giovedì 31 marzo 2022

Cosa determina il mancato invio della comunicazione prevista dall'art. 4 comma 9 della legge 223 del 1991? 


Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 29/03/2022, n. 10119


In tema di licenziamento collettivo, il termine di sette giorni previsto dall'art. 4, nono comma della L. n. 223 del 1991, siccome modificato dalla L. n. 92 del 2012, per l'invio delle comunicazioni ai competenti uffici del lavoro ed alla Commissione regionale per l'impiego nonché alle organizzazioni sindacali, deve intendersi come cogente e perentorio e comporta, in caso di violazione, l'invalidità del licenziamento, a prescindere dalla circostanza che i lavoratori abbiano successivamente avuto conoscenza di tutti gli elementi che la comunicazione deve comunque avere ovvero che non sia stato dimostrato il danno derivante dalla mancata comunicazione. Infatti detta comunicazione è finalizzata a consentire alle organizzazioni sindacali, e, tramite queste, anche ai singoli lavoratori, il controllo tempestivo sulla correttezza procedimentale dell'operazione posta in essere dal datore di lavoro, anche al fine di acquisire ogni elemento di conoscenza e non comprimere lo spatium deliberandi riservato al lavoratore per l'impugnazione del recesso nel termine di decadenza di cui all'art. 6 L. n. 604 del 1966.

mercoledì 30 marzo 2022

 Come si determina il requisito dimensionale ai fini del licenziamento collettivo?



Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 26/02/2020, n. 5240

In tema di licenziamento collettivo per cessazione dell'attività d'impresa, l'art. 24, comma 1, della l. n. 223 del 1991, a cui rinvia il comma 2 della stessa norma, nel richiedere, ai fini dell'applicabilità della relativa disciplina, che le imprese "occupino più di quindici dipendenti", deve essere interpretato nel senso che il requisito dimensionale ivi previsto va verificato non già in riferimento al momento della cessazione dell'attività e dei licenziamenti, ma con riguardo all'occupazione media dell'ultimo semestre, in analogia con quanto previsto dall'art. 1, comma 1, della medesima legge ai fini dell'intervento della cassa guadagni straordinaria.

martedì 29 marzo 2022

 Quale fatto può costituire violazione dei criteri di scelta nelle procedure per licenziamento collettivo?



Cass. 25/03/2022, n. 9800

L'art. 5, comma 3 della L. n. 223 del 1991, come sostituito dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 46, distingue il caso di violazione delle procedure richiamate all'art. 4, comma 12, per il quale opera la tutela meramente indennitaria, dal caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, per il quale si applica la tutela reintegratoria: mentre la non corrispondenza della comunicazione al modello legale di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, costituisce violazione delle procedure, il diverso caso di violazione dei criteri di scelta si ha non nell'ipotesi di incompletezza formale della comunicazione di cui all'art. 4, comma 9, bensì allorquando i criteri di scelta siano illegittimi, perché adottati in violazione di legge, o illegittimamente applicati, o attuati in difformità dalle previsioni legali o collettive.

lunedì 28 marzo 2022

 Come opera la compensazione impropria per crediti tra datore e lavoratore?


Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 24/03/2022, n. 9645

La compensazione impropria, che si verifica quando i contrapposti crediti e debiti delle parti hanno origine da un unico rapporto, rende inapplicabili le norme processuali che pongono preclusioni o decadenze alla proponibilità delle relative domande ed eccezioni, poiché in tal caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, al quale il giudice può procedere anche in assenza di eccezione di parte o della proposizione di domanda riconvenzionale.

sabato 26 marzo 2022

 Come deve essere svolta la procedura sanzionata dalla cassa forense?



Cass. 22/03/2022, n. 9310

A seguito della privatizzazione disposta dal D.Lgs. n. 509 del 1994, l'irrogazione di sanzioni da parte della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense deve essere preceduta dalla contestazione dell'addebito, ai sensi degli artt. 13 e 14, L. n. 689 del 1981, in quanto, essendo la materia soggetta alla riserva relativa di legge di cui all'art. 23 Cost., la potestà regolamentare riconosciuta agli enti gestori di forme di previdenza obbligatorie dall'art. 4, comma 6-bis, D.L. n. 79 del 1997, non può comunque derogare alle garanzie dettate dalla citata L. n. 689 del 1981 in tema di accertamento e preventiva contestazione dell'addebito.

giovedì 24 marzo 2022

Il licenziamento del lavoratore in caso di  mancata audizione  a sua discolpa quali conseguenze comporta in caso di applicazione dell'art. 18 della legge 300 del 1970? 

Cass. 07/03/2022, n. 7392

Nell'ambito del procedimento disciplinare, la violazione da parte del datore dell'obbligo di sentire il lavoratore a discolpa costituisce una violazione della procedura di cui all'art. 7 Stat. Lav. e determina la condanna del datore, che abbia poi licenziato il dipendente, alla tutela sanzionatoria prevista dall'art. 18, co. 6, Stat. Lav.

mercoledì 23 marzo 2022

Il termine di 5 giorni per trasmettere all'ufficio competente il fatto costituente illecito disciplinare ai sensi dell'art. 55 bis dogs 165 del 2001 è perentorio?




Cass. 09/03/2022, n. 7642

In tema di illeciti disciplinari di maggiore gravità imputabili al pubblico impiegato, l'art. 55-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, nel disciplinare i tempi della contestazione, mentre impone al dirigente della struttura amministrativa di trasmettere, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, gli atti all'ufficio disciplinare, prescrive a quest'ultimo, a pena di decadenza, di contestare l'addebito entro il termine di giorni 40 dalla ricezione degli atti, sicché va escluso che l'inosservanza del primo termine, che assolve ad una funzione sollecitatoria, comporti, di per sé, l'illegittimità della sanzione inflitta, assumendo rilievo la sua violazione solo allorché la trasmissione degli atti venga ritardata in misura tale da rendere eccessivamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o tardiva la contestazione dell'illecito.

martedì 22 marzo 2022

 

Quando è assoggettabile a contribuzione la quota di utili sociali?




Cass. 18/03/2022, n. 8877

Per l'assoggettamento a contribuzione della quota di utili spettante al socio non lavoratore è necessario che sussista indefettibilmente la prestazione di un'attività lavorativa abituale all'interno dell'impresa, sia essa gestita in forma individuale che societaria. Infatti l'inclusione nella base imponibile contributiva concerne la totalità dei redditi d'impresa così come definita dalla disciplina fiscale, cioè la totalità dei redditi che derivano dall'esercizio di attività imprenditoriale, ma non anche i redditi di capitale, quali quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali che non si accompagni a prestazione di attività lavorativ

lunedì 21 marzo 2022

 Dove deve svolgersi l'assemblea sindacale?


Cass. civ., Sez. lavoro, Sentenza, 19/11/2014, n. 24670

Il diritto di riunione, di cui all'art. 20 della legge 20 maggio 1970, n. 300, può essere liberamente esercitato all'interno o all'esterno del luogo di lavoro, con i soli limiti prescritti dalla legge e dalla eventuale contrattazione collettiva (e con l'ulteriore implicito limite del divieto di atti emulativi), in quanto l'interesse del datore di lavoro ha ad oggetto la salvaguardia della sicurezza degli impianti e la possibilità di continuazione dell'attività lavorativa da parte dei lavoratori non partecipanti all'assemblea, senza che egli possa vantare un interesse proprio allo svolgimento dell'assemblea all'interno dell'unità produttiva, che, pertanto, può essere legittimamente convocata all'esterno del luogo di lavoro. (Rigetta, App. Milano, 11/05/2011)

venerdì 18 marzo 2022

 

In caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto occorre indicare i giorni di assenza del lavoratore?






Cass. civ., Sez. lavoro, 16/03/2022, n. 8628

In tema di licenziamento per superamento del comporto, il datore di lavoro non deve specificare i singoli giorni di assenza, potendosi ritenere sufficienti indicazioni più complessive, anche sulla base del novellato art. 2 della L. n. 604 del 1966, che impone la comunicazione contestuale dei motivi, fermo restando l'onere di allegare e provare compiutamente in giudizio i fatti costitutivi del potere esercitato. Tuttavia, ciò vale per il comporto cd. secco (unico ininterrotto periodo di malattia), ove i giorni di assenza sono facilmente calcolabili anche dal lavoratore, laddove nel comporto cd. per sommatoria (plurime e frammentate assenze) occorre una indicazione specifica delle assenze computate, in modo da consentire la difesa al lavoratore. Valendo la regola generale dell'immodificabilità delle ragioni comunicate come motivo di licenziamento anche nel caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, ai fini del superamento del suddetto periodo non può tenersi conto delle assenze non indicate nella lettera di licenziamento, sempre che il lavoratore abbia contestato il superamento del periodo di comporto e che si tratti di ipotesi di comporto per sommatoria, essendo esclusa, invece, l'esigenza di una specifica indicazione delle giornate di malattia nel caso di assenze continuative.

mercoledì 16 marzo 2022

 Quando decorre la prescrizione per le aziende cui si applica l'art. 18 della legge 300 del 1970?


Tribunale Udine, Sez. lavoro, 07/03/2022, n. 44

Il lavoratore dipendente di un'azienda soggetta al regime di cui all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, beneficia tuttora, in caso di licenziamento, di una tutela più ampia ed incisiva rispetto a quella riconosciuta al suo omologo, il cui rapporto di lavoro ricada nella sfera di applicazione dell'art. 8, della L. n. 604/1966, sicché la sospensione del corso della prescrizione dei crediti retributivi non opera rispetto ai rapporti di lavoro tutelati dal predetto art. 18, anche nella sua attuale formulazione, quanto meno in tutti i casi in cui il lavoratore medesimo non adduca elementi - anche presuntivi - dai quali inferire che il mancato esercizio del diritto entro il termine quinquennale sia dipeso da un fondato timore di perdere ingiustamente il posto di lavoro (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata dal lavoratore in esecuzione di un contratto di somministrazione e di una serie di contratti a tempo determinato, successivamente trasformati a tempo indeterminato, il giudice adito, accogliendo l'eccezione di prescrizione sollevata dal datore di lavoro, ha ritenuto prescritte le differenze retributive maturate nel quinquennio antecedente la data di invio della missiva con la quale il difensore del ricorrente aveva interrotto il corso della prescrizione).

martedì 15 marzo 2022

 Quando si ha trasferimento d'azienda?


Cass. civ., Sez. lavoro, 11/03/2022, n. 8039


La fattispecie del trasferimento di azienda regolata dall'art. 2112 cod. civ. ricorre tutte le volte in cui, rimanendo immutata l'organizzazione aziendale, vi sia soltanto la sostituzione della persona del titolare, indipendentemente dallo strumento tecnico-giuridico adottato. Ad integrare le condizioni per l'operatività della tutela del lavoratore, è sufficiente il subentro nella gestione del complesso dei beni organizzati ai fini dell'esercizio dell'impresa, ossia la continuità nell'esercizio dell'attività imprenditoriale, restando immutati il complesso dei beni organizzati dell'impresa e l'oggetto di quest'ultima. L'impiego del medesimo personale e l'utilizzo dei medesimi beni aziendali costituiscono un indice probatorio di tale continuità. L'art. 2112, comma 4, cod. civ., disciplina la fattispecie del licenziamento intervenuto in concomitanza con il trasferimento dell'azienda e prevede che ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. La tutela prevista dall'art. 2112 cod. civ. è affidata all'automatica continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario e alla conservazione dei diritti maturati dai lavoratori sino al momento della cessione. Tale duplice effetto presuppone, dal punto di vista logico e giuridico, la vigenza del rapporto di lavoro in capo alla cedente al momento del trasferimento, vigenza che può essere effettiva ma anche virtuale, quale conseguenza dell'annullamento del licenziamento intimato e del ripristino de iure del rapporto di lavoro.

lunedì 14 marzo 2022

 Come si determina il danno patrimoniale futuro da perdita della capacita' lavorativa specifica?




Cass. 10/03/2022, n. 7821

II danno patrimoniale futuro da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell'integralità del risarcimento sancito dall'artt. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quali termini di raffronto, da un lato, la retribuzione media dell'intera vita lavorativa della categoria di pertinenza, desunta da parametri normativi o altrimenti stimata in via equitativa, e, dall'altro, coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano.

giovedì 10 marzo 2022

 Quando si ha associazione in partecipazione?

Cass. 07/03/2022, n. 7398

La causa del contratto di associazione in partecipazione si connota per la partecipazione dell'associato al rischio di impresa e alla distribuzione non solo degli utili, ma anche delle perdite. Pertanto la riconducibilità del rapporto di lavoro al contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato ovvero al contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili esige un'indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua anche delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che il primo implica l'esistenza per l'associato di un rischio di impresa che è configurabile pure laddove le parti abbiano escluso la partecipazione alle perdite, poiché in tal caso l'eventuale assenza di utili determina l'assenza di compensi, necessariamente correlati all'andamento economico dell'impresa.

martedì 8 marzo 2022

 Quali sono le caratteristiche del trasferimento disposto in forza della legge 104 del 1992?



Cons. Stato, Sez. II, 07/03/2022, n. 165

Il trasferimento temporaneo previsto dalla legge n. 104/92 è disposto nell'esclusivo interesse del portatore di handicap ed è limitato al permanere dei requisiti di legge; pertanto il dipendente è tenuto a comunicare tempestivamente qualsiasi mutamento delle condizioni che ne hanno determinato l'adozione. Essendo il trasferimento ex lege n. 104/1992 disposto a vantaggio e nell'interesse esclusivo non dell'amministrazione ovvero del richiedente, ma del disabile, il movimento ha natura strumentale ed è intimamente connesso con la persona dell'assistito, per cui si tratta di un movimento per definizione e natura intrinseca non definitivo, ma subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all'ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l'iniziale disposizione del trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia.

lunedì 7 marzo 2022

Come sono ripartiti gli oneri della prova per far valere la responsabilità del datore di lavoro ex art. 29087 cc.? 






Cass. civ., Sez. lavoro, 03/03/2022, n. 7058

L'art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento. Ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.

sabato 5 marzo 2022

 

Quando le organizzazioni sindacali hanno la legittimazione attiva per esperire azione ex art. 28 legge 300 del 1970?



cass. 02/03/2022, n. 6876

In ordine ai profili di legittimazione attiva necessari perché una organizzazione sindacale possa esercitare l'azione di repressione della condotta antisindacale, non devono essere confusi i presupposti di cui all'art. 19 della legge n. 300 del 1970 per la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali (che richiedono la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali, o anche provinciali o aziendali, purché applicati in azienda, oppure, a seguito dell'intervento additivo della Corte Costituzionale con sentenza n. 231/2013, la partecipazione del sindacato alla negoziazione relativa agli stessi contratti), con quelli meno stringenti relativi alla legittimazione prevista ai fini della proposizione di un'azione ai sensi dell'art. 28 della stessa legge, per cui è sufficiente che l'associazione sindacale abbia carattere nazionale (Nel caso di specie, rigettando il ricorso di parte datoriale, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza gravata avendo nella circostanza la corte del merito accertato, sulla base della copiosa documentazione prodotta, che l'organizzazione controricorrente avesse la legittimazione attiva, poiché provvista del carattere "nazionale" richiesto dall'art. 28 della legge n. 300 del 1970, essendo "operativa in una buona parte del territorio nazionale" nonché orientata "alla tutela dei lavoratori a questo medesimo livello").

giovedì 3 marzo 2022

A quali diritti è possibile rinunciare in sede protetta ex art. 2113 cc?



Cass. civ., Sez. lavoro, 01/03/2022, n. 6664

L'art. 2113 ultimo comma c.c. consente, in sede protetta, le rinunce ai diritti già maturati in conseguenza di violazioni realizzate prima e fuori da quella sede, ma non gli atti regolativi in contrasto con norme imperative. Ne consegue che laddove le parti, in sede di conciliazione giudiziale, arrivino ad escludere la regolamentazione del rapporto imposta per legge, tale ipotesi rientra tra gli atti regolativi non consentiti dall'art. 2113, ultimo comma, c.c. e non trova applicazione l'art. 19 co.3 D.Lgs. n. 81/2015, norma insuscettibile di interpretazione analogica, ex art. 14 delle preleggi, o estensiva.

mercoledì 2 marzo 2022

 In caso infortunio quando e' risarcibile iure hereditatis il danno conseguente alla morte del lavoratore?



Cass. 28/02/2022, n. 6503

È da escludersi la risarcibilità iure hereditatis di un danno da perdita della vita, in ragione dell'assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio. È invece ritenuto configurabile e trasmissibile iure hereditatis il danno non patrimoniale nelle due componenti di danno biologico "terminale", cioè di danno biologico da invalidità temporanea assoluta, configurabile in capo alla vittima nell'ipotesi in cui la morte sopravvenga dopo apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo e di danno morale "terminale o catastrofale o catastrofico", ossia del danno consistente nella sofferenza patita dalla vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita, quando vi sia la prova della sussistenza di un suo stato di coscienza nell'intervallo tra l'evento lesivo e la morte, con conseguente acquisizione di una pretesa risarcitoria trasmissibile agli eredi. La liquidazione delle indicate poste di danno, può ben essere effettuata, per la componente di danno biologico, sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea, mentre, per la seconda componente, danno morale, avente natura peculiare, la liquidazione deve affidarsi ad un criterio equitativo puro - ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso concreto – che sappia tener conto della enormità del pregiudizio, atteso che la lesione è così elevata da non essere suscettibile di recupero e da esitare nella morte.

martedì 1 marzo 2022

 Quando si ha infortunio in itinere?



Cass. 22/02/2022, n. 5814

Il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis e risultante dalla modifica apportata dal predetto art. 12, stabilisce, infatti, e per quanto qui solo rileva, che "salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro", precisando che "l'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti".

31. Interpretando l'anzidetta disposizione, questa Corte ha avuto modo di chiarire che essa amplia la tutela assicurativa, perchè la estende a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro ed esclude qualsiasi rilevanza all'entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l'infortunato sia addetto.

32. La norma tutela, infatti, il rischio generico (quello del percorso) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella tipica "legata al c.d. percorso normale" (così in motivazione, Cass. n. 18659 del 2020 e Cass. n. 7313 del 2016) così da realizzare una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro-rischio ed evento.