martedì 21 giugno 2016

In caso di costituzione del convenuto ed eccezione di prescrizione il ricorrente può fornire prova dell’interruzione della prescrizione in udienza?

Come indicato da Cass. civ. Sez. III, 20/03/2006, n. 6092  “L'eccezione di interruzione della prescrizione, che è una controeccezione, integra un'eccezione in senso lato e non in senso stretto, che può essere rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, la cui deduzione, pertanto, non è soggetta al regime delle preclusioni e delle decadenze previsto per il rito del lavoro dagli artt. 416 e 437” (Cassa con rinvio, App. Napoli, 18 Luglio 2000)

Secondo la Cassazione peraltro l’eccezione d’interruzione della prescrizione è un eccezione in senso lato così come stabilito dalle Sezioni Unite Cass. civ. Sez. Unite, 27/07/2005, n. 15661[1].

In particolare come indicato da Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 13/06/2007, n. 13783 “L'eccezione di interruzione della prescrizione, configurandosi come eccezione in senso lato, distinta dalla non omogenea eccezione di prescrizione, può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice in qualsiasi stato e grado del processo. Detto potere, però, deve essere esercitato - come avviene in ogni caso di esercizio di poteri officiosi - sulla base di allegazioni e di prove, incluse quelle documentali, ritualmente acquisite al processo, nonché di fatti anch'essi ritualmente acquisiti al contraddittorio, e nel rispetto del principio della tempestività di allegazione della sopravvenienza, che impone la regolare e tempestiva acquisizione degli elementi probatori e documentali nel momento difensivo successivo a quello in cui è stata sollevata l'eccezione di prescrizione.


Peraltro per Cass., Sezione Lavoro,sentenza n. 16542 del 2010 e  Cass., Sezione lavoro, sentenza n. 25213 del 2009 “l'interruzione della prescrizione può essere dedotta per la prima volta in sede di appello e il giudice del gravame, chiamato a decidere sulla questione di prescrizione ritualmente introdotta dal convenuto, può tener conto del fatto interruttivo, ancorchè non dedotto formalmente dall'attore come controeccezione, ma sulla base di allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo e, in ordine alle controversie assoggettate al rito del lavoro, sulla base dei poteri istruttori legittimamente esercitabili anche di ufficio ai sensi dell'art. 421. c.p.c., comma 2, dal giudice, tenuto, secondo tale norma all'accertamento della verità dei fatti rilevanti ai lini della decisione, dovendosi ritenere che, in detta ipotesi, rientri nei poteri del giudice di merito esaminare ogni profilo in ordine alla validità dell'atto interruttivo anche se non espressamente preso in considerazione nella precedente fase processuale, trattandosi di circostanze ormai validamente acquisite all'accertamento devoluto al giudice”[2]





[1] 6. Diverso è il carattere dell'eccezione di interruzione. Qui l'attore, di fronte all'eccezione di prescrizione, non può considerarsi titolare di alcuna posizione soggettiva diversa da quella dedotta in giudizio ma semplicemente è in grado di contrapporre all'eccipiente un fatto dotato di efficacia interruttiva. L'interesse a giovarsi di questo atto è compreso nell'interesse sottostante il diritto azionato, nè certo potrebbe sottostare ad una distinta azione costitutiva. Il legislatore collega immediatamente l'effetto interruttivo ai fatti previsti dagli artt. 2943 e 2944 cod.civ. onde l'eccezione non amplia i termini della controversia ma - come si è rilevato in dottrina - concorre a realizzare l'ordinamento giuridico nell'orbita della domanda, su cui il giudice deve pronunciarsi tota re perspecta, ossia prendendo in considerazione d'ufficio gli atti interruttivi.
Spetta dunque a lui di decidere la questione di prescrizione, ritualmente introdotta dal convenuto attraverso l'eccezione di cui all'art. 2938, tenendo conto del fatto, anche dedotto in giudizio prima dell'eccezione, idoneo a produrre l'interruzione, qualora l'attore abbia affermato il proprio diritto ritualmente e rettamente provandone sussistenza e persistenza.
La situazione processuale non è diversa da quella che si verifica a proposito dell'eccezione di rinuncia alla prescrizione, che questa Corte quasi sempre ritiene rilevabile d'ufficio (Cass. 13 ottobre 1976 n. 3409, 7 febbraio 1996 n. 963, 14 maggio 2003 n. 7411).
Poichè nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale), l'eccezione di interruzione della prescrizione integra un'eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d'ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della (normale) rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell'eccezione di prescrizione, giacchè non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l'interruzione della prescrizione.

[2] L'eccezione di interruzione della prescrizione, in quanto eccezione in senso lato, può essere rilevata d'ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo presupponendo, l'esercizio del relativo potere, la tempestiva allegazione in base a prove documentali - che può anche essere avanzata per la prima volta in appello rimanendo verificabile, l'osservanza o meno dei termini di deposito in primo grado, esclusivamente all'interno di quel giudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato, con rinvio, la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto inammissibile l'allegazione, in quanto non proposta in primo grado, e rilevato d'ufficio la tardività della produzione documentale). (Cassa con rinvio, App. Roma, 20 Febbraio 2006) Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 16/05/2008, n. 12401

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