lunedì 30 aprile 2018

Quando è valido il patto  di conglobamento della retribuzione?


Cass. 23/01/2018, n. 1644 

Il patto di conglobamento nella retribuzione di corrispettivi ulteriormente dovuti al lavoratore subordinato per legge o per contratto (quali la tredicesima mensilità, il compenso per le ferie e per le festività) è valido solo se dal patto risultino gli specifici titoli cui è riferibile la prestazione patrimoniale complessiva, poiché solo in tal caso è superabile la presunzione che il compenso convenuto è dovuto quale corrispettivo della sola prestazione ordinaria e si rende possibile il controllo giudiziale circa l'effettivo riconoscimento al lavoratore dei diritti inderogabilmente spettanti per legge o per contratto, senza tuttavia la necessità di una specificazione anche degli importi corrispondenti agli istituti conglobati. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 06/04/2011)

venerdì 27 aprile 2018

Cosa si intende per insubordinazione?

Cass. 19/04/2018, n. 9736

La nozione di insubordinazione, nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l'esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale. Più in generale il lavoratore può chiedere giudizialmente l'accertamento della legittimità di un provvedimento datoriale che ritenga illegittimo ma non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente e senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiesta, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni impartite dall'imprenditore ai sensi dell'art. 1460 c.c. solo nel caso in cui l'inadempimento del datore di lavoro sia totale.

giovedì 26 aprile 2018


La somma erogata dal datore di lavoro ex art. 18 comma 4 legge 300 del 1970 tra la sentenza di reintegra e la ripresa dell'attività lavorativa ha natura risarcitoria o retributiva?


Corte cost., 23/04/2018, n. 86

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, quarto 4, della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori), come sostituito dall'art. 1, comma 42, lett. b), della legge n. 92 del 2012 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), sollevata, in riferimento all'art. 3, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui attribuisce natura risarcitoria, anziché retributiva, alle somme di denaro che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere in relazione al periodo intercorrente dalla pronuncia di annullamento del licenziamento e di condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro provvisoriamente esecutiva fino all'effettiva ripresa dell'attività lavorativa o fino alla pronuncia di riforma della prima. La disposizione di cui al novellato art. 18, comma 4, della legge n. 300 citata, invero, con il prevedere che il datore di lavoro, in caso di inottemperanza all'ordine (immediatamente esecutivo) del giudice, che lo condanni a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, è tenuto a corrispondergli, in via sostitutiva, una indennità risarcitoria, è coerente al contesto della fattispecie disciplinata, connotata dalla correlazione di detta indennità ad una condotta contra ius del datore di lavoro e non ad una prestazione di attività lavorativa da parte del dipendente.

martedì 24 aprile 2018



Nel pubblico impiego il diploma di scuola secondaria superiore impone il requisito dei quattro anni di durata?

Cass. 2016 n. 24460

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, ove la disciplina contrattuale collettiva (nella specie, l'art. 15 del c.c.n.l. Ministeri del 16 febbraio 1999) richieda il diploma di scuola secondaria superiore quale requisito di ammissione alla procedura di riqualificazione , è illegittima la previsione del bando di selezione che escluda i titolari di diploma di scuola magistrale, restando irrilevante la durata triennale del relativo percorso di studi. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 28/07/2010)

lunedì 23 aprile 2018



Quale è il regime sanzionatorio previsto in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi Inpgi?

Cass. 03-10-2017, n. 23051

questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi in siffatta materia affermando (Cass. sez. lav. n. 838 del 19.1.2016) che "in caso di omesso o ritardato pagamento di contributi previdenziali all'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI), privatizzato ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994, la disciplina sanzionatoria prevista dalla L. n. 388 del 2000, art. 116, non si applica automaticamente poichè l'Istituto, per assicurare l'equilibrio del proprio bilancio, ha il potere di adottare autonome deliberazioni, soggette ad approvazione ministeriale, fermo l'obbligo, a norma della L. n. 388 del 2000, art. 76, di coordinare l'esercizio di tale potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sicchè il nuovo regime sanzionatorio è inapplicabile alle obbligazioni contributive riferite a periodi antecedenti al recepimento della disciplina da parte dell'istituto."(conf. a Cass. sez. lav. n. 12208 del 6.6.2011).

sabato 21 aprile 2018



La solidarietà ex art. 29 dlgs 276 del 2003 è applicabile alle pubbliche amministrazioni?


Cass. 17/04/2018, n. 9412

In materia di appalti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall'art. 29, comma 2 del medesimo decreto, dovendo ritenere che l'art. 9 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modifiche nella L. 9 agosto 2013, n. 99, nella parte in cui prevede la inapplicabilità del suddetto articolo 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 1 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, non abbia carattere di norma di interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, avendo solo esplicitato, senza innovare il quadro normativo previgente, un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni.

giovedì 19 aprile 2018



Come si determinano i carichi di famiglia nei licenziamenti collettivi?


Cass. 23-09-2014, n. 19990


2. Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'art. 116 c.p.c., in tema di apprezzamento di prove in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23 e alla L. n. 223 del 1991, art. 5, la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia disatteso la doglianza relativa al dedotto erroneo computo dei propri carichi di famiglia sulla base della sola dichiarazione resa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, predetto art. 23, laddove, in base alla documentazione versata in atti, doveva ravvisarsi la sussistenza di una diversa situazione fattuale.

2.1 Il motivo è inammissibile, perchè richiede a questa Corte un non consentito riesame delle emergenze probatorie già considerate dai Giudici del merito nei termini diffusamente esposti nello storico di lite.

2.2 Per completezza di motivazione deve comunque rilevarsi che la doglianza è altresì infondata, posto che, non richiedendosi al datore di lavoro l'espletamento di particolari indagini (che, del resto, non disponendo di poteri autoritativi, neppure gli sarebbero consentite), deve ritenersi del tutto rispondente ai criteri di correttezza e buona fede che la formazione della graduatoria avvenga, con criterio uniforme, sulla base delle informazioni fornite alla parte datoriale dagli stessi lavoratori, dovendosi presumere la rispondenza delle relative dichiarazioni alla rispettiva effettiva situazione familiare.

mercoledì 18 aprile 2018

Posso convertire un licenziamento collettivo in un licenziamento individuale?


Cass. 22/11/2011, n. 24566

Dopo l'entrata in vigore della legge n. 223 del 1991, il licenziamento collettivo costituisce un istituto autonomo che si distingue dal licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, essendo specificatamente caratterizzato in base alle dimensioni occupazionali dell'impresa, al numero dei licenziamenti, all'arco temporale entro cui gli stessi sono effettuati, ed essendo inderogabilmente collegato al controllo preventivo, sindacale e pubblico, dell'operazione imprenditoriale di ridimensionamento dell'azienda. Ne deriva che, qualora il datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti intenda effettuare, in conseguenza di una riduzione o trasformazione dell'attività di lavoro, almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni, è tenuto all'osservanza delle procedure previste dalla legge stessa, mentre resta irrilevante che il numero dei licenziamenti attuati a conclusione delle procedure medesime sia eventualmente inferiore, così com'è inammissibile la "conversione" del licenziamento collettivo in licenziamento individuale. (Rigetta, App. Milano, 07/11/2008)

martedì 17 aprile 2018

La migliore efficienza gestionale e  produttiva può essere sufficiente per un licenziamento per giustificato motivo oggettivo?  


Cass.12/04/2018, n. 9127

La legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della legge n. 604 del 1966, non rinviene nell'andamento economico negativo dell'azienda un presupposto fattuale che il datore di lavoro deve necessariamente provare ed il giudice accertare, tale da assurgere a requisito di legittimità intrinseco al recesso ai fini dell'integrazione della fattispecie astratta. A tal fine è, invero, sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro causalmente determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa; tra le anzidette ragioni, in ogni caso, non possono essere aprioristicamente o pregiudizialmente escluse quelle che attengono ad una migliore efficienza gestionale o produttiva, ovvero anche quelle dirette ad un incremento della redditività d'impresa, giacché la scelta imprenditoriale determinante la soppressione del posto di lavoro non è sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell'art. 41 Cost. (Va nella specie cassata la gravata pronuncia nella parte in cui ha escluso la legittimità del licenziamento in conseguenza della omessa prova, da parte del datore di lavoro, della insorta esigenza di fare fronte a sfavorevoli situazioni economiche che imponevano la riduzione dei costi, nonostante l'effettività della soppressione della posizione organizzativa cui era addetto il lavoratore.)

lunedì 16 aprile 2018

Posso limitare in sede di accordo sindacale i criteri di scelta alle sole esigenze tecnico produttive?

Cass.19/05/2006, n. 11886

Così come previsto dall'art. 5, comma primo, della legge n. 223 del 1991, in relazione ai collocamenti in mobilità e ai licenziamenti collettivi, con accordo sindacale possono essere legittimamente determinati criteri di scelta dei lavoratori diversi da quelli stabiliti per legge, e, in particolare, può darsi rilievo soltanto alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, senza considerare i criteri del carico di famiglia e dell'anzianità di servizio, così limitando la suddetta selezione dei lavoratori ad una categoria di dipendenti o prevedendo che la scelta stessa debba essere effettuata reparto per reparto o limitatamente ad un solo settore e non con riferimento a tutti i dipendenti in servizio nell'azienda. (Rigetta, App. Genova, 30 Maggio 2003)

sabato 14 aprile 2018



Quali condizioni occorrono per avere gli sgravi contributivi ex art. 3, comma 5, legge n. 448 del 1998?

L'art. 3 commi 5 e seguenti legge 448 del 1998 prevede:

5. Per i nuovi assunti negli anni 1999, 2000 e 2001 ad incremento delle unità effettivamente occupate al 31 dicembre 1998, a tutti i datori di lavoro privati ed agli enti pubblici economici, operanti nelle regioni Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna è riconosciuto lo sgravio contributivo in misura totale dei contributi dovuti all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) a loro carico, per un periodo di tre anni dalla data di assunzione del singolo lavoratore, sulle retribuzioni assoggettate a contribuzione per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Il beneficio si intende riconosciuto anche alle società cooperative di lavoro, relativamente ai nuovi soci lavoratori con i quali venga instaurato un rapporto di lavoro assimilabile a quello di lavoratori dipendenti. Nelle regioni Abruzzo e Molise le disposizioni del presente comma si applicano limitatamente ai nuovi assunti nell'anno 1999. Le agevolazioni di cui al presente comma non sono cumulabili, in capo al medesimo lavoratore, con quella di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.


6. Le agevolazioni previste dal comma 5 si applicano a condizione che:

a) l'impresa, anche di nuova costituzione, realizzi un incremento del numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato. Per le imprese già costituite al 31 dicembre 1998, l'incremento è commisurato al numero di dipendenti esistenti al 30 novembre 1998;
b) l'impresa di nuova costituzione eserciti attività che non assorbono neppure in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie;
c) il livello di occupazione raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo agevolato;
d) l'incremento della base occupazionale venga considerato al netto delle diminuzioni occupazionali in società controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto e, in caso di affidamento da parte di amministrazioni pubbliche di servizi o di opere in concessione o appalto, al netto del personale comunque già occupato nelle medesime attività al 31 dicembre dell'anno precedente;
e) i nuovi dipendenti siano iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità oppure fruiscano della cassa integrazione guadagni nei territori di cui al comma 5;
f) i contratti di lavoro siano a tempo indeterminato;
g) siano osservati i contratti collettivi nazionali per i soggetti assunti;
h) siano rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni;
i) siano rispettati i parametri delle prestazioni ambientali come definiti dall'articolo 6, comma 6, lettera f), del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 20 ottobre 1995, n. 527, e successive modificazioni.

7. L'efficacia delle misure di cui ai commi 4 e 5 è subordinata all'autorizzazione ed ai vincoli della Commissione delle Comunità europee ai sensi degli articoli 92 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea.

Sul punto d) del comma 6  Cass. 09/04/2018, n. 8680

Gli sgravi contributivi previsti dall'art. 3, comma 5, legge n. 448 del 1998, aventi lo scopo di favorire lo sviluppo delle imprese operanti nel Mezzogiorno e la effettiva occupazione di nuovi dipendenti, possono essere riconosciuti a condizione che le aziende operanti in tali territori abbiano realizzato l'effettiva creazione di nuovi posti di lavoro, eccedenti rispetto al personale già occupato nelle stesse attività al 31 dicembre dell'anno precedente. Di talché, a fronte di un accertamento ispettivo che in relazione a società riconducibili ad un unico proprietario, escluda il beneficio sul rilievo che l'incremento occupazionale non sia stato calcolato al netto delle diminuzioni occupazionali avvenute in tutte le società, è onere del richiedente dimostrare che l'incremento occupazionale, posto a base dei reclamati benefici, sia avvenuto al netto delle diminuzioni occupazionali in società controllate ex art. 2359 c.c., o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.


giovedì 12 aprile 2018

Cosa si intende per insussistenza del fatto ai sensi dell'art. 18 della legge 300 del 1970?


Cass. 05/12/2017, n. 29062

L'"insussistenza del fatto contestato", di cui all'art. 18, comma 4, st.lav., come modificato dall'art. 1, comma 42, lett. b), della l. n. 92 del 2012, fattispecie cui si applica la tutela reintegratoria cd. attenuata, comprende sia l'ipotesi del fatto materiale che si riveli insussistente, sia quella del fatto che, pur esistente, non presenti profili di illiceità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva applicato la tutela indennitaria cd. forte in luogo della reintegratoria, nei confronti di un lavoratore in congedo straordinario retribuito ex art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, che, allontanatosi in alcune giornate dall'abitazione della madre disabile cui prestava assistenza continuativa e con la quale conviveva, aveva comunque garantito l'intervento assistenziale, alternandosi durante il giorno con altre persone, assicurando continuativamente l'assistenza notturna). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 25/09/2015)

mercoledì 11 aprile 2018

A chi spetta l'indennità di accompagnamento?

In forza dell'art. 1 L 11/02/1980 n. 18

1. Ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche di cui agli articoli 2 e 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 , nei cui confronti le apposite commissioni sanitarie, previste dall'art. 7 e seguenti della legge citata, abbiano accertato che si trovano nell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un'assistenza continua, è concessa un'indennità di accompagnamento, non reversibile, al solo titolo della minorazione, a totale carico dello Stato, dell'importo di lire 120.000 mensili a partire dal 1° gennaio 1980, elevate a lire 180.000 mensili dal 1° gennaio 1981 e a lire 232.000 mensili con decorrenza 1° gennaio 1982. Dal 1° gennaio 1983 l'indennità di accompagnamento sarà equiparata a quella goduta dai grandi invalidi di guerra ai sensi della tabella E, lettera a-bis, n. 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 .

La medesima indennità è concessa agli invalidi civili minori di diciotto anni che si trovano nelle condizioni sopra indicate.

Sono escluse dalle indennità di cui ai precedenti commi gli invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto



















martedì 10 aprile 2018

Quando la sopravvenuta infermità permanente determina la risoluzione del rapporto?

Cass. 05/04/2018, n. 8419

In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, non si realizza un'impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo oggettivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (artt. 1 e 3 della legge n. 604 del 1966 e artt. 1463 e 1464 cod. civ.) qualora il lavoratore possa essere adibito a mansioni equivalenti o, se impossibile, anche a mansioni inferiori, purché da un lato tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore, e dall'altro, l'adeguamento sia sorretto dal consenso, nonché dall'interesse dello stesso lavoratore, a ciò conseguendo che, nel caso in cui il lavoratore abbia manifestato, sia pure senza forme rituali, il suo consenso a svolgere mansioni inferiori, il datore di lavoro è tenuto a giustificare l'eventuale recesso, considerato che egli non è tenuto ad adottare particolari misure tecniche per porsi in condizione di cooperare all'accettazione della prestazione lavorativa di soggetti affetti da infermità, che vada oltre il dovere di sicurezza imposto dalla legge.

lunedì 9 aprile 2018

Il mancato versamento nelle casse aziendali di somme riscosse costituisce giusta causa di licenziamento?

Cass. 26/03/2018, n. 7424

Configura giusta causa di licenziamento l'omesso versamento nelle casse aziendali delle somme riscosse dal lavoratore. In tale ipotesi, infatti, la massima sanzione disciplinare appare giustificata rispetto alla mancanza accertata in ragione della oggettiva gravità della condotta posta in essere, suscettibile di vulnerare la fiducia del datore di lavoro in un futuro esatto adempimento della prestazione di lavoro.

sabato 7 aprile 2018


Cosa deve indicarsi nel ricorso per cassazione quando si contesta la mancata ammissione di un mezzo di prova?

Cass. 03/04/2018, n. 8148

In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che denunci la mancata ammissione di un mezzo istruttorio, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza, non solo della specifica indicazione del mezzo istruttorio richiesto e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l'errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della puntuale indicazione e trascrizione del contenuto del provvedimento censurato, così da rendere immediatamente apprezzabile dalla Suprema Corte il vizio dedotto.

giovedì 5 aprile 2018


Che adempimenti deve svolgere il datore di lavoro prima di ricorrere al lavoro intermittente?
 


art. 15 comma 3. Dlgs 81 del 2015

Prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms o posta elettronica. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al primo periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.

mercoledì 4 aprile 2018

Su chi grava onere prova in caso di licenziamento?


Cass. 29/03/2018, n. 7830

L'art. 5 della legge n. 604 del 1966 pone inderogabilmente a carico del datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo, sicché il giudice non può avvalersi del criterio empirico della vicinanza alla fonte di prova, il cui uso è consentito solo quando sia necessario dirimere un'eventuale sovrapposizione tra fatti costitutivi e fatti estintivi, impeditivi o modificativi, oppure quando, assolto l'onere probatorio dalla parte che ne sia onerata, sia l'altra a dover dimostrare, per prossimità alla suddetta fonte, fatti idonei ad inficiare la portata di quelli dimostrati dalla controparte.

martedì 3 aprile 2018



Dove si svolge l'esame congiunto sulla situazione aziendale in Lombardia in caso di licenziamento collettivo?




ARIFL è l’Ente di Regione Lombardia presso il quale si svolge l’esame congiunto sulla situazione aziendale previsto nella fase di consultazione in sede amministrativa delle procedure di licenziamento collettivo riguardanti una o più unità operative ubicate in Lombardia.



A decorrere dal 01 luglio 2017 la comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo, la comunicazione di esito della fase sindacale e tutte le altre comunicazioni riguardanti la procedura (eventuale accordo sindacale sottoscritto dalle parti prima dell’esame congiunto, richiesta di rinvio della convocazione, comunicazione di revoca della procedura) devono essere obbligatoriamente trasmesse ad Arifl tramite l’applicativo telematico VertenzeOnLine.