giovedì 30 giugno 2022

Come è ripartita la competenza tra giudice del lavoro e giudice fallimentare?




Cass. 27/06/2022, n. 20531


Nel riparto di competenza tra il giudice del lavoro e quello del fallimento il discrimine va individuato nelle rispettive speciali prerogative, spettando al primo, quale giudice del rapporto, le controversie riguardanti lo status del lavoratore, in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualità, volte ad ottenere pronunce di mero accertamento oppure costitutive, come quelle di annullamento del licenziamento e di reintegrazione nel posto di lavoro. Rientrano, viceversa, nella cognizione del giudice del fallimento, al fine di garantire la parità tra i creditori, le controversie relative all'accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro in funzione della partecipazione al concorso e con effetti esclusivamente endoconcorsuali, ovvero destinate comunque ad incidere nella procedura concorsuale. Dunque, laddove si versi in ipotesi di una domanda di condanna risarcitoria essa spetta al giudice concorsuale, con conseguente improcedibilità del giudizio dinanzi al giudice del lavoro.

mercoledì 29 giugno 2022

In caso di inosservanza del termine perentorio per la rinotifica del ricorso, la costituzione del convenuto ha effetto sanante? 




Cass. 20/06/2022, n. 19776

Qualora, riscontrata la nullità della notifica del ricorso, ne sia stata disposta la rinnovazione, ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ., in caso di inosservanza del termine perentorio concesso per la nuova notifica, l'inosservanza di esso impedisce che assuma rilievo l'avvenuta costituzione del resistente, posto che il principio, sancito dall'art. 156 cod. proc. civ., di non rilevabilità della nullità dell'atto per avvenuto raggiungimento dello scopo, si riferisce esclusivamente alle ipotesi di inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori.

martedì 28 giugno 2022

 Come è disciplinata l'azione di rivalsa da parte della struttura sanitaria verso gli esercenti la professione sanitaria?

art. 7 della legge 24 del 2017


1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

2. Se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, l'azione di rivalsa nei suoi confronti può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale ed è esercitata, a pena di decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.

3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio.

4. In nessun caso la transazione è opponibile all'esercente la professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.

5. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o dell'esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l'azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dall'articolo 52, secondo comma, del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo della condanna per la responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al triplo del valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, l'esercente la professione sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, non può essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.



6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o nei confronti dell'impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, la misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall'impresa di assicurazione, ai sensi dell'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari al triplo del valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo. Il limite alla misura della rivalsa, di cui al periodo precedente, non si applica nei confronti degli esercenti la professione sanitaria di cui all'articolo 10, comma 2.

7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilità amministrativa il giudice può desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell'impresa di assicurazione se l'esercente la professione sanitaria ne è stato parte.

 Quando si ha lavoro intermittente?




Tribunale Roma, Sez. lavoro, 21/06/2022, n. 5911

In tema di contratto di lavoro intermittente di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 81/2015, essendo elemento caratterizzante questo tipo di rapporto lavorativo la discontinuità della prestazione lavorativa, quest'ultima può essere considerata "intermittente", anche se protratta per periodi di tempo di durata significativa, purché gli stessi siano intervallati da una o più interruzioni, in modo tale che non ci sia un'esatta coincidenza tra la durata del contratto e la durata della prestazione (Nel caso di specie, in cui il ricorrente, con qualifica di collaboratore investigativo presso diversi locali commerciali, aveva lamentato, dopo la scadenza contrattuale, di aver prestato la propria attività lavorativa con continuità sia per quanto riguarda i giorni lavorati che le ore, il giudice capitolino, accogliendo il ricorso, accertata l'illegittimità dei contratti intermittenti a tempo determinato intercorsi tra le parti e dichiarata l'esistenza tra medesime di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per il periodo contrattuale considerato, ha condannato il datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive nonché delle spese di giudizio).

lunedì 27 giugno 2022

 Come si determina il danno non patrimoniale?



Cass. 17/06/2022, n. 19621

Il danno non patrimoniale, quale danno conseguenza, va allegato e provato ai fini risarcitori, in quanto non può essere considerato in re ipsa, ma ciò può avvenire anche mediante presunzioni, poiché, costituendo il danno morale un patema d'animo e quindi una sofferenza interna del soggetto, esso, da una parte, non è accertabile con metodi scientifici e, dall'altra, come per tutti i moti d'animo, solo quando assume connotazioni eclatanti può essere provato in modo diretto, dovendo il più delle volte essere accertato in base ad indizi e presunzioni che, anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità.

 Come si determina l'indennità ex art. 18 comma 4 legge 300 del 1970?


Cass. 23/06/2022, n. 20313

In base all'art. 18, comma 4, L. n. 300 del 1970, come modificato dall'art. 1 comma 42, L. n. 92 del 2012, la determinazione dell'indennità risarcitoria deve avvenire attraverso il calcolo dell'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, a titolo di aliunde perceptum o percipiendum, e, comunque, entro la misura massima corrispondente a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, senza che possa attribuirsi rilievo alla collocazione temporale della o delle attività lavorative svolte dal dipendente licenziato nel corso del periodo di estromissione. Se il risultato di questo calcolo è superiore o uguale all'importo corrispondente a dodici mensilità di retribuzione, l'indennità va riconosciuta in misura pari a tale tetto massimo.

sabato 25 giugno 2022

 

I dipendenti pubblici possono percepire emolumenti non previsti dalla contrattazione pubblica?



Cass. civ., Sez. VI - Lavoro, Ordinanza, 10/06/2022, n. 18783

Nell'impiego pubblico contrattualizzato l'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi ed alle condizioni dagli stessi previste sicché l'adozione di un atto unilaterale di gestione del rapporto con il quale venga attribuito al lavoratore un determinato emolumento non è sufficiente, di per sé, a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore medesimo, in quanto la misura economica deve trovare necessario fondamento nella contrattazione collettiva.

venerdì 24 giugno 2022

Entro quali limiti risponde il datore di lavoro in caso di danno da infortunio?

Cass. 14/06/2022, n. 19182
In materia di azione di risarcimento del danno nei confronti del datore di lavoro, difettano norme che espressamente impediscano al lavoratore di agire per i danni, non coperti dall'assicurazione pubblica, prima che siano state esercitate le pretese riguardanti quest'ultima o i competenti enti si siano espressi, altro piano essendo quello della prova, destinata ad integrarsi, per l'ordinario ricorrere della copertura I.N.A.I.L., nel doveroso ed ineludibile accertamento da parte del giudice, se del caso in via officiosa, della misura di quanto sia stato o avrebbe potuto essere percepito dal lavoratore con l'uso della ordinaria diligenza dall'Istituto per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, sussistendo il diritto al ristoro in favore del lavoratore solo nella misura in cui il danno ecceda, sul piano civilistico, i diritti che l'ordinamento gli riconosce presso l'ente assicuratore.

mercoledì 22 giugno 2022

Le tipizzazioni della contrattazione collettiva in ordine alle fattispecie di licenziamento per giusta causa sono vincolanti per il giudice 


Cass. civ., Sez. lavoro, 14/06/2022, n. 19181

In tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie. Ne consegue che nel caso in cui il lavoratore abbia espresso i propri biasimi senza il rispetto dei limiti di continenza ed utilizzando espressioni ingiuriose, pur integrando tale condotta gli estremi di un illecito disciplinare, le particolari circostanze che hanno determinato la reazione del lavoratore, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni da lui svolte e, soprattutto, la mancanza di sanzioni disciplinari per lungo tempo costituiscono elementi indicativi della sproporzione del licenziamento rispetto all’illecito contestato.

martedì 21 giugno 2022

 In seguito alla parziale depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali intervenute con il Dlgs 8 del 2016, per le fattispecie consumate prima dell'entrata in vigore che regime sanzionatorio si applica?


In forza dell'art. 8 del dlgs 8 del 2016
1. Le disposizioni del presente decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. 

2. Se i procedimenti penali per i reati depenalizzati dal presente decreto sono stati definiti, prima della sua entrata in vigore, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. Il giudice dell'esecuzione provvede con l'osservanza delle disposizioni dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

3. Ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto non può essere applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato, tenuto conto del criterio di ragguaglio di cui all'articolo 135 del codice penale. A tali fatti non si applicano le sanzioni amministrative accessorie introdotte dal presente decreto, salvo che le stesse sostituiscano corrispondenti pene accessorie.

sabato 18 giugno 2022

 Che cosa determina l'illegittimità del termine per i docenti di scuola cattolica  nella scuola pubblica?



Cass 15/06/2022, n. 19315

Nel regime speciale di assunzione a tempo determinato dei docenti di religione cattolica nella scuola pubblica, di cui alla L. n. 186 del 2003, costituisce abuso nell'utilizzazione della contrattazione a termine sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l'utilizzazione discontinua del docente, in talune annualità, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, a condizione, in quest'ultimo caso, che si determini una durata complessiva di rapporti a termine superiore alle tre annualità. In tutte le menzionate ipotesi di abuso sorge il diritto dei docenti al risarcimento del danno c.d. eurounitario, con applicazione, anche in ragione della gravità del pregiudizio, dei parametri di cui all'art. 32, co. 5, L. n. 183 del 2010 (poi, art. 28, co. 2, D.Lgs. 81 del 2015) oltre al ristoro, se provato, del maggior danno sofferto, non essendo invece riconoscibile la trasformazione di diritto in rapporti a tempo indeterminato.

giovedì 16 giugno 2022

Cosa determina  l'omesso versamento delle ritenute previdenziali derivanti da collaborazioni coordinate?

In forza dell'art. 39 della legge4 novembre 2010, n. 183


1. L'omesso versamento, nelle forme e nei termini di legge, delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate e continuative iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, configura le ipotesi di cui ai commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell'articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638.

mercoledì 15 giugno 2022

 La PA può revocare il part time?



Cass. 18/05/2022, n. 15999

L'art. 16 della L. 4 novembre 2010, n. 183, ha consentito alla pubblica amministrazione di sottoporre i rapporti trasformati da tempo pieno a tempo parziale alla verifica di compatibilità dell'orario ridotto con le esigenze organizzative della amministrazione prevista dal D.L. n. 112 del 2008, come condizione di accoglimento della domanda di part time. Tale definizione dell'ambito oggettivo della norma non autorizza, tuttavia, la conclusione secondo cui la pubblica amministrazione avrebbe la potestà di revocare la autorizzazione al part time, una volta concessa, e di ripristinare il regime a tempo pieno del rapporto di lavoro dei propri dipendenti. Ne consegue l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato dalla pubblica amministrazione al lavoratore che abbia manifestato il rifiuto della modifica unilaterale del regime dell'orario di lavoro da part time a tempo pieno e ciò in quanto il rapporto di lavoro trasformato in part time può essere ricondotto dall'amministrazione datrice di lavoro all'orario pieno solo con il consenso del lavoratore.

martedì 14 giugno 2022

 A chi appartiene la giurisdizione per il recupero delle somme percepite illegittimamente dal lavoratore pubblico per altra attività lavorativa?


T.A.R. Emilia-Romagna Bologna, Sez. II, 01/06/2022, n. 453



La controversia avviata da un dipendente comunale avverso l'atto con cui il Comune di appartenenza ha disposto, nei suoi confronti, il recupero di somme indebitamente percepite perché frutto di attività lavorativa autonoma del dipendente mai autorizzata dall'Ente territoriale di appartenenza, rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto trattasi di una ordinaria causa di lavoro relativa al rapporto di pubblico impiego esistente tra il ricorrente e la civica amministrazione che non rientra tra i rapporti lavorativi soggetti a regime pubblicistico. (Dichiara inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione.)

lunedì 13 giugno 2022

 Da quando decorre la pensione di reversibilità spettante al figlio maggiorenne inabile?



Cass. 08/06/2022, n. 18400

In materia di pensione di reversibilità, in caso di decesso del pensionato, il figlio maggiorenne inabile a carico del defunto ha diritto di ottenere dall'Inps l'attribuzione della pensione di reversibilità quale superstite con decorrenza dai mese successivo alla data del decesso del de cuius, senza che assuma rilievo la data di presentazione della domanda amministrativa diretta alla concessione del beneficio.

venerdì 10 giugno 2022

In caso di trasferimento di azienda per far valere la prosecuzione del rapporto con il cessionario valgono i termini ex art. 32 l. 183 del 2010? 



Cass. 12/05/2022, n. 15206


Nell'ipotesi di trasferimento d'azienda, la domanda del lavoratore volta all'accertamento del passaggio del rapporto di lavoro in capo al cessionario non è soggetta a termini di decadenza, perchè non vi è alcun onere di far accertare formalmente, nei confronti del cessionario, l'avvenuta prosecuzione del rapporto di lavoro, in particolare applicandosi la L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 4, lett. c), ai soli provvedimenti datoriali che il lavoratore intenda impugnare, al fine di contestarne la legittimità o la validità.

giovedì 9 giugno 2022

 Quanto può durare il procedimento amministrativo di emersione dal lavoro irregolare di lavoratore straniero?



Cons. Stato, Sez. III, 09/05/2022, n. 3578

In assenza di un regolamento che ne abbia aumentata la durata, il termine entro cui dev'essere chiusa la procedura di emersione del lavoro irregolare nell'interesse del lavoratore straniero è di 180 giorni. (Conferma T.A.R. Lombardia estremi omessi.)

Quando si ha unico centro d'imputazione? 



Cass. 26/05/2022, n. 17175

Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a fare capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese. Tale collegamento, pertanto, non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso tra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva tuttavia la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, anche ai fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l'applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato, ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame delle singole imprese, da parte del giudice del merito.

mercoledì 8 giugno 2022

 Quando la reversibilità spetta al figlio maggiorenne inabile?



Cass. 01/06/2022, n. 17809

la L. n. 222 del 1984, art. 8 (Definizione di inabilità ai fini delle prestazioni previdenziali) ha introdotto un'unica ed unitaria nozione di "inabilità" ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità (art. 2), alla pensione di reversibilità (L. 21 luglio 1965, n. 903, artt. 21 e 22) ed alle altre prestazioni previste dal medesimo art. 8, e che la stessa nozione vale anche ai fini del diritto agli assegni familiari, ai sensi dello stesso art. 8, comma 2, che ha sostituito il T.U. 30 maggio 1955, n. 797, art. 4, u.c.;

.. sono quindi "inabili" alla stregua della L. n. 222 del 1984, artt. 2 e 8, contenenti identica dizione, "le persone che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa";

La assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa deve essere determinata esclusivamente dalla infermità ovvero dal difetto fisico o mentale, non già da circostanze estranee alle condizioni di salute. Dunque ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del figlio maggiorenne inabile al lavoro e a carico del genitore è necessaria una totale inabilità, restando escluso il beneficio laddove tale percentuale invalidante sia inferiore.

martedì 7 giugno 2022

 Quando si ha mobbing?



Cass. 03/06/2022, n. 17974

Ai fini della configurabilità di una condotta datoriale mobizzante, l'accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime non rappresenta condizione sufficiente, essendo necessario, a tal fine, che il lavoratore alleghi e provi, con ulteriori e concreti elementi, che i comportamenti datoriali costituiscono il frutto di un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione. Deve ritenersi insussistente, pertanto, la fattispecie del mobbing laddove i pregiudizi lamentati dal lavoratore risultino solamente il frutto di screzi e conflitti interpersonali nell'ambiente di lavoro, in particolare con la persona che ne aveva promosso l'attività con il coinvolgimento in compiti eccedenti la qualifica rivestita, non caratterizzati, per la loro stessa natura, da volontà persecutoria.

lunedì 6 giugno 2022

 Entro quali limiti opera il diritto di critica del lavoratore?


Cass. civ., Sez. lavoro, 31/05/2022, n. 17689


Sul tema del diritto di critica del lavoratore nell'ambito del rapporto di lavoro, lo stesso diritto trova fondamento nell'art. 21 della Costituzione che riconosce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Inoltre, l'art. 1 dello Statuto dei lavoratori riafferma il diritto dei lavoratori, nei luoghi in cui prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, e la necessità di contemperare tale libertà col rispetto dei principi della Costituzione e delle norme dello Statuto medesimo. Nel rapporto di lavoro, l'esercizio del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro deve essere contemperato con il dovere di fedeltà posto dall'art. 2105 c.c. a carico dei lavoratori, oltre che con il rispetto dei generali canoni di correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto. In ogni caso, l'esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero, sia che si realizzi attraverso l'espressione di critiche, purché nei limiti di continenza formale e materiale tracciati, e sia che si traduca nella denuncia alle autorità competenti di fatti illeciti, di rilievo penale o amministrativo, purché non di carattere calunnioso, non può di per sé costituire giusta causa o giustificato motivo di licenziamento.

sabato 4 giugno 2022

 Nella determinazione della condotta del lavoratore ai fini del licenziamento come devono essere interpretate le previsioni dei ccnl?



Cass. 27/05/2022, n. 17288

Nell'ambito dei rapporti tra previsioni della contrattazione collettiva e fatti posti a fondamento di licenziamenti ontologicamente disciplinari va escluso che le previsioni collettive si configurino quale fonte vincolante in senso sfavorevole al dipendente. Infatti la esistenza di una nozione legale di giusta causa e di giustificato motivo soggettivo comporta che il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta rientri nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, attività da svolgere avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, in relazione alla quale la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce solo uno dei possibili parametri cui fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell'art. 2119 cod. civ.

mercoledì 1 giugno 2022


Ai fini dell'ammissione al passivo per crediti di lavoro sono sufficienti le buste paga del lavoratore?

Cass. 27/05/2022, n. 17312


Secondo la costante e non contrastata giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di accertamento dello stato passivo, le buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro ove munite, alternativamente, della firma, della sigla o del timbro di quest'ultimo, possono essere utilizzate come prova del credito oggetto di insinuazione, considerato che ai sensi della L. n. 4 del 1953, art. 3 la loro consegna al lavoratore è obbligatoria, ferma restando la facoltà del curatore di contestarne le risultanze con altri mezzi di prova, ovvero con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l'inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice (Cass. n. 18169/2019; v. anche: n. 17413 del 2015; cfr., da ultimo, Sentenza n. 32395 del 11/12/2019);