due condizioni: a) che la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale; b) che il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri di supremazia. Il compimento di atti di gestione o la partecipazione alle scelte più o meno importanti per la vita della società non sono, in linea di principio, incompatibili con la suddetta configurabilità, sicchè anche quando esse ricorrano è comunque necessario verificare la sussistenza delle suddette due condizioni (Cass., 16 novembre 2010, n. 23129).

mercoledì 24 aprile 2019

Come è disciplinato il congedo per cure per gli invalidi?

In base al DL 119 del 2001 art. 7


Art. 7 Congedo per cure per gli invalidi

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 3, comma 42, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.


2. Il congedo di cui al comma 1 è accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente interessato accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all'infermità invalidante riconosciuta.


3. Durante il periodo di congedo, non rientrante nel periodo di comporto, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Il lavoratore è tenuto a documentare in maniera idonea l'avvenuta sottoposizione alle cure. In caso di lavoratore sottoposto a trattamenti terapeutici continuativi, a giustificazione dell'assenza può essere prodotta anche attestazione cumulativa.


4. Sono abrogati l'articolo 26 della legge 30 marzo 1971, n. 118, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e l'articolo 10 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509.

martedì 23 aprile 2019

Durante la malattia il lavoratore può fruire delle ferie?

Cass. 17/04/2019, n. 10725

Il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, non sussistendo una incompatibilità assoluta tra malattia e ferie, senza che a tale facoltà corrisponda comunque un obbligo per il datore di lavoro di accedere alla richiesta, ove ricorrano ragioni organizzative di natura ostativa: in un'ottica di bilanciamento degli interessi contrapposti, nonché in ossequio alle clausole generali di correttezza e buona fede, è tuttavia necessario che le dedotte ragioni datoriali siano concrete ed effettive.

sabato 20 aprile 2019

Fino a quando devo conservare il libro unico del lavoro?

In forza dell'art. 6 DM  ministero del lavoro 9 luglio 2008 il datore di lavoro ha l'obbligo di conservare il libro unico del lavoro per la durata di cinque anni dalla data dell'ultima registrazione 

giovedì 18 aprile 2019

L'apprendista ha diritto a i trattamenti d'integrazione salariale? 



Art. 2 Dlgs 148 del 2015

1. Sono destinatari dei trattamenti di integrazione salariale i lavoratori assunti con contratto di apprendistato professionalizzante.


2. Gli apprendisti di cui al comma 1, che sono alle dipendenze di imprese per le quali trovano applicazione le sole integrazioni salariali straordinarie, sono destinatari dei trattamenti straordinari di integrazione salariale, limitatamente alla causale di intervento per crisi aziendale di cui all'articolo 21, comma 1, lettera b). Nei casi in cui l'impresa rientri nel campo di applicazione sia delle integrazioni salariali ordinarie che di quelle straordinarie, oppure delle sole integrazioni salariali ordinarie, gli apprendisti di cui al comma 1 sono destinatari esclusivamente dei trattamenti ordinari di integrazione salariale.


3. Nei riguardi degli apprendisti di cui al comma 1 sono estesi gli obblighi contributivi previsti per le integrazioni salariali di cui essi sono destinatari. Restano fermi gli obblighi di cui all'articolo 1, comma 773, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni. Alle contribuzioni di cui al primo periodo non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183.


4. Alla ripresa dell'attività lavorativa a seguito di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro, il periodo di apprendistato è prorogato in misura equivalente all'ammontare delle ore di integrazione salariale fruite.


mercoledì 17 aprile 2019

Come sono state integrate le collaborazioni organizzate dal committente previste dal Dlgs 81 del 2015  dal DL 2018 n. 87?





Art. 2. Collaborazioni organizzate dal committente

1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.


2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento:

a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289; 
d-bis) alle collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367; 
d-ter) alle collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74*


3. Le parti possono richiedere alle commissioni di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al comma 1. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.

4. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni.



*Disposizioni per favorire l'attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico.

martedì 16 aprile 2019

Come si determina il danno biologico differenziale?


Cass. 11/04/2019, n. 10230

In tema di liquidazione del danno biologico cd. differenziale, va operato un computo per poste omogenee, sicché dall'ammontare complessivo del danno biologico deve essere detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, ex art. 13 del D.Lgs. n. 38 del 2000, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato, volta all'indennizzo del danno patrimoniale.

lunedì 15 aprile 2019

L'Inps può contestare l'accertamento del TFR effettuato in sede fallimnetare?



Tribunale Frosinone Sez. lavoro Sent., 24/01/2019

L'esecutività dello stato passivo che abbia accertato in sede fallimentare l'esistenza e l'ammontare d'un credito per TFR in favore del dipendente dell'imprenditore dichiarato fallito importa, ai sensi della L. n. 297 del 1982, art. 2, il subentro dell'INPS nel debito del datore di lavoro insolvente, senza che l'istituto previdenziale possa in alcun modo contestarne l'assoggettabilità alla procedura concorsuale e l'accertamento ivi operato, al quale resta vincolato sotto il profilo dell'an e del quantum debeatur.

venerdì 12 aprile 2019

Da quando decorre prescrizione contributi?


Cass. 09/04/2019, n. 9865

Nella materia previdenziale il regime della prescrizione già maturata è sottratto alla disponibilità delle parti, ai sensi dell'art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, anche per le contribuzioni relative a periodi precedenti l'entrata in vigore della stessa legge e con riferimento a qualsiasi forma di previdenza obbligatoria. Di talché va escluso il diritto dell'assicurato a versare contributi previdenziali prescritti e ad ottenere la retrodatazione dell'iscrizione alla Cassa per il periodo coperto da prescrizione, non rilevando, peraltro, l'eventuale inerzia della Cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme corrispondenti alle contribuzioni. Il credito contributivo ha, invero, una sua esistenza autonoma, che prescinde dalla richiesta di adempimento fattane dall'ente previdenziale ed insorge nello stesso momento in cui si perfeziona il rapporto (o l'attività) di lavoro, che ne costituisce il presupposto; da tale momento decorre il relativo termine di prescrizione.

giovedì 11 aprile 2019



Per l'intervento del fondo di garanzia occorre l'ammissione allo stato passivo in caso di fallimento?




Cass. 05/04/2019, n. 9670

In caso di fallimento del datore di lavoro, il pagamento del trattamento di fine rapporto da parte del fondo di garanzia richiede, in base all'art. 2, della legge n. 297 del 1982, che il lavoratore assolva all'onere di dimostrare che è stata emessa la sentenza dichiarativa di fallimento e che il suo credito è stato ammesso allo stato passivo, senza che questo requisito possa essere escluso a seguito della dimostrazione, da parte del lavoratore, che la mancata insinuazione nel passivo fallimentare del suo credito è addebitabile alla incolpevole non conoscenza da parte sua dell'apertura della procedura fallimentare, poiché la legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) contiene una serie di disposizioni che assicurano ai terzi la possibilità di conoscenza in relazione ai diversi atti del procedimento e svolgono, quindi, la funzione di una vera e propria pubblicità dichiarativa.

mercoledì 10 aprile 2019

Che regime di tassazione hanno le stock option?

Cass. civ. Sez. V, 05/04/2019, n. 9604

In tema di IRPEF, l'art. 48, comma 2, lett. g-bis), del D.P.R. n. 917 del 1986 (nella numerazione anteriore a quella introdotta dal D.Lgs. n. 344 del 2003), relativa ai criteri di tassazione delle cd. stock option, prevede la regola generale dell'assoggettamento del valore conseguito dal lavoratore mediante l'esercizio del diritto di opzione al regime ordinario previsto per i redditi da lavoro dipendente, salva l'esclusione dal reddito imponibile, nel caso in cui al lavoratore medesimo l'opzione sia stata riconosciuta al valore corrente delle azioni al momento dell'offerta, perseguendo il legislatore l'obiettivo di evitare che, con l'attribuzione del diritto di opzione a prezzi inferiori al valore di mercato delle azioni, siano corrisposti al dipendente compensi non soggetti a tassazione.

martedì 9 aprile 2019

Come sono regolamentati i contratti di solidarietà espansivi?


art. 41 del Dlgs 148 del 2015

1. Nel caso in cui, al fine di incrementare gli organici, i contratti collettivi aziendali stipulati ai sensi dell'articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015, prevedano, programmandone le modalità di attuazione, una riduzione stabile dell'orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali istituita presso l'INPS, di cui all'articolo 37 della legge n. 88 del 1989, pari, per i primi dodici mesi, al 15 per cento della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile. Per ciascuno dei due anni successivi il predetto contributo è ridotto, rispettivamente, al 10 e al 5 per cento.


2. In sostituzione del contributo di cui al comma 1, per i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 29 anni assunti in forza dei contratti collettivi di cui al comma 1, per i primi tre anni e comunque non oltre il compimento del ventinovesimo anno di età del lavoratore assunto, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista per la generalità dei lavoratori.


2-bis. Nei confronti dei lavoratori interessati da riduzione stabile dell'orario di lavoro con riduzione della retribuzione ai sensi dei commi 1 e 2, con esclusione dei soggetti di cui al comma 5, i datori di lavoro, gli enti bilaterali o i Fondi di solidarietà di cui al titolo II del presente decreto possono versare la contribuzione ai fini pensionistici correlata alla quota di retribuzione persa, nei casi in cui tale contribuzione non venga già riconosciuta dall'INPS. In relazione ai predetti versamenti non sono riconosciute le agevolazioni contributive di cui ai commi 1 e 2. 


3. Non beneficiano delle agevolazioni di cui ai commi 1 e 2 i datori di lavoro che, nei dodici mesi antecedenti le assunzioni, abbiano proceduto a riduzioni di personale ovvero a sospensioni di lavoro in regime di cassa integrazione guadagni straordinaria.


3-bis. I contratti di solidarietà di cui all'articolo 21, comma 5, in corso da almeno dodici mesi e quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016 possono essere trasformati in contratti di solidarietà espansiva, a condizione che la riduzione complessiva dell'orario di lavoro non sia superiore a quella già concordata. Ai lavoratori spetta un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50 per cento della misura dell'integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell'integrazione originaria. L'integrazione a carico del datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali, e vige la contribuzione figurativa di cui all'articolo 6. Trova applicazione l'articolo 21, comma 5, ultimo periodo e la contribuzione addizionale di cui all'articolo 5 è ridotta in misura pari al 50 per cento. Il contributo di cui al comma 1 o l'agevolazione contributiva di cui al comma 2 si applicano per il solo periodo compreso tra la data di trasformazione del contratto e il suo termine di scadenza e tale periodo si computa ai fini degli articoli 4 e 22, comma 5. Per i lavoratori di cui al presente comma non trova applicazione la disposizione di cui al comma 5. 


4. Le assunzioni operate dal datore di lavoro in forza dei contratti collettivi di cui al comma 1 non devono determinare nelle unità produttive interessate dalla riduzione dell'orario una riduzione della percentuale della manodopera femminile rispetto a quella maschile, ovvero di quest'ultima quando risulti inferiore, salvo che ciò sia espressamente previsto dai contratti collettivi in ragione della carenza di manodopera femminile, ovvero maschile, in possesso delle qualifiche con riferimento alle quali è programmata l'assunzione.


5. Ai lavoratori delle imprese nelle quali siano stati stipulati i contratti collettivi di cui al comma 1, che abbiano una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di ventiquattro mesi e abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta, a domanda e con decorrenza dal mese successivo a quello della presentazione, il suddetto trattamento di pensione nel caso in cui essi abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell'orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto collettivo. Il trattamento spetta a condizione che la trasformazione del rapporto avvenga entro un anno dalla data di stipulazione del predetto contratto collettivo e in forza di clausole che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un ulteriore incremento dell'occupazione. Limitatamente al predetto periodo di anticipazione il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale ai sensi del presente comma, ferma restando negli altri casi la disciplina vigente in materia di cumulo di pensioni e reddito da lavoro.


6. Ai fini dell'individuazione della retribuzione da assumere quale base di calcolo per la determinazione delle quote retributive della pensione dei lavoratori che abbiano prestato lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 5, è neutralizzato il numero delle settimane di lavoro prestate a tempo parziale, ove ciò comporti un trattamento pensionistico più favorevole.


7. I contratti collettivi di cui al comma 1 devono essere depositati presso la direzione territoriale del lavoro. L'attribuzione del contributo è subordinata all'accertamento, da parte della direzione territoriale del lavoro, della corrispondenza tra la riduzione concordata dell'orario di lavoro e le assunzioni effettuate. Alla direzione territoriale del lavoro è demandata, altresì, la vigilanza in ordine alla corretta applicazione dei contratti di cui al comma 1, disponendo la sospensione del contributo nei casi di accertata violazione.


8. I lavoratori assunti a norma del presente articolo sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi ai soli fini dell'applicazione di norme e istituti che prevedano l'accesso ad agevolazioni di carattere finanziario e creditizio.

lunedì 8 aprile 2019

La malattia insorta in preavviso sospende il rapporto?

Cass. 03/04/2019, n. 9268


In tema di licenziamento, dall'applicazione del principio di sospensione del rapporto di lavoro in presenza di malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, per il periodo previsto dalla legge o dal contratto collettivo, dagli usi o secondo equità, discende, in caso di licenziamento con preavviso, la sospensione sin dal momento della sua intimazione, dell'efficacia del licenziamento del lavoratore già in atto e la sospensione della decorrenza del periodo di preavviso in caso in cui detti eventi siano sopravvenuti. In particolare, la sospensione del termine di preavviso del licenziamento durante il decorso della malattia del lavoratore, con conseguente inefficacia del licenziamento fino alla cessazione della malattia stessa o dell'esaurimento del periodo di comporto, costituisce un effetto che deriva dalla legge e quindi si produce per il solo fatto della sussistenza dello stato morboso, indipendentemente dalla comunicazione di detto stato. Ne consegue che lo stato di gravidanza, insorto durante il periodo di preavviso, se pure non è causa di nullità del licenziamento, costituisce evento idoneo, ai sensi dell'art. 2110 c.c., a determinare la sospensione del periodo di preavviso.

venerdì 5 aprile 2019

Quale limite temporale è previsto per il contratto di prestazione occasionale?

In base all'art. 54 bis comma 20 del DL 50 del 2017

In caso di superamento, da parte di un utilizzatore diverso da una pubblica amministrazione, del limite di importo di cui al comma 1, lettera c), o comunque del limite di durata della prestazione pari a 280 ore nell'arco dello stesso anno civile, relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato

giovedì 4 aprile 2019

Quando è dovuta l'indennità di cassa nel ccnl Logistica CGIL CISL e UIL?



Art. 15 – Indennità di cassa e maneggio denaro

1. All'impiegato con qualifica di cassiere verrà corrisposta una indennità di cassa nella misura del 5% della retribuzione mensile composta da minimo tabellare, eventuali aumenti periodici di anzianità e eventuali altri aumenti comunque denominati.
2. Agli altri lavoratori, che hanno normalmente maneggio di denaro, verrà corrisposta un'indennità di cassa nella misura del 4% della retribuzione mensile di cui al precedente comma.
3. Questa indennità non sarà corrisposta al personale di cui trattasi nel solo caso in cui l'azienda lo abbia preventivamente esonerato per iscritto da ogni responsabilità per le eventuali mancanze nella resa dei conti.
Gli interessi derivanti da eventuali cauzioni andranno a beneficio del lavoratore.
4. Le somme anticipate dalle aziende ai lavoratori in trasferta a titolo di fondo spese non sono da considerarsi ai fini della corresponsione dell'indennità di cassa per maneggio denaro.

Dichiarazione a verbale

Agli impiegati non qualificati cassieri, cui per le loro mansioni sia o sia stata riconosciuta la maggiorazione del 5%, tale indennizzo verrà mantenuto e corrisposto fintantoché gli stessi esplichino le mansioni suddette.

Norma transitoria per CCNL Assologistica

I lavoratori a cui era applicato il CCNL Assologistica alla data del 29 gennaio 2005, mantengono le precedenti condizioni.

mercoledì 3 aprile 2019


A chi spetta la prova della sussistenza di una cessione di un effettivo ramo di azienda?


Tribunale Padova, 01/04/2019

A fronte della contestazione, da parte del ricorrente, dell'esistenza del ramo d'azienda trasferito, da intendersi come articolazione funzionalmente autonoma di un'unità economica organizzata, è onere delle convenute, cessionaria e cedente, provare il fatto del trasferimento, e cioè la consistenza e l'idoneità funzionale del ramo, in primo luogo mediante la produzione in giudizio dell'atto di cessione e degli allegati necessari a identificare gli elementi patrimoniali trasferiti; ciò in particolare al fine di verificare l'idoneità dello stesso a svolgere le attività commesse alla cessionaria dalla cedente, sulla base di un contratto di servizi coevo al trasferimento del ramo.

martedì 2 aprile 2019

La violazione dell'art. 7 della legge 604 del 1966 impone l'impugnazione del licenziamento per  potere essere fatta valere in giudizio ai fini delle indennità risarcitorie?


Cass. 28-03-2019, n. 8660

In realtà va considerato che, con l'omessa preventiva comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro dell'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo, il datore di lavoro è senz'altro incorso in una violazione procedurale rilevante ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 6 (secondo cui: "Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 2, comma 2, della procedura di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, o della procedura di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 7, si applica il regime di cui al comma 5, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi 4, 5 o 6").

Ed allora il lavoratore che abbia ricevuto, come nella specie, una comunicazione del licenziamento non preceduta dalla procedura obbligatoriamente prevista, ha una specifica tutela per la suddetta violazione ma, evidentemente, per far valere la stessa, deve impugnare il licenziamento nei termini ordinariamente previsti.

lunedì 1 aprile 2019

Quando è possibile far ammettere prove d'ufficio non allegate in ricorso?

Cass. 26/03/2019, n. 8381


Nel rito del lavoro i mezzi istruttori, preclusi alle parti, possono essere ammessi d'ufficio ma suppongono, tuttavia, la preesistenza di altri mezzi istruttori, ritualmente acquisiti, che siano meritevoli dell'integrazione affidata alle prove ufficiose. L'indisponibilità che consente la produzione tardiva di documenti, peraltro, suppone che, al momento fissato a pena di preclusione o decadenza per la loro produzione, fosse oggettivamente impossibile disporne, trattandosi di documenti la cui formazione risulti necessariamente successiva a tale momento. (Nel caso di specie, la parte ha giustificato la tardività della produzione con riferimenti generici e tale giustificazione, correttamente, non è stata ritenuta idonea.)