martedì 13 giugno 2023

Qual è la retribuzione di riferimento da utilizzare a fini contributivi?



Cass. 09/06/2023, n. 16416

Il D.L. n. 338 del 1989, all'art. 1, nel prevedere che la retribuzione da assumere quale base di calcolo dei contributi previdenziali non possa essere "inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quella prevista dal contratto collettivo", non si limita a ribadire quanto già desumibile dalla legge n. 153 del 1969, art. 12, ossia che l'imponibile contributivo si determina sul "dovuto" e non su quanto "di fatto erogato", ma pone il diverso e ulteriore principio per cui la retribuzione "dovuta" in relazione al sinallagma del rapporto di lavoro risulta rilevante solo se è superiore ai minimi previsti dal contratto collettivo, mentre in caso contrario non rileva e vale la misura minima determinata dal contratto collettivo. Vale a dire che non ogni alterazione del sinallagma funzionale del rapporto di lavoro, per quanto possa incidere sull'an e sul quantum dell'obbligazione retributiva, è rilevante ai fini della commisurazione dell'obbligazione contributiva: quest'ultima segue infatti proprie regole, potendo risultare dovuta perfino in assenza di alcun obbligo retributivo a carico del datore di lavoro

Nessun commento:

Posta un commento