Entro quali limiti opera il diritto di critica del lavoratore?
Cass. civ., Sez. lavoro, 31/05/2022, n. 17689
Sul tema del diritto di critica del lavoratore nell'ambito del rapporto di lavoro, lo stesso diritto trova fondamento nell'art. 21 della Costituzione che riconosce a tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Inoltre, l'art. 1 dello Statuto dei lavoratori riafferma il diritto dei lavoratori, nei luoghi in cui prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, e la necessità di contemperare tale libertà col rispetto dei principi della Costituzione e delle norme dello Statuto medesimo. Nel rapporto di lavoro, l'esercizio del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro deve essere contemperato con il dovere di fedeltà posto dall'art. 2105 c.c. a carico dei lavoratori, oltre che con il rispetto dei generali canoni di correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto. In ogni caso, l'esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero, sia che si realizzi attraverso l'espressione di critiche, purché nei limiti di continenza formale e materiale tracciati, e sia che si traduca nella denuncia alle autorità competenti di fatti illeciti, di rilievo penale o amministrativo, purché non di carattere calunnioso, non può di per sé costituire giusta causa o giustificato motivo di licenziamento.
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