Quali sono le forme di licenziamento per motivi comportamentali ammesse nel pubblico impiego?
Cass. 15/07/2022, n. 22376
In tema di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, le fattispecie legali di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, introdotte dall'art. 55 quater, comma 1, lett. da a) ad f), e comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, costituiscono ipotesi aggiuntive rispetto a quelle individuate dalla contrattazione collettiva - le cui clausole, ove difformi, vanno sostituite di diritto ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, cod. civ. - per le quali compete soltanto al giudice, ex art. 2106 cod. civ., il giudizio di adeguatezza delle sanzioni. Inoltre, l'art. 55 quater, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 165 del 2001 legittima il recesso dell'amministrazione per falsità commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro per sanzionare un comportamento ritenuto ex ante di particolare disvalore, senza restringere il campo di applicazione della norma a fattispecie di reato che precludono l'accesso al pubblico impiego. Nondimeno, la giusta causa di licenziamento tipizzata dalla legge non costituisce un'ipotesi di destituzione di diritto, rimanendo affidata al giudice di merito la verifica in concreto dei presupposti per il legittimo esercizio del potere di recesso, con esclusione di ogni automatismo, censurabile di incostituzionalità. Quanto poi al giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato, ex art. 2106 cod. civ., è consolidato il principio secondo il quale tale giudizio è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria.
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