Concorso tra cessione
volontaria dello stipendio di un dipendente privato o pubblico ed un successivo
pignoramento
La materia è regolata dall’art. 68 comma 2 del DPR 1950 n. 180,
divenuta applicabile anche ai dipendenti privati in forza dell’art. 1 comma 137
secondo cui: “Qualora i sequestri o i pignoramenti abbiano luogo dopo una cessione
perfezionata e debitamente notificata, non si può sequestrare o pignorare se
non la differenza fra la metà dello stipendio o salario valutati al netto
di ritenute e la quota ceduta, fermi restando i limiti di cui all'art. 2
“[1].
I limiti imposti dall’art. 2
sono i seguenti:
“1) fino alla concorrenza di un terzo
valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti per legge;
2) fino alla concorrenza di un quinto
valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri
enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto
d'impiego o di lavoro;
3) fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di
ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, facenti
carico, fin dalla loro origine, all'impiegato o salariato”. NB La Corte Costituzionale con sentenza n. 89 del 1987 ha stabilito l’incostituzionalità
“dell'art. 2
del D.P.R. 5
gennaio 1950, n. 180, comma primo, n. 3 nella
parte in cui, in contrasto con l'art. 545, comma quarto,
c.p.c., non prevede la pignorabilità e la sequestrabilità degli
stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri enti diversi dallo Stato,
da aziende ed imprese di cui all'art. 1 del D.P.R. n. 180 del 1950, fino alla
concorrenza di un quinto per ogni credito vantato nei confronti del personale”.
NB “Il
sequestro ed il pignoramento, per il simultaneo concorso delle cause indicate
ai numeri 2, 3,
non possono colpire una quota maggiore del quinto sopra
indicato, e, quando concorrano anche le cause di cui al numero 1, non possono
colpire una quota maggiore della metà, valutata al netto di ritenute, salve le
disposizioni del titolo V nel caso di concorso anche di vincoli per cessioni e
delegazioni”.
Come indicato dalla giurisprudenza: “Nell'ipotesi
in cui il terzo pignorato abbia dichiarato che l'esecutato, in forza del
rapporto di lavoro, percepisce un certo stipendio mensile, sul quale grava una
ritenuta, anteriore al pignoramento, per cessione a favore di una banca, le
disposizioni applicabili al fine di stabilire la quota di stipendio assegnabile
al creditore sono quelle previste dall'art. 545, co. 4, c.p.c. e dagli artt. 2 e 68, co. 2, del D.P.R. n. 180/1950, nel testo risultante da
ripetuti interventi della Corte costituzionale. Ed invero, il pignoramento eseguito sullo stipendio percepito dal
dipendente pubblico e (a seguito del disposto dell'art. 1, co. 137, della legge 30 dicembre 2004, n. 311) da quello
privato, se segue ad una precedente cessione dello stipendio stesso, è
possibile solo nei limiti della differenza tra la metà dello stipendio e la
quota ceduta; più precisamente, deve essere rispettato il limite di cui
all'art. 2, n. 3, del D.P.R. n. 180/1950, che è pari ad un
quinto; inoltre, quando vi sia una
precedente cessione opponibile al procedente, deve essere rispettato anche
l'ulteriore limite dell'art. 68, co. 2, D.P.R. n. 180/1950, sicchè non si potrà mai
pignorare una quota dello stipendio superiore alla differenza tra la metà dello
stipendio e la quota ceduta (nel caso di specie, la quota concretamente
assegnata al creditore procedente è stata pari ad un quinto dell'emolumento
stipendiale, dal momento che l'assegnazione in tale misura rispetta sia il
limite di un quinto dello stipendio, ex art. 545, co. 4, c.p.c., e art. 2 D.P.R. n. 180/1950, sia l'ulteriore limite
della differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta, a sensi
dell'art. 68, co. 2, D.P.R. n. 180/1950)”. Trib. (Ord.)
Bologna, 09/12/2008
Quindi se ho uno stipendio che al
netto è pari a 100 ed ho ceduto 20, la quota dispendio su cui si potrà eseguire
il pignoramento è quella risultante dalla differenza tra la metà dello
stipendio (50) e la quota ceduta (20) per un ammontare di 30. Su questa quota
potrà essere effettuata la ritenuta sempre che sia contenuta nel limite di 1/5
del netto iniziale.
Da notare che “Le quote di stipendio cedute al fine di
estinguere i finanziamenti effettuati ai sensi del D.P.R. n. 180/1950 e dell'art. 1260 c.c. sono inderogabilmente vincolate a
favore del cessionario ed il datore di lavoro, una volta ricevuta la notifica
del contratto di mutuo e perfezionata la cessione del credito, non può
effettuare sulle quote in questione sequestri o pignoramenti (artt. 42 e 68 del
citato D.P.R.) e tanto meno opporre alla cessionaria un verbale di
conciliazione con il proprio dipendente”. Trib. Milano, 28/07/2008, Sito
Il caso.it, 2008
Si ricorda che in forza dell’art.
5 DPR 180/1950 il limite massimo di cessione è pari ad 1/5 per massimo 10 anni[2]. In
forza dell’art. 70 DPR 180/1950 una cessione ed una delegazione possono giungere
sino al 50% dello stipendio (da notare che i regolamenti delle PA giungono a
concedere il cumulo di delegazione e cessione sino al 40%, per estenderlo sino
al 50% solo in presenza di determinate circostanze).
[1] Nb in caso di delegazione
vale il secondo comma dell’art. 69 DPR 180/1950 “Quando preesista delegazione o ritenuta, i sequestri e i pignoramenti
non possono colpire se non l'eventuale differenza fra la metà dello stipendio,
salario o pensione valutati al netto di ritenute e l'importo della delegazione
o ritenuta”.
[2] Gli
impiegati e salariati dipendenti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed
imprese indicati nell'art. 1 possono contrarre prestiti da estinguersi con
cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell'ammontare
di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a
dieci anni, secondo le disposizioni stabilite dai titoli II e III del presente
testo unico. Le operazioni di prestito concesse ai sensi del presente testo
unico devono essere conformi a quanto previsto dalla delibera del Comitato
interministeriale per il credito ed il risparmio del 4 marzo 2003, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 2003, e dalla vigente disciplina in
materia di trasparenza delle condizioni contrattuali per i servizi bancari,
finanziari ed assicurativi
Buongiorno, grazie per questo servizio. Vorrei chiedere: non sono riuscita purtroppo a pagare le ultime due rate del mutuo e la banca mi ha già notificato che se non saldo provvederà alla segnalazione al Crif. Leggevo su usciredaidebiti.it, se non ho capito male, che da quel momento ci sono 15 giorni per saldare prima che l'iscrizione al Crif diventi effettiva, ma io riceverò un pagamento solo tra 30 giorni e con quello potrò saldare. Se lo riferisco alla mia banca, esiste la possibilità che facciano eccezioni ed attendano i 30 giorni? Grazie.
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