sabato 27 febbraio 2021

Come provare l'esenzione da contributi delle somme date a titolo di rimborso kilometrico? 



Cass. 20/02/2012, n. 2419

In materia di determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali, l'onere probatorio gravante sul datore di lavoro che invochi l'esclusione, dall'imponibile contributivo, delle erogazioni ai propri dipendenti per il rimborso di spese di viaggio è assolto documentando, per ciascun mese di riferimento, il numero di chilometri percorsi in detta unità di tempo, il tipo di automezzo utilizzato dal lavoratore e l'importo corrisposto per chilometro sulla base della tariffa ACI, senza che occorra produrre documentazione recante, con scheda mensile per ciascun dipendente, l'analitica indicazione dei viaggi giornalmente compiuti, delle località di partenza e di destinazione, dei clienti visitati, nonché il riepilogo giornaliero dei chilometri percorsi, atteso quanto si evince dal disposto di cui all'art. 48, quinto comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall'art. 3, comma 1, del d.lgs. 22 settembre 1997, n. 314, applicabile anche in materia previdenziale a norma dell'art. 6 del medesimo d.lgs.. (Cassa e decide nel merito, App. Firenze, 04/05/2007)

giovedì 25 febbraio 2021

Quando è disposto il trasferimento del dipendente pubblico rinviato a giudizio?

Art. 3 legge 97 del 2001

Trasferimento a seguito di rinvio a giudizio

1. Salva l'applicazione della sospensione dal servizio in conformità a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, quando nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica è disposto il giudizio per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma , 317, 318, 319, 319-ter , 319-quater e 320 del codice penale e dall'articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, l'amministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza. L'amministrazione di appartenenza, in relazione alla propria organizzazione, può procedere al trasferimento di sede, o alla attribuzione di un incarico differente da quello già svolto dal dipendente, in presenza di evidenti motivi di opportunità circa la permanenza del dipendente nell'ufficio in considerazione del discredito che l'amministrazione stessa può ricevere da tale permanenza.

2. Qualora, in ragione della qualifica rivestita, ovvero per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente è posto in posizione di aspettativa o di disponibilità, con diritto al trattamento economico in godimento salvo che per gli emolumenti strettamente connessi alle presenze in servizio, in base alle disposizioni dell'ordinamento dell'amministrazione di appartenenza.

3. Salvo che il dipendente chieda di rimanere presso il nuovo ufficio o di continuare ad esercitare le nuove funzioni, i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 perdono efficacia se per il fatto è pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorsi cinque anni dalla loro adozione, sempre che non sia intervenuta sentenza di condanna definitiva. In caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva, l'amministrazione, sentito l'interessato, adotta i provvedimenti consequenziali nei dieci giorni successivi alla comunicazione della sentenza, anche a cura dell'interessato.

4. Nei casi previsti nel comma 3, in presenza di obiettive e motivate ragioni per le quali la riassegnazione all'ufficio originariamente coperto sia di pregiudizio alla funzionalità di quest'ultimo, l'amministrazione di appartenenza può non dare corso al rientro.

mercoledì 24 febbraio 2021

Quale importo della retribuzione deve essere assunto a base di calcolo a fini contributivi? 


Cass. 22/02/2021, n. 4676

In tema di pagamento di contributi previdenziali, l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali, ai sensi dell'art. 1, d.l. n. 338/1989, non può essere inferiore all'importo del c.d. "minimale contributivo", ossia all'importo di quella retribuzione che ai lavoratori di un determinato settore dovrebbe essere corrisposta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale.

martedì 23 febbraio 2021

 Quando sorge l'obbligo di iscrizione alla gestione separata?


Cass. 18/02/2021, n. 4419

L'obbligo di iscrizione alla Gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall'esercizio abituale (ancorché non esclusivo) ed anche occasionale (oltre la soglia monetaria indicata nell'art. 44, comma 2, del D.L. n. 269/2003) di un'attività professionale per la quale è prevista l'iscrizione ad un albo o ad un elenco, tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto dall'attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento.

lunedì 22 febbraio 2021

 Quando si ha rischio elettivo?

Cass. 12/02/2021, n. 3763


In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità esclusiva del lavoratore per c.d. "rischio elettivo" sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere.

venerdì 19 febbraio 2021

 Come deve essere quantificato il danno derivante dall'illegittima reiterazione dei contratti a termine nel pubblico impiego?

Cass. 15/02/2021, n. 3815


Nel lavoro pubblico contrattualizzato, ai fini del risarcimento del danno spettante al lavoratore nell'ipotesi di illegittima o abusiva reiterazione di contratti di somministrazione di lavoro a termine, deve farsi riferimento alla fattispecie di portata generale di cui all'art. 32, comma 5 della L. 4 novembre 2010 n. 183, da configurare come corrispondente ad un danno presunto, con valenza sanzionatoria qualificabile come danno comunitario, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, che non può comunque farsi derivare dalla perdita del posto (in assenza di una assunzione tramite concorso ex art. 97, ultimo comma Cost.). Ciò non dà luogo ad una posizione di favore del dipendente pubblico rispetto al lavoratore privato, atteso che per il primo l'indennità forfetizzata agevola l'onere probatorio del danno subìto, pur rimanendo salva la possibilità di provare un danno maggiore, mentre per il lavoratore privato essa funge da limite al danno risarcibile, ma questa restrizione è bilanciata dal diritto alla conversione del rapporto di lavoro, insussistente nel lavoro pubblico.

giovedì 18 febbraio 2021

 Il mancato pagamento della retribuzione determina giusta causa di dimissioni?


Tribunale Forlì Sez. lavoro Sent., 24/04/2019

Anche con riguardo al dirigente il mancato pagamento della retribuzione, che costituisce il corrispettivo fondamentale della prestazione del lavoro subordinato, integra la giusta causa di dimissioni in tronco del lavoratore per colpa del datore di lavoro, senza che possa rilevare che il mancato pagamento sia dovuto ad una situazione di crisi aziendale, nota al lavoratore medesimo, che ab bia continuato a fornire la sua prestazione.

Tribunale Milano Sez. lavoro, 26/06/2017


Nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato il mancato pagamento della retribuzione da parte del datore di lavoro configura una giusta causa di dimissioni (o recesso) del lavoratore, con diritto di quest'ultimo ad un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso senza che il recedente sia tenuto ad eseguire la contestazione immediata e specifica del fatto alla controparte, a differenza di quanto avviene nell'ipotesi inversa di licenziamento in tronco del lavoratore.

Tribunale Milano Sez. lavoro, 02/02/2017

Il reiterato mancato pagamento di voci retributive legittima il lavoratore al recesso per giusta causa esonerandolo dall'obbligo di preavviso e che la configurabilità delle dimissioni per giusta causa può sussistere anche quando il recesso non segua immediatamente i fatti che lo giustificano. In tal caso, spetta al lavoratore il pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso.

Tribunale Pescara Sez. lavoro, 13/09/2016

Il lavoratore può rassegnare le dimissioni in tronco, e dunque senza preavviso, quando si sia verificata una causa che non consenta la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto. Le ipotesi di "giusta causa" fanno riferimento a gravi inadempimenti del datore nell'ambito del rapporto di lavoro, tra i quali rientra sicuramente l'omessa corresponsione della retribuzione. In tal caso, proprio perché il recesso è stato determinato da un fatto colpevole del datore di lavoro, il lavoratore che receda per giusta causa conserva comunque il diritto a percepire l'indennità sostitutiva del mancato preavviso, nel caso si versi in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Tale indennità spetta al lavoratore a titolo di indennizzo per la mancata percezione delle retribuzioni per il periodo necessario al reperimento di una nuova occupazione, tenuto conto che l'interruzione immediata del rapporto è, in realtà, imputabile al datore di lavoro.

Tribunale Milano Sez. lavoro, 24/05/2016

La mancata corresponsione della retribuzione, può giustificare, in quanto grave inadempimento, le dimissioni del lavoratore per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 c.c..

mercoledì 17 febbraio 2021

 Quando ricorre il rischio elettivo che esclude la responsabilità in caso di infortunio?


Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 12/02/2021, n. 3763

In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità esclusiva del lavoratore per c.d. "rischio elettivo" sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere.

martedì 16 febbraio 2021

 Le domande ex art. 28 s.l. possono essere presentate anche con ricorso ex art. 414 cpc?


La domanda volta ad accertare l'antisindacalità di un determinato comportamento datoriale può essere azionata, oltre che con la speciale procedura ex art. 28 L. 20 maggio 1970, n. 300, anche con ricorso ordinario ex art. 414 c.p.c.; in tale secondo caso la legittimazione attiva deve essere valutata secondo i criteri ordinari e non secondo quelli più restrittivi previsti dal predetto art. 28 L. 20 maggio 1970, n. 300. Cass. civ. Sez. lavoro, 03/05/2003, n. 6723




L'azione per la repressione del comportamento antisindacale dell'azienda può essere intrapresa anche nelle forme ordinarie di cui all'art. 414 c. p. c. anziché la speciale procedura ex art. 28, l. 300/1970. Pretura Firenze, 02/01/1990



Le associazioni sindacali possono agire nelle forme ordinarie di cui agli art. 414 segg. c. p. c., e non solo con ricorso ex art. 28, l. 300/70, per la repressione della condotta antisindacale, ma non possono in tal caso chiedere la rimozione degli effetti prodotti dalla condotta denunciata. Pretura Firenze, 11/04/1989

lunedì 15 febbraio 2021

Quando un trattamento fondato sullo status matrimoniale può essere discriminatorio alla luce del diritto dell'Unione Europea? 


Corte giustizia Unione Europea Grande Sez., 26/01/2021, n. 16/19

Una disparità di trattamento fondata sullo status matrimoniale dei lavoratori, e non esplicitamente sul loro orientamento sessuale, è pur sempre una discriminazione diretta fondata su tale orientamento in quanto, essendo il matrimonio all'epoca dei fatti considerati riservato, negli Stati membri interessati, alle persone di sesso diverso, i lavoratori omossessuali erano impossibilitati a soddisfare la condizione necessaria per ottenere i benefici rivendicati. In una fattispecie del genere, lo status matrimoniale non poteva essere considerato un criterio apparentemente neutro.

Gli accordi che definiscono i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità che natura hanno? 


Cass. 18/01/2021, n. 701

Gli accordi sindacali che stabiliscono i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità non appartengono alla categoria dei contratti collettivi normativi, con la conseguenza che gli stessi incidono direttamente non già sulla posizione del lavoratore, ma su quella del datore di lavoro, il quale nella scelta dei dipendenti da porre in mobilità deve applicare i criteri concordati. Al fine di superare il vincolo costituito dall'art. 39 Cost., in relazione alla imprescindibile esigenza che tale accordo sia efficace nei confronti di tutta la comunità aziendale, la giurisprudenza costituzionale ha configurato gli accordi sindacali stipulati nel contesto della procedura in questione come contratti c.d. di gestione, non appartenente alla specie dei contratti collettivi c.d. normativi; essi, così superando il vincolo dell'art. 39 Cost., incidono sul singolo lavoratore solo indirettamente, attraverso l'atto di recesso del datore di lavoro in quanto vincolato dalla legge al rispetto dei criteri di scelta concordati in sede sindacale

Quando si determina la decadenza dalle agevolazioni contributive del contratto di apprendistato?



Cass. 25/01/2021, n. 1510

Nell'ambito di un contratto di apprendistato la decadenza dalle agevolazioni contributive può ritenersi realizzata, e per tutto il periodo di durata del contratto, solo nel caso in cui, sulla base della concreta vicenda, l'inadempimento dell'obbligo formativo in capo al datore abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto.

sabato 13 febbraio 2021

 Gli sgravi previsti per i contratti d'inserimento spettano anche agli esercenti una professione?


Cass. 27/01/2021, n. 1767

In tema di contratti di inserimento, con riferimento agli sgravi contributivi, non spettano tali agevolazioni agli esercenti una libera professione, essendo limitata ai soli soggetti espressamente indicati dalla discriplina di riferimento.

giovedì 11 febbraio 2021

Quando è ricorribile l'attività d'integrazione del precetto normativo di cui all'art. 2119 cc? 



Cass. 09/02/2021, n. 3120

L'attività di integrazione del precetto normativo di cui all'art. 2119 c.c. compiuta dal giudice di merito è sindacabile in cassazione, a condizione che la contestazione del giudizio valutativo operato in sede di merito non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standards, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale.

Quando opera la sanzione della conversione in rapporto di lavoro subordinato dei contratti a progetto? 


Cass. 08/02/2021, n. 2974

In tema di lavoro subordinato, il regime sanzionatorio previsto dall'art. 69, primo comma d.lgs. 276/2003, in caso di assenza di specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso (che rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie e ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorché il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l'autonomia), determina l'automatica conversione a tempo indeterminato, con applicazione delle garanzie del lavoro dipendente e senza necessità di accertamenti giudiziali sulla natura del rapporto.

mercoledì 10 febbraio 2021

Quando le cooperative possono ricorrere al piano piano di crisi aziendale per ridurre temporaneamente i trattamenti economici?


Cass. lavoro Ord., 08/02/2021, n. 2967

In tema di società cooperative, la deliberazione, nell'ambito di un piano di crisi aziendale, di una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi del socio lavoratore e di forme di apporto anche economico da parte di questi, ex art. art. 6, comma 1, lett. d) ed e), della l. n. 142 del 2001, in deroga al principio generale del divieto di incidenza "in pejus" del trattamento economico minimo previsto dalla contrattazione collettiva, di cui all'art. 3 della predetta legge, è condizionata alla necessaria temporaneità dello stato di crisi e, quindi, all'essenziale apposizione di un termine finale ad esso.

martedì 9 febbraio 2021

Entro quali limiti il danno da demansionamento  può essere effettuato equitativamente?

Cass. 04/02/2021, n. 2676


In tema di liquidazione equitativa del danno da demansionamento, è sindacabile in sede di legittimità, come violazione dell'art. 1226 c.c. e, nel contempo, come ipotesi di assenza di motivazione, di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e di " motivazione perplessa o incomprensibile", la valutazione del giudice di merito che non abbia indicato, nemmeno sommariamente, i criteri seguiti per determinare l'entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum.

venerdì 5 febbraio 2021

 Quando è risarcibile il danno da dequalificazione?



Cass. 03/02/2021, n. 2472

In tema di dequalificazione professionale è risarcibile il danno non patrimoniale ogni qual volta si verifichi una grave violazione dei diritti del lavoratore, che costituiscono oggetto di tutela costituzionale, da accertarsi in base alla persistenza del comportamento lesivo, alla durata e alla reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, all'inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del prestatore di lavoro, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o di svilirne i compiti. Tale tipologia del pregiudizio determina la sua appartenenza alla fattispecie del danno emergente, e non di lucro cessante ravvisabile nelle ipotesi di perdita derivante dalla mancata percezione di redditi di cui siano maturati tutti i presupposti, per cui non è considerata reddito soggetto a tassazione.

giovedì 4 febbraio 2021

Il lavoratore ha diritto al risarcimento dei danni previdenziali?

 

Cass. 01/02/2021, n. 2164


Il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa, costituendo questa un bene suscettibile di lesione e di tutela giuridica nei confronti del datore di lavoro che lo abbia pregiudicato ed ogni qualvolta non trovi applicazione il principio dell'automaticità delle prestazioni previdenziali fissato dall'art. 2116 c.c., o il lavoratore subisca pregiudizio nella realizzazione della tutela previdenziale, egli ha diritto ad essere risarcito dal datore di lavoro ai sensi del disposto dell'art. 2116 c.c., comma 2. L'azione a tutela della posizione previdenziale nei confronti del datore di lavoro, può avere ad oggetto la condanna del datore di lavoro al pagamento della contribuzione non prescritta ed in tal caso va chiamato necessariamente in giudizio anche l'Ente previdenziale in quanto unico legittimato attivo nell'obbligazione contributiva.

mercoledì 3 febbraio 2021

In cosa consiste l'oggetto del giudizio di opposizione all'ordinanza ingiunzione? 


Cass. civ. Sez. Unite, 29/01/2021, n. 2145

L'oggetto del giudizio di opposizione all'ordinanza ingiunzione come "accertamento negativo della pretesa sanzionatoria della amministrazione", non muta con riguardo alle opposizioni ad ingiunzioni per il pagamento di sanzioni lavoristiche. Ciò che invero rileva in questi giudizi è la reazione all'illecito, che, in quanto tale, si propone con uguale strumentalità al ripristino dell'ordine violato ed alla connessa tutela dell'interesse generale all'effettività della regola dettata dalla norma giuridica della cui osservanza, di volta in volta, si tratta, restando invece indifferente il settore dell'ordinamento inciso dal comportamento integrativo della violazione. Il giudizio di opposizione dunque, non ha ad oggetto l'atto della P.A., che pur resta il "veicolo di accesso" al giudizio, ma il rapporto sottostante, con conseguente cognizione piena del giudice che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri.

martedì 2 febbraio 2021

 Quando è dovuta l'Irap dal professionista?


Cass. civ. Sez. V, 21/01/2021, n. 1154

L'esercizio in forma associata di una professione libera è circostanza di per sé idonea a far presumere l'esistenza di un'autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di particolare onere economico, nonché dell'intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio. Ne consegue che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all'imposta regionale sulle attività produttive (I.R.A.P.), a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito sia derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati.

lunedì 1 febbraio 2021

 Entro quali limiti opera il repechage in caso di licenziamento per riduzione dei costi?


Cass. 25/01/2021, n. 1508

In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l'obbligo per il datore di lavoro di dimostrare l'impossibilità di adibire il dipendente da licenziare in altri posti di lavoro rispetto a quello da sopprimere (cd. obbligo di repechage) è incompatibile con motivazioni strettamente collegate alla mera riduzione dei costi per il personale in quanto, in tal caso, il mantenimento in servizio del dipendente, seppure in altre mansioni, contrasterebbe con tale esigenza. Ne consegue che tale obbligo non può ritenersi violato quando l'ipotetica ricollocazione del lavoratore nella compagine aziendale non è compatibile con il concreto assetto organizzativo stabilito dalla parte datoriale.