giovedì 30 marzo 2023

 Il compensi incentivante ad obiettivi  può essere erogato ai lavoratori somministrati a termine?



Cass. 28/03/2023, n. 8782

Anche per i contratti di somministrazione a termine deve ritenersi valido il principio secondo cui il compenso incentivante, legato al raggiungimento di determinati e specifici obiettivi, non è incompatibile con la natura determinata del rapporto di lavoro, sicché la mancata corresponsione anche ai dipendenti a tempo determinato si pone in contrasto con la disciplina contrattuale di settore e, data l'assenza di ragioni oggettive che giustifichino il trattamento differenziato, con il divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato sancito dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, in attuazione della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato oggetto della direttiva n. 99/70/CEE.

mercoledì 29 marzo 2023

 Quali danni sono esenti da tassazione?



Cass. 27/03/2023, n. 8615

Le somme che vengano riconosciute al fine di risarcire il danno inerente al mancato percepimento di un reddito da lavoro – presente o futuro – ivi compresa dunque l'inabilità temporanea, (lucrum cessans) sono soggette alla tassazione del reddito che il risarcimento è preposto a sostituire od integrare, in base al principio espresso dall'art. 6, comma 2, TUIR, mentre rimane esente (oltre al danno conseguente a morte od invalidità permanente) solo quel risarcimento che è corrisposto per danni non patrimoniali, oppure per quei danni che non possono essere comunque assimilati ad un reddito, bensì al patrimonio (c.d. danno emergente). Così, per il caso del demansionamento, occorre appunto distinguere fra danni derivanti da perdita di reddito, sicuramente tassabile, e quello derivante dall'impoverimento della capacità professionale, con connessa perdita di chances, biologico, medicalmente accertabile, esistenziale, cioè il pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, che ne alteri le abitudini e gli assetti relazionali, morale, da sofferenza interiore, ed infine all'immagine professionale ed alla dignità personale, non tassabili.

martedì 28 marzo 2023

Nel ccnl sanità la chiamata in servizio in caso di reperibilità impone il riposo compensativo?

Cass. 24/03/2023, n. 8508

In tema di servizio medico di pronta disponibilità, va esclusa la nullità dell'art. 7, comma 9, del C.C.N.L. del 20 settembre 2001, integrativo del C.C.N.L. comparto Sanità del 7 aprile 1999, per violazione dell'art. 9 del D.Lgs. n. 66 del 2003, in quanto tale norma si limita a disciplinare il trattamento economico spettante per le ore effettivamente prestate in regime di cd. reperibilità attiva, sicché, in caso di chiamata effettiva del dipendente, e a prescindere da una sua richiesta, andrà comunque riconosciuto il diritto alla fruizione del riposo compensativo, nel rispetto dell'art. 36 Cost. e dell'art. 5 della Direttiva n. 2003/88/CE. Invero, la norma contrattuale disciplinante la reperibilità attiva è destinata unicamente a disciplinare il trattamento economico spettante per le ore di effettiva prestazione rese a seguito dell'assicurato servizio di pronta disponibilità (con previsione di una maggiorazione giustificata dalla gravosità della prestazione in quanto resa in ora notturna o in giorno festivo) e la stessa non incide, neppure indirettamente, sulla durata complessiva settimanale dell'attività lavorativa e sul diritto del dipendente alla fruizione del necessario riposo settimanale, che restano disciplinati delle disposizioni dettate dai diversi contratti succedutisi nel tempo in tema di orario di lavoro e di riposo. Da ciò discende che, ove il dipendente in servizio di pronta disponibilità venga chiamato a rendere la prestazione, l'azienda, oltre a corrispondere la maggiorazione prevista dal comma 9 (o in alternativa, su richiesta del dipendente, il permesso compensativo di cui all'art. 40 del C.C.N.L.) dovrà comunque garantire allo stesso il riposo settimanale, a prescindere da una sua richiesta, trattandosi di diritto indisponibile, riconosciuto dalla Carta costituzionale oltre che dall'art. 5 della direttiva 2003/88/CE, in conformità al precetto inderogabile dettato dall'art. 9 del D.Lgs. n. 66/2003.

lunedì 27 marzo 2023

 Come deve essere valutata la prova testimoniale?



Cass. 23/03/2023, n. 8375

La valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

sabato 25 marzo 2023

 Cosa prevede l'art. 441 ter CPC?

Art. 441 ter cpc

Le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative sono assoggettate alle norme di cui agli articoli 409 e seguenti e, in tali casi, il giudice decide anche sulle questioni relative al rapporto associativo eventualmente proposte. Il giudice del lavoro decide sul rapporto di lavoro e sul rapporto associativo, altresì, nei casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro deriva dalla cessazione del rapporto associativo

giovedì 23 marzo 2023

 Quali provvedimenti possono essere presi in materia antiscriminatoria in forza dell'art. 38  dlgs 198 del 2006

Art. 38 dlgs 198 del 2006

1. Qualora vengano poste in essere discriminazioni in violazione dei divieti di cui al capo II del presente titolo o di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o comunque discriminazioni nell'accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, nelle condizioni di lavoro compresa la retribuzione, nonché in relazione alle forme pensionistiche complementari collettive di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, su ricorso del lavoratore o, per sua delega, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni e delle organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso, o della consigliera o del consigliere di parità della città metropolitana e dell'ente di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56 o regionale territorialmente competente, il tribunale in funzione di giudice del lavoro del luogo ove è avvenuto il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nei limiti della prova fornita, ordina all'autore del comportamento denunciato, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.




2. L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il giudice definisce il giudizio instaurato a norma del comma seguente.




3. Contro il decreto è ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione davanti al giudice che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.

4. L'inottemperanza al decreto di cui al primo comma o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punita con l'ammenda fino a 50.000 euro o l'arresto fino a sei mesi.


5. La tutela davanti al giudice amministrativo è disciplinata dall'articolo 119 del codice del processo amministrativo.


6. Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano in tutti i casi di azione individuale in giudizio promossa dalla persona che vi abbia interesse o su sua delega da un'organizzazione sindacale, dalle associazioni e dalle organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso, o dalla consigliera o dal consigliere della città metropolitana e dell'ente di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56 o regionale di parità.



mercoledì 22 marzo 2023

 Quando il fatto materiale previsto dall'art. 3 comma 2 del dlgs 23 del 2015 si considera non verificato?


Corte d'Appello Milano, Sez. lavoro, Sentenza, 05/01/2022, n. 1548


In tema di licenziamento disciplinare, l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, ai fini della pronuncia reintegratoria di cui all'art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 23 del 2015, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, comprende non soltanto i casi in cui il fatto non si sia verificato nella sua materialità, ma anche tutte le ipotesi in cui il fatto, materialmente accaduto, non abbia rilievo disciplinare.

martedì 21 marzo 2023

 Come devono essere valutate le clausole dei contratti collettivi ai fini della reintegra?


Cass. 06/03/2023, n. 6669

In tema di licenziamento disciplinare, al fine di selezionare la tutela applicabile tra quelle previste dall'art. 18, commi 4 e 5, della legge n. 300 del 20 maggio 1970, come novellata dalla legge n. 92 del 28 giugno 2012, è consentita al giudice la sussunzione della condotta addebitata al lavoratore ed in concreto accertata giudizialmente nella previsione contrattuale che punisca l'illecito con sanzione conservativa anche laddove sia espressa attraverso clausole generali o elastiche. Tale operazione di interpretazione e sussunzione non trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato, restando tale operazione di interpretazione nei limiti dell'attuazione del principio di proporzionalità come già eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo

lunedì 20 marzo 2023

 Quando decade l'INPS dall'azione di recupero dei contributi in caso di appalto?



Cass. 13/03/2023, n. 7236

In tema di appalto di opere e servizi, il termine di decadenza di due anni previsto dall'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal decreto-legge n. 5 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 35 del 2012, non è applicabile all'azione promossa dagli enti previdenziali nei confronti del committente essendo la stessa soggetta al solo termine di prescrizione

sabato 18 marzo 2023

 Come deve essere valutata l'immediatezza della contestazione disciplinare?


Cass. 15/03/2023, n. 7467


In materia di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione, espressione del generale precetto di correttezza e buona fede, si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro e va inteso in senso relativo, potendo, nei casi concreti, esser compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, in ragione della complessità di accertamento della condotta del dipendente oppure per l'esistenza di una articolata organizzazione aziendale. Inoltre il datore di lavoro ha il potere, ma non l'obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti e di contestare loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento, atteso che un simile obbligo, non previsto dalla legge né desumibile dai principi di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., negherebbe in radice il carattere fiduciario del lavoro subordinato, sicché la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell'infrazione ove avesse controllato assiduamente l'operato del dipendente, ma con riguardo all'epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza. Difatti, l'affidamento riposto nella correttezza del dipendente non può tradursi in un danno per il datore di lavoro né può equipararsi alla conoscenza effettiva la mera possibilità di conoscenza dell'illecito, ovvero supporsi una tolleranza dell'azienda a prescindere dalla conoscenza che essa abbia degli abusi del dipendente

giovedì 16 marzo 2023

 Fino a quando possono essere mossi rilievi critici alla ctu?


Cass. 14/03/2023, n. 7339

Le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d'ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnico-giuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano alla attendibilità e alla valutazione delle risultanze della CTU e siano volte a sollecitare il potere valutativo del Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio.

mercoledì 15 marzo 2023

 Per quali finalità devono essere goduti i permessi ex art. 33 Co.ma 3 della L. 104 del 1992?

Cass.13/03/2023, n. 7306

È elemento essenziale della fattispecie di cui all'art. 33, comma 3 della L. 194 del 1992, l'esistenza di un diretto e rigoroso nesso causale tra la fruizione del permesso e l'assistenza alla persona disabile, da intendere non in senso così rigido da imporre al lavoratore il sacrificio, in correlazione col permesso, delle proprie esigenze personali o familiari in senso lato, ma piuttosto quale chiara ed inequivoca funzionalizzazione del tempo liberato dall'obbligo della prestazione di lavoro alla preminente soddisfazione dei bisogni della persona disabile. Ciò senza automatismi o rigide misurazioni dei segmenti temporali dedicati all'assistenza in relazione all'orario di lavoro, purché risulti non solo non tradita (secondo forme di abuso del diritto) ma ampiamente soddisfatta, in base ad una valutazione necessariamente rimessa al giudice di merito, la finalità del beneficio che l'ordinamento riconosce al lavoratore in funzione della prestazione di assistenza e in attuazione dei superiori valori di solidarietà di cui agli artt. 2 e 32 Cost. nonché dei principi di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale.

martedì 14 marzo 2023

 La revoca della posizione è organizzativa izzativa determina un demansionamento?


Cass. 10/03/2023, n. 7209

In tema di lavoro pubblico negli enti locali, il conferimento di una posizione organizzativa non comporta l'inquadramento in una nuova categoria contrattuale ma unicamente l'attribuzione di una posizione di responsabilità, con correlato beneficio economico. Ne consegue che la revoca di tale posizione non costituisce demansionamento e non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 2103 cod. civ. e dell'art. 52, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, trovando applicazione il principio di turnazione degli incarichi, in forza del quale alla scadenza il dipendente resta inquadrato nella categoria di appartenenza, con il relativo trattamento economico.

lunedì 13 marzo 2023

 Cosa bisogna allegare per il danno no  patrimoniale?



Cass. 09/03/2023, n. 7117

In tema di risarcibilità del danno non patrimoniale, mentre per il danno biologico l'accertamento medico-legale è il mezzo di prova al quale comunemente si ricorre, per il pregiudizio non biologico relativo ai beni immateriali vale il principio per cui il danneggiato dovrà, tuttavia, allegare tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie siano idonei a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto.

venerdì 10 marzo 2023

 Cosa sono gli assegni al nucleo familiare?

Cass. 08/03/2023, n. 6953

L'assegno al nucleo familiare così come il legislatore ha inteso delinearlo, rappresenta una misura rivolta all'introduzione di un beneficio in favore del nucleo familiare in relazione a un accertamento in concreto del reale fabbisogno della famiglia, riferito al rapporto tra il numero dei componenti il nucleo e l'ammontare del reddito complessivo dello stesso. Quanto alla prova circa il possesso del requisito reddituale del nucleo familiare, a norma del comma 9 dell'art. 2 del D.L. n. 69 del 1988, essa deve essere fornita dal richiedente attraverso un'attestazione la quale, pur se non sottoponibile ad autenticazione, è sanzionabile, anche penalmente, a norma dell'art. 76 del D.P.R. n. 445 del 2000

giovedì 9 marzo 2023

 Gli importi riconosciuti quale risarcimento del danno ex art. 36, comma 5, D.Lgs. n. 165 del 2001 sono tassati?


Cass. 07/03/2023, n. 6827

Gli importi riconosciuti dal Giudice del lavoro quale risarcimento del danno ex art. 36, comma 5, D.Lgs. n. 165 del 2001, non sono assoggettabili a tassazione ai sensi dell'art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986, in quanto le relative somme – quand'anche determinate facendosi riferimento ad un determinato numero di mensilità non corrisposte - hanno funzione esclusivamente risarcitoria, e non sono sostitutive della retribuzione.

mercoledì 8 marzo 2023

 Nel sistema delineato dal Rd 148 del  1931 il lavoratore nel corso del procedimento disciplinare ha diritto di essere sentito per giustificarsi oralmente?



Cass. 06/03/2023, n. 6585

In relazione all'art. 53, comma secondo, del regolamento All. A al R.D. 8 gennaio 1931 n. 148, norma che si colloca nella prima fase del procedimento disciplinare speciale, sussiste il diritto dell'incolpato, su sua richiesta, di giustificarsi oralmente, diritto cui corrisponde ovviamente l'obbligo datoriale di provvedere all'audizione. A maggior motivo, rispetto al comma ottavo del medesimo art. 53, norma relativa ad ulteriore fase del medesimo procedimento, e che espressamente fa riferimento al diritto di giustificarsi del lavoratore anche oralmente, s'impone la medesima soluzione ermeneutica. Naturalmente, poi, una richiesta del lavoratore in tal senso è di per sé sola sufficiente ad indurre l'obbligo datoriale di procurare la sua audizione, non essendo necessaria a riguardo un'intimazione ex art. 1217 c.c.

martedì 7 marzo 2023

 Quando il patto di prova è validamente apposto sul contratto?


Cass. 20/02/2023, n. 5264


Il patto di prova apposto ad un contratto di lavoro deve contenere la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l'oggetto, la quale può essere operata anche con riferimento alle declaratorie del contratto collettivo, sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico e riferibile alla nozione classificatoria più dettagliata, sicché, se la categoria di un determinato livello accorpi un pluralità di profili, è necessaria l'indicazione del singolo profilo, mentre risulterebbe generica quella della sola categoria

lunedì 6 marzo 2023

 Al momento del licenziamento per superamento del comporto devono essere specificate le assenze per malattia effettuate?



Cass. 02/03/2023, n. 6336

In tema di licenziamento per superamento del comporto, non assimilabile a quello disciplinare, il datore di lavoro non deve specificare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive. Tuttavia, anche sulla base del novellato art. 2 della legge n. 604 del 1966, che impone la comunicazione contestuale dei motivi, la motivazione deve essere idonea ad evidenziare il superamento del comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile, dando atto del numero totale di assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo restando l'onere, nell'eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato. Dunque la sentenza di merito è illegittima se ritiene priva di sufficiente specificazione la mera indicazione del termine finale di maturazione del comporto.

venerdì 3 marzo 2023

 Si può ricorrere alla negoziazione assistita in materia di lavoro?



Il decreto legislativo n. 149 del 2022 con l'art. 9 ha introdotto nel dl 142 del 2014 l’art. 2-ter secondo cui

«per le controversie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, fermo restando quanto disposto dall'articolo 412-ter del medesimo codice, le parti possono ricorrere alla negoziazione assistita senza che ciò costituisca condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Ciascuna parte è assistita da almeno un avvocato e può essere anche assistita da un consulente del lavoro.

All'accordo raggiunto all'esito della procedura di negoziazione assistita si applica l'articolo 2113, quarto comma, del codice civile.

L'accordo è trasmesso a cura di una delle due parti, entro dieci giorni, ad uno degli organismi di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276».

giovedì 2 marzo 2023

 Come è ripartito l'onere della prova nella verifica delle condizioni di lavoro?

Cass. 28/02/2023, n. 6008

Il lavoratore a cui sia stato richiesto un lavoro eccedente la tollerabilità, per eccessiva durata o per eccessiva onerosità dei ritmi, se lamenta un inesatto adempimento altrui rispetto all'obbligo di sicurezza è tenuto ad allegare rigorosamente tale inadempimento, evidenziando i relativi fattori di rischio (ad es. modalità qualitative improprie, per ritmi o quantità di produzione insostenibili etc., o secondo misure temporali eccedenti i limiti previsti dalla normativa o comunque in misura irragionevole), spettando invece al datore dimostrare che i carichi di lavoro erano normali, congrui e tollerabili o che ricorreva una diversa causa che rendeva l'accaduto a sé non imputabile. Peraltro, oltre a non potersi imporre al lavoratore di individuare la violazione di una specifica norma prevenzionistica, ancor meno ciò può essere richiesto quando, adducendo la ricorrenza di prestazioni oltre la tollerabilità, è in sé dedotto un inesatto adempimento all'obbligo di sicurezza, indubbiamente onnicomprensivo e che non necessita di altre specificazioni, pur traducendosi poi esso anche in violazione di disposizioni antinfortunistiche.

mercoledì 1 marzo 2023

 Cosa prevede l'art. 441 bis CPC?



La trattazione e la decisione delle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei licenziamenti nelle quali è proposta domanda di reintegrazione nel posto di lavoro hanno carattere prioritario rispetto alle altre pendenti sul ruolo del giudice, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto.

Salvo quanto stabilito nel presente articolo, le controversie di cui al primo comma sono assoggettate alle norme del capo primo.

Tenuto conto delle circostanze esposte nel ricorso il giudice può ridurre i termini del procedimento fino alla metà, fermo restando che tra la data di notificazione al convenuto o al terzo chiamato e quella della udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venti giorni e che, in tal caso, il termine per la costituzione del convenuto o del terzo chiamato è ridotto della metà.

All'udienza di discussione il giudice dispone, in relazione alle esigenze di celerità anche prospettate dalle parti, la trattazione congiunta di eventuali domande connesse e riconvenzionali ovvero la loro separazione, assicurando in ogni caso la concentrazione della fase istruttoria e di quella decisoria in relazione alle domande di reintegrazione nel posto di lavoro. A tal fine il giudice riserva particolari giorni, anche ravvicinati, nel calendario delle udienze.

I giudizi di appello e di cassazione sono decisi tenendo conto delle medesime esigenze di celerità e di concentrazione.