giovedì 30 dicembre 2021

 Come si determinano i contributi da versare?



Cass. 02/12/2021, n. 37985

L'obbligazione contributiva non si confonde con l'obbligo retributivo, posto che il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi. L'obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all'INPS, e distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva, essa ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base delia contrattazione collettiva vigente minimale contributivo.

mercoledì 29 dicembre 2021

 Quando è dovuta l'irap?



Cass. 16/11/2021, n. 34484

In tema di IRAP, il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

martedì 28 dicembre 2021

 Come 


Come è regolamentata l'indennità di coordinamento nel ccnl sanità? 




Cass. 22/12/2021, n. 41272

In tema di indennità per incarico di coordinamento prevista dall'art. 10, comma 3, del c.c.n.l. sanità biennio economico 2000-2001, stipulato il 20 settembre 2001, la disposizione contrattuale collettiva si interpreta nel senso che, ai fini del menzionato trattamento economico, il conferimento dell'incarico di coordinamento o la sua verifica con atto formale richiedono che di tale incarico vi sia traccia documentale, che esso sia stato assegnato da coloro che avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente, e che abbia ad oggetto le attività dei servizi di assegnazione nonché del personale, restando esclusa la possibilità per l'Amministrazione di subordinare il suddetto diritto a proprie ulteriori determinazioni di natura discrezionale. Così, il conferimento delle funzioni di coordinamento, o la sua verifica con atto formale vanno intesi, conformemente al significato complessivo della regolamentazione dell'indennità, come indicatori della necessità che di tali mansioni vi sia traccia documentale e che essi siano stati assegnati da coloro che, secondo le linee organizzative dell'ente avevano il potere di conformare la prestazione lavorativa del dipendente e non necessariamente dagli organi di vertice.

lunedì 27 dicembre 2021

Come può essere assolto l'obbligo di affiggere il codice disciplinare?



Cass.. 12/11/2021, n. 33811

Il precetto dell'art. 7, primo comma, della l. n. 300 del 1970, concernente l'affissione in luogo accessibile a tutti delle norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni ed alle procedure di contestazione delle stesse, è soddisfatto - realizzandosi in entrambi i casi l'esigenza di una più agevole conoscibilità del potere punitivo del datore di lavoro e dei relativi limiti - sia quando le norme disciplinari siano affisse come tali, avulse dal contratto che le contiene, sia quando sia affisso il contratto che contiene le stesse norme. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto assolto l'obbligo di pubblicità in presenza di un'affissione ininterrotta, in luogo idoneo, dell'intero contratto collettivo, comprensivo del codice disciplinare). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 09/05/2019

giovedì 23 dicembre 2021

 I redditi dei familiari nell'impresa familiare costituiscono costi?



Cass. 21/12/2021, n. 40937

Sebbene il trattamento dei redditi prodotti dalle imprese familiari sia collocato nell'ambito dell'art. 5 T.U.I.R., rubricato "redditi prodotti in forma associata", nel caso di impresa familiare non si discute di reddito prodotto in forma associata. I familiari che prestano attività lavorativa nell'impresa sono meri collaboratori privi di contitolarità, per cui i compensi ad essi spettanti vanno qualificati come redditi di puro lavoro. Dunque, sussistendo separazione netta fra il reddito dell'imprenditore e quello dei suoi familiari-collaboratori, tanto che le perdite d'impresa non sono ripartite, ma sono ad esclusivo carico dell'imprenditore medesimo, i redditi imputati ai familiari, in proporzione delle rispettive quote di partecipazione, non rappresentano costi nella determinazione del reddito dell'impresa familiare, bensì una ripartizione dell'utile dell'impresa stessa. Ciò esclude che nella contabilità dell'imprenditore titolare dell'impresa familiare possa essere iscritto il costo del lavoro del collaboratore che viene remunerato come quota di utile che diminuisce il reddito del titolare in dichiarazione dei redditi.

mercoledì 22 dicembre 2021

Quale retribuzione deve essere erogata durante le ferie secondo la Corte di Giustizia Europea?



Corte giustizia Unione Europea, Sez. II, 09/12/2021, n. 217/20

L'ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto. Orbene, quando la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite.

martedì 21 dicembre 2021

 Quali sono i limiti di operatività dell'art. 2113 cc?




Tribunale Avezzano Sez. lavoro, 03/12/2021

In tema di rinunzie e transazioni dei diritti del prestatore di lavoro, il "discrimen" tra il campo di applicazione dell'art. 2113 cod. civ. ed il regime generale di nullità è costituito dalla natura dei relativi diritti: da un lato, i diritti assolutamente indisponibili (primari o strettamente personali), i cui atti dispositivi sono radicalmente nulli e restano fuori dal campo di applicazione dell'art. 2113 cod. civ.; dall'altro lato, i diritti, di natura patrimoniale, che, pur essendo posti da norme inderogabili, non sono assolutamente irrinunziabili e rientrano pertanto nel perimetro applicativo dell'art. 2113 cod. civ. Tale distinzione è alla base del principio secondo cui sono radicalmente nulle ai sensi dell'art. 1418 cod. civ. e, pertanto, sottratte alla disciplina di cui all'art. 2113 cod. civ. (anche per quanto attiene al termine di decadenza ivi previsto), le rinunce e transazioni aventi ad oggetto diritti futuri, mentre l'ambito di operatività dell'art. 2113 cod. civ. riguarda rinunce o transazioni aventi ad oggetto diritti sì indisponibili, ma già entrati nel patrimonio del lavoratore (Nel caso di specie, rigettando il ricorso del lavoratore, il giudice del foro abruzzese, nell'escludere che le rinunce alle pretese retributive contenute nelle due transazioni sottoscritte con il datore di lavoro avessero ad oggetto diritti non ancora acquisiti al patrimonio del ricorrente, ne ha di conseguenza escluso la nullità ex art. 1418 cod. civ., il cui rilievo avrebbe sottratto l'impugnativa degli atti negoziali al termine di decadenza stabilito dall'art. 2113 cod. civ.)

lunedì 20 dicembre 2021

Quando si configura il lavoro domestico?



Corte d'Appello Brescia, Sez. lavoro, 09/12/2021, n. 292

Dal disposto di cui all'art. 1 della legge n. 339 del 1958, si evince che l'elemento tipico del rapporto di lavoro domestico è costituito dalla prestazione lavorativa del dipendente finalizzata al funzionamento della vita familiare del datore di lavoro. In altri termini, perché si possa configurare un rapporto di lavoro domestico sono necessari due requisiti: la prestazione deve essere resa presso il datore di lavoro e deve consistere in mansioni attinenti al funzionamento della vita familiare del datore di lavoro (Nel caso di specie, la corte territoriale ha confermato la sentenza impugnata con la quale il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso proposto dall'Associazione appellante, esercente attività di assistenza anziani, avverso il verbale unico di accertamento con cui era stato disposto il disconoscimento dei rapporti di lavoro domestico stipulati tra la predetta Associazione ed il personale occupato, riqualificandoli in rapporti di lavoro dipendente).

sabato 18 dicembre 2021

Il licenziamento disciplinare deve essere contraddistinto dall'immediatezza?


Cass. 10/12/2021, n. 39397

In materia di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione induce a ritenere che il datore di lavoro abbi soprasseduto al licenziamento ritenendo l'addebito non grave o comunque non meritevole della massima sanzione.

giovedì 16 dicembre 2021

 La mancata indicazione delle generalità  dei testi nel ricorso o nella costituzione determina decadenza dalla prova testimoniale?



Cass. 01/12/2021, n. 37773

Nel rito del lavoro, qualora la parte abbia, con l'atto introduttivo del giudizio, proposto capitoli di prova testimoniale, specificamente indicando di volersi avvalere del relativo mezzo in ordine alle circostanze di fatto ivi allegate, ma omettendo l'enunciazione delle generalità delle persone da interrogare, tale omissione non determina decadenza dalla relativa istanza istruttoria, ma concreta una mera irregolarità, che abilita il giudice all'esercizio del potere-dovere di cui all'art. 421, comma primo, cod. proc. civ., avente ad oggetto l'indicazione alla parte istante della riscontrata irregolarità e l'assegnazione di un termine perentorio per porvi rimedio, formulando o integrando le indicazioni relative alle persone da interrogare o ai fatti sui quali debbono essere interrogate; l'inosservanza di detto termine produce la decadenza dalla prova, rilevabile anche d'ufficio e non sanabile nemmeno sull'accordo delle parti (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio avente ad oggetto la domanda del lavoratore volta ad ottenere la corresponsione di somme pretese a titolo di lavoro straordinario, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione gravata in quanto la corte territoriale, condividendo l'iter motivazionale del giudice di primo grado, aveva ritenuto inammissibile la prova testimoniale articolata dal lavoratore in quanto carente dell'indicazione dei nominativi dei testi da escutere).

mercoledì 15 dicembre 2021

 Come si determina il nesso di causalità ai fini della copertura Inail?



Cass. 13/12/2021, n. 39751

In materia di infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione il principio della equivalenza causale di cui all'art. 41 c.p. che è sufficiente a far sorgere la tutela in favore del lavoratore che l'esposizione al rischio sia stata concausa concorrente della malattia, non richiedendosi che essa abbia assunto efficacia causale esclusiva o prevalente

martedì 14 dicembre 2021

 Contro chi può essere esercitata l'azione di regresso dell'Inail?


Cass. 07/12/2021, n. 38882

La speciale azione di regresso spettante all'INAIL, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 ed 11, è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso tutti i soggetti che, chiamati a collaborare a vario titolo nell'assolvimento dell'obbligo di sicurezza in ragione dell'attività svolta, siano gravati di specifici obblighi di prevenzione a beneficio dei lavoratori assoggettati a rischio. Ne consegue che anche il legale rappresentante della società, in assenza di specifiche deleghe sulla sicurezza, operando quale responsabile dell'organizzazione produttiva all'interno dell'ambiente di lavoro ed ingerendosi in concreto nella stessa, risponde solidalmente con la società stessa in sede di regresso nei confronti dell'INAIL ove si accerti la responsabilità nell'accadimento dell'infortunio (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso proposto dall'Istituto previdenziale, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte territoriale erroneamente escluso la responsabilità del legale rappresentante della società di capitali e datrice di lavoro, nonostante dal rapporto organico dello stesso con la persona giuridica ed in assenza di una valida delega in materia di prevenzione conseguisse la posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori; nella circostanza era stata accertata la responsabilità della società, la quale non aveva adottato i sistemi di sicurezza idonei ad evitare il grave infortunio sul lavoro, nonché in via incidentale la responsabilità penale del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla tutela del lavoro, sicché, non essendo emersa la delega delle funzioni relative alla sicurezza sul lavoro a specifico preposto, a rispondere in via solidale – in via di regresso – erano tenuti tanto la società quanto il legale rappresentante).

lunedì 13 dicembre 2021

Mobbing

 Chi puo' porre in essere atti di mobbing in azienda?



Cass. 17/11/2021, n. 35061

In tema di responsabilità civile del datore di lavoro, la serie di comportamenti di carattere persecutorio e con intento vessatorio integranti il mobbing può pervenire direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi. La circostanza che la condotta di mobbing provenga da un altro dipendente posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro ove questi sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo.

sabato 11 dicembre 2021

 

Cosa deve provare il datore di lavoro per evitare la responsabilita' ex art. 2087 cc?




Cass. 07/12/2021, n. 38835

Nel caso in cui si discorra di misure di sicurezza cosiddette "innominate", ex art. 2087 c.c., la prova liberatoria a carico del datore di lavoro risulta generalmente correlata alla quantificazione della misura della diligenza ritenuta esigibile, nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi, di norma, al datore di lavoro l'onere di provare l'adozione di comportamenti specifici che, ancorché non risultino dettati dalla legge (o altra fonte equiparata), siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli standard di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe

giovedì 9 dicembre 2021

 

Il presidente del consiglio di amministrazione può essere anche lavoratore subordinato?




Cass. 23/11/2021, n. 36362

In tema di imposte sui redditi, sussiste l'assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di presidenza del consiglio di amministrazione o di amministratore unico della stessa, in quanto il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza dell'ente sociale, di direzione, di controllo e di disciplina rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni, che è necessaria perché sia riscontrabile l'essenziale ed indefettibile elemento della subordinazione, con conseguente indeducibilità dal reddito della società del relativo costo da lavoro dipendente. La compatibilità della qualità di socio amministratore, membro del consiglio di amministrazione di una società di capitali, con quella di lavoratore dipendente della stessa società, ai fini della deducibilità del relativo costo dal reddito d'impresa, non deve essere verificata soltanto in via formale, con riferimento esclusivo allo statuto e alle delibere societarie, occorrendo, invece, accertare in concreto la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione gerarchica, del potere direttivo e di quello disciplinare e, in particolare, lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita.

mercoledì 8 dicembre 2021

 

In caso di ordine di reintegra dove deve essere ripristinato il rapporto di lavoro?


Cass. 03/12/2021, n. 38209

L'ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di accertamento della illegittimità del licenziamento, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell'attività lavorativa deve avvenire nella sede precedentemente assegnata e nelle mansioni originariamente rivestite, salvo che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva, purché il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive.

lunedì 6 dicembre 2021

 Come si pone l'abilitazione contributiva rispetto a quella retributiva?



Cass. 02/12/2021, n. 37985

l'obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all'INPS, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva (Cass. 8662 del 2019), essa (Cass. n. 13650 del 2019) ha natura indisponibile e va commisurata alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. "minimale contributivo");

sabato 4 dicembre 2021

Quali sono i limiti della reperibilità secondo la Corte di Giustizia Europea?



Corte giustizia Unione Europea, Sez. V, 11/11/2021, n. 214/20

Rientra nella nozione di «orario di lavoro», ai sensi della direttiva 2003/88, l'integralità dei periodi di guardia, ivi compresi quelli in regime di reperibilità, nel corso dei quali i vincoli imposti al lavoratore sono tali da incidere oggettivamente e in maniera molto significativa sulla facoltà, per quest'ultimo, di gestire liberamente, durante i suddetti periodi, il tempo in cui la sua attività professionale non è richiesta e di dedicare tale tempo ai propri interessi. Quando i vincoli imposti al lavoratore nel corso di un periodo di guardia determinato non raggiungono un tale grado di intensità e gli consentono di gestire il suo tempo e di dedicarsi ai propri interessi senza grossi vincoli, soltanto il tempo connesso alla prestazione di lavoro che, eventualmente, sia effettivamente realizzata durante un periodo del genere costituisce «orario di lavoro», ai fini dell'applicazione della direttiva 2003/88.

giovedì 2 dicembre 2021

 Quale sistema sanzionato si applica in caso di delibera di esclusione illegittima del socio lavoratore?



Cass. 16/11/2021, n. 34721

In tema di estinzione del rapporto del socio lavoratore di cooperativa, in presenza di due provvedimenti entrambi impugnati, la delibera di esclusione ed il provvedimento di irrogazione del licenziamento (disciplinare), l'accertamento della illegittimità della delibera determina, con efficacia "ex tunc", ove sia la delibera che il licenziamento siano fondati sul medesimo fatto, in simmetria con gli effetti connessi alla sua adozione, sia la ricostituzione del rapporto associativo, sia la ricostituzione del rapporto di lavoro "travolto" dalla delibera di espulsione risultata illegittima. L'apparato rimediale, in punto di conseguenze economiche connesse all'illegittimità del recesso, sarà in tale ipotesi quello di regola previsto dall'ordinamento per le ipotesi in cui venga affermata la giuridica continuità del rapporto di lavoro di fatto interrotto, per cui all'effetto ripristinatorio sarà possibile affiancare, in presenza dei relativi presupposti e ferma la necessità della costituzione in mora della società, la tutela risarcitoria secondo gli ordinari criteri (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso della società cooperativa, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata la quale, in presenza di una delibera dichiarata illegittima e fondata sui medesimi fatti alla base del licenziamento, aveva riconosciuto al lavoratore la tutela reale).

mercoledì 1 dicembre 2021

Nelle cooperative la delibera di esclusione può determinare l'estinzione del rapporto lavorativo?




Cass. 18/11/2021, n. 35341

In tema di estromissione del socio lavoratore dalla società, l'estinzione del rapporto di lavoro può essere conseguenza per legge dell'azione della delibera di esclusione del socio lavoratore come da un formale licenziamento