giovedì 30 giugno 2016

Come è disciplinata l’indennità di cassa nel ccnl logistica?

Art. 15 – Indennità di cassa e maneggio denaro

1. All'impiegato con qualifica di cassiere verrà corrisposta una indennità di cassa nella misura del 5% della retribuzione mensile composta da minimo tabellare, eventuali aumenti periodici di anzianità e eventuali altri aumenti comunque denominati.

2. Agli altri lavoratori, che hanno normalmente maneggio di denaro, verrà corrisposta un'indennità di cassa nella misura del 4% della retribuzione mensile di cui al precedente comma.

3. Questa indennità non sarà corrisposta al personale di cui trattasi nel solo caso in cui l'azienda lo abbia preventivamente esonerato per iscritto da ogni responsabilità per le eventuali mancanze nella resa dei conti. Gli interessi derivanti da eventuali cauzioni andranno a beneficio del lavoratore.

4. Le somme anticipate dalle aziende ai lavoratori in trasferta a titolo di fondo spese non sono da considerarsi ai fini della corresponsione dell'indennità di cassa per maneggio denaro.

Dichiarazione a verbale


Agli impiegati non qualificati cassieri, cui per le loro mansioni sia o sia stata riconosciuta la maggiorazione del 5%, tale indennizzo verrà mantenuto e corrisposto fintantoché gli stessi esplichino le mansioni suddette. Norma transitoria per CCNL Assologistica I lavoratori a cui era applicato il CCNL Assologistica alla data del 29 gennaio 2005, mantengono le precedenti condizioni.

mercoledì 29 giugno 2016

Come sono disciplinate le ferie nel ccnl logistica?

Art. 24 – Ferie
1. Il lavoratore ha diritto, per ogni anno solare (1 gennaio - 31 dicembre), ad un periodo di riposo retribuito pari a 22 giorni lavorativi indipendentemente dall'anzianità di servizio. Al fine delle ferie il sabato non viene considerato giornata lavorativa. 1 bis. I lavoratori che ai sensi della "deroga" in calce all'art.9 non fruiscono della settimana corta, avranno diritto, per anno solare (1 gennaio - 31 dicembre) (computando come ferie anche la giornata di sabato) ad un periodo di riposo retribuito di 26 giorni lavorativi indipendentemente dall'anzianità di servizio.

2. Nell'anno di assunzione ed in quello di cessazione, le frazioni di anno saranno conteggiate per dodicesimi. Le frazioni di mese fino a 15 giorni non saranno conteggiate, mentre saranno considerate mese intero quelle superiori.

3. Per il personale entrato in servizio o cessatone in corso d'anno, il conteggio per dodicesimi sarà fatto con arrotondamento alla mezza giornata superiore.

4. La risoluzione del rapporto di lavoro, per qualsiasi motivo, non pregiudica il diritto alle ferie e il lavoratore avrà diritto alle stesse o alla indennità sostitutiva per i giorni maturati e non goduti.

5. Qualora il lavoratore abbia invece goduto un numero di giorni di ferie superiori a quelli maturati, il datore di lavoro avrà il diritto di trattenere in sede di liquidazione l'importo corrispondente ai giorni di ferie goduti e non maturati.

6. L'epoca delle ferie sarà fissata dall'azienda tenuto conto, compatibilmente con le esigenze del servizio, degli eventuali desideri del lavoratore e previa consultazione, al fine di una auspicabile soluzione di comune soddisfazione, con le RSA/RSU.

7. Le ferie devono normalmente essere godute continuativamente, salvo per i periodi superiori a 2 settimane che mediante accordo fra le parti potranno essere divisi in più periodi, tenuto conto delle rispettive esigenze.

8. L'assegnazione delle ferie non potrà aver luogo durante il periodo di preavviso, salvo richiesta scritta del lavoratore che sarà accolta compatibilmente con le esigenze organizzative aziendali.

9. In caso di richiamo in servizio nel corso del godimento del periodo feriale o di spostamento del periodo precedentemente fissato, il lavoratore avrà diritto al rimborso spese (comprovate documentariamente) derivatigli dall'interruzione o dallo spostamento.

10. Il decorso delle ferie resta interrotto nel caso di sopravvenienza, durante il periodo stesso, di malattia regolarmente denunciata o riconosciuta. L'effetto sospensivo si determina a condizione che il dipendente assolva agli obblighi di comunicazione, di certificazione e di ogni altro adempimento necessario per l'espletamento della visita di controllo dello stato d'infermità previsti dalle norme di legge e dalle disposizioni contrattuali vigenti.


11. Il lavoratore è tenuto a riprendere servizio al termine del periodo feriale, o a guarigione avvenuta se successiva al termine fissato per le ferie, fermo restando il diritto alle ferie non godute. Norma transitoria per i magazzini generali Per gli impiegati in servizio alla data del 1° aprile 1975, viene mantenuto “ad personam” lo scaglione di 25 giorni lavorativi per anzianità di servizio oltre i 12 anni.

martedì 28 giugno 2016

Come è regolamentata la tossicodipendenza nel ccnl Logistica?


Art. 54 – Tossicodipendenza

1. I lavoratori assunti a tempo indeterminato, dei quali sia stato accertato dalle competenti strutture pubbliche lo stato di tossicodipendenza e che intendano accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle unità sanitarie locali o di altre strutture terapeutico-riabilitative e socio-assistenziali, hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo in cui la sospensione delle prestazioni lavorative è dovuta all'esecuzione del trattamento riabilitativo e, comunque, per un periodo non superiore a dodici mesi.

2. L'assenza di lungo periodo per il trattamento terapeutico-riabilitativo è considerata, ai fini normativi, economici e previdenziali, quale aspettativa non retribuita, senza corresponsione della retribuzione e senza decorrenza di anzianità.

3. I lavoratori, familiari di un tossicodipendente, possono a loro volta essere posti, a domanda, in aspettativa non retribuita per concorrere al programma terapeutico e socio-riabilitativo del familiare tossicodipendente qualora il servizio per le tossicodipendenze ne attesti la necessità.

4. Per la sostituzione dei lavoratori di cui ai commi 1 e 3 è consentito il ricorso all'assunzione a tempo determinato, ai sensi dell'art. 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n.230 e successive modifiche.

5. Sono fatte salve le disposizioni vigenti che richiedono il possesso di particolari requisiti psico-fisici e attitudinali per l'accesso all'impiego nonché per l'espletamento di mansioni che comportano rischi per la sicurezza, la incolumità e la salute di terzi. Gli appartenenti alle categorie di lavoratori destinati a mansioni che comportano rischi per la sicurezza alla incolumità e la salute dei terzi, sono individuate con decreto del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro della Sanità, e sono sottoposti a cura di strutture pubbliche nell'ambito del Servizio Sanitario nazionale e a spese del datore di lavoro, ad accertamento di assenza di tossicodipendenza prima dell'assunzione in servizio e successivamente, ad accertamenti periodici, secondo le modalità stabilite dal decreto interministeriale.

6. In caso di accertamento dello stato di tossicodipendenza nel corso del rapporto di lavoro il datore di lavoro è tenuto a far cessare il lavoratore dall'espletamento della mansione che comporta rischi per la sicurezza, la incolumità e la salute dei terzi.


7. Le parti si danno atto che la presente regolamentazione è conforme a quanto previsto dal D.P.R. 9 ottobre 1990. n.309 e successive modificazioni. Conseguentemente, per l'applicazione delle presenti norme si osservano le disposizioni emanate dai Ministeri, dalle strutture e dagli organismi pubblici competenti. Disposizione transitoria L’applicazione del presente articolo è estesa a decorrere dal 1 gennaio 2013 alle imprese destinatarie della Parte speciale, Sezione 2a del CCNL.

lunedì 27 giugno 2016

Come è disciplinata la maternità nel ccnl Logistica CGIL CISL e UIL?


Art. 64 – Tutela della maternità

1. Ferme restando le disposizioni di cui al T.U. emanato con il D.lgvo n.151/2001 e dei decreti ministeriali e circolari applicative sulla tutela della maternità, l'azienda deve comunque in tale evenienza:
a) conservare il posto per un periodo di 8 mesi di cui 2 prima del parto e 6 dopo; nel caso in cui la lavoratrice si avvalga, ai sensi dell’art.20 del suddetto T.U., della facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente al parto, il periodo di 8 mesi decorre dalla data di effettiva assenza;
b) corrispondere ad ogni fine mese, mediante integrazione con gli stessi criteri previsti dal precedente art.63 di quanto le lavoratrici percepiscono per atti di previdenza a cui l'azienda è tenuta per disposizioni di legge, l'intera retribuzione globale mensile per i primi 5 mesi della sua assenza ed il 50% di essa per il 6° mese.

2. L'inizio dell'assenza è determinato dal certificato medico di cui all'art.21 del T.U. ovvero dal provvedimento di astensione anticipata emanato dall'Ispettorato del Lavoro ai sensi dell'art.17 del medesimo T.U..

3. Le aziende non sono tenute al cumulo delle eventuali previdenze aziendali con quelle previste dal presente articolo e pertanto è in loro esclusiva facoltà di assorbirle da quelle di cui alle lettere a) e b).

4. Ove durante il periodo di cui al punto a) intervenga una malattia, si applicheranno le disposizioni di cui al precedente articolo del presente CCNL quando risultino più favorevoli alle lavoratrici e con decorrenza dal giorno in cui si manifesta la malattia stessa.

5. L'assenza per i motivi di cui al presente articolo non interrompe il decorso dell'anzianità di servizio.


6. Il lavoratore che intende avvalersi del diritto di cui all’articolo 32 del T.U. sulla maternità deve preavvisare l’azienda, mediante comunicazione scritta, almeno 15 giorni prima dell’usufruizione di tale diritto.

sabato 25 giugno 2016

I procedimenti di lavoro sono esenti?

In base all’articolo unico della l. 1958 n. 319 come modificata dall’art. 10 della legge 1973 n. 533 “Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle cause per controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, gli atti relativi ai provvedimenti di conciliazione dinanzi agli uffici del lavoro e della massima occupazione o previsti da contratti o accordi collettivi di lavoro nonché alle cause per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie sono esenti, senza limite di valore o di competenza, dall'imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, del DPR 2002 n. 115.
Sono allo stesso modo esenti gli atti e i documenti relativi alla esecuzione sia immobiliare che mobiliare delle sentenze ed ordinanze emesse negli stessi giudizi, nonché quelli riferentisi a recupero dei crediti per prestazioni di lavoro nelle procedure di fallimento, di concordato preventivo e di liquidazione coatta amministrativa.
Le disposizioni di cui al primo comma si applicano alle procedure di cui agli articoli 618-bis, 825 e 826 del codice di procedura civile”.


giovedì 23 giugno 2016


Per alcune attività lavorative è possibile l’accertamento preventivo dello stato di tossico dipendenza?

L’art. 125 del Dpr 1990 n. 309  al comma 1 ha stabilito:

“Gli appartenenti alle categorie di lavoratori destinati a mansioni che comportano rischi per la sicurezza, la incolumità e la salute dei terzi, individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sono sottoposti, a cura di strutture pubbliche nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e a spese del datore del lavoro, ad accertamento di assenza di tossicodipendenza prima dell'assunzione in servizio e, successivamente, ad accertamenti periodici”.

Il medesimo decreto in base al comma 2 aveva stabilito che “Il decreto di cui al comma 1 determina anche la periodicità degli accertamenti e le relative modalità”.

Secondo il comma terzo “In caso di accertamento dello stato di tossicodipendenza nel corso del rapporto di lavoro il datore di lavoro è tenuto a far cessare il lavoratore dall'espletamento della mansione che comporta rischi per la sicurezza, la incolumità e la salute dei terzi”.


Quali sanzioni:

In base al comma 4  “In caso di inosservanza delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 3, il datore di lavoro è punito con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 5.164 (lire dieci milioni) a euro 25.822 (lire cinquanta milioni)”


Quali attività

Il provvedimento 30/10/2007 n. 99/Conferenza Unificata stato Regioni ha emanato l’intesa  Intesa, ai sensi dell'articolo 8 comma 6 della legge 2003 n. 131 in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza stabilendo le mansioni che comportano particolari rischi per la sicurezza, l’incolumità e la salute di terzi.

In base all’allegato 1 del provvedimento le mansioni sono:

1) Attività per le quali è richiesto un certificato di abilitazione per l'espletamento dei seguenti lavori pericolosi:
a) impiego di gas tossici (art. 8 del rd 1927, e successive modificazioni);
b) fabbricazione e uso di fuochi di artificio (di cui al RD 1940 n. 635) e posizionamento e brillamento mine (di cui al DPR 1956 n. 302);
c) direzione tecnica e conduzione di impianti nucleari (di cui al DPR 1970 n. 1450, e s.m.).

2) Mansioni inerenti le attività di trasporto:

a) conducenti di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categoria C, D, E, e quelli per i quali è richiesto il certificato di abilitazione professionale per la guida di taxi o di veicoli in servizio di noleggio con conducente, ovvero il certificato di formazione professionale per guida di veicoli che trasportano merci pericolose su strada;
b) personale addetto direttamente alla circolazione dei treni e alla sicurezza dell'esercizio ferroviario che esplichi attività di condotta, verifica materiale rotabile, manovra apparati di sicurezza, formazione treni, accompagnamento treni, gestione della circolazione, manutenzione infrastruttura e coordinamento e vigilanza di una o più attività di sicurezza;
c) personale ferroviario navigante sulle navi del gestore dell'infrastruttura ferroviaria con esclusione del personale di camera e di mensa;
d) personale navigante delle acque interne con qualifica di conduttore per le imbarcazioni da diporto adibite a noleggio;
e) personale addetto alla circolazione e a sicurezza delle ferrovie in concessione e in gestione governativa, metropolitane, tranvie e impianti assimilati, filovie, autolinee e impianti funicolari, aerei e terrestri;
f) conducenti, conduttori, manovratori e addetti agli scambi di altri veicoli con binario, rotaie o di apparecchi di sollevamento, esclusi i manovratori di carri ponte con pulsantiera a terra e di monorotaie;
g) personale marittimo di prima categoria delle sezioni di coperta e macchina, limitatamente allo Stato maggiore e sottufficiali componenti l'equipaggio di navi mercantili e passeggeri, nonchè il personale marittimo e tecnico delle piattaforme in mare, dei pontoni galleggianti, adibito ad attività off-shore e delle navi posatubi;
h) controllori di volo ed esperti di assistenza al volo;
i) personale certificato dal registro aeronautico italiano;
l) collaudatori di mezzi di navigazione marittima, terrestre ed aerea;
m) addetti ai pannelli di controllo del movimento nel settore dei trasporti;
n) addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci.

3) Funzioni operative proprie degli addetti e dei responsabili della produzione, del confezionamento, della detenzione, del trasporto e della vendita di esplosivi.


Quale procedura?

4. Accertamenti sanitari preventivi di screening.

1 . Il datore di lavoro, prima di adibire un lavoratore all'espletamento di mansioni comprese nell'elenco di cui all'allegato I, qualunque sia il tipo di rapporto di lavoro instaurato, provvede a richiedere al medico competente gli accertamenti sanitari del caso, comunicandogli il nominativo del lavoratore interessato.
2. Il medico competente, all'atto dell'assunzione del personale adibito alle mansioni di cui all'allegato 1 e successivamente, con periodicità da rapportare alle condizioni personali del lavoratore in relazione alle mansioni svolte, provvede a verificare l'assenza di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti sottoponendolo a specifici tests di screening in grado di evidenziarne l'assunzione, secondo le modalità definite nell'art. 8.
3. A seguito degli accertamenti di cui al comma precedente, il lavoratore risultato positivo ai tests, comportando tale positività un giudizio di inidoneità temporanea, viene inviato da parte del medico competente al servizio per le tossicodipendenze (SERT) dell'Azienda sanitaria locale, nel cui territorio ha sede l'attività produttiva o in cui risiede il lavoratore, o alle altre strutture sanitarie indicate all'art. 2, rispettivamente competenti.
4. Qualora gli ulteriori accertamenti effettuati dal SERT o da altra struttura sanitaria competente evidenzino uno stato di tossicodipendenza, il lavoratore interessato dovrà sottoporsi ad un percorso di recupero, che renda possibile un successivo inserimento nell'attività lavorativa a rischio anche nei confronti di terzi.
5. Il medico competente entro trenta giorni dalla richiesta di cui al comma 2 comunica la data ed il luogo della visita al lavoratore interessato almeno un giorno prima.
Modalità

Come devono essere fatti gli accertamenti

In base all’art. 8 dell’intesa:


1. Gli accertamenti di assenza di tossicodipendenza di cui all'art. 3, comma 1, sono effettuati nel rispetto della dignità e della libertà della persona.
2. Le procedure diagnostiche e medico legali, comprese le modalità di prelievo, conservazione e catena di custodia dei campioni, sono individuate con accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente intesa. L'accordo individua altresì le tecniche analitiche più specifiche con le quali effettuare la ripetizione delle analisi, garantendo affidabilità e uniformità secondo metodiche di qualità condivise.
3. La struttura sanitaria competente adotta le misure necessarie per accertare la sicura appartenenza dei campioni biologici al soggetto sottoposto ad accertamento e per assicurare la corretta conservazione dei campioni fino all'esecuzione delle analisi, nonchè per custodirli idoneamente al fine di eventuale ripetizione di analisi.
4. La struttura sanitaria competente dà immediata comunicazione dell'esito degli accertamenti al medico competente, che lo comunica nel rispetto della riservatezza al datore di lavoro e al lavoratore interessato. Per il personale marittimo la comunicazione va altresì inoltrata al Ministero dei trasporti.
5. Il lavoratore di cui sia accertata la tossicodipendenza ha diritto di chiedere, entro dieci giorni dalla comunicazione dell'esito, la ripetizione dell'accertamento presso il Servizio per le tossicodipendenze dell'Azienda sanitaria locale.
6. La ripetizione di indagini sui campioni biologici è effettuata sul medesimo campione oggetto dell'accertamento.


Controlli periodici

5. Accertamenti sanitari di diagnosi di tossicodipendenza.
1. Il datore di lavoro provvede affinchè i lavoratori che svolgono le mansioni comprese nell'elenco di cui all'allegato I siano sottoposti ad accertamenti sanitari, di norma con periodicità annuale, dal medico competente. Qualora il medico competente ravvisi la necessità che un lavoratore sia sottoposto ad ulteriori accertamenti sanitari per verificare un'eventuale stato di tossicodipendenza, invia il lavoratore stesso al Servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente per territorio, o alle altre strutture sanitarie competenti di cui all'art. 2.
2. Al fine di non pregiudicare l'attività lavorativa, il medico competente concorda con il datore di lavoro l'organizzazione e la tempistica per l'effettuazione degli accertamenti sanitari.
3. Gli accertamenti di cui all'art. 3, comma 1, lettera b) sono effettuati dal Servizio per le tossicodipendenze in tutti i casi in cui il medico competente lo ritenga motivatamente necessario, o dalle altre strutture sanitarie di cui all'art. 2 rispettivamente competenti.
4. Il datore di lavoro informa il lavoratore interessato della data dell'accertamento e gli comunica il luogo ove l'accertamento si svolgerà all'inizio del turno di lavoro del giorno fissato per l'accertamento.
5. Nel caso in cui il lavoratore non si sottoponga all'accertamento di assenza di tossicodipendenza, la struttura sanitaria competente dispone, entro dieci giorni, un nuovo accertamento.
6. Nel caso in cui il lavoratore non si sottoponga, senza giustificato motivo, all'accertamento di cui al comma 5, il datore di lavoro è tenuto a farlo cessare dall'espletamento delle mansioni comprese nell'elenco di cui all'allegato I, fino a che non venga accertata l'assenza di tossicodipendenza.
7. La sospensione intervenuta ai sensi del comma 6 non comporta automaticamente la risoluzione del rapporto di lavoro e il lavoratore può essere adibito a mansioni diverse, trovando applicazione la disciplina normativa o contrattuale collettiva relativa al settore lavorativo di appartenenza.
8. Per il lavoratore che non si sottopone al controllo sanitario di cui al comma 5, trovano applicazione le sanzioni di cui all'art. 93, comma 1, lettera b) del Dlgs 626 del 1994.
9. Nei confronti del datore di lavoro, che non ottempera alle disposizioni relative all'obbligo della cessazione da parte del lavoratore dall'espletamento delle mansioni in caso di accertamento dello stato di tossicodipendenza, trova applicazione la sanzione prevista dall'art. 125 comma 4 DPR 309 del 1990

Effetti dell’accertamento

9. Effetti dell'accertamento della tossicodipendenza.
1. In caso di esito positivo degli accertamenti sanitari preventivi di cui all'art. 4, il giudizio del medico competente, di temporanea inidoneità alla mansione, potrà essere modificato positivamente ove venga esclusa dal SERT una condizione di tossicodipendenza o venga attestato il positivo recupero. Il medico competente al fine di certificare l'idoneità alla mansione provvederà, in maniera individualizzata rispetto ai rischi di assunzione sporadica, a effettuare controlli ripetuti per escludere l'assunzione di droghe da parte del lavoratore.
2. In caso di esito positivo degli accertamenti sanitari di cui all'art. 5 il datore di lavoro è tenuto a far cessare il lavoratore interessato dall'espletamento delle mansioni comprese nell'elenco di cui all'allegato 1.
3. Il lavoratore del quale sia stata accertata la tossicodipendenza può essere adibito a mansioni diverse da quelle comprese nell'elenco di cui all'allegato I, fermo restando il diritto alla conservazione del posto di lavoro nell'ipotesi di cui all'art. 124 DPR 1990 n. 309, e successive modificazioni.

In base all’art. 124 del DPR 1990 n. 309

“I lavoratori di cui viene accertato lo stato di tossicodipendenza, i quali intendono accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle unità sanitarie locali o di altre strutture terapeutico-riabilitative e socio-assistenziali, se assunti a tempo indeterminato hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo in cui la sospensione delle prestazioni lavorative è dovuta all'esecuzione del trattamento riabilitativo e, comunque, per un periodo non superiore a tre anni.
2.  I contratti collettivi di lavoro e gli accordi di lavoro per il pubblico impiego possono determinare specifiche modalità per l'esercizio della facoltà di cui al comma 1. Salvo più favorevole disciplina contrattuale, l'assenza di lungo periodo per il trattamento terapeutico-riabilitativo è considerata, ai fini normativi, economici e previdenziali, come l'aspettativa senza assegni degli impiegati civili dello Stato e situazioni equiparate. I lavoratori, familiari di un tossicodipendente, possono a loro volta essere posti, a domanda, in aspettativa senza assegni per concorrere al programma terapeutico e socio-riabilitativo del tossicodipendente qualora il servizio per le tossicodipendenze ne attesti la necessità.

3.  Per la sostituzione dei lavoratori di cui al comma 1 è consentito il ricorso all'assunzione a tempo determinato, ai sensi dell'art. 1 secondo comma lettera b. legge 1962 n. 230. Nell'ambito del pubblico impiego i contratti a tempo determinato non possono avere una durata superiore ad un anno.
4.  Sono fatte salve le disposizioni vigenti che richiedono il possesso di particolari requisiti psico-fisici e attitudinali per l'accesso all'impiego, nonché quelli che, per il personale delle Forze di polizia, per quello che riveste la qualità di agente di pubblica sicurezza e per quello cui si applicano i limiti previsti dall'art. 2 legge 1986 n. 874, disciplinano la sospensione e la destituzione dal servizio


mercoledì 22 giugno 2016

Per quali tipologie di lavoratori non è dovuto lo straordinario nel ccnl terziario?

Art. 134 Al personale preposto alla direzione tecnica o amministrativa dell’azienda o di un reparto di essa con la diretta responsabilità dell’ andamento dei servizi – e cioè i gerenti, i direttori tecnici o amministrativi, i capi ufficio ed i capi reparto che partecipano eccezionalmente alla vendita o al lavoro manuale – che per il tempo necessario al regolare funzionamento dei servizi ad esso affidati, presta servizio anche fuori dell’orario normale di lavoro non è dovuto alcun compenso speciale salvo per i servizi di notte o nei giorni festivi per i quali saranno riconosciuti i seguenti trattamenti:
- la sola maggiorazione del 30% sulla quota oraria della normale retribuzione di cui all’art. 193, per le ore prestate di domenica;
- la quota oraria della retribuzione di fatto di cui all’art. 195, e la maggiorazione del 30% da calcolare sulla quota oraria della normale retribuzione di cui all’art. 193, per le ore di lavoro straordinario prestate nelle festività;
- la quota oraria della retribuzione di fatto di cui all’art. 195, e la maggiorazione del 50% da calcolare sulla quota oraria della normale retribuzione di cui all’art. 193 per le ore di lavoro straordinario prestate di notte, non in turni regolari di servizio.


Possono essere eseguiti oltre i limiti del normale orario giornaliero o settimanale i lavori di riparazione, costruzione, manutenzione, pulizia e sorveglianza degli impianti e quegli altri servizi che non possono compiersi durante l’orario normale senza inconvenienti per l’esercizio o pericolo per gli addetti, nonché le verifiche e prove straordinarie e la compilazione dell’inventario dell’anno.

martedì 21 giugno 2016

In caso di costituzione del convenuto ed eccezione di prescrizione il ricorrente può fornire prova dell’interruzione della prescrizione in udienza?

Come indicato da Cass. civ. Sez. III, 20/03/2006, n. 6092  “L'eccezione di interruzione della prescrizione, che è una controeccezione, integra un'eccezione in senso lato e non in senso stretto, che può essere rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, la cui deduzione, pertanto, non è soggetta al regime delle preclusioni e delle decadenze previsto per il rito del lavoro dagli artt. 416 e 437” (Cassa con rinvio, App. Napoli, 18 Luglio 2000)

Secondo la Cassazione peraltro l’eccezione d’interruzione della prescrizione è un eccezione in senso lato così come stabilito dalle Sezioni Unite Cass. civ. Sez. Unite, 27/07/2005, n. 15661[1].

In particolare come indicato da Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 13/06/2007, n. 13783 “L'eccezione di interruzione della prescrizione, configurandosi come eccezione in senso lato, distinta dalla non omogenea eccezione di prescrizione, può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice in qualsiasi stato e grado del processo. Detto potere, però, deve essere esercitato - come avviene in ogni caso di esercizio di poteri officiosi - sulla base di allegazioni e di prove, incluse quelle documentali, ritualmente acquisite al processo, nonché di fatti anch'essi ritualmente acquisiti al contraddittorio, e nel rispetto del principio della tempestività di allegazione della sopravvenienza, che impone la regolare e tempestiva acquisizione degli elementi probatori e documentali nel momento difensivo successivo a quello in cui è stata sollevata l'eccezione di prescrizione.


Peraltro per Cass., Sezione Lavoro,sentenza n. 16542 del 2010 e  Cass., Sezione lavoro, sentenza n. 25213 del 2009 “l'interruzione della prescrizione può essere dedotta per la prima volta in sede di appello e il giudice del gravame, chiamato a decidere sulla questione di prescrizione ritualmente introdotta dal convenuto, può tener conto del fatto interruttivo, ancorchè non dedotto formalmente dall'attore come controeccezione, ma sulla base di allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo e, in ordine alle controversie assoggettate al rito del lavoro, sulla base dei poteri istruttori legittimamente esercitabili anche di ufficio ai sensi dell'art. 421. c.p.c., comma 2, dal giudice, tenuto, secondo tale norma all'accertamento della verità dei fatti rilevanti ai lini della decisione, dovendosi ritenere che, in detta ipotesi, rientri nei poteri del giudice di merito esaminare ogni profilo in ordine alla validità dell'atto interruttivo anche se non espressamente preso in considerazione nella precedente fase processuale, trattandosi di circostanze ormai validamente acquisite all'accertamento devoluto al giudice”[2]





[1] 6. Diverso è il carattere dell'eccezione di interruzione. Qui l'attore, di fronte all'eccezione di prescrizione, non può considerarsi titolare di alcuna posizione soggettiva diversa da quella dedotta in giudizio ma semplicemente è in grado di contrapporre all'eccipiente un fatto dotato di efficacia interruttiva. L'interesse a giovarsi di questo atto è compreso nell'interesse sottostante il diritto azionato, nè certo potrebbe sottostare ad una distinta azione costitutiva. Il legislatore collega immediatamente l'effetto interruttivo ai fatti previsti dagli artt. 2943 e 2944 cod.civ. onde l'eccezione non amplia i termini della controversia ma - come si è rilevato in dottrina - concorre a realizzare l'ordinamento giuridico nell'orbita della domanda, su cui il giudice deve pronunciarsi tota re perspecta, ossia prendendo in considerazione d'ufficio gli atti interruttivi.
Spetta dunque a lui di decidere la questione di prescrizione, ritualmente introdotta dal convenuto attraverso l'eccezione di cui all'art. 2938, tenendo conto del fatto, anche dedotto in giudizio prima dell'eccezione, idoneo a produrre l'interruzione, qualora l'attore abbia affermato il proprio diritto ritualmente e rettamente provandone sussistenza e persistenza.
La situazione processuale non è diversa da quella che si verifica a proposito dell'eccezione di rinuncia alla prescrizione, che questa Corte quasi sempre ritiene rilevabile d'ufficio (Cass. 13 ottobre 1976 n. 3409, 7 febbraio 1996 n. 963, 14 maggio 2003 n. 7411).
Poichè nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l'eccezione di interruzione della prescrizione integra un'eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell'eccezione di prescrizione, giacchè non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l'interruzione della prescrizione.

[2] L'eccezione di interruzione della prescrizione, in quanto eccezione in senso lato, può essere rilevata d'ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo presupponendo, l'esercizio del relativo potere, la tempestiva allegazione in base a prove documentali - che può anche essere avanzata per la prima volta in appello rimanendo verificabile, l'osservanza o meno dei termini di deposito in primo grado, esclusivamente all'interno di quel giudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato, con rinvio, la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto inammissibile l'allegazione, in quanto non proposta in primo grado, e rilevato d'ufficio la tardività della produzione documentale). (Cassa con rinvio, App. Roma, 20 Febbraio 2006) Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 16/05/2008, n. 12401

lunedì 20 giugno 2016

Cosa comporta l’omissione delle registrazioni o denunce obbligatorie per il datore di lavoro?

In base all’art. 37 l. 1981 n. 689:  “1.   Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro che, al fine di non versare in tutto o in parte contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie, omette una o più registrazioni o denunce obbligatorie, ovvero esegue una o più denunce obbligatorie in tutto o in parte non conformi al vero, è punito con la reclusione fino a due anni quando dal fatto deriva l'omesso versamento di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie per un importo mensile non inferiore al maggiore importo fra euro 2582,28 mensili e il cinquanta per cento dei contributi complessivamente dovuti. 
2.   Fermo restando l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato, qualora l'evasione accertata formi oggetto di ricorso amministrativo o giudiziario il procedimento penale è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 CPP, fino al momento della decisione dell'organo amministrativo o giudiziario di primo grado.
3.   La regolarizzazione dell'inadempienza accertata, anche attraverso dilazione, estingue il reato.
4.   Entro novanta giorni l'ente impositore è tenuto a dare comunicazione all'autorità giudiziaria dell'avvenuta regolarizzazione o dell'esito del ricorso amministrativo o giudiziario”.


sabato 18 giugno 2016

Che cosa comporta la violazione dei limiti del lavoro notturno?

In base all’art. 13 del Dlgs 66 del 2003 “L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.
E' affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle riduzioni dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizoni della contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico
Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore”.


In base all’art. 18 bis comma 7: “la violazione delle disposizioni previste dall'art. 1 3 commi 1 e 3, è soggetta alla sanzione amministrativa da 51 euro a 154 euro, per ogni giorno e per ogni lavoratore adibito al lavoro notturno oltre i limiti previsti.

giovedì 16 giugno 2016

Com'è sanzionato il superamento del monte straordinari ammesso dalla contrattazione collettiva o il mancato computo a parte del lavoro straordinario?

In base ai commi 3 e 5 dell’art. 5 del Dlgs 66 deel 2003:

3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.
5.  Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

L’art. 18 bis del Dlgs 66 del 2003 stabilisce: “6 La violazione delle disposizioni previste dall'art. 5, commi 3 e 5, è soggetta alla sanzione amministrativa da 25 a 154 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata nel corso dell'anno solare per più di cinquanta giornate lavorative, la sanzione amministrativa va da 154 a 1.032 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta”.





  1.  

mercoledì 15 giugno 2016

Come è sanzionata la violazione del diritto al riposo giornaliero?

In base al comma 1 dell’art. 7 del Dlgs 2003 n. 66:   “ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità”. 

Sulla scorta dell’art. 7 l’art. 18 bis del Dlgs 66 del 2003 comma 4 prevede  “in caso di violazione delle disposizioni previste dall’art. 7 comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100  a 300  euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è da 600  a 2.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa è da 1.800 a 3.000  euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta



martedì 14 giugno 2016

Che sanzioni  determina la mancata consegna al lavoratore della busta paga o di omissione o inesattezza nelle registrazioni apposte su detto prospetto paga?


In base all'art. 5 della L. 05/01/1953 n. 4  “salvo che il fatto costituisca reato, in caso di mancata o ritardata consegna al lavoratore del prospetto di paga, o di omissione o inesattezza nelle registrazioni apposte su detto prospetto paga, si applica al datore di lavoro la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 900 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 600 a 3.600 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.200 a 7.200 euro.
Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro adempia agli obblighi di cui agli articoli precedenti[1] attraverso la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro, non si applicano le sanzioni di cui al presente articolo ed il datore di lavoro è sanzionabile esclusivamente ai sensi dell'articolo 39 comma 7, del DL 2008 n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla l. 2008 n. 133, e successive modificazioni .

In particolare in base al comma 5 art. 39 legge 2008 n. 112 “  Con la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro il datore di lavoro adempie agli obblighi di cui alla legge 5 gennaio 1953 n. 4”.



[1] Art. 1  È fatto obbligo ai datori di lavoro di consegnare, all'atto della corresponsione della retribuzione, ai lavoratori dipendenti, con esclusione dei dirigenti, un prospetto di paga in cui devono essere indicati il nome, cognome e qualifica professionale del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che, comunque, compongono detta retribuzione, nonché, distintamente, le singole trattenute.
Tale prospetto paga deve portare la firma, sigla o timbro del datore di lavoro o di chi ne fa le veci.
Le società cooperative sono tenute alla compilazione del prospetto di paga sia per gli operai ausiliari che per i propri soci dipendenti
2.  Le singole annotazioni sul prospetto di paga debbono corrispondere esattamente alle registrazioni eseguite sui libri di paga, o registri equipollenti, per lo stesso periodo di tempo.
3. Il prospetto di paga deve essere consegnato al lavoratore nel momento stesso in cui gli viene consegnata la retribuzione.
4.  La norma contenuta nel precedente art. 1 non si applica:
a) alle Amministrazioni dello Stato ed alle relative Aziende autonome;
b) alle Regioni, alle Province ed ai Comuni;
c) alle aziende agricole che impiegano nell'annata agraria mano d'opera salariata per un numero di giornate lavorative non superiori a 3000;
d) ai privati datori di lavoro per il personale addetto esclusivamente ai servizi familiari.

lunedì 13 giugno 2016

Che sanzioni comporta l’omessa o infedele registrazione del libro unico del lavoro?

In base all’art. 39 comma 7 l. 133 del 2008  “salvo i casi di errore meramente materiale, l'omessa o infedele registrazione dei dati di cui ai commi 1, 2 e 3[1] che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro.

Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 500 a 3.000 euro.

Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro.

Ai fini del primo periodo, la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate.

La mancata conservazione per il termine previsto dal decreto di cui al comma 4[2] è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro.

Alla contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della l. 1981 n. 689 , è la Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente. 



[1] 1.  Il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l'anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.
2.  Nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l'indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nella ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro. 
3.  Il libro unico del lavoro deve essere compilato coi dati di cui ai commi 1 e 2, per ciascun mese di riferimento, entro la fine del mese successivo. 

[2]  4. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali stabilisce, con decreto da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le modalità e tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro e disciplina il relativo regime transitorio .

sabato 11 giugno 2016

E’ reato minacciare di licenziamento un lavoratore se non accetta condizioni di lavoro vietate dalla legge?

Per Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2016) 05-05-2016, n. 18727 un simile comportamento può determinare il reato di estorsione:

“In punto di diritto, va premesso che l'oggetto della tutela giuridica nel reato di estorsione è duplice, nel senso che la norma persegue l'interesse pubblico all'inviolabilità del patrimonio e, nel contempo, alla libertà di autodeterminazione.
L'evento finale della disposizione patrimoniale lesiva del patrimonio proviene, infatti, dalla stessa vittima ed è il risultato di una situazione di costrizione determinata dalla violenza o dalla minaccia del soggetto agente.
In particolare, il potere di autodeterminazione della vittima non è completamente annullato, ma è, tuttavia, limitato in maniera considerevole: in altri termini, il soggetto passivo dell'estorsione è posto nell'alternativa di far conseguire all'agente il vantaggio economico voluto ovvero di subire un pregiudizio diretto e immediato (tamen coactus, voluit).
3.1.2. In questa prospettiva, anche lo strumentale uso di mezzi leciti e di azioni astrattamente consentite può assumere un significato ricattatorio e genericamente estorsivo, quando lo scopo mediato sia quello di coartare l'altrui volontà; in tal caso, l'ingiustizia del proposito rende necessariamente ingiusta la minaccia di danno rivolta alla vittima e il male minacciato, giusto obiettivamente, diventa ingiusto per il fine cui è diretto (cfr., Sez. 2, sent. n. 877 del 17/10/1973).
Allo stesso modo, la prospettazione di un male ingiusto può integrare il delitto di estorsione, pur quando si persegua un giusto profitto e il negozio concluso a seguito di essa si riveli addirittura vantaggioso per il soggetto destinatario della minaccia (cfr., Sez. 2, sent. n. 1071 del 05/03/1992): ciò, in quanto, la nota pregnante del delitto di estorsione consiste nel mettere la persona violentata o minacciata in condizioni di tale soggezione e dipendenza da non consentirle, senza un apprezzabile sacrificio della sua autonomia decisionale, alternative meno drastiche di quelle alle quali la stessa si considera costretta (cfr., Sez. 2, sent. n. 13043 del 07/11/2000, dep. 14/12/2000, Sala, Rv. 217508).
3.1.3. Si spiega così perchè la "minaccia", da cui consegue la coazione della persona offesa, possa presentarsi in molteplici forme ed essere esplicita o larvata, scritta o orale, determinata o indeterminata, e finanche assumere la forma di semplice esortazione e di consiglio.
Ciò che rileva, al di là delle forme esteriori della condotta, è, infatti, il proposito voluto dal soggetto agente, inteso a perseguire un ingiusto profitto con altrui danno, nonchè l'idoneità del mezzo adoperato alla coartazione della capacità di autodeterminazione del soggetto agente. Orbene, ritiene il Collegio che le osservazioni del ricorrente non scalfiscano in alcun modo la valenza motivazionale della decisione impugnata, la quale si fonda sul principale rilievo dell'irrilevanza del formale ricorso al contratto, allorchè questo risulta strumentalizzato al perseguimento di un ingiusto profitto.
Invero, nella sentenza impugnata (la cui lettura va integrata con quella della sentenza di primo grado in presenza di una c.d. "doppia conforme" in punto affermazione della penale responsabilità con riferimento ai reati di estorsione) viene tracciato, in maniera logica ed esaustiva, un quadro globale di timore dei dipendenti, in ragione della particolare situazione del mercato del lavoro (in cui l'offerta superava di gran lunga la domanda) e in presenza di comportamenti certamente prevaricatori del datore di lavoro, sì da rendere evidente che, anche nel caso in cui sin dal momento di instaurazione del rapporto il lavoratore avesse "accettato" di non rivendicare i propri diritti, siffatta accettazione non era libera, ma condizionata dall'assenza di possibilità alternative di lavoro.
Valga considerare che questa Suprema Corte è costante nel ritenere che un accordo contrattuale tra datore di lavoro e dipendente, nel senso dell'accettazione da parte di quest'ultimo di percepire una paga inferiore ai minimi retributivi o non parametrata alle effettive ore lavorative, non esclude, di per sè, la sussistenza dei presupposti dell'estorsione mediante minaccia, in quanto anche uno strumento teoricamente legittimo, può essere usato per scopi diversi da quelli per cui è apprestato e può integrare, al di là della mera apparenza, una minaccia, ingiusta, perchè è ingiusto il fine a cui tende, e idonea a condizionare la volontà del soggetto passivo, interessato ad assicurarsi comunque una possibilità di lavoro, altrimenti esclusa per le generali condizioni ambientali o per le specifiche caratteristiche di un particolare settore di impiego della manodopera (cfr., ex plurimis, Sez. 2, sent. n. 3779 del 24/01/2003;
Sez. 1, sent. n. 5426 del 11/02/2002).
3.1.4. E' questione, poi, riservata al giudice del merito valutare se la condotta dell'imputato sia stata posta in essere nella sola prospettiva di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno, attraverso un comportamento che, al di là dell'aspetto formale dell'accordo contrattuale, ponga concretamente la vittima in uno stato di soggezione, ravvisabile nella alternativa di accedere all'ingiusta richiesta dell'agente o di subire un più grave pregiudizio, anche se non esplicitamente prospettato, quale l'assenza di altre possibilità occupazionali (cfr., Sez. 2, sent. n. 50074 del 27/11/2013, dep. 12/12/2013, Bleve e altro, Rv. 257984).
3.2. Orbene, nelle vicende in esame, i giudici di merito hanno ampiamente elencato e descritto i comportamenti prevaricatori del datore di lavoro in spregio dei diritti dei lavoratori, da rendere evidente, con la stessa eloquenza dei fatti, da un lato, che l'imputato si è costantemente avvalso della situazione del mercato del lavoro ad esso particolarmente favorevole e, dall'altro che il potere di autodeterminazione dei lavoratori è stato compromesso dalla minaccia larvata, ma non per questo meno grave e immanente, di avvalersi di siffatta situazione.
Invero, si legge in sentenza: "(ndr., il C.) non ha contestato la veridicità di quanto riferito dalle persone offese circa la qualità delle prestazioni pretese dal C., ben più onerose di quelle previste nel contratto, ma ha sostenuto che l'accordo intervenuto prima dell'assunzione tra i tre dipendenti e il datore di lavoro esclude la sussistenza del necessario requisito della minaccia di un male ingiusto, che solo può integrare la fattispecie estorsiva...".
Al rilievo difensivo secondo cui i tre dipendenti erano liberi di scegliere se prestare attività lavorativa alle condizioni onerose offerte dall'imputato o cercare altre e migliori opportunità lavorative, la Corte territoriale "replica" osservando che "... dagli atti emerge con tutta evidenza che il termine "accordo" è un mero eufemismo per indicare le condizioni unilateralmente decise dal datore di lavoro e nel caso di specie palesemente inique ed estorsive. Le tre persone offese hanno infatti ribadito non solo di essere state assunte a condizione di firmare una lettera in bianco di dimissioni, ma soprattutto di essere state, nel corso del rapporto di lavoro, minacciate di licenziamento dall'imputato, qualora non avessero firmato le buste paga quali quietanze dell'importo ricevuto o non avessero svolto il prolungato orario di lavoro preteso. Sia Ca. che P. che Cu. hanno precisato di aver subito tali onerose condizioni per la paura di perdere il posto, stante l'evidente atteggiamento assunto al riguardo dall'imputato. La circostanza che dopo essere stati licenziati, i dipendenti non abbiano avuto difficoltà a trovare un nuovo lavoro, non esclude la condizione di soggezione che gli stessi vivevano nel momento in cui prestavano attività lavorativa per l'imputato, che agitava lo spettro del licenziamento per costringerli ad accettare condizioni lavorative inique".
Sul punto, appare opportuno rimarcare che la situazione di debolezza in cui si trovavano le persone offese non era quella tipica dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro, ma derivava dalla grave situazione occupazionale esistente in Sicilia, e nella città di Trapani in particolare, unitamente alle condizioni particolari di ciascuna di loro, sulle quali i giudici di merito si sono soffermati.
3.3. La motivazione della Corte territoriale appare del tutto congrua ed esente da vizi logico-giuridici.
Invero, del tutto infondate si rivelano le deduzioni del ricorrente - ai limiti del merito - in ordine all'esistenza di un accordo contrattuale: infatti, ciò che rileva agli effetti dell’art. 629 cp è che l'"accordo" non fu raggiunto liberamente, ma (nella descritta situazione) estorto.
Nel complesso, pertanto, la decisione impugnata trova sostegno in un solido apparato argomentativo, giuridicamente corretto e immune da palesi vizi logici e giuridici. Si è, infatti, in presenza di elementi di fatto di sicuro valore sintomatico, non elisi o efficacemente contrastati da elementi di segno opposto, coerentemente e congruamente valorizzati dai giudici del merito in ossequio alla norma generale espressa dall’art. 192 cpp, comma 1, che è quella del libero convincimento, inteso come libertà di valutare gli elementi probatori, con il limite, qui rispettato, di dare conto dei criteri adottati.
3.3.1. E' possibile quindi, ancora una volta, riconoscere ed affermare che integra il reato di estorsione anche la condotta del datore di lavoro che, anteriormente alla conclusione del contratto, impone al lavoratore ovvero induce il lavoratore ad accettare condizioni contrarie a legge ponendolo nell'alternativa di accettare quanto richiesto ovvero di subire il male minacciato (cfr., Sez. 2, sent. n. 53649 del 05/12/2014, dep. 23/12/2014, Schittone ed altri, non mass.; v., altresì, Sez. 2, sent. n. 677 del 10/10/2014, dep. 12/01/2015, Di Vincenzo, Rv. 261553).
3.3.2. Di contro, le censure del ricorrente si rivelano in parte generiche e, comunque, sostanzialmente afferenti a valutazioni riservate al giudice del merito per quanto attiene alla ricostruzione dei fatti storici e all'interpretazione del materiale probatorio. Al contrario di quanto si è cercato di sostenere nel ricorso, il riscontro dell'assunta libertà della pattuizione tra l'imputato e le parti offese non può - quasi per definizione - ricavarsi dagli aspetti meramente formali del rapporto di lavoro, per di più se necessariamente comportanti l'adozione di artifici contabili alquanto sintomatici, in sè, di una ben precisa intenzione di tenere nascosta la realtà del rapporto di lavoro.
3.3.3. Anche a volere convenire che l'accettazione, da parte dei lavoratori, di una retribuzione inferiore a quella risultante in busta paga non basti, di per sè sola, a dare prova di una subita coercizione, non è infatti stata la forma della "libera" pattuizione ad avere trasformato, nel caso di specie, un semplice illecito civile nel reato di estorsione, bensì la modalità, resa chiara fin dall'assunzione e ribadita in costanza di rapporto, di concreta attuazione, mese dopo mese, della pretesa "libera" pattuizione.
In ogni caso, appare difficilmente contestabile l'assoluta assertività degli argomenti difensivi, siccome tutti costantemente incentrati sulla mera e semplice negazione della minaccia esplicita o larvata del licenziamento e, comunque, sulla non ingiustizia del profitto con altrui danno. Al contrario, appuntando l'attenzione soltanto sulla concretezza del caso oggetto di vaglio processuale, occorre decisamente convenire con quanto ritenuto dai primi giudici, i quali, lungi dall'avere travisato o trascurato nulla, hanno analiticamente preso in considerazione tutti gli elementi dichiarativi e documentali emersi in sede istruttoria, reputandoli nel complesso conducenti, con lineare e logico argomentare, a dare prova della coazione integrante la contestata fattispecie estorsiva.
3.3.4. Con tali argomentazioni, il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente, limitandosi a riproporre una diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti che abbiano potuto decisivamente condizionare la conclusiva affermazione di responsabilità”.


giovedì 9 giugno 2016

Quando operano gli interessi di mora in caso di omissioni contributive?

In base al comma 9 dell’art. 116 della legge 2000 n. 388 “Dopo il raggiungimento del tetto massimo delle sanzioni civili nelle misure previste alle lettere a) e b) del comma 8[1] senza che si sia provveduto all'integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo maturano interessi nella misura degli interessi di mora di cui all'art. 30 DPR 1973 n. 602 ovvero “sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”

In particolare:

Ministero delle finanze DM 28/07/2000
1. Gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono confermati nella misura, già prevista per l'anno 1999, dell'8,4 per cento, in ragione annuale
Agenzia delle Entrate PROV 04/09/2009
1.1  A decorrere dal 1° ottobre 2009, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 6,8358% in ragione annuale.
Agenzia delle Entrate PROV 07/09/2010
1.1  A decorrere dal 1° ottobre 2010, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 5,7567% in ragione annuale.
Agenzia delle Entrate PROV 22/06/2011
1.1  A decorrere dal 1° ottobre 2011, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 5,0243% in ragione annuale.
Agenzia delle Entrate PROV 17/07/2012
1.1  A decorrere dal 1° ottobre 2012, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 4,5504% in ragione annuale.
Agenzia delle Entrate PROV 04/03/2013
1.1  A decorrere dal 1° maggio 2013, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 5,2233% in ragione annuale. 
Agenzia delle Entrate PROV 10/04/2014
1.1  A decorrere dal 1° maggio 2014, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 5,14% in ragione annuale.
Agenzia delle Entrate PROV 30/04/2015
1.1  A decorrere dal 15 maggio 2015, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 4,88% in ragione annuale.
Agenzia delle Entrate PROV 27/04/2016
1. A decorrere dal 15 maggio 2016, gli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo sono determinati nella misura del 4,13 per cento in ragione annuale.





[1] 8.  I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti:
a)  nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge; 
b)  in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al 30 per cento; la sanzione civile non può essere superiore al 60 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge. Qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi e sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa, i soggetti sono tenuti al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti; la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.

mercoledì 8 giugno 2016

Quali sono i limiti alle produzioni documentali in appello nel rito del lavoro?

Ecco cosa ha stabilito Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-04-2016, n. 8568

“Con le sentenze gemelle delle Sezioni Unite nn. 8202 - 8203 del 2005, il pregresso indirizzo maggioritario sui "nova" secondo cui il divieto alla produzione di nuovi mezzi di prova in sede di gravame non riguardava le prove costituite come quelle documentali, è stato ribaltato, di guisa che, per quanto attiene al rito del lavoro, la loro acquisizione al processo è stata ritenuta ammissibile se giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al deposito del ricorso e della memoria difensiva.

Tale rigoroso sistema di preclusioni trovava, peraltro, secondo la Corte di legittimità, un ulteriore contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della "verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 437, comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, nonostante il verificarsi di decadenze o preclusioni, perchè la regola della irreversibilità dell'estinzione del diritto alla produzione subisce un'eccezione in considerazione della specifica natura dei diritti tutelati.

Sulla precipua nozione di indispensabilità del mezzo istruttorio e sul corretto governo delle prove in appello, è, dunque, modulato il motivo di ricorso con il quale la società - richiamando specificamente la sollecitazione all'esercizio dei poteri istruttori officiosi formulata in entrambi i gradi del giudizio di merito - ha denunziato la violazione dei dettami di cui alla l. 92 del 2012 art. 1 comma 59.

Si impone, quindi, l'esigenza di individuare - sia pure in via di estrema sintesi - gli elementi costitutivi di tale nozione.

E' stato rilevato in dottrina, con condivisibile approccio, come la prova indispensabile sia un quid pluris rispetto alla prova meramente rilevante, dal momento che il relativo giudizio presuppone l'identificazione dei fatti principali e la determinazione del thema probandum, riguardando il tema della idoneità del mezzo probatorio a dare conferma, diretta o indiretta, dell'esistenza (o inesistenza in caso di prova contraria), di tali fatti.

Si è anche affermato, nei vari approdi dottrinari, che lo scrutinio in ordine alla indispensabilità dei mezzi di prova è funzionalizzato a verificare se dalla ipotizzata esistenza del fatto posto ad oggetto della prova, è possibile dedurre in modo necessario e sufficiente, l'esistenza del fatto posto ad oggetto della domanda; e si è anche aggiunto che il concetto di indispensabilità, più intenso di quello di rilevanza, va modulato alla stregua del parametro della decisività, sicchè sono ammissibili in giudizio solo le prove che appaiono idonee da sole, a fondare una decisione, sia essa di conferma o di riforma (in tal senso si è anche pronunciata questa Corte, con riferimento al giudizio di rinvio, in ordinanza del giorno 11-22015 n.2729 alla cui stregua la produzione di nuovi documenti, in deroga al divieto ex  art, 437, è possibile anche in caso di giudizio di rinvio qualora essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa, in quanto dotati di un grado di decisività e certezza tale che, da soli considerati, conducano ad un esito necessario della controversia).


Nel contesto di una apprezzabile varietà di orientamenti che ha animato il dibattito in sede dottrinaria e giurisprudenziale in ordine al significato da assegnare al termine scrutinato, questa Corte, muovendo dall'inquadramento delle disposizioni che a tale termine fanno riferimento (nello specifico l, 92 del 2012 art. 1 comma 59) nella categoria delle norme elastiche, al fine di tutelare ineludibili esigenze di certezza del diritto, ritiene condivisibile l'approccio interpretativo secondo cui il mezzo istruttorio è indispensabile quando appaia idoneo, per lo spessore contenutistico che lo connota, a sovvertire il verdetto di primo grado, nel senso di mutare il contenuto di uno o più giudizi di fatto sui quali si basa la pronuncia impugnata, fornendo un contributo decisivo all'accertamento della "verità materiale", in coerenza con i principi del giusto processo (art. 111 Cost. commi 1 e 2).”

martedì 7 giugno 2016

Quali sono i divisori e le nozioni di retribuzione nel ccnl dipendenti di Aziende e Cooperative esercenti attività del settore Servizi Cisal?

Art. 27 - I vari termini indicati nel presente CCNL si assumono nel seguente significato:

a. “Paga Base Nazionale Conglobata Mensile” o “PBNCM”:

Comprende gli importi della retribuzione contrattualmente definita nella apposita Parte Speciale per la generalità dei Lavoratori nei vari livelli (art. 139), ed è comprensiva dell’ex indennità di contingenza ed E.D.R.

b. “Divisore Convenzionale Orario” o “ DCO”:

Per ricavare la retribuzione oraria dovuta, è uguale a 173 per i lavoratori che effettuano l’orario ordinario settimanale fino alle 40 ore. Per i lavoratori discontinui con orario ordinario settimanale
superiore alle 40 ore, il divisore si ottiene mediante la seguente formula = 173:40 x Orario settimanale, espresso in ore e arrotondato alle cifre intere.

Per esempio, per un lavoratore discontinuo con orario settimanale di 48 ore, si calcolerà: 173:40x48
= 207.

Pertanto, in tale caso, la Paga Base Conglobata Oraria si otterrà dividendo la “Paga Base Nazionale Conglobata Mensile” per 207.

c. “Divisore Convenzionale Giornaliero” o “ DCG”:

Per ricavare la retribuzione giornaliera dovuta, partendo dalla P.B.N.C.M., è uguale a 26;

d. “Paga Base Conglobata Oraria” o “ PBCO”:

E’ la quota oraria che si ottiene dividendo la Paga Base Nazionale Conglobata Mensile per il Divisore Convenzionale Orario.

e. “Paga Base Conglobata Giornaliera” o “PBCG”:

Si ottiene dividendo la Paga Base Nazionale Conglobata Mensile per il Divisore Convenzionale Giornaliero.

“Retribuzione Lorda Mensile” o “RLM”:

S’intende la retribuzione lorda mensile costituita dai seguenti elementi:

􀀁 paga base nazionale conglobata mensile;
􀀁 eventuali scatti d’anzianità;
􀀁 eventuali superminimi o assegni “ad personam” continuativi;
􀀁 elemento perequativo regionale (EPR);
􀀁 tutti gli altri elementi retributivi derivanti dalla contrattazione individuale o collettiva che siano stati previsti come utili per le retribuzioni differite ed il TFR.
Le retribuzioni condizionate, quali premi presenza, indennità sostitutiva di trasporto, premi di produttività, indennità correlate ai modi della prestazione (indennità di trasferta, indennità trasfertisti, maggiorazioni di turno, indennità di maneggio denaro, ecc.) non rientrano nella RLM e,
quindi, non sono utili ai fini della determinazione delle aliquote orarie/giornaliere per le integrazioni
d’infortunio o malattia, sia professionali sia extraprofessionali. Inoltre, tali voci retributive sono già
comprensive degli eventuali ratei afferenti ferie, festività, riposi, tredicesima e TFR e, pertanto, sono ininfluenti nella determinazione retributiva di tali Istituti.

g. “Retribuzione Oraria Normale” o “RON”:

Si ottiene dividendo la “Retribuzione Lorda Mensile” per il Divisore Convenzionale Orario.

h. “Retribuzione Giornaliera Normale” o “RGN”:

Si ottiene dividendo la Retribuzione Lorda Mensile per il Divisore Convenzionale Giornaliero.

i. “Retribuzione Media Globale Giornaliera” o “RMGG”:

E’ la retribuzione che si calcola con i criteri indicati dall’INPS.

j. “Retribuzione Lorda Mensile di Fatto” o “RLMDF”:

S’intende l’importo mensile complessivamente dovuto al Lavoratore quale corrispettivo. È perciò comprensiva di tutte le voci stabili dovute nel periodo considerato. Essa, ad esempio, non comprende:
- gli importi forfettariamente riconosciuti per lavoro extraorario contrattuale (supplementare e/o
straordinario);
- gli importi dovuti per i particolari modi della prestazione quando possono essere reversibili, quali indennità di trasferta, di turno di maneggio denaro e simili, gli importi condizionati e variabili, conseguenti ai “Premi di risultato” e simili;
- le indennità sostitutive (di permessi, di ferie, di preavviso, ecc.);
- i rimborsi spese.
Nel caso in cui la retribuzione del Lavoratore preveda un’integrazione mensile variabile, al fine di
garantirgli un certo importo lordo fisso mensile, tale importo lordo mensile garantito coinciderà con la “Retribuzione Lorda Mensile di Fatto”.


k. “Rimborso spese”: S’intende il ristoro delle spese a qualsiasi titolo sostenute dal Lavoratore in nome e per conto del Datore, ivi comprese le spese di viaggio, vitto e pernottamento, conseguenti al lavoro comandato al di fuori della sede abituale di lavoro, nei limiti della normalità o preventivamente concordate.