sabato 30 gennaio 2021

Quale retribuzione deve essere presa come riferimento per la determinazione del minimo costituzionale? 


Cass. 27/01/2021, n. 1756

In tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell'art. 36 Cost., il giudice del merito, anche nell'ipotesi in cui assuma come criterio orientativo un contratto collettivo non vincolante per le parti, non può fare riferimento a tutti gli elementi e gli istituti retributivi che concorrono a formare il complessivo trattamento economico, ma deve prendere in considerazione solo quelli che costituiscono il cd. minimo costituzionale, dal quale sono escluse le voci tipicamente contrattuali quali i compensi aggiuntivi, gli scatti di anzianità o la quattordicesima mensilità.

giovedì 28 gennaio 2021

Quali redditi devono essere valutati ai fini contributivi per i lavoratori autonomi? 



Cass. 19-01-2021, n. 805

l Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, condividendone le ragioni esposte, da intendere qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che il ricorrente, anche nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione del richiamato orientamento giurisprudenziale;

nelle citate pronunce è stato rilevato che il D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 3 bis, convertito con modificazioni dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, ha previsto che "A decorrere dall'anno 1993, l'ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d'impresa denunciati ai fini IRPEF per l'anno al quale i contributi stessi si riferiscono" e che con la nuova disposizione rileva "la totalità" dei redditi d'impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà titolo all'iscrizione alla gestione della L. n. 233 del 1990, ex art. 1, con una formulazione che realizza un ampliamento della base imponibile contributiva;

è stato precisato, altresì, che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre fare riferimento alle norme fiscali e, dunque, in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Il suddetto D.P.R. contiene distinte disposizioni onde qualificare i redditi d'impresa rispetto ai redditi di capitale: i primi, a mente dell'art. 55, (nel testo post riforma del 2004), sono quelli che derivano dall'esercizio di attività imprenditoriale mentre l'art. 44, lett. e), (nel testo post riforma del 2004), ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG (ora IRES);

poichè la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d'impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi;

in tali precedenti (v. Cass. n. 21540 cit., p. 11 e ss) è messo in evidenza anche il diverso regime dettato per i soci di società di persone e le ragioni di coerenza del sistema alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 354 del 2001;

mercoledì 27 gennaio 2021

 Quali conseguenze comporta l'assenza dalla visita controlla disposta dall'Inps?


In forza dell'art. 5 comma 14 della legge 638 del 1983:

Qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l'intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l'ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo

martedì 26 gennaio 2021

Come si determina la partecipazione agli utili dell'impresa familiare? 



Cass. 22/01/2021, n. 1401

In tema di impresa familiare, la determinazione della partecipazione agli utili ed agli incrementi del familiare deve essere effettuata in relazione al valore complessivo dell'impresa, per cui se l'incremento di valore di un fattore della produzione si è tradotto in un aumento di redditività della impresa medesima non è dato scorporare dalla stessa la componente riferibile a fattori che si assumono del tutto estranei all'attività prestata dal partecipante lavoro; analogamente, il verificarsi nel corso della vita dell'impresa di fattori di decremento dei beni con riflessi sulla produttività della stessa, non può che riverberarsi sulla concreta liquidazione della quota del partecipante.

lunedì 25 gennaio 2021

Gli ingegneri che versano solo il contributo integrativo a Inarcassa devono iscriversi all'Inps?


Cass. 20/01/2021, n. 954

Gli ingegneri e gli architetti iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie, per quali è preclusa l'iscrizione all'INARCASSA, alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l'INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa, cui è funzionale la disposizione di cui all'art. 2, comma 26 della L. n. 335 del 1995, secondo la quale l'unico versamento contributivo rilevante ai fini dell'esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale.

giovedì 21 gennaio 2021

 In cosa consiste il danno da demansionamento?

Cass. 18/01/2021, n. 703

In tema di risarcimento del danno da demansionamento, il danno esistenziale, da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo, peraltro, precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all'interno ed all'esterno del luogo di lavoro dell'operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti l'avvenuta lesione dell'interesse relazionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto), il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna del procedimento logico, si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendo ricorso, ai sensi dell'art. 115 c.p.c., a quelle nozioni generali derivanti dall'esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove.

mercoledì 20 gennaio 2021

Il rinvio di ufficio della prima udienza determina uno spostamento dei termini di costituzione del convenuto? 




Corte d'Appello Lecce Sez. lavoro, 08/02/2016

Nelle controversie assoggettate al rito del lavoro, al fine di verificare il rispetto dei termini fissati con riferimento all'udienza ex art. 416 c.p.c. per la costituzione del convenuto in primo grado e dall'art. 436 c.p.c. per la costituzione dell'appellato, non si deve aver riguardo a quella originariamente stabilita dal provvedimento del giudice, ma a quella eventualmente fissata in dipendenza del sopravvenuto rinvio d'ufficio della stessa, a modifica del precedente decreto di fissazione, ed effettivamente tenuta in sostituzione della prima.

martedì 19 gennaio 2021

 Quando il licenziamento del lavoratore può costituire condotta antisindacale?



Tribunale Civitavecchia Sez. lavoro, 23/09/2020

In tema di condotta antisindacale, affinché la condotta datoriale possa dirsi anche solo potenzialmente lesiva degli interessi del sindacato, il licenziamento del lavoratore non deve essere semplicemente ingiustificato, ma deve potersi dire causalmente connesso con la sua posizione di rappresentante sindacale, e perciò idoneo a depotenziare gli strumenti di confronto tra le parti sociali in correlazione con l'attività sindacale dallo stesso posta in essere. L'antisindacalità della condotta non può dunque solamente derivare dalla carica di R.S.A. ricoperta dal lavoratore licenziato: devono emergere elementi da cui evincersi, anche per via deduttiva, che il lavoratore è stato licenziato in ragione della sua carica, e che ciò sia potenzialmente idoneo ad alterare il genuino confronto tra azienda e sindacati. Ove così non fosse si giungerebbe ad affermare che ogni licenziamento di R.S.A. – o di qualsiasi altro esponente sindacale, e financo di lavoratore che abbia svolto attività sindacale di qualunque genere – rappresenti condotta antisindacale tutte le volte in cui sia ingiustificato. È pertanto onere dell'organizzazione che denunci il licenziamento dell'RSA come antisindacale dimostrare che esso sia stato intimato in ragione della carica ricoperta dal lavoratore. (Nel caso di specie, il giudice adito ha respinto il ricorso non essendo emersi elementi sufficienti – neppure a livello indiziario – volti a dimostrare che la lavoratrice licenziata per giustificato motivo oggettivo (esperita la procedura ex art. 7 della legge n. 604/1966) in considerazione della pacifica chiusura del punto vendita al quale era addetta, fosse stata estromessa dal datore di lavoro in ragione della carica sindacale di R.S.A. dalla stessa ricoperta.)

lunedì 18 gennaio 2021

Quando spetta l'indennità supplementare al trattamento di fine rapporto per i dirigenti prevista dall'accordo interconfederale del 27 aprile 1995





Cass. 22-12-2020, n. 29321

Reputa il Collegio si debba dare continuità alla giurisprudenza della Corte, secondo cui l'indennità supplementare al trattamento di fine rapporto prevista per i dirigenti di azienda dall'accordo interconfederale del 27 aprile 1995 deve essere riconosciuta al dipendente nel caso in cui il licenziamento sia obiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, non essendo necessario che ad esso consegua una effettiva cesura del rapporto di lavoro e che il dipendente versi, pertanto, in stato di disoccupazione (Cass. 30 settembre 2019, n. 24355, con cui è stata cassata la pronuncia di merito che aveva negato l'emolumento in presenza di un licenziamento intimato da Alitalia Servizi s.p.a., posta in amministrazione straordinaria, seguito da riassunzione ad opera del cessionario, quale speciale modalità di trasferimento del lavoratore D.L. n. 347 del 2003, ex art. 5, comma 2 ter; in senso conforme, più di recente: Cass. 12 febbraio 2020, n. 3442, non massimata).

sabato 16 gennaio 2021

In cosa consiste il minimale contributivo?


Cass. 13/01/2021, n. 442

L'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all'importo del cd. "minimale contributivo", ossia all'importo di quella retribuzione che ai lavoratori di un determinato settore dovrebbe essere corrisposta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale.

giovedì 14 gennaio 2021

 Quando è risarcibile la mancata fornitura del vestiario da parte  del datore di lavoro?



Cass. Ord., 11/01/2021, n. 183

In tema di obblighi del datore di lavoro, la mancata fornitura della massa vestiaria costituisce un inadempimento contrattuale che legittima l'azione risarcitoria, ma a condizione che il lavoratore alleghi e dimostri di avere subito un pregiudizio economico, qual è l'usura di abiti propri, o di avere dovuto sopportare un costo per l'acquisto dei beni non forniti dal datore.

mercoledì 13 gennaio 2021

Come è attribuita la funzione di coordinamento nell'ambito della sanità pubblica? 


Cass. 11/01/2021, n. 187

In tema di conferimento di incarichi di coordinamento nell'ambito della sanità pubblica, l'attività di coordinamento è funzione autonoma e distinta dalle altre che connotano la categoria di appartenenza; pertanto, la corrispondente attribuzione può derivare esclusivamente da specifici provvedimenti istitutivi e determinativi dei criteri di assegnazione e, poi, con l'osservanza dei requisiti formalizzati dall'art. 6, L. n. 43/2006 e richiamati dall'art. 4 del CCNL 10.04.2008.

martedì 12 gennaio 2021

 Come è definito il passaggio diretto ex art. 30 Dlgs 165 del 2001 dalla giurisprudenza?



Cass- 07/01/2021, n. 86

L'espressione di carattere atecnico "passaggio diretto", contenuta nell'art. 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, non qualifica un particolare tipo contrattuale civilistico, ma solamente, nel campo pubblicistico, uno strumento attuativo del trasferimento del personale, da una Amministrazione ad un'altra, trasferimento caratterizzato da una modificazione meramente soggettiva del rapporto e condizionato da vincoli precisi concernenti la conservazione dell'anzianità, della qualifica e del trattamento economico, che è inquadrabile nella fattispecie della cessione di contratto disciplinata dagli artt. 1406 e ss. c.c., visto che comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali. L'individuazione del trattamento giuridico ed economico da applicare ai dipendenti trasferiti deve essere effettuata, sulla base dell'inquadramento presso l'ente di provenienza, nell'ambito della disciplina legale e contrattuale propria del comparto dell'amministrazione cessionaria e, a tal fine, occorre tener conto anche delle posizioni economiche differenziate, attraverso le quali si realizza, sia pure all'interno dell'area, una progressione di carriera.

lunedì 11 gennaio 2021

 Quali permessi di soggiorno sono convertibili in permessi per lavoro alla luce delle modifiche apportate dal DL 2020 n. 130 apportate all'art. 6 del Dlgs 286 del 1998?


Art. 6 Dlgs 286 del 1998 (Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno)(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2° , e 148) 

1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione. 


1-bis. Sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti, i seguenti permessi di soggiorno:

a) permesso di soggiorno per protezione speciale, di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale, di cui agli articoli 10, comma 2, 12, comma 1, lettere b) e c), e 16 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
b) permesso di soggiorno per calamità, di cui all'articolo 20-bis;
c) permesso di soggiorno per residenza elettiva, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-quater), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
d) permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, ad eccezione dei casi in cui lo straniero era precedentemente in possesso di un permesso per richiesta di asilo;
e) permesso di soggiorno per attività sportiva, di cui all'articolo 27, comma 1, lettera p);
f) permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico, di cui all'articolo 27, comma 1, lettere m), n) ed o);
g) permesso di soggiorno per motivi religiosi, di cui all'articolo 5, comma 2;
h) permesso di soggiorno per assistenza di minori, di cui all'articolo 31, comma 3;
h-bis) permesso di soggiorno per cure mediche, di cui all'articolo 19, comma 2, lettera d-bis). 



2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’ articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno di cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati. 


3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda fino ad euro 2.000. 


4. Qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici .


5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.


6. Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.


7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.


8. Fuori dei casi di cui al comma 7, gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale.


9. Il documento di identificazione per stranieri è rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro dell'interno. Esso non è valido per l'espatrio, salvo che sia diversamente disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.


10. Contro i provvedimenti di cui all'articolo 5 e al presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.




sabato 9 gennaio 2021

 Come si prova il danno da demansionamento?


Cass. 05/01/2021, n. 15

In tema di demansionamento, è risarcibile il danno non patrimoniale ogni qual volta si verifichi una grave violazione dei diritti del lavoratore, che costituiscono oggetto di tutela costituzionale, da accertarsi in base alla persistenza del comportamento lesivo, alla durata e alla reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, all'inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del prestatore di lavoro, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o svilirne i compiti. La relativa prova spetta al lavoratore, il quale, tuttavia, non deve necessariamente fornirla per testimoni, potendo anche allegare elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, quali, ad esempio, la qualità e la quantità dell'attività lavorativa svolta, la natura e il tipo della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento o la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione.

venerdì 8 gennaio 2021

 Quali sgravi contributivi sono stati previsti dalla legge 178 del 2020 per l'assunzione delle donne?



In base all'art. 1 comma 16

Per le assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, in via sperimentale, l'esonero contributivo di cui all'articolo 4, commi da 9 a 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92, è riconosciuto nella misura del 100 per cento nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui.

L'articolo 4, commi da 9 a 11, della legge 28 giugno 2012, n. 92 prevedeva

9. Nei casi di cui al comma 8, se il contratto è trasformato a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data della assunzione con il contratto di cui al comma 8.


10. Nei casi di cui al comma 8, qualora l'assunzione sia effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi spetta per un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione.


11. Le disposizioni di cui ai commi da 8 a 10 si applicano nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, anche in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea e nelle aree di cui all'articolo 2, punto 18), lettera e), del predetto regolamento, annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.

martedì 5 gennaio 2021

Entro che limiti il giudice può ridurre la sanzione irrogata dall'azienda?


Cass. civ. Sez. lavoro, 13/04/2007, n. 8910

Il potere di infliggere sanzioni disciplinari e di proporzionare la gravità dell'illecito accertato rientra nel potere di organizzazione dell'impresa quale esercizio della libertà di iniziativa economica di cui all'art. 41 Cost., onde è riservato esclusivamente al titolare di esso, ragion per cui non può essere esercitato dal giudice in conseguenza dell'opposizione del lavoratore, neppure con riferimento alla riduzione della gravità della sanzione, salvo il solo caso in cui l'imprenditore abbia superato il massimo edittale e la riduzione consista, perciò, soltanto in una riconduzione a tale limite. Tuttavia, nell'ipotesi in cui sia lo stesso datore di lavoro, convenuto in giudizio per l'annullamento della sanzione, a chiedere, nel suo atto di costituzione (senza che sia necessaria, in merito, la proposizione di una domanda riconvenzionale in senso proprio), la riduzione della sanzione per l'ipotesi in cui il giudice, in accoglimento della domanda del lavoratore, ritenga eccessiva (come nella specie) la sanzione già inflitta, l'applicazione all'esito del giudizio di una sanzione minore è da ritenersi legittima poiché la stessa non implica la sottrazione della sua autonomia all'imprenditore e realizza l'economia di un nuovo ed eventuale giudizio valutativo, avente ad oggetto la sanzione medesima. (Rigetta, App. Napoli, 4 Dicembre 2003).

lunedì 4 gennaio 2021

 Fino a quando è stata prorogata la sospensione del potere di licenziare per giustificato motivo oggettivo dalla l. 178 del 2020?


In base all'art. 1 commi 309-310 e 311:


309. Fino al 31 marzo 2021 resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto. 

310. Fino alla medesima data di cui al comma 309, resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge. 

311. Le sospensioni e le preclusioni di cui ai commi 309 e 310 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile, o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo; a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresì esclusi dal divieto i

venerdì 1 gennaio 2021

 Come è disciplinata la Cassa Covid 19 della legge 178 del 2020


l'art. 1 commi 300 e ss prevede

300. I datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale, dell’assegno ordinario e del trattamento di integrazione salariale in deroga, di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per una durata massima di dodici settimane. Le dodici settimane devono essere collocate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria, e nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga. Con riferimento a tali periodi, le predette dodici settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID-19. I periodi di integrazione salariale precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 1° gennaio 2021 sono imputati, ove autorizzati, alle dodici settimane del presente comma.


301. Le domande di accesso ai trattamenti di cui al comma 300 devono essere inoltrate all’INPS, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza di cui al presente comma è fissato entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. 


302. In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini di cui al presente comma sono rinviati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente i predetti termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente. 


303. I fondi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario di cui al comma 300 con le medesime modalità di cui ai commi da 299 a 314 del presente articolo, ovvero per una durata massima di dodici settimane collocate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021. Il concorso del bilancio dello Stato agli oneri finanziari relativi alla predetta prestazione è stabilito nel limite massimo di 900 milioni di euro per l’anno 2021; tale importo è assegnato ai rispettivi fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Le risorse di cui al presente comma sono trasferite ai rispettivi fondi con uno o più decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previo monitoraggio da parte dei fondi stessi dell’andamento del costo della prestazione, relativamente alle istanze degli aventi diritto, nel rispetto del limite di spesa e secondo le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali