venerdì 29 luglio 2016

Come è sanzionato il licenziamento illegittimo nelle aziende non soggette ai limiti dell’art. 18 della legge 300 del 1970 e non assoggettati alle tutele crescenti?


In base all’art. 8 della legge 604 del 1966: “Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro”.

giovedì 28 luglio 2016

Quali diritti sindacali sono riconosciuti ai lavoratori in somministrazione?

In base all’art. 36 del Dlgs 81 del 2015:

1.  Ai lavoratori delle agenzie di somministrazione si applicano i diritti sindacali previsti dalla legge 300 del 1970, e successive modificazioni.
2.  Il lavoratore somministrato ha diritto a esercitare presso l'utilizzatore, per tutta la durata della missione, i diritti di libertà e di attività sindacale, nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.

3.  Ogni dodici mesi l'utilizzatore, anche per il tramite della associazione dei datori di lavoro alla quale aderisce o conferisce mandato, comunica alle rappresentanze sindacali aziendali ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.

mercoledì 27 luglio 2016

Come è regolamentata la somministrazione dal punto di vista previdenziale?

Art. 37.  Norme previdenziali
1.  Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali, previsti dalle vigenti disposizioni legislative, sono a carico del somministratore che, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 49 della l. 1989 n. 88[1], è inquadrato nel settore terziario. L'indennità di disponibilità è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.
2.  Il somministratore non è tenuto al versamento della aliquota contributiva di cui all'articolo 25 comma 4[2] , della l. 1978 n. 845.
3.  Gli obblighi dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali previsti dal DPR 1965 n. 1124, e successive modificazioni, sono determinati in relazione al tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I premi e i contributi sono determinati in relazione al tasso medio o medio ponderato, stabilito per l'attività svolta dall'impresa utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavorazioni svolte dai lavoratori somministrati, ovvero in base al tasso medio o medio ponderato della voce di tariffa corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavoratore somministrato, ove presso l'impresa utilizzatrice la stessa non sia già assicurata.
4.  Nel settore agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori domestici trovano applicazione i criteri di erogazione e gli oneri previdenziali e assistenziali previsti dai relativi settori





[1] Art. 49. Classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali ed assistenziali.
1. La classificazione dei datori di lavoro disposta dall'Istituto ha effetto a tutti i fini previdenziali ed assistenziali ed è stabilita sulla base dei seguenti criteri:
a) settore industria, per le attività: manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e distribuzione dell'energia, gas ed acqua; dell'edilizia; dei trasporti e comunicazioni; delle lavanderie industriali; della pesca; dello spettacolo; nonché per le relative attività ausiliarie ;
b) settore artigianato, per le attività di cui alla legge 1985 n. 443;
c) settore agricoltura, per le attività di cui all’art. 2135 cc ed all'articolo 1 della l. 1986 n. 778;
d) settore terziario, per le attività: commerciali, ivi comprese quelle turistiche; di produzione, intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari; per le attività professionali ed artistiche; nonché per le relative attività ausiliarie;
e) credito, assicurazione e tributi, per le attività: bancarie e di credito; assicurative; esattoriale, relativamente ai servizi tributari appaltati.
2. I datori di lavoro che svolgono attività non rientranti fra quelle di cui al comma 1 sono inquadrati nel settore «attività varie»; qualora non abbiano finalità di lucro sono esonerati, a domanda, dalla contribuzione alla Cassa unica assegni familiari, a condizione che assicurino ai propri dipendenti trattamenti di famiglia non inferiori a quelli previsti dalla legge.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale sarà stabilito a quale dei settori indicati nel precedente comma si debbano aggregare, agli effetti previdenziali ed assistenziali, i datori di lavoro che svolgono attività plurime rientranti in settori diversi. Restano comunque validi gli inquadramenti già in atto nei settori dell'industria, del commercio e dell'agricoltura o derivanti da leggi speciali o conseguenti a decreti emanati ai sensi dell'articolo 34  del DPR 1955 n. 797

[2] Con la stessa decorrenza l'aliquota del contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ai sensi dell'articolo 12 della l. 1975 n.160 , è aumentata in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo

martedì 26 luglio 2016

Come regolamenta l’apprendistato il ccnl  per la categoria delle Agenzie di Somministrazione di lavoro Assolavoro?

Articolo 26 – Apprendistato professionalizzante in somministrazione

1. Rapporto di lavoro dell’apprendista L’apprendista viene assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia mediante un contratto di apprendistato professionalizzante, svolto secondo un percorso formativo eseguito presso il medesimo utilizzatore e redatto in forma scritta, sulla base di quanto previsto in materia dal Testo Unico sull’apprendistato e con specifico riferimento a quanto previsto dall’articolo 24 del presente CCNL. La retribuzione, l’inquadramento e l’orario di lavoro dell’apprendista sono disciplinati dalle norme del CCNL applicato dall’impresa utilizzatrice, in conformità con quanto previsto dall’articolo 20, comma 1, del D.lgs. 276/2003 e dagli articoli 28 e 30 del presente contratto. L’eventuale patto di prova potrà essere apposto al momento dell’assunzione secondo quanto previsto dalla disciplina collettiva applicata dall’utilizzatore. In ogni caso la sua durata non potrà essere superiore a quella prevista dall’articolo 33, lettera b) del presente CCNL, per i lavoratori in somministrazione assunti a tempo indeterminato ed inquadrati nei gruppi omogenei di riferimento.

2. Piano Formativo individuale Il Piano Formativo individuale determina, sulla base dalla disciplina dal contratto collettivo applicato dall’impresa utilizzatrice, il percorso formativo che l’apprendista in somministrazione deve compiere per conseguire la qualifica prevista. Il Piano Formativo individuale è predisposto dall’Agenzia per il Lavoro congiuntamente all’utilizzatore e al lavoratore/trice e deve essere sottoposto al parere di conformità di FORMA.TEMP entro 30 giorni dall’inizio della missione.

Il parere di conformità viene rilasciato per iscritto dalla tecnostruttura di FORMA.TEMP entro 10 giorni dalla presentazione del Piano Formativo individuale. Il parere di conformità dovrà far riferimento alla verifica della congruità del rapporto numerico fra apprendisti e lavoratori qualificati, alla ammissibilità del livello contrattuale d’inquadramento, alla coerenza del Piano Formativo con la qualifica proposta. Sulla base della valutazione effettuata la tecnostruttura sottopone il parere di conformità all’approvazione formale da parte del CdA FORMA.TEMP che deve esprimersi entro i successivi 30 giorni. A fronte di specificate motivazioni la tecnostruttura può richiedere all’Agenzia integrazioni o riformulazioni del Piano Formativo presentato, sospendendo i tempi previsti per il parere di conformità. In caso di mancata risposta da parte di FORMA.TEMP entro il predetto termine, il Piano Formativo si intende approvato. Il Piano Formativo individuale deve riportare tutto il percorso formativo necessario ai fini dell’attribuzione della prevista qualifica professionale e deve essere inviato da FORMA.TEMP, per conoscenza, alle CST competenti per territorio secondo modalità definite successivamente dalle Parti. FORMA.TEMP, sulla base del presente accordo, elabora un Report semestrale sull’apprendistato. 3. Tutor Durante il periodo di apprendistato, il lavoratore/trice somministrato dovrà rapportarsi con due tutor, uno nominato dall’Agenzia per il Lavoro ed uno indicato dall’impresa utilizzatrice. L’Agenzia per il Lavoro, prima di inviare in missione un apprendista, nomina il Tutor (TDA) e richiede lo svolgimento di analogo adempimento all’utilizzatore. Il Tutor nominato dall’utilizzatore deve essere scelto tra soggetti che ricoprono una qualifica professionale non inferiore a quella individuata nel Piano Formativo individuale e che possiedono competenze adeguate ed un livello d’inquadramento pari o superiore a quello che l’apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendistato. Il Tutor di Agenzia (TDA), individuato nel Piano Formativo, è un dipendente o un consulente dell’Agenzia per il Lavoro che, a seguito di comunicazione della stessa, viene iscritto nell’apposito Albo istituito presso FORMA.TEMP. Il TDA possiede adeguate competenze professionali che possono derivare, alternativamente, da un’esperienza professionale di durata non inferiore a due anni acquisita in qualità di dirigente, quadro, funzionario o professionista, nel campo della gestione o della ricerca e selezione del personale o della fornitura di lavoro temporaneo o della ricollocazione professionale o dei servizi per l’impiego o della formazione professionale o di orientamento o della mediazione tra domanda ed offerta di lavoro o nel campo delle relazioni sindacali.
previsti requisiti sono successivamente verificabili da FORMA.TEMP che, in caso carenza, può disporre la cancellazione dall’Albo del tutor. Ogni Tutor di Agenzia può seguire fino ad un massimo di 50 apprendisti nel loro percorso di qualificazione. 4. Formazione dell’apprendista

L’Agenzia per il Lavoro è responsabile del corretto adempimento degli obblighi formativi e, per mezzo del Tutor diretto di Agenzia (TDA), compie le seguenti attività:
a) definisce, prima dell’avvio in missione e di comune intesa con il lavoratore/trice e l’impresa utilizzatrice, il Piano Formativo individuale che deve essere sottoposto alla valutazione di FORMA.TEMP per la relativa verifica di conformità;
b) comunica al lavoratore/trice, prima dell’inizio della missione, il tutor nominato nell’impresa utilizzatrice;
c) svolge, con cadenza semestrale e dandone conseguente comunicazione all’utilizzatore, un colloquio con l’apprendista per verificare l’effettiva attuazione del Piano Formativo, lo sviluppo delle sue capacità professionali e personali, le difficoltà incontrate, gli eventuali miglioramenti da adottarsi nel restante periodo di apprendistato;
d) attesta periodicamente l’effettivo svolgimento della formazione e, sulla base delle dichiarazioni e delle attestazioni rilasciate dall’utilizzatore al temine del periodo di apprendistato svolto presso di esso, attribuisce specifica qualifica professionale.

Al termine del periodo di apprendistato l’Agenzia attesterà, sulla base di un parere concordato tra i tutor, l’avvenuta formazione dando comunicazione all’apprendista dell’acquisizione della qualifica professionale. L’Agenzia è tenuta a comunicare, entro 5 giorni a FORMA.TEMP, i nominativi degli apprendisti ai quali è stata attribuita la qualifica. Tale comunicazione deve essere inviata per conoscenza alla CST competente per territorio secondo modalità definite successivamente dalle Parti.
5. Durata del periodo di apprendistato

Non è consentito recedere dal contratto commerciale di somministrazione a tempo indeterminato prima della scadenza del periodo di apprendistato previsto dalla vigente disciplina del CCNL applicato nell’impresa utilizzatrice, ferma restando l’ipotesi di recesso per giusta causa o giustificato motivo. In caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione del rapporto di lavoro durante la missione, il periodo di apprendistato si intende prolungato nelle modalità definite dalla disciplina del contratto collettivo applicato dall’impresa utilizzatrice oppure, in mancanza, da quanto previsto in merito dal Testo Unico sull’apprendistato. Lo spostamento del termine finale del periodo di apprendistato deve essere comunicato per iscritto all’apprendista almeno 30 giorni prima della scadenza del termine iniziale, con indicazione del nuovo termine del periodo formativo. Contestualmente il nuovo termine deve essere comunicato alla CST di competenza. I periodi superiori a 30 giorni, utili ai fini del prolungamento del periodo di apprendistato, devono essere comunicati all’apprendista entro 30 giorni dalla loro maturazione. A decorrere dal rinnovo contrattuale, in caso di interruzione del periodo di apprendistato che non sia riconducibile ad ipotesi di giusta causa, giustificato motivo soggettivo o chiusura aziendale, l’utilizzatore è tenuto a rimborsare in ogni caso l’intera retribuzione piena, ovvero quella prevista per la qualifica professionale di riferimento, per il periodo di apprendistato residuo. Le Parti escludono espressamente l’applicazione della indennità di disponibilità propria dei lavoratori già qualificati assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia per il Lavoro.

6. Obbligo di conferma L’obbligo di conferma previsto dalle norme viene esercitato a chiusura di ogni contratto di apprendistato in concorso con l’utilizzatore.

7. Recesso L’Agenzia per il Lavoro può recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, comunicando per iscritto la disdetta con un preavviso di 30 giorni a decorrere dal termine del periodo di formazione, ai sensi dell’articolo 2118 del codice civile. In caso di mancata comunicazione del recesso, il rapporto dell’apprendista prosegue alle dipendenze dell’Agenzia per il Lavoro come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Ai sensi di quanto previsto dell’articolo 2 del Testo Unico, non è possibile recedere dal rapporto e dal contratto durante il periodo di formazione qualora non sussista la medesima giusta causa o il medesimo giustificato motivo di risoluzione del rapporto e del contratto.

8. Pareri e monitoraggio territoriale FORMA.TEMP, su eventuale proposta delle Parti stipulanti, può integrare i profili formativi previsti dal Repertorio delle Professioni ISFOL. Le Commissioni Sindacali Territoriali (CST) svolgono un ruolo di informazione, confronto e controllo. Sono tenute ad una costante attività di monitoraggio sulle modalità di attuative dei percorsi di apprendistato, in conformità quanto previsto dai piani formativi individuali. Con riferimento ai compiti delle Commissioni Sindacali Territoriali (CST) le Parti, congiuntamente a FORMA.TEMP, elaboreranno specifica regolamentazione al fine di garantirne l’operatività.


9.Bilateralità In funzione della contribuzione di cui all’articolo 12 del D.lgs. 276/2003, le Parti concordano che gli apprendisti possono essere posti in formazione nell’ambito della progettazione formativa dell’Agenzia tramite FORMA.TEMP. Le parti riconoscono che gli apprendisti rispondono ai requisiti sia per l’accesso alle prestazioni Ebitemp che a quelli di iscrizione al fondo previdenziale di settore denominato Fontemp. 

10. Per tutto quanto non espressamente regolato dalla presente disciplina trovano applicazione la disciplina collettiva applicata dalle imprese utilizzatrici nonché le norme di legge, con particolare riferimento a quelle contenute nel Testo Unico sull’Apprendistato.

lunedì 25 luglio 2016

Con il contratto di somministrazione possono essere assunti apprendisti?


In base all’art. 42 del Dlgs 81 del 2015 comma 7 “Il  numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione autorizzate, non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro. Tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità. E' in ogni caso esclusa la possibilità di utilizzare apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 1985 n. 443”.

sabato 23 luglio 2016

Le lavoratrici in maternità possono essere licenziate in caso di procedure di mobilità?

In base all’art. 54 comma 4 “Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della legge 1991 n. 223, e successive modificazioni, salva l'ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda di cui al comma 3, lettera b)”.


Come indicato da Cass. civ. Sez. lavoro, 31/07/2013, n. 18363: “il Dlgs 2001 n. 151 art.54 - per la parte che qui interessa - dispone, al comma 1, che "le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo 3, nonchè fino al compimento di un anno di età del bambino"; al terzo comma, che "il divieto di licenziamento non si applica nel caso:....b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;..."; al comma 4, che "durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, semprechè il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo ai sensi della l. 223 del 1991, e successive modificazioni". Il Dlgs 2003 n. 115 (Modifiche ed integrazioni al Dlgs 2001 n. 151, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma della l. 2000 n. 53 art. 15), all'art. 4, comma 2, ha previsto che: "Al comma 4 dell'art. 54 del testo unico dopo le parole: "e successive modificazioni" sono inserite le seguenti: "salva l'ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda di cui al comma 3, lett. b)".

giovedì 21 luglio 2016

Cosa prevede in tema di rappresentatività l’accordo interconfederale del 28 giugno del 2011?

Accordo interconfederale fra CONFINDUSTRIA e CGIL, CISL e UIL del 28 giugno 2011

Le parti premesso che
- è interesse comune definire pattiziamente le regole in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori;
- è obiettivo comune l’impegno per realizzare un sistema di relazioni industriali che crei condizioni di competitività e produttività tali da rafforzare il sistema produttivo, l’occupazione e le retribuzioni;
- la contrattazione deve esaltare la centralità del valore del lavoro anche considerando che sempre più è la conoscenza, patrimonio del lavoratore, a favorire le diversità della qualità del prodotto e quindi la competitività dell’impresa; -
- la contrattazione collettiva rappresenta un valore e deve raggiungere risultati funzionali all’attività delle imprese ed alla crescita di un’occupazione stabile e tutelata e deve essere orientata ad una politica di sviluppo adeguata alle differenti necessità produttive da conciliare con il rispetto dei diritti e delle esigenze delle persone;
- è essenziale un sistema di relazioni sindacali e contrattuali regolato e quindi in grado di dare certezze non solo riguardo ai soggetti, ai livelli, ai tempi e ai contenuti della contrattazione collettiva ma anche sull’affidabilità ed il rispetto delle regole stabilite;
- fermo restando il ruolo del contratto collettivo nazionale di lavoro, è comune l’obiettivo di favorire lo sviluppo e la diffusione della contrattazione collettiva di secondo livello per cui vi è la necessità di promuoverne l’effettività e di garantire una maggiore certezza alle scelte operate d’intesa fra aziende e rappresentanze sindacali dei lavoratori,

tutto ciò premesso le parti convengono che

1. ai fini della certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria, si assumono come base i dati associativi riferiti alle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori. Il numero delle deleghe viene certificato dall’INPS tramite un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali (Uniemens) che verrà predisposta a seguito di convenzione fra INPS e le parti stipulanti il presente accordo interconfederale. I dati così raccolti e certificati, trasmessi complessivamente al CNEL, saranno da ponderare con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle rappresentanze sindacali unitarie da rinnovare ogni tre anni, e trasmessi dalle Confederazioni sindacali al CNEL. Per la legittimazione a negoziare è necessario che il dato di rappresentatività così realizzato per ciascuna organizzazione sindacale superi il 5% del totale dei lavoratori della categoria cui si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro;

2. il contratto collettivo nazionale di lavoro ha la funzione di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori del settore ovunque impiegati nel territorio nazionale;

3. la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge;

4. i contratti collettivi aziendali per le parti economiche e normative sono efficaci per tutto il personale in forza e vincolano tutte le associazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda se approvati dalla maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette secondo le regole interconfederali vigenti;

5. in caso di presenza delle rappresentanze sindacali aziendali costituite ex art. 19 della legge n. 300/70, i suddetti contratti collettivi aziendali esplicano pari efficacia se approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che, singolarmente o insieme ad altre, risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori dell’azienda nell’anno precedente a quello in cui avviene la stipulazione, rilevati e comunicati direttamente dall’azienda. Ai fini di garantire analoga funzionalità alle forme di rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, come previsto per le rappresentanze sindacali unitarie anche le rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, quando presenti, durano in carica tre anni. Inoltre, i contratti collettivi aziendali approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali con le modalità sopra indicate devono essere sottoposti al voto dei lavoratori promosso dalle rappresentanze sindacali aziendali a seguito di una richiesta avanzata, entro 10 giorni dalla conclusione del contratto, da almeno una organizzazione firmataria del presente accordo o almeno dal 30% dei lavoratori dell’impresa. Per la validità della consultazione è necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti;

6. i contratti collettivi aziendali, approvati alle condizioni di cui sopra, che definiscono clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva, hanno effetto vincolante esclusivamente per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori ed associazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale operanti all’interno dell’azienda e non per i singoli lavoratori;

7. i contratti collettivi aziendali possono attivare strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi. I contratti collettivi aziendali possono pertanto definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro. Ove non previste ed in attesa che i rinnovi definiscano la materia nel contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’azienda, i contratti collettivi aziendali conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda d’intesa con le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del presente accordo interconfederale, al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa, possono definire intese modificative con riferimento agli istituti del contratto collettivo nazionale che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro. Le intese modificative così definite esplicano l’efficacia generale come disciplinata nel presente accordo;

8. le parti con il presente accordo intendono dare ulteriore sostegno allo sviluppo della contrattazione collettiva aziendale per cui confermano la necessità che il Governo decida di incrementare, rendere strutturali, certe e facilmente accessibili tutte le misure – che già hanno dimostrato reale efficacia - volte ad incentivare, in termini di riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello che collega aumenti di retribuzione al raggiungimento di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza, efficacia ed altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività nonché ai risultati legati all’andamento economico delle imprese, concordati fra le parti in sede aziendale.

martedì 28 giugno 2011



CGIL CONFINDUSTRIA CISL UIL

mercoledì 20 luglio 2016

Ogni quanto tempo il datore di lavoro deve comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali l'andamento del ricorso al lavoro intermittente?



In base al comma 2 dell'art. 15 del Dlgs 81 del 2015 “Fatte salve le previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente". 

martedì 19 luglio 2016

Quali comunicazioni deve effettuare il datore di lavoro in caso di lavoro intermittente?


In base al comma 3 dell’art. 15 del Dlgs 81 del 2015“Prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o posta elettronica. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al primo periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione”.

lunedì 18 luglio 2016



Durante lo sciopero il datore di lavoro può utilizzare altri addetti per far fronte alle esigenze aziendali?






In base a Cassazione 14157 del 2012 

“il datore di lavoro in caso di sciopero può quindi, anche quando non vengano in rilievo interessi pubblici ma il suo interesse privato, procedere alla sostituzione dei lavoratori in sciopero con altri lavoratori, non aderenti alla astensione o impiegati in settori nei quali non è stato proclamato lo sciopero. 

Si può anche ritenere che la riorganizzazione aziendale volta a limitare gli effetti negativi per l'azienda dello sciopero possa consistere tanto nell'impiego dei lavoratori non scioperanti nei compiti propri dei lavoratori in sciopero, quanto in compiti diversi, che permettano comunque di elidere gli effetti negativi per il datore di lavoro della astensione. 

Non ogni scelta funzionale a tal fine è però consentita. Il limite è costituito dal fatto che la sostituzione deve essere fatta in modo legittimo. 

Sicuramente legittimo è lo spostamento nelle mansioni degli scioperanti di lavoratori della stessa qualifica, nel pieno rispetto dell'art. 2103, cc, o addirittura di lavoratori con qualifica inferiore, cui saranno riconosciuti i diritti previsti da tale norma, senza peraltro ledere i diritti dei lavoratori sostituiti. 

Diverso è il caso in cui i lavoratori chiamati a sostituire i dipendenti in sciopero, o chiamati a svolgere attività diverse ma che neutralizzino gli effetti dello sciopero, siano di qualifica superiore e vengano quindi impiegati in mansioni inferiori. In queste ipotesi bisogna verificare se lo svolgimento dei compiti inerenti ad una qualifica inferiore rientri negli ambiti, circoscritti, in cui ciò è consentito dalla legge. 21 L'art. 2103 del codice civile, infatti, nega tale possibilità, sancendo che "Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte..." ed aggiunge, che "ogni patto contrario è nullo".

sabato 16 luglio 2016

Come è regolamentato il preavviso nel ccnl Uneba?

Art. 71 - Preavviso di licenziamento e dimissioni.

La  risoluzione  del rapporto di lavoro per il personale assunto  a  tempo indeterminato,  tanto nel caso di licenziamento da parte dell'Ente  quanto in  quello  di dimissioni della lavoratrice o del lavoratore, deve  essere preceduta dal regolare preavviso scritto a mezzo lettera raccomandata.

I termini di preavviso sono i seguenti:

livello     

Quadri e 1       mesi 3
2                      mesi 2
3S-3                mesi 1
4S-4                gg. 25
5S-5                gg. 25
6S-6                gg. 15
7                      gg. 15

Nel  caso  di dimissioni, i termini di preavviso devono essere  rispettati anche dal lavoratore/trice assunto a tempo determinato.

Al lavoratore assunto a tempo indeterminato o determinato, nel caso di dimissioni senza preavviso, sarà trattenuto un importo equivalente alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di mancato preavviso.

I  termini  di preavviso per il personale inquadrato dal livello  4  al  6 compresi,  in  caso di licenziamento da parte dell'Ente, sono incrementati di 15 giorni.

I  termini  di preavviso decorrono dalla fine o dal giorno 16  di  ciascun mese.

Ai  sensi  del  comma 2, art. 2118 CC, in caso di mancato  preavviso  alla lavoratrice  o  al  lavoratore sarà corrisposta una indennità  equivalente all'importo  della  retribuzione  di cui all'art.  41,  corrispondente  al periodo di cui al comma 2 del presente articolo, comprensiva dei ratei  di 13a e 14a mensilità.




giovedì 14 luglio 2016

Quali sanzioni colpiscono il dipendente pubblico che attesta falsamente la propria presenza in servizio?

In base all’articolo 55-quinquies  del Dlgs 165 del 2001 “1.  Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.
2.  Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'amministrazione.

3.  La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati”.

mercoledì 13 luglio 2016

Nel pubblico impiego la valutazione negativa del dipendente può determinare la risoluzione del rapporto?


In forza dell’art. 55 quater Dlgs 2001 n. 165 comma 2 “Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'art. 54”.

martedì 12 luglio 2016

Cosa comporta la mancata conservazione del documento di valutazione rischi presso l’unità produttività cui lo stesso si riferisce?

In base all’art. 17 del Dlgs 81 del 2008  il datore di lavoro deve effettuare senza possibilità di delega  la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto  e disciplinato dall'art. 28 del medesimo Decreto

L’art.29 comma 4 Dlgs 81 del 2008 stabilisce: “il documento di cui all'art. 17, comma 1, lettera a), e quello di cui all' art. 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi”.


L’art. 55 comma 5 lettera f ) dlgs 81 del 2008 così punisce la violazione dell’art. 29 comma 4 “Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti: …f)  con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.192  a 7.233,60 euro per la violazione degli articoli 29, comma 4 ….”

lunedì 11 luglio 2016


Che forma deve rivestire il contratto di lavoro intermittente?

In base all’art. 15 del dlgs 81 del 2015: “Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
a)  durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell'articolo 13;
b)  luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
c)  trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
d)  forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione;
e)  tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
f)  misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto”.

sabato 9 luglio 2016

Quale trattamento economico deve ricevere il lavoratore intermittente?

L’art. 17 del dlgs 81 del 2015 prevede il cd Principio di non discriminazione secondo cui “1.  Il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello.
2.  Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale”.


giovedì 7 luglio 2016

Quando è vietato ricorrere al lavoro intermittente?

In base all’art. 14 del Dlgs 81 del 2015 “1.  E' vietato il ricorso al lavoro intermittente:
a)  per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b)  presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli n. 4 e 24 della legge 1991 n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, ovvero presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
c)  ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”.


mercoledì 6 luglio 2016

Come è disciplinata l’indennità di disponibilità nel lavoro intermittente?

In base all’art. 13 comma 4 del Dlgs 81 del 2016 l’indennità di disponibilità è l’emolumento che spetta al lavoratore assunto con contratto di lavoro intermittente in caso di obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro nei periodi d’inattività.  

In particolare “nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l'indennità di disponibilità di cui all’art. 16”

In base all’art. 16 del Dlgs 81 del 2015 “1.  La misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, è determinata dai contratti collettivi e non è comunque inferiore all'importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2.  L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
3.  L'indennità di disponibilità è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.
4.  In caso di malattia o di altro evento che gli renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento, durante il quale non matura il diritto all'indennità di disponibilità. Ove non provveda all'adempimento di cui al periodo precedente, il lavoratore perde il diritto all'indennità per un periodo di quindici giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale.
5.  Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.

6.  Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimento alla quale il lavoratore intermittente può versare la differenza contributiva per i periodi in cui ha percepito una retribuzione inferiore a quella convenzionale ovvero ha usufruito dell'indennità di disponibilità fino a concorrenza del medesimo importo”.

martedì 5 luglio 2016

Quanto può durare il lavoro intermittente?
In base all’art. 13 comma terzo del dlgs 81 del 2015:  “fermi restando i presupposti di instaurazione del rapporto e con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato”

Come indicato da CIRCOLARE N. 35/2013 Ministero del lavoro “Sul punto va anzitutto evidenziato che l’instaurazione del rapporto di lavoro intermittente rimane soggetto ai limiti di carattere oggettivo o soggettivo già individuati dagli artt. 34 e 40 del D.Lgs. n. 276/2003. Verificata la legittima instaurazione del rapporto, il ricorso a prestazioni di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un massimo di quattrocento giornate di effettivo lavoro “nell’arco di tre anni solari”. Ne consegue che il conteggio delle prestazioni dovrà essere effettuato, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione, a ritroso di tre anni; tale conteggio tuttavia, secondo quanto previsto dal D.L. n. 76/2013, dovrà tenere conto solo delle giornate di effettivo lavoro “prestate successivamente all’entrata in vigore della presente disposizione” e quindi prestate successivamente al 28 giugno 2013. Si evidenzia che il vincolo delle quattrocento giornate di effettivo lavoro, per espressa previsione normativa, non trova applicazione nei settori “del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo”. In tutti gli altri settori, un eventuale superamento del limite delle quattrocento giornate determinerà la “trasformazione” del rapporto in un “normale” rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato dalla data del superamento Il Legislatore ha poi spostato al 1° gennaio 2014 il termine ultimo di vigenza dei contratti di lavoro intermittente che, stipulati precedentemente all’entrata in vigore della L. n. 92/2012 (18 luglio 2012), non siano più compatibili con la nuova disciplina. Sul punto va chiarito che: - l’eventuale incompatibilità dei “vecchi” contratti va verificata in relazione alle causali oggettive o soggettive che consentono l’instaurazione del rapporto, come riformulate dalla L. n. 92/2012; - in caso di esito negativo di tale verifica e quindi di cessazione ex lege del rapporto, i datori di lavoro saranno comunque tenuti ad effettuare la consueta comunicazione al Centro per l’impiego ai sensi dell’art. 21 della L. n. 264/1949. In quest’ultimo caso si coglie altresì l’occasione per chiarire che non è dovuto il contributo di cui all’art. 2, comma 31, della L. n. 92/2012 in quanto trattasi di “interruzioni” del rapporto di lavoro determinate da una disposizione di carattere eccezionale e che, prescindendo dalla volontà del datore di lavoro, si configurano come un vero e proprio obbligo di legge. Una diversa interpretazione, infatti, non sarebbe in linea con la ratio sottesa all’introduzione del contributo, che vuol costituire anche un disincentivo per i datori di lavoro che intendono recedere da un rapporto di lavoro. Sotto il profilo ispettivo va da ultimo osservato che l’eventuale prestazione di lavoro intermittente in forza di un contratto non più compatibile con la disciplina dettata dalla L. n. 92/2012 – e quindi in forza di un contratto che ha cessato “di produrre effetti” – comporterà il riconoscimento di un “normale” rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Inoltre, in assenza di una “tracciabilità” della prestazione, troverà applicazione il regime sanzionatorio in materia di lavoro “nero”.




lunedì 4 luglio 2016

Per quali attività di può ricorrere al lavoro intermittente?

Con l’interpello INTERPELLO N. 10/2016 effettuato al Ministero del lavoro in relazione all’art. 55, comma 3 del DLGS 81 del 2015 è stato richiesto se “sino all'emanazione dei decreti richiamati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, trovano applicazione le regolamentazioni vigenti”, fosse ancora possibile, ricorrere a prestazioni di lavoro intermittenti secondo quanto indicata nella tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923, recante l’elenco delle attività a carattere discontinuo.

Secondo la direzione: “Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni industriali e dell’Ufficio Legislativo, si rappresenta quanto segue. Al fine di rispondere al quesito avanzato, occorre anzitutto ricordare che il ricorso a prestazioni di lavoro intermittente – ferme restando le c.d. ipotesi soggettive di cui all’art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 – è disciplinato dalla contrattazione collettiva. In assenza di essa, il Legislatore stabilisce che “i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali”. Il Decreto in questione, emanato in forza della previgente normativa, è il D.M. 23 ottobre 2004, ai sensi del quale “è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657
Tale Decreto, al fine di rispondere alla richiesta di chiarimenti oggetto del presente interpello, è da considerarsi ancora vigente proprio in forza della disposizione di cui all’art. 55, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015 e, di conseguenza, è evidentemente possibile rifarsi alle ipotesi indicate dal R.D. n. 2657 del 1923 al fine di attivare prestazioni di lavoro intermittente”.

In base alla tabella del Dlgs 2657 del 1923, le mansioni di cui si discute sono:

1. Custodi.
2. Guardiani diurni e notturni, guardie daziarie.
3. Portinai.
4. Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono una applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti.
L'accertamento che le mansioni disimpegnate dai fattorini costituiscono un'occupazione a carattere continuativo è fatta dall'Ispettorato del lavoro 
5. Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in gedere, carrozze-letto, carrozze ristoranti e piroscali, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
6. Pesatori, magazzinieri, dispensieri ed aiuti.
7. Personale addetto alla estinzione degli incendi.
8. Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità.
9. Cavallanti, stallieri e addetti al governo dei cavalli e del bestiame da trasporto, nelle aziende commerciali e industriali.
10. Personale di treno e di manovra, macchinisti, fuochisti, manovali, scambisti, guardabarriere delle ferrovie interne degli stabilimenti.
11. Sorveglianti che non partecipino materialmente al lavoro.
12. Addetti ai centralini telefonici privati.
13. Personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati, dei reparti per agitati o sudici nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali, delle sezioni specializzate per ammalati di forme infettive o diffusive, e, in genere, per tutti quei casi in cui la limitazione di orario, in relazione alle particolari condizioni della assistenza ospedaliera, sia riconosciuta necessaria dall'Ispettorato dell'industria e del lavoro, previo parere del medico provinciale.
14. Commessi di negozio nelle città con meno di cinquantamila abitanti a meno che, anche in queste città, il lavoro dei commessi di negozio sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto, su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate, e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio.
15. Personale addetto alla sorveglianza degli essiccatoi.
16. Personale addetto alla sorveglianza degli impianti frigoriferi.
17. Personale addetto alla sorveglianza degli apparecchi di sollevamento e di distribuzione di acqua potabile.
18. Personale addetto agli impianti di riscaldamento, ventilazione e inumidimento di edifici pubblici e privati.
19. Personale addetto agli stabilimenti di bagni e acque minerali, escluso il personale addetto all'imbottigliamento, imballaggio e spedizione.
20. Personale addetto ai servizi di alimentazione e di igiene negli stabilimenti industriali.
21. Personale addetto ai servizi igienici o sanitari, dispensari, ambulatori, guardie mediche e posti di pubblica assistenza, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato corporativo , manchino nella particolarità del caso, gli estremi di cui all'art. 6 del Regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia)
22. Barbieri, parrucchieri da uomo e da donna nelle città con meno di centomila abitanti, a meno che, anche in queste città, il lavoro dei barbieri e parrucchieri da uomo e da donna sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate e del capo circolo dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro competente per territorio.
23. Personale addetto alla toeletta (manicure, pettinatrici).
24. Personale addetto ai gazometri per uso privato.
25. Personale addetto alla guardia dei fiumi, dei canali e delle opere idrauliche.
26. Personale addetto alle pompe di eduzione delle acque se azionate da motori elettrici.
27. Personale addetto all'esercizio ed alla sorveglianza dei forni a fuoco continuo nell'industria della calce e cemento, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, nella particolarità del caso, concorrano speciali circostanze a rendere gravoso il lavoro. Fuochisti adibiti esclusivamente alla condotta del fuoco nelle fornaci di laterizi, di materiali refrattari, ceramiche e vetrerie.
28. Personale addetto nelle officine elettriche alla sorveglianza delle macchine, ai quadri di trasformazione e di distribuzione, e alla guardia e manutenzione delle linee e degli impianti idraulici, a meno che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, la sorveglianza, nella particolarità del caso, non assuma i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
29. Personale addetto alla sorveglianza ed all'esercizio:
a) degli apparecchi di concentrazione a vuoto;
b) degli apparecchi di filtrazione;
c) degli apparecchi di distillazione;
d) dei forni di ossidazione, riduzione e calcinazione nelle industrie chimiche, a meno che si tratti di lavori che, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, non rivestano i caratteri di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955;
e) degli impianti di acido solforico e acido nitrico;
f) degli apparecchi per l'elettrolisi dell'acqua;
g) degli apparecchi per la compressione e liquefazione dei gas.
30. Personale addetto alle gru.
31. Capistazione di fabbrica e personale dell'ufficio ricevimento bietole nella industria degli zuccheri.
32. Personale addetto alla manutenzione stradale.
33. Personale addetto esclusivamente nell'industria del candeggio e della tintoria, alla vigilanza degli autoclavi ed apparecchi per la bollitura e la lisciviatura ed alla produzione con apparecchi automatici del cloro elettrolitico.
34. Personale addetto all'industria della pesca .
35. Impiegati di albergo le cui mansioni implichino rapporti con la clientela e purché abbiano carattere discontinuo (così detti «impiegati di bureau» come i capi e sottocapi addetti al ricevimento, cassieri, segretari con esclusione di quelli che non abbiano rapporti con i passeggeri), a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
36. Operai addetti alle pompe stradali per la distribuzione della benzina, comunemente detti pompisti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato dell'industria e del lavoro manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
37. Operai addetti al funzionamento e alla sorveglianza dei telai per la segatura del marmo, a meno che nella particolarità del caso a giudizio dell'Ispettorato corporativo  manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 .
38. Interpreti alle dipendenze di alberghi o di agenzie di viaggio e turismo, esclusi coloro che hanno anche incarichi od occupazioni di altra natura e coloro le cui prestazioni, a giudizio dell'Ispettorato corporativo, non presentano nella particolarità del caso i caratteri di lavoro discontinuo o di semplice attesa .
39. Operai addetti alle presse per il rapido raffreddamento del sapone, ove dall'Ispettorato corporativo sia nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro.
40. Personale addetto al governo, alla cura ed all'addestramento dei cavalli nelle aziende di allevamento e di allenamento dei cavalli da corsa.
41. Personale addetto esclusivamente al governo e alla custodia degli animali utilizzati per prodotti medicinali o per esperienze scientifiche nelle aziende o istituti che fabbricano sieri.
42. Personale addetto ai corriponti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro, manchino gli estremi di cui all'art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
43. Artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori, cameramen-recording o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici.
44. Operai addetti esclusivamente alla sorveglianza dei generatori di vapore con superficie non superiore a 50 mq. quando, nella particolarità del caso, detto lavoro abbia carattere di discontinuità, accertato dall'Ispettorato del lavoro.
45. Operai addetti presso gli aeroporti alle pompe per il riempimento delle autocisterne e al rifornimento di carburanti e lubrificanti agli aerei da trasporto, eccettuati i singoli casi nei quali l'Ispettorato del lavoro accerti l'inesistenza del carattere della discontinuità.

46. Operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose ove dall'Ispettorato del lavoro sia, nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro.

sabato 2 luglio 2016

Quali sono i divisori convenzionali nel ccnl Acconciatura ed estetica e le nozioni di retribuzione?

Divisore orario:
In base all’art. 14 comma 7: “per la determinazione della retribuzione oraria, a partire dal periodo di paga in corso al 30 giugno 1992, si divide la retribuzione mensile per 173”.

Divisore giornaliero:

In base ad art. 28 ultimo comma: “la festività civile (4 novembre) spostata alla domenica (legge n. 54/1977) e quelle di cui al punto 3 cadenti di domenica, verranno retribuite con un importo pari a 1/26 della retribuzione mensile”.

Retribuzione tabellare

Art. 34 “Conglobamento. Sono conglobati in un’unica voce denominata “Retribuzione tabellare” i seguenti istituti retributivi: paga base (o minimo tabellare); ex indennità di contingenza; elemento distinto della retribuzione (EDR)”.