In caso di annullamento giudiziale delle dimissioni per incapacità da quando decorre il diritto alle retribuzioni?
Cass. 06-09-2018, n. 21701
3. La sentenza gravata ha ricostruito la fattispecie nell'ambito dell'art. 428 c.c., comma 1, secondo il quale "Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere e di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore". Ammesso lo stato d'incapacità temporaneo siccome accertato dalla CTU disposta in primo grado, con riferimento al momento dell'atto dismissivo assunto come pregiudizievole (Cass. n.02500/2017), e ritenuto provato il grave pregiudizio nella perdita della fonte di reddito e nell'alterazione dei rapporti familiari e sociali, in applicazione dell'orientamento espresso da questa Corte nella decisione n. 8886/2010, ha ritenuto che l' E. avesse diritto alle retribuzioni maturate dalla data della domanda giudiziale.
4. L'orientamento che è andato consolidandosi sulla materia, fin dalla sentenza n.18844/2010, di poco successiva a quella invocata dalla Corte d'Appello, ha focalizzato il diritto risarcitorio derivante dall'annullamento di un atto illegittimo estintivo del rapporto di lavoro, secondo le regole sull'inadempimento delle obbligazioni, sulla natura sinallagmatica del rapporto. In tal senso, dunque, si è definitivamente affermato il convincimento, da cui non si ritiene di doversi in questa sede discostare, secondo il quale, nell'ipotesi di annullamento di dimissioni presentate da un lavoratore subordinato - nella specie perchè in stato di accertata incapacità naturale - le retribuzioni a esso spettanti vanno calcolate dalla data della sentenza che dichiara l'illegittimità dell'atto unilaterale dismissivo, atteso che l'annullamento di un negozio giuridico con efficacia retroattiva non comporta di per sè il diritto alla corresponsione delle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione. Stante la natura sinallagmatica del contratto di lavoro, infatti, il diritto alla retribuzione discende necessariamente dalla prestazione dell'attività, e la possibilità del pagamento della prima, in mancanza della seconda rappresenta un'eccezione che deve essere espressamente prevista dalla legge, così come ad esempio avviene nelle ipotesi di malattia o licenziamento non sorretto da una giusta causa o da un giustificato motivo (Cass. n.14438/2000; n.13045/2005, n.2261/2012; n.22063/2014).
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