lunedì 30 ottobre 2023

 Il giudice può disapplicare il salario previsto da un  ccnl se viola l'art. 36 Costituzione?




Tribunale Bari, Sez. lavoro, 13/10/2023, n. 2720

In tema di "salario minimo costituzionale" il giudice di merito ha la possibilità, in base all'art. 36 Cost., di "disapplicare" il trattamento insufficiente applicato nei singoli casi, anche se corrispondente a un contratto collettivo nazionale e firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi. Al posto del trattamento insufficiente, va garantito un trattamento congruo sempre ex art. 36 Cost. corrispondente a un contratto collettivo di settore analogo o per mansioni simili, oppure determinato in base ad altri criteri. La sanzionabilità d'ufficio di congruità ex art. 36 Cost. vale anche nei confronti di ipotetici contratti collettivi "erga omnes" in ragione del diverso campo di applicazione dell'art. 36 rispetto all'art. 39, comma 2°, Cost.

venerdì 27 ottobre 2023

 È  costituzionalmente legittimo la sospensione dall'albo degli esercenti le professioni sanitarie diversi dagli operatori sanitari, ed in particolare agli iscritti nell'albo dei chimici e dei fisici in caso di mancata vaccinazione?



Corte cost., 05/10/2023, n. 185

Sono infondate – in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost. – le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4 del D.L. n. 44 del 2021, come convertito e sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b), del D.L. n. 172 del 2021, come convertito, nella parte in cui impone l'obbligo vaccinale – pena la sospensione dall'albo – indistintamente a tutti gli esercenti le professioni sanitarie diversi dagli operatori sanitari, ed in particolare agli iscritti nell'albo dei chimici e dei fisici, senza alcuna verifica rispetto alle concrete tipologie di svolgimento della professione, poiché l'imposizione dell'obbligo vaccinale per categorie predeterminate di soggetti rappresenta una scelta non irragionevole e non sproporzionata, mossa dall'esigenza di garantire linearità e automaticità all'individuazione dei destinatari.

giovedì 26 ottobre 2023

 Esiste la possibilità di ottenere danni ulteriori rispetto l'indennità  ex art. 18 l. 300 del 1960 in caso di licenziamento illegittimo?



Cass. 23/10/2023, n. 29335

L'indennità spettante ex art. 18, comma quarto, L. n. 300 del 1970, al dipendente illegittimamente licenziato è destinata a risarcire il danno intrinsecamente connesso alla impossibilità materiale di eseguire la prestazione lavorativa. Sicché la previsione e la corresponsione di tale indennità non escludono che il lavoratore licenziato (prima o dopo la reintegra) possa avere subito danni ulteriori alla propria professionalità o alla propria immagine a causa del licenziamento o della mancata reintegrazione. Inoltre laddove si discorra di danni ulteriori rispetto a quelli inevitabilmente connessi alla mancata prestazione lavorativa, è ammessa la configurabilità all'unica condizione del rispetto dell'onere probatorio da parte del lavoratore, senza che rilevi la collocazione temporale dei medesimi danni rispetto alla pronuncia della sentenza di reintegra.

mercoledì 25 ottobre 2023

 Quando il rifiuto di trasformare il rapporto in part time può giustificare il licenziamento per gmo?


Cass. 23/10/2023, n. 29337


Il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. La previsione di tale disposizione non preclude la facoltà di recesso per motivo oggettivo in caso di rifiuto del part time (o viceversa del full time), ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell'onere della prova posto a carico di parte datoriale. In tal caso, ai fini del giustificato motivo oggettivo, occorre che sussistano o siano dimostrate dal datore di lavoro le effettive esigenze economiche ed organizzative tali da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo pieno (o parziale), ma solo con l'orario differente richiesto; l'avvenuta proposta al dipendente o ai dipendenti di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale ed il rifiuto dei medesimi; l'esistenza di un nesso causale tra le esigenze di riduzione (o aumento) dell'orario ed il licenziamento. Il rifiuto della trasformazione del rapporto di lavoro part time, come articolato, diventa pertanto una componente del più ampio onere della prova del datore che comprende le ragioni economiche da cui deriva la impossibilità di continuare ad utilizzare la prestazione a tempo parziale e l'offerta del full time rifiutata. Ciò perché il licenziamento non deve essere intimato a causa del rifiuto ma a causa della impossibilità di utilizzo della prestazione a tempo parziale e del rifiuto di trasformazione del rapporto in full time.

martedì 24 ottobre 2023

 

Quando si realizza l'ipotesi di alterazione o manomissione del sistema di rilevazione delle presenze stabilite dall'art. 55 quater dell dlgs 165 del 2001?


Cass. 19/10/2023, n. 29028

La fattispecie disciplinare di fonte legale di cui all'art. 55 quater del D.Lgs. n. 165 del 2001 si realizza non solo nel caso di alterazione o manomissione del sistema, ma in tutti i casi in cui la timbratura, o altro sistema di registrazione della presenza in ufficio, miri a far risultare falsamente che il lavoratore è rimasto in ufficio durante l'intervallo temporale compreso tra le timbrature o registrazioni in entrata ed in uscita. La condotta, dunque, che si compendia nell'allontanamento dal luogo di lavoro senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza economicamente apprezzabili è idonea oggettivamente ad indurre in errore l'amministrazione di appartenenza circa la presenza su luogo di lavoro e costituisce, ad un tempo, condotta penalmente rilevante ai sensi del comma 1 dell'art. 55 quinquies del D.Lgs. n. 165 del 2001.

lunedì 23 ottobre 2023

 Su quali basi si fonda la responsabilità datoriale per mobbing?


Cass. 19/10/2023, n. 29101


In relazione alla tutela della personalità morale del lavoratore, al di là della tassonomia e della qualificazione come mobbing e straining, quello che conta è che il fatto commesso, anche isolatamente, sia un fatto illecito ex art. 2087 c.c. da cui sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore al più elevato livello dell'ordinamento, ovvero la sua integrità psicofisica, la dignità, l'identità personale, la partecipazione alla vita sociale e politica. La reiterazione, l'intensità del dolo, o altre qualificazioni della condotta sono elementi che possono incidere eventualmente sul quantum del risarcimento ma nessuna offesa ad interessi protetti al massimo livello costituzionale come quelli in discorso può restare senza la minima reazione e protezione rappresentata dal risarcimento del danno, a prescindere dal dolo o dalla colpa datoriale, come è proprio della responsabilità contrattuale in cui è invece il datore che deve dimostrare di aver ottemperato alle prescrizioni di sicurezza

sabato 21 ottobre 2023

 Possono essere concordate sospensioni di attività e che conseguenze anno?


Cass. 18/10/2023, n. 28862

Pur in presenza di un rapporto di lavoro subordinato full time, il datore di lavoro può provare sospensioni concordate delle prestazioni lavorative e delle correlative retribuzioni anche per facta concludentia. Una volta raggiunta la prova di tali sospensioni, esse si traducono in clausole tacite integrative del contratto individuale di lavoro full time e, una volta integrato in tal modo il contratto, eventuali modifiche successive di quelle sospensioni concordate richiedono un nuovo consenso del lavoratore e quindi non possono essere disposte né imposte unilateralmente dal datore di lavoro.

venerdì 20 ottobre 2023

 In caso di violazione della consultazione sindacale prevista dalla legge 223 del 1991 è possibile con l'accertamento dell'antisindacalità far revocare i licenziamenti?



Tribunale Milano, Sez. lavoro, Decreto, 28/09/2023

E' antisindacale la condotta della società di consegne che non ha rispettato la procedura di consultazione sindacale, prevista dalla l. 223/1991, sulla base della natura subordinata dei rapporti di lavoro instaurati con i riders; da ciò discende la condanna della società stessa alla revoca degli atti di recesso.

mercoledì 18 ottobre 2023

 Su chi incombe l'onere di provare gli straordinari?



Tribunale Arezzo, Sez. lavoro, 04/10/2023, n. 443

Incombe sul lavoratore fornire la prova positiva, la quale deve essere piena e rigorosa dell'esecuzione della prestazione lavorativa oltre i limiti legalmente o contrattualmente previsti. In particolare, ai fini del pagamento del lavoro straordinario, gli sconfinamenti in eccesso dall'orario di lavoro previsto dal contratto costituiscono l'oggetto precipuo dell'onere probatorio a carico del lavoratore che deduca di aver svolto la propria attività lavorativa oltre il normale orario di lavoro. Al tal riguardo, il lavoratore che domanda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario deve dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che la valutazione equitativa del giudice possa supplire l'assenza di siffatta prova

martedì 17 ottobre 2023

 Come devono essere svolti i controlli difensivi?


Cass. 11/10/2023, n. 28378


Nel caso dei cc.dd. controlli difensivi, svolti a mezzo di impianti tecnologici, va esclusa l'applicabilità dell'art. 4 L. n. 300 del 1970 qualora siano finalizzati alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all'insorgere del sospetto. L'indicazione del nominativo dei soggetti che in concreto hanno eseguito le indagini, se non riconducibili alla società di investigazione che ha ricevuto l'incarico, è un requisito di validità e di liceità di tali indagini e di utilizzabilità del relativo esito, pur se demandate a soggetto all'uopo dotato delle necessarie autorizzazioni amministrative. L'eventuale mancanza di tale indicazione inficia il mandato e comporta, di conseguenza, l'inutilizzabilità, ai sensi dell'art. 11, co. 2, D.Lgs. n. 196 del 2003, dei dati raccolti da soggetti non legittimati a farlo.

lunedì 16 ottobre 2023

 Quando la recidiva diviene elemento costitutivo del licenziamento?


Cass. 12/10/2023, n. 28494

In tema di licenziamento, per stabilire se la recidiva sia oppure no elemento costitutivo dell'addebito occorre considerare non le astratte fattispecie previste dal contratto collettivo, bensì il concreto esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro, che ben potrebbe decidere di non avvalersi della recidiva. Ne consegue che il generico riferimento a "precedenti condotte", contenuto nella lettera di licenziamento, può essere inteso come dotato di sola valenza confermativa della gravità degli addebiti contestati che siano da soli sufficienti a giustificare il licenziamento.

sabato 14 ottobre 2023

 Quando deve essere retribuito il tempo necessario per la vestizione?


Cass. 31/08/2023, n. 25479

Rientra nell'orario di lavoro il tempo impiegato dal dipendente per la vestizione o svestizione della divisa aziendale, quando luogo e tempo dell'operazione sono imposti dal datore di lavoro.

giovedì 12 ottobre 2023

 Quando occorre effettuare il rinvio alla Corte di giustizia Europea?

Cass. 28/09/2023, n. 27525

Tra le ipotesi al ricorrere delle quali il giudice nazionale di ultima istanza, pur in presenza di una questione concernente l'applicazione del diritto eurounitario, è esonerato dall'obbligo di investire la Corte europea tramite lo strumento del rinvio pregiudiziale, vi sono i casi di irrilevanza della questione: dell'acte éclairé, quando la questione sia materialmente identica ad altra già decisa o vi sia una giurisprudenza consolidata della Corte sul punto, e dell'acte clair, quando l'interpretazione del diritto dell'Unione si imponga con evidenza tale da non dare adito a ragionevoli dubbi. Non sussistono dunque ragioni per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, relativamente alla questione se sono applicabili o meno, in maniera diretta, all'interno dell'ordinamento italiano i principi sanciti dalla giurisprudenza della CGUE in materia di retribuzione dei giorni di ferie stante l'irrinunciabilità al diritto alle ferie.

 Quando devo essere accertata la sussistenza dei requisiti per l'indennità di accompagnamento?


Cass. 28/09/2023, n. 27525

In materia di indennità di accompagnamento, il giudice è chiamato a verificare d'ufficio la fondatezza della domanda del beneficio e, dunque, la sussistenza dei requisiti cui la prestazione in esame è subordinata. Se a seguito di tale verifica è accertato che ab origine difettavano i requisiti per concedere l'indennità diviene irrilevante che, solo in epoca successiva, gli stessi siano stati soddisfatti.

martedì 10 ottobre 2023

 Che funzione hanno le "una tantum" dei ccnl?

Cass. 06/10/2023, n. 28186

L'indennità "una tantum" ha la funzione di assicurare un parziale recupero del potere di acquisto del dipendente rispetto all'aumento del costo della vita con riferimento al periodo di mancato rinnovo del contratto collettivo e il suo addossamento a carico del datore si giustifica con i possibili vantaggi economici che questi ne trae, onde non appare giustificato porre a carico del soggetto, con il quale il rapporto intercorreva al momento del rinnovo, l'intero importo anche per i periodi di attività prestata presso precedenti datori di lavoro, verso i quali alcun obbligo era stabilito dalla previsione collettiva. Dunque l'indennità in oggetto, in quanto strutturalmente correlata all'effettuazione della prestazione lavorativa, può essere oggetto di pretesa soltanto nei termini descritti, in assenza di diversa previsione negoziale ad hoc che ponga l'obbligazione integralmente in capo a chi risulti datore di lavoro al momento della stipula del contratto collettivo.

 L'onere di disconoscimento della scrittura privata su chi grava?


Cass. 28/09/2023, n. 27525

L'onere del disconoscimento della scrittura privata, stabilito dall'art. 215, primo comma, n. 2 c.p.c., grava esclusivamente sul soggetto che appare essere l'autore della sottoscrizione e non già su colui che contesti l'opponibilità del documento, siccome non recante alcuna sottoscrizione a lui riferibile; con la conseguenza che, quando il contenuto della scrittura privata inter alios sia contestato, il documento non viene in rilievo come prova legale e la corrispondenza a verità o meno del suo contenuto, dimostrabile con ogni mezzo di prova, è affidata al libero apprezzamento del giudice

venerdì 6 ottobre 2023

 La violazione degli obblighi lavorativi può comportare il dovere di risarcire  del danno?



Cass. 04/10/2023, n. 27940

La violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza da parte di un dipendente comporta, oltre all'applicabilità di sanzioni disciplinari, anche l'insorgere del diritto al risarcimento dei danni e ciò tanto più nel caso in cui il medesimo, quale dirigente di un istituto di credito in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro, del quale è un "alter ego", occupi una posizione di particolare responsabilità, collocandosi al vertice dell'organizzazione aziendale e svolgendo mansioni tali da improntare la vita dell'azienda.

giovedì 5 ottobre 2023

 Come si determina la giusta retribuzione ex art.36 cost. ?


Cass. civ., Sez. lavoro, 02/10/2023, n. 27711



Nell'attuazione dell'art. 36 della Cost. il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall'art. 36 Cost., anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata. Ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe. Nella opera di verifica della retribuzione minima adeguata ex art. 36 Cost. il giudice, nell'ambito dei propri poteri ex art. 2099, comma 2 c.c., può fare altresì riferimento, all'occorrenza, ad indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022.

mercoledì 4 ottobre 2023

 Quando si applica l'IRAP?


Cass. 02/10/2023, n. 27779


In materia di IRAP, il requisito previsto dall'art. 2 del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione (e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse) ed impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive. Detto requisito non può automaticamente farsi discendere dalla titolarità di quota societaria in ente che svolge attività similare.

 Quando si configura la causa violenta ai fini della sussistenza dell'infortunio?


Cass. 25/09/2023, n. 27279


Ai fini della tutela prevista dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, secondo la quale l'assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in «occasione di lavoro», non è sufficiente che sussista la causa violenta e che tale causa abbia coinvolto l'assicurato nel luogo ove egli svolge le sue mansioni - comprensivo del percorso da e per il lavoro - ma è necessario che tale causa sia connessa all'attività lavorativa, nel senso cioè che inerisca a tale attività o sia, almeno, occasionata dal suo esercizio.

lunedì 2 ottobre 2023

 Come deve essere valutato l'ammontare del reddito percepito ai fini i della determinazione dell'occasionalità  di un'attività?

Cass. 28/09/2023, n. 27531


L'esiguità del reddito non denota di per sé l'occasionalità dell'attività professionale. Spetta al giudice di merito accertare in fatto se un'attività professionale debba ritenersi abituale anche in presenza di un reddito inferiore al limite di Euro 5.000. Le contestazioni in ordine all'abitualità attengono ad aspetti che il giudice è tenuto a valutare d'ufficio, nella disamina del merito della domanda proposta, così che a fronte della pretesa avanzata dall'INPS, il giudice deve esaminarne la fondatezza anche alla stregua delle critiche del debitore, inquadrandole nelle coordinate giuridiche più appropriate (iura novit curia), senza alcun vincolo derivante dall'indicazione, ad opera della parte, della normativa applicabile