lunedì 28 febbraio 2022

 Il licenziamento irrogato per telegramma è valido?


Tribunale La Spezia Sez. lavoro Ord., 04/02/2022


"Va aggiunto che il licenziamento intimato per telegramma è valido, in applicazione dell'art. 2705 c.c., laddove il lavoratore non contesti la provenienza del telegramma (Cass., 15.4.2021 n. 10023).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha contestato la provenienza del telegramma né ha contestato che sia pervenuto all'indirizzo noto al datore di lavoro, con la conseguente efficacia ai sensi dell'art. 1335 c.c., e non ha contestato neppure che sia pervenuta all'indirizzo predetto la raccomandata.

Com'è noto, alla stregua dell'art. 1335 c.c., per l'efficacia degli atti recettizi è sufficiente che pervengano all'indirizzo, salva la prova dell'impossibilità per il destinatario di prenderne conoscenza.

Impossibilità che, a ben vedere, in causa non risulta, dato che, come meglio si dirà oltre, è emerso dall'istruttoria che il ricorrente era effettivamente tornato a Trieste per le feste di fine anno, e che fu soltanto per sua scelta che se ne allontanò e fece ritorno alla Spezia per non aver rinvenuto a casa la moglie, e in tal modo, oltre tutto, pur essendo al corrente del procedimento disciplinare intrapreso, si espose al rischio di non prendere cognizione di un eventuale provvedimento".

sabato 26 febbraio 2022

 

Quali obblighi sono imposti in materia salariale dalla direttiva 96/71 per il lavoro transnazionale?



Corte giustizia Unione Europea, Sez. VI, 10/02/2022, n. 219/20

Al fine di garantire il rispetto di un nucleo di norme imperative di protezione minima, l'articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 96/71 dispone che gli Stati membri provvedano affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, nell'ambito di una prestazione di servizi transnazionale le imprese garantiscano ai lavoratori distaccati nel loro territorio le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie indicate in tale disposizione, tra cui le tariffe minime salariali.

giovedì 24 febbraio 2022

 Qual è la nozione di handicap ai sensi della direttiva 2000/78?

Corte giustizia Unione Europea Sez. III, 10/02/2022, n. 485/20

La nozione di «handicap», ai sensi della direttiva 2000/78, deve essere intesa nel senso che si riferisce ad una limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione dell'interessato alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.

mercoledì 23 febbraio 2022

 In caso di trasferimento di azienda dichiarato illegittimo e messa a disposizione del lavoratore al cedente, le somme percepite presso la cessionaria possono essere detratto dal danno?


Cass. 18/02/2022, n. 5413



In tema di trasferimento di azienda, poi dichiarato invalido, qualora il datore di lavoro abbia operato un trasferimento di (ramo di) azienda dichiarato illegittimo ed abbia rifiutato il ripristino del rapporto senza una giustificazione, non sono detraibili dalle somme dovute al lavoratore dal datore cedente, quanto il lavoratore stesso abbia percepito, nello stesso periodo, anche a titolo di retribuzione, per l'attività prestata alle dipendenze dell'imprenditore già cessionario, ma non più tale, una volta dichiarata giudizialmente - come nella fattispecie – la non opponibilità della cessione al dipendente ceduto; e ciò, perché, in tale ipotesi, permane in capo allo stesso il diritto di ricevere le somme ad esso spettanti, da parte del datore cedente, a titolo di retribuzione e non di risarcimento.

martedì 22 febbraio 2022



Da quando decorre il termine per il riconoscimento della rendita ai familiari superstiti dell'assicurato?

Cass. 15/02/2022, n. 4982

La ricorrente lamenta, con il primo motivo, che la Corte d'Appello abbia violato, e falsamente applicato, al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 112 e 85 ritenendo che al momento del decesso del marito, il 7 ottobre 2007, ella fosse in condizioni di conoscere il nesso di derivazione causale tra la patologia di cui il marito era portatore (neoplasia polmonare), per la quale aveva proposto domanda di rendita, da lei coltivata dopo il decesso accolta dal tribunale di Chieti, con sentenza n. 168/2012, confermata dalla Corte d'Appello di L'Aquila, con sentenza n. 40/2013 - e, conseguentemente, abbia dichiarato prescritto, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112, il diritto alla rendita ai superstiti

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità ciò che è determinante, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, in relazione alla domanda per il riconoscimento della rendita ai familiari superstiti dell'assicurato, è la conoscenza o oggettiva conoscibilità del collegamento fra la malattia professionale indennizzabile e la morte dell'assicurato; in particolare, poi, la condizione conoscitiva dev'essere ancorata non ad uno stato interiore del familiare superstite ma ad elementi obiettivi o obiettivabili da cui desumere l'acquisita cognizione, da parte del medesimo soggetto, della malattia e del nesso causale fra malattia e morte dell'assicurato.

Il primo motivo è inammissibile.

La sentenza della Corte d'appello si è dunque conformata all'orientamento consolidato in materia (fra tante, Cass. nn. 17356 del 2021, 12569 del 2020, 2842 del 2018) a far tempo dalla pronuncia di questa Corte, n. 5090 del 2001, secondo la quale dopo le sentenze nn. 116 del 1969 e 206 del 1998 della Corte Cost., il dies a quo di decorrenza della prescrizione deve essere individuato con riferimento ad uno o più fatti che diano certezza, ricavata anche da presunzioni semplici, della conoscenza da parte dell'assicurato (o dei suoi aventi causa) dell'esistenza dello stato morboso, dell'eziologia professionale della malattia e del raggiungimento della soglia indennizzabile.

lunedì 21 febbraio 2022



La direttiva 2000/78 per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro si applica anche ai tirocini?


Corte giustizia Unione Europea Sez. III, 10/02/2022, n. 485/20

30 ..........ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), detta direttiva (direttiva 2000/78) si applica alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, e all'accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale. La formulazione di tale disposizione risulta sufficientemente ampia da ricomprendere la situazione di un lavoratore che assolve un tirocinio di formazione conseguente all'assunzione da parte del datore di lavoro.

31 Inoltre, la Corte ha già dichiarato che la nozione di "lavoratore" ai sensi dell'articolo 45 TFUE, che è uguale a quella della direttiva 2000/78 (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2017, A.F., C-143/16, EU:C:2017:566, punto 19), si estende alle persone che svolgano un tirocinio di preparazione o periodi di apprendistato nell'ambito di una professione, che possono essere considerati quali preparazione pratica collegata all'esercizio vero e proprio dell'attività professionale, laddove tali periodi vengano svolti secondo le modalità di un'attività retribuita reale ed effettiva, a favore e sotto la direzione di un datore di lavoro (sentenza del 9 luglio 2015, B., C-229/14, EU:C:2015:455, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

....Quando un lavoratore diviene definitivamente inidoneo a ricoprire il suo posto di lavoro a causa di una sopravvenuta disabilità, la sua assegnazione a un diverso posto di lavoro può rappresentare una misura appropriata nell'ambito delle «soluzioni ragionevoli» ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2000/78. Una tale interpretazione è conforme a tale nozione, che deve essere intesa come diretta all'eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano la piena ed effettiva partecipazione delle persone disabili alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.

...Sia dal titolo e dal preambolo sia dal contenuto e dalla finalità della direttiva 2000/78 emerge che essa si propone di fissare un quadro generale per garantire a ogni individuo la parità di trattamento «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», offrendogli una protezione efficace contro le discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui al suo articolo 1, tra i quali sono menzionati gli handicap. Detta direttiva concretizza, nel settore da essa disciplinato, il principio generale di non discriminazione ormai sancito dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Inoltre, l'articolo 26 della Carta prevede che l'Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.

L'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «soluzioni ragionevoli per i disabili», ai sensi di tale articolo, implica che un lavoratore, compreso quello che assolve un tirocinio post-assunzione, il quale, a causa della sua disabilità, sia stato dichiarato inidoneo ad esercitare le funzioni essenziali del posto da lui occupato, sia destinato ad un altro posto per il quale dispone delle competenze, delle capacità e delle disponibilità richieste, a meno che una tale misura non imponga al datore di lavoro un onere sproporzionato.

venerdì 18 febbraio 2022

 Quando può essere limitato ad un reparto o una sola unità produttiva la platea dei lavoratori da comparare in caso di licenziamento collettivo?



Cass. 07/02/2022, n. 3823

In materia di licenziamento collettivo, la restrizione della platea dei lavoratori da comparare, ad esempio in quanto addetti ad una unità o ad un determinato settore, deve essere obiettivamente giustificata dalle esigenze organizzative fondanti la riduzione di personale e non può costituire effetto dell'unilaterale decisione del datore di lavoro; i motivi della restrizione devono essere adeguatamente esposti nella comunicazione di cui alla L. n. 223 del 1991 cit., art. 4, comma 3, così da consentire alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso tra le ragioni che determinano l'esubero di personale e le unità lavorative che l'azienda intende concretamente espellere.

giovedì 17 febbraio 2022



Come e' disciplinato l'azienda percepito e l'allineamento percipiendum in applicazione dell'art. 18 comma 4 della legge 300 del 1970?

Cass. 07/02/2022, n. 3824

7.5. l'art. 18, comma 4, prevede che il giudice "annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al comma 1 e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonchè quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto";

7.6. la Corte di merito si è attenuta al disposto normativo che descrive con precisione la sequenza volta a determinare l'indennità risarcitoria, attraverso il calcolo della retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore per l'intero periodo di estromissione, e la successiva detrazione, dall'importo così ottenuto, dell'aliunde perceptum e percipiendum; per contro, il tetto massimo previsto per l'indennità risarcitoria, come pari a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, rappresenta un limite che il legislatore ha posto al quantum del risarcimento dovuto dal datore di lavoro rispetto all'importo risultante dalla differenza tra la retribuzione spettante per tutto il periodo di estromissione e l'aliunde perceptum o percipiendi, ove superiore al detto tetto massimo;

7.7. al riguardo, deve precisarsi che nessuna rilevanza può attribuirsi alla collocazione temporale della o delle attività lavorative svolte dal dipendente licenziato nel periodo di estromissione, trattandosi di elemento in nessun modo desumibile dalla disposizione in esame e non coerente con il principio della compensatio lucri cum damno, di cui l'aliunde perceptum e percipiendum costituiscono applicazione, che presuppone una valutazione complessiva sia del danno e sia dell'incremento patrimoniale, causalmente ricollegabili al medesimo fatto illecito (v. Cass. n. 16702 del 2020; Cass., S.U., ud. 22.5.2018 nn. 12564, 12565, 12566, 12567; con specifico 7.8. I'aliunde perceptum e percipiendum comportano la riduzione corrispondente (nell'art. 18, comma 4, cit., senza il limite minimo delle cinque mensilità di retribuzione globale di fatto) del risarcimento del danno, subito dal lavoratore per il licenziamento, che va commisurata alle retribuzioni percepite o percepibili nel periodo intercorrente tra il licenziamento e l'effettiva reintegra;

7.9. la compensatio lucri cum damno, alla quale va ricondotto il principio in esame, trova applicazione solo se - e nei limiti in cui - sia il danno (damnum) che l'incremento patrimoniale o, comunque, il vantaggio (lucrum) siano conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto, il quale abbia in sè l'idoneità a produrre entrambi gli effetti (v. Cass. n. 7453 del 2005 cit.). Si è, ad esempio, affermato che il compenso percepito dal lavoratore, per attività di lavoro subordinato o autonomo nel periodo di estromissione, comporti la corrispondente riduzione del risarcimento del danno per licenziamento illegittimo solo se - e nei limiti in cui - quel lavoro, essendo incompatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa sospesa a seguito del licenziamento, supponga, appunto, l'intimazione del licenziamento medesimo (v. Cass. n. 17051 del 2021; n. 7453 del 2005 cit.; n. 6439 del 1995);

7.10. in virtù dei principi richiamati, che trovano fondamento normativo nel disposto degli artt. 1223 e 1227 c.c., l'ammontare del risarcimento non può superare quello del danno effettivamente prodotto, così che occorre tener conto anche degli elementi idonei a provocare una riduzione del danno, causalmente riferibili al medesimo fatto illecito, e che quindi debbano essere valutati in diminuzione del risarcimento.

7.11. nel sistema delineato dall'art. 18, comma 4 cit., il computo dell'indennità risarcitoria deve essere eseguito in relazione all'importo delle retribuzioni perse e di quelle aliunde percepite o percepibili, e non in base al dato temporale riferito ai periodi di inoccupazione oppure di occupazione lavorativa;

7.12. le somme aliunde percepite o percepibili dal lavoratore nel periodo di estromissione vanno quindi sottratte, con un semplice calcolo aritmetico, dall'ammontare complessivo del danno subito per effetto del recesso e pari, secondo il disposto normativo, alle retribuzioni spettanti per l'intero periodo dal licenziamento alla reintegra; se il risultato di questo calcolo è superiore o uguale all'importo corrispondente a dodici mensilità di retribuzione, l'indennità va riconosciuta in misura pari a tale tetto massimo;

7.13. in altri termini, la previsione normativa del tetto massimo delle dodici mensilità non incide sul sistema di calcolo del danno effettivamente subito dal lavoratore per effetto del licenziamento (pari alle retribuzioni perse nel periodo di estromissione, depurate di quanto aliunde percepito o percepibile), e rileva solo all'esito del conteggio eseguito, in termini di limite massimo entro cui l'indennità risarcitoria può essere riconosciuta

mercoledì 16 febbraio 2022



Quali sono gli elementi da provare nel mobbing?

Cons. Stato, Sez. II, 09/02/2022, n. 952

La configurabilità del mobbing presuppone l'esistenza di plurimi elementi, la cui prova compete al prestatore di lavoro, di natura sia oggettiva che soggettiva e, fra questi, l'emergere di un intento di persecuzione, che non solo deve assistere le singole condotte poste in essere in pregiudizio del dipendente, ma anche comprenderle in un disegno comune e unitario, quale tratto che qualifica la peculiarità del fenomeno sociale e giustifica la tutela della vittima. Grava sul soggetto che afferma di essere stato vittima di mobbing l'onere di provare la condotta illecita, ossia l'azione volutamente persecutoria da parte dell'Amministrazione. (Conferma T.A.R Calabria estremi omessi.)

martedì 15 febbraio 2022

 Ai dirigenti pubblici trova applicazione l'art. 2103 cc?






Cass. 09/02/2022, n. 4153

L'inoperatività dell'art. 2103 c.c. alla dirigenza, sancita in via generale dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, trova origine nel fatto che la qualifica dirigenziale non esprime una posizione lavorativa caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l'idoneità professionale a ricoprire un incarico dirigenziale. Per la dirigenza sanitaria, il principio è ribadito dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 (come sostituito dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 13, comma 1) - secondo cui la dirigenza sanitaria è collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali ed in un unico livello.

sabato 12 febbraio 2022

 Come è ripartito l'onere della prova in materia d'infortunio?

Cass. 09/02/2022, n. 4210

In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, sicché incombe al lavoratore ex art. 2697 c.c. (che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute) l'onere di provare l'esistenza di tale danno e la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra non configurando, l'art. 2087 c.c., una responsabilità oggettiva ma richiedendo un profilo di colpa del datore di lavoro, mentre spetta poi al datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia o l'infortunio del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento.

giovedì 10 febbraio 2022

 Quando è applicabile la tassazione separata?



Cass. 08/02/2022, n. 3925

Affinché un provento da reddito di lavoro dipendente (o assimilato) possa essere assoggettato a tassazione separata occorre, innanzitutto, che gli emolumenti siano "arretrati", e cioè, come chiarito dalla medesima norma, riferibili ad anni precedenti rispetto a quello nel quale sono maturati. Si consente, poi, l'applicazione delia tassazione separata, soltanto ai proventi percepiti in ritardo per effetto di ragioni di carattere giuridico, consistenti nel sopraggiungere di norme di legge, di sentenze, di provvedimenti amministrativi o, comunque, per effetto "di altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, idonee a fare ritenere che il ritardo nel pagamento non sia conseguenza di uno strumentale accordo delle parti volto a fare beneficiare il percettore della più favorevole tassazione separata sui proventi.

mercoledì 9 febbraio 2022

Come funziona l'assegno d'integrazione salariale erogato dal Fondo d'integrazione salariale come disciplinato dalla legge 234 del 2021?

In base all'art. 30 del dlgs 148 del 2015 come modificato dalla legge 234 del 2021:


Art. 30. Assegno di integrazione salariale

1. I fondi di cui all'articolo 26 assicurano, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie o straordinarie, la prestazione di un assegno di integrazione salariale di importo almeno pari all'integrazione salariale. I fondi stabiliscono la durata massima della prestazione, non inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e non superiore, a seconda della causale invocata, alle durate massime previste agli articoli 12 e 22, e comunque nel rispetto della durata massima complessiva prevista dall'articolo 4, comma 1. All'assegno di integrazione salariale si applica, per quanto compatibile, la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie.


1-bis. Per periodi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, i fondi di cui agli articoli 26, 27 e 40 assicurano, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie e straordinarie, la prestazione di un assegno di integrazione salariale di importo almeno pari a quello definito ai sensi dell'articolo 3, comma 5-bis, e stabiliscono la durata della prestazione in misura almeno pari ai trattamenti di integrazione salariale, a seconda della soglia dimensionale dell'impresa e della causale invocata, e comunque nel rispetto delle durate massime complessive previste dall'articolo 4, comma 1. Entro il 31 dicembre 2022, i fondi già costituiti si adeguano alle disposizioni di cui al presente comma. In mancanza, i datori di lavoro, ai soli fini dell'erogazione dei trattamenti di integrazione salariale, confluiscono nel fondo di integrazione salariale di cui all'articolo 29, a decorrere dal 1° gennaio 2023.


2. La domanda di accesso all'assegno di integrazione salariale erogato dai fondi di cui agli articoli 26 e 28 deve essere presentata non prima di 30 giorni dall'inizio della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa eventualmente programmata e non oltre il termine di 15 giorni dall'inizio della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa

martedì 8 febbraio 2022

 Quali sono i casi di revoca, decadenza  del reddito di cittadinanza e le principali sanzioni?


In base all'art. 7 del DL 4 del 2019:


Art. 7. Sanzioni 

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all'articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni.


2. L'omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all'articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni.


3. Alla condanna in via definitiva per i reati di cui ai commi 1 e 2 e per quelli previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422, 600, 600-bis, 601, 602, 624-bis, 628, 629, 630, 640-bis, 644, 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, per i delitti aggravati ai sensi dell'articolo 416-bis.1 del codice penale, per i reati di cui all'articolo 73, commi 1, 1-bis, 2, 3 e 4, nonché comma 5 nei casi di recidiva, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché all'articolo 74 e in tutte le ipotesi aggravate di cui all'articolo 80 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e per i reati di cui all'articolo 12, comma 1, quando ricorra l'aggravante di cui al comma 3-ter, e comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per gli stessi reati, consegue di diritto l'immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito. La revoca è disposta dall'INPS ai sensi del comma 10. Il beneficio non può essere nuovamente richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna.


3-bis. Nel caso di condanna definitiva per i reati di cui al comma 3, qualora il condannato abbia reso la dichiarazione ai sensi dell'articolo 7-ter, comma 3, le decisioni sono comunicate dalla cancelleria del giudice all'INPS entro quindici giorni dalla data di pubblicazione della sentenza definitiva.


4. Fermo quanto previsto dal comma 3, quando l'amministrazione erogante accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell'istanza ovvero l'omessa successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell'istante, la stessa amministrazione dispone l'immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva. A seguito della revoca, il beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito.


5. E' disposta la decadenza dal Rdc, altresì, quando uno dei componenti il nucleo familiare:

a) non si presenta presso il centro per l'impiego entro il termine da questo fissato; 
b) non sottoscrive il Patto per il lavoro ovvero il Patto per l'inclusione sociale, di cui all'articolo 4, commi 7 e 12, ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero;
c) non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, di cui all'articolo 20, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 150 del 2015 e all'articolo 9, comma 3, lettera e), del presente decreto;
d) non aderisce ai progetti di cui all'articolo 4, comma 15, nel caso in cui il comune di residenza li abbia istituiti;
e) non accetta almeno una di due offerte congrue ai sensi dell'articolo 4, comma 8, lettera b), numero 5), ovvero, in caso di rinnovo ai sensi dell'articolo 3, comma 6, non accetta la prima offerta congrua utile; 
f) non effettua le comunicazioni di cui all'articolo 3, comma 9, ovvero effettua comunicazioni mendaci producendo un beneficio economico del Rdc maggiore;
g) non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare ai sensi dell'articolo 3, comma 12;
h) viene trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa in assenza delle comunicazioni obbligatorie di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, ovvero altre attività di lavoro autonomo o di impresa, in assenza delle comunicazioni di cui all'articolo 3, comma 9 .



6. La decadenza dal beneficio è inoltre disposta nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico del Rdc in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU o di altra dichiarazione nell'ambito della procedura di richiesta del beneficio, ovvero per effetto dell'omessa presentazione delle prescritte comunicazioni, ivi comprese le comunicazioni di cui all'articolo 3, comma 10, fermo restando il recupero di quanto versato in eccesso.


7. In caso di mancata presentazione, in assenza di giustificato motivo, alle convocazioni di cui all'articolo 4, commi 5 e 11, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni:

a) la decurtazione di una mensilità del beneficio economico in caso di prima mancata presentazione;
b) la decurtazione di due mensilità alla seconda mancata presentazione;
c) la decadenza dalla prestazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.



8. Nel caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento di cui all'articolo 20, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 150 del 2015, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni:

a) la decurtazione di due mensilità, in caso di prima mancata presentazione;
b) la decadenza dalla prestazione in caso di ulteriore mancata presentazione.



9. In caso di mancato rispetto degli impegni previsti nel Patto per l'inclusione sociale relativi alla frequenza dei corsi di istruzione o di formazione da parte di un componente minorenne ovvero impegni di prevenzione e cura volti alla tutela della salute, individuati da professionisti sanitari, si applicano le seguenti sanzioni:

a) la decurtazione di due mensilità dopo un primo richiamo formale al rispetto degli impegni;
b) la decurtazione di tre mensilità al secondo richiamo formale;
c) la decurtazione di sei mensilità al terzo richiamo formale;
d) la decadenza dal beneficio in caso di ulteriore richiamo.



10. L'irrogazione delle sanzioni diverse da quelle penali e il recupero dell'indebito, di cui al presente articolo, sono effettuati dall'INPS. Gli indebiti recuperati nelle modalità di cui all'articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, al netto delle spese di recupero, sono riversati dall'INPS all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per il reddito di cittadinanza, di cui all'articolo 12, comma 1. L'INPS dispone altresì, ove prevista la decadenza dal beneficio, la disattivazione della Carta Rdc. 


11. In tutti i casi diversi da quelli di cui al comma 3, il Rdc può essere richiesto dal richiedente ovvero da altro componente il nucleo familiare solo decorsi diciotto mesi dalla data del provvedimento di revoca o di decadenza, ovvero, nel caso facciano parte del nucleo familiare componenti minorenni o con disabilità, come definita a fini ISEE, decorsi sei mesi dalla medesima data.


12. I centri per l'impiego e i comuni, nell'ambito dello svolgimento delle attività di loro competenza, comunicano alle piattaforme di cui all'articolo 6, al fine della messa a disposizione dell'INPS, le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di cui al presente articolo, ivi compresi i casi di cui all'articolo 9, comma 3, lettera e), entro dieci giorni lavorativi dall'accertamento dell'evento da sanzionare. L'INPS, per il tramite delle piattaforme di cui all'articolo 6, mette a disposizione dei centri per l'impiego e dei comuni gli eventuali conseguenti provvedimenti di decadenza dal beneficio. 


13. La mancata comunicazione dell'accertamento dei fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di decurtazione o decadenza della prestazione determina responsabilità disciplinare e contabile del soggetto responsabile, ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20. 


14. Nei casi di dichiarazioni mendaci e di conseguente accertato illegittimo godimento del Rdc, i comuni, l'INPS, l'Agenzia delle entrate, l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), preposti ai controlli e alle verifiche, trasmettono, entro dieci giorni dall'accertamento, all'autorità giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto della verifica. 


15. I comuni sono responsabili, secondo modalità definite nell'accordo di cui all'articolo 5, comma 4, delle verifiche e dei controlli anagrafici, attraverso l'incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci al fine del riconoscimento del Rdc. 


15-bis. All'articolo 3, comma 3-quater, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o di lavoratori beneficiari del Reddito di cittadinanza di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4». 


15-ter. Al fine di consentire un efficace svolgimento dell'attività di vigilanza sulla sussistenza di circostanze che comportino la decadenza o la riduzione del beneficio nonché su altri fenomeni di violazione in materia di lavoro e legislazione sociale, tenuto conto di quanto disposto dagli articoli 6, comma 3, e 11, comma 5, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, dando piena attuazione al trasferimento delle funzioni ispettive all'Ispettorato nazionale del lavoro, il personale dirigenziale e ispettivo del medesimo Ispettorato ha accesso a tutte le informazioni e le banche dati, sia in forma analitica che aggregata, trattate dall'INPS, già a disposizione del personale ispettivo dipendente dal medesimo Istituto e, in ogni caso, alle informazioni e alle banche dati individuate nell'allegato A al presente decreto, integrabile con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Con provvedimento del direttore dell'Ispettorato nazionale del lavoro, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentiti l'INPS e il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuati le categorie di dati, le modalità di accesso, da effettuare anche mediante cooperazione applicativa, le misure a tutela degli interessati e i tempi di conservazione dei dati. 


15-quater. Al fine di rafforzare l'attività di contrasto del lavoro irregolare nei confronti dei percettori del Rdc che svolgono attività lavorativa in violazione delle disposizioni legislative vigenti, il contingente di personale dell'Arma dei carabinieri di cui all'articolo 826, comma 1, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è incrementato di 65 unità in soprannumero rispetto all'organico a decorrere dal 1° ottobre 2019. Conseguentemente, al medesimo articolo 826, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'alinea, le parole: «505 unità» sono sostituite dalle seguenti: «570 unità»;
b) alla lettera c), il numero: «1» è sostituito dal seguente: «2»;
c) alla lettera d), il numero: «169» è sostituito dal seguente: «201»;
d) alla lettera e), il numero: «157» è sostituito dal seguente: «176»;
e) alla lettera f), il numero: «171» è sostituito dal seguente: «184». 



15-quinquies. Al fine di ripianare i livelli di forza organica, l'Arma dei carabinieri è autorizzata ad assumere, in deroga alle ordinarie facoltà assunzionali, un corrispondente numero di unità di personale, ripartite in 32 unità del ruolo ispettori e in 33 unità del ruolo appuntati e carabinieri, a decorrere dal 1° ottobre 2019. 


15-sexies. Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 15-quinquies, pari a euro 342.004 per l'anno 2019, a euro 2.380.588 per l'anno 2020, a euro 2.840.934 per l'anno 2021, a euro 3.012.884 per l'anno 2022, a euro 3.071.208 per l'anno 2023, a euro 3.093.316 per l'anno 2024 e a euro 3.129.006 annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, come da ultimo rifinanziato ai sensi dell'articolo 1, comma 298, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. 


15-septies. All'articolo 1, comma 445, lettera a), della legge 30 dicembre 2018, n. 145, le parole: «300 unità per l'anno 2019, a 300 unità per l'anno 2020 e a 330 unità per l'anno 2021» sono sostituite dalle seguenti: «283 unità per l'anno 2019, a 257 unità per l'anno 2020 e a 311 unità per l'anno 2021», le parole: «è integrato di euro 750.000 per l'anno 2019, di euro 1.500.000 per l'anno 2020 e di euro 2.325.000 annui a decorrere dall'anno 2021» sono sostituite dalle seguenti: «è integrato di euro 728.750 per l'anno 2019, di euro 1.350.000 per l'anno 2020 e di euro 2.037.500 annui a decorrere dall'anno 2021» e le parole: «Ai relativi oneri, pari a euro 6.000.000 per l'anno 2019, a euro 24.000.000 per l'anno 2020 e a euro 37.000.000 annui a decorrere dall'anno 2021» sono sostituite dalle seguenti: «Ai relativi oneri, pari a euro 5.657.739 per l'anno 2019, a euro 21.614.700 per l'anno 2020 e a euro 33.859.355 annui a decorrere dall'anno 2021».

lunedì 7 febbraio 2022

 In caso di mancato pagamento dell'indennità di maternita' da parte del datore di lavoro l'Inps puo' essere convenuta in giudizio?



Cass. 01/02/2022, n. 3076

L'indennità di maternità, dovuta dall'INPS ai sensi dell'art. 1 del D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito in L. 29 febbraio 1980, n. 33, viene corrisposta all'avente diritto a cura del datore di lavoro in funzione di "adiectus solutionis causa"; ne consegue che nella controversia promossa dalla lavoratrice per ottenere il pagamento della suddetta indennità, è l'INPS il soggetto legittimato passivo, non rilevando in contrario la circostanza che il datore di lavoro, adducendo di aver corrisposto l'indennità in questione, abbia già effettuato il conguaglio fra la somma ad essa corrispondente ed i contributi dovuti.

venerdì 4 febbraio 2022

 Quando può essere sospesa l'erogazione del reddito di cittadinanza al percettore?

In forza dell'art. 7 ter del DL 4 del 2019:

Art. 7-ter. Sospensione del beneficio in caso di condanna o applicazione di misura cautelare personale

1. Nei confronti del beneficiario o del richiedente cui è applicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, nonché del condannato con sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati all'articolo 7, comma 3, l'erogazione del beneficio di cui all'articolo 1 è sospesa. La medesima sospensione si applica anche nei confronti del beneficiario o del richiedente dichiarato latitante ai sensi dell'articolo 296 del codice di procedura penale o che si è sottratto volontariamente all'esecuzione della pena. La sospensione opera nel limite e con le modalità di cui all'articolo 3, comma 13.


2. I provvedimenti di sospensione di cui al comma 1 sono adottati con effetto non retroattivo dal giudice che ha disposto la misura cautelare, ovvero dal giudice che ha emesso la sentenza di condanna non definitiva, ovvero dal giudice che ha dichiarato la latitanza, ovvero dal giudice dell'esecuzione su richiesta del pubblico ministero che ha emesso l'ordine di esecuzione di cui all'articolo 656 del codice di procedura penale al quale il condannato si è volontariamente sottratto.


3. Nel primo atto cui è presente l'indagato o l'imputato l'autorità giudiziaria lo invita a dichiarare se gode del beneficio di cui all'articolo 1.


4. Ai fini della loro immediata esecuzione, i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 sono comunicati dall'autorità giudiziaria procedente, entro il termine di quindici giorni dalla loro adozione, all'INPS per l'inserimento nelle piattaforme di cui all'articolo 6 che hanno in carico la posizione dell'indagato o imputato o condannato.


5. La sospensione del beneficio di cui all'articolo 1 può essere revocata dall'autorità giudiziaria che l'ha disposta, quando risultano mancare, anche per motivi sopravvenuti, le condizioni che l'hanno determinata. Ai fini del ripristino dell'erogazione degli importi dovuti, l'interessato deve presentare domanda al competente ente previdenziale allegando ad essa la copia del provvedimento giudiziario di revoca della sospensione della prestazione. Il diritto al ripristino dell'erogazione decorre dalla data di presentazione della domanda e della prescritta documentazione all'ente previdenziale e non ha effetto retroattivo sugli importi maturati durante il periodo di sospensione.


6. Le risorse derivanti dai provvedimenti di sospensione di cui al comma 1 sono versate annualmente dall'INPS all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ai capitoli di spesa corrispondenti al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani dei crimini domestici, e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206.

giovedì 3 febbraio 2022

 Quali effetti hanno la sentenze penali di assoluzione e condanna nei procedimenti disciplinari davanti alle pubbliche autorità?




c.p.p. art. 653. Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare 

1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso .

1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso

mercoledì 2 febbraio 2022

Quando è dovuta l'Irap dai lavoratori autonomi?


Cass. civ. Sez. V, 28/01/2022, n. 2614

Presupposto per l'assoggettamento all'Irap è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla prestazione di servizi. La nozione di autonoma organizzazione nell'esercizio dell'attività di lavoro autonomo, sussiste quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

martedì 1 febbraio 2022

Quando occorre comunicare all'ispettorato del lavoro l'avvio di rapporti con collaboratori occasionali?

La L. n. 215/2021, di conversione del D.L. n. 146/2021, ha introdotto a far data dal 21 dicembre u.s. un nuovo obbligo di comunicazione finalizzato a “svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive” nell'impiego di lavoratori autonomi occasionali. In particolare, al comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 – come modificato dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021 definitivamente convertito dalla L. n. 215/2021 – si prevede che: 
“con riferimento all'attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell'utilizzo di tale tipologia contrattuale, l'avvio dell'attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica. Si applicano le modalità operative di cui all'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”

Secondo la nota 29 dell11 gennaio del 2022 dell'Ipsettorato del lavoro:

"Con la presente nota, condivisa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 141 del 7 gennaio u.s., si forniscono le prime indicazioni utili al corretto adempimento del suddetto obbligo.
 Ambito di applicazione: soggetti interessati 

L’obbligo in questione è previsto all’interno della disciplina in materia di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, ragion per cui anche il nuovo obbligo comunicazionale interessa esclusivamente i committenti che operano in qualità di imprenditori. 
Inoltre, la disposizione interessa i lavoratori autonomi occasionali, ossia i lavoratori inquadrabili nella definizione contenuta all’art. 2222 c.c. – riferito alla persona che “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente” – e sottoposti, in ragione dell’occasionalità dell’attività, al regime fiscale di cui all’art. 67, comma 1 lett. l), del D.P.R. n. 917/1986.

 Restano viceversa esclusi, oltre ai rapporti di natura subordinata:
 - le collaborazioni coordinate e continuative, ivi comprese quelle etero-organizzate di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, peraltro già oggetto di comunicazione preventiva ai sensi dell’art. 9-bis del D.L. n. 510/1996 (conv. da L. n. 608/1996); 
- i rapporti instaurati ai sensi e nelle forme dell’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017 (conv. da L. n. 96/2017), rispetto ai quali già sono previsti specifici obblighi di comunicazione e gestione del rapporto; 
- le professioni intellettuali in quanto oggetto della apposita disciplina contenuta negli artt. 2229 c.c. ed in genere tutte le attività autonome esercitate in maniera abituale e assoggettate al regime IVA; se tuttavia l’attività effettivamente svolta non corrisponda a quella esercitata in regime IVA, la stessa rientrerà nell’ambito di applicazione della disciplina in esame; 
- i rapporti di lavoro “intermediati da piattaforma digitale, comprese le attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente di cui all'articolo 67, comma 1, lettera l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”, rispetto ai quali la L. n. 233/2021, di conversione del D.L. n. 152/2021, ha introdotto una speciale disciplina concernente gli obblighi di comunicazione, intervenendo sull’art. 9-bis del D.L. n. 510/1996 (conv. da L. n. 608/1996) e stabilendo, tra l’altro, che tale comunicazione “è effettuata dal committente entro il ventesimo giorno del mese successivo all'instaurazione del rapporto di lavoro”. 

(Segue): tempistiche

 L’obbligo in questione riguarda i rapporti avviati dopo l’entrata in vigore della disposizione o, anche se avviati prima, ancora in corso alla data di emanazione della presente nota. Per tutti i rapporti di lavoro in essere alla data di emanazione della presente nota, nonché per i rapporti iniziati a decorrere dal 21 dicembre e già cessati, stante l’assenza di indicazioni al riguardo, la comunicazione andrà effettuata entro i prossimi 7 giorni di calendario e cioè entro il 18 gennaio p.v. compreso. Resta fermo il regime ordinario per i rapporti avviati successivamente alla data di pubblicazione della presente nota, secondo cui la comunicazione andrà effettuata prima dell’inizio della prestazione del lavoratore autonomo occasionale, eventualmente risultante dalla lettera di incarico. 

Modalità di comunicazione 

Secondo la disposizione in esame, l’obbligo di comunicazione, da effettuarsi all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio e cioè in ragione del luogo dove si svolge la prestazione, avviene mediante SMS o posta elettronica e comunque con le modalità operative di cui all’art. 15 del D.Lgs. n. 81/2015 già in uso in relazione ai rapporti di lavoro intermittente. Nel rispetto di tali modalità, pertanto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvederà ad aggiornare/integrare gli applicativi in uso, al fine di consentire una semplificazione degli adempimenti.

Nelle more, la comunicazione andrà effettuata attraverso l’invio di una e-mail ad uno specifico indirizzo di posta elettronica messo a disposizione di ciascun Ispettorato territoriale (v. elenco completo in allegato). Trattasi di un indirizzo di posta ordinaria e non certificata e pertanto il personale ispettivo potrà verificare anche presso i committenti la conservazione di una copia della comunicazione. 

Contenuto della comunicazione 

Quanto ai contenuti della comunicazione la stessa, che potrà essere direttamente inserita nel corpo dell’e-mail, senza alcun allegato, dovrà avere i seguenti contenuti minimi, in assenza dei quali la comunicazione sarà considerata omessa: 
- dati del committente e del prestatore; 
- luogo della prestazione; 
- sintetica descrizione dell’attività; 
- data inizio prestazione e presumibile arco temporale entro il quale potrà considerarsi compiuta l’opera o il servizio (ad es. 1 giorno, una settimana, un mese). 

Nell’ipotesi in cui l’opera o il servizio non sia compiuto nell’arco temporale indicato sarà necessario effettuare una nuova comunicazione. Dato obbligatorio è altresì quello relativo all’ammontare del compenso qualora stabilito al momento dell’incarico. 

Annullamento della comunicazione 

Una comunicazione già trasmessa potrà essere annullata o i dati indicati potranno essere modificati in qualunque momento antecedente all’inizio dell’attività del prestatore. Eventuali errori che non compromettano la possibilità di individuare le parti del rapporto, la data di inizio della prestazione o il luogo di svolgimento non possono comunque tradursi in una omissione della comunicazione. 

Sanzioni 

La disposizione, analogamente a quanto previsto in relazione all’impiego di lavoratori intermittenti, prevede che “in caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”. Le sanzioni potranno essere dunque più di una laddove gli obblighi comunicazionali omessi riguardino più lavoratori e potranno applicarsi anche laddove il rapporto di lavoro si protragga oltre il periodo inizialmente indicato nella comunicazione senza che si sia provveduto ad effettuarne una nuova. Si fa riserva di fornire ulteriori indicazioni.