mercoledì 28 gennaio 2015

In un’azienda con meno di 15 dipendenti, quando il lavoratore illegittimamente licenziato può essere reintegrato e non ricevere la sola indennità risarcitoria?


L’art. 18 comma 1 della legge 300 del 1970 stabilisce che il diritto alla reintegra sul posto di lavoro si applica al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore,  (anche con meno di 15 dipendenti per stabilimento/comune o 5 se agricole o 60 a livello nazionale) nel caso di:
-          licenziamento orale
-          licenziamento discriminatorio ai sensi dell’art. 3 della legge 108 del 1990
-          licenziamento intimato in concomitanza di matrimonio ex art. 35 D.lgs 198 del 2006
-          licenziamento in violazione dei divieti  di cui all'articolo 54, commi 1,  6,  7  e  9,  del  testo  unico  delle disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001
-          licenziamento riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge
-          licenziamento determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 cc 

Dal 2015 per gli assunti con contratto a tutele crescenti l’art.1 prevede sostanzialmente le medesime ipotesi, stabilendo all’art. 1 dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183:

“Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale”.

Negli altri casi di illegittimità del licenziamento vale:

per gli assunti sino al 2015:

l’art. 8 della legge 604 del 1966: secondo cui: “il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro”

dal 2015:

l’art. 9 dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183

Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall’articolo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.   

ovvero

Art. 3 comma 1: “Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente articolo, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità”.

Art. 4 – “Vizi formali e procedurali. Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto”.



Art. 6 comma 1 “In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta”.

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