lunedì 26 gennaio 2015

Concorso tra cessione volontaria dello stipendio di un dipendente privato o pubblico ed un successivo pignoramento

La materia è regolata dall’art. 68 comma 2 del DPR 1950 n. 180, divenuta applicabile anche ai dipendenti privati in forza dell’art. 1 comma 137  secondo cui: “Qualora i sequestri o i pignoramenti abbiano luogo dopo una cessione perfezionata e debitamente notificata, non si può sequestrare o pignorare se non la differenza fra la metà dello stipendio o salario valutati al netto di ritenute e la quota ceduta, fermi restando i limiti di cui all'art. 2 “[1].
I limiti imposti dall’art. 2 sono i seguenti:

“1) fino alla concorrenza di un terzo valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti per legge;
2) fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d'impiego o di lavoro;
3) fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, facenti carico, fin dalla loro origine, all'impiegato o salariato”. NB La Corte Costituzionale con sentenza n. 89 del 1987 ha stabilito l’incostituzionalità “dell'art. 2 del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, comma primo, n. 3  nella parte in cui, in contrasto con l'art. 545, comma quarto, c.p.c., non prevede la pignorabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende ed imprese di cui all'art. 1 del D.P.R. n. 180 del 1950, fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito vantato nei confronti del personale”.

NB “Il sequestro ed il pignoramento, per il simultaneo concorso delle cause indicate ai numeri 2, 3, 
non possono colpire una quota maggiore del quinto sopra indicato, e, quando concorrano anche le cause di cui al numero 1, non possono colpire una quota maggiore della metà, valutata al netto di ritenute, salve le disposizioni del titolo V nel caso di concorso anche di vincoli per cessioni e delegazioni”.

Come indicato dalla giurisprudenza: “Nell'ipotesi in cui il terzo pignorato abbia dichiarato che l'esecutato, in forza del rapporto di lavoro, percepisce un certo stipendio mensile, sul quale grava una ritenuta, anteriore al pignoramento, per cessione a favore di una banca, le disposizioni applicabili al fine di stabilire la quota di stipendio assegnabile al creditore sono quelle previste dall'art. 545, co. 4, c.p.c. e dagli artt. 2 e 68, co. 2, del D.P.R. n. 180/1950, nel testo risultante da ripetuti interventi della Corte costituzionale. Ed invero, il pignoramento eseguito sullo stipendio percepito dal dipendente pubblico e (a seguito del disposto dell'art. 1, co. 137, della legge 30 dicembre 2004, n. 311) da quello privato, se segue ad una precedente cessione dello stipendio stesso, è possibile solo nei limiti della differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta; più precisamente, deve essere rispettato il limite di cui all'art. 2, n. 3, del D.P.R. n. 180/1950, che è pari ad un quinto; inoltre, quando vi sia una precedente cessione opponibile al procedente, deve essere rispettato anche l'ulteriore limite dell'art. 68, co. 2, D.P.R. n. 180/1950, sicchè non si potrà mai pignorare una quota dello stipendio superiore alla differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta (nel caso di specie, la quota concretamente assegnata al creditore procedente è stata pari ad un quinto dell'emolumento stipendiale, dal momento che l'assegnazione in tale misura rispetta sia il limite di un quinto dello stipendio, ex art. 545, co. 4, c.p.c., e art. 2 D.P.R. n. 180/1950, sia l'ulteriore limite della differenza tra la metà dello stipendio e la quota ceduta, a sensi dell'art. 68, co. 2, D.P.R. n. 180/1950)”. Trib. (Ord.) Bologna, 09/12/2008

Quindi se ho uno stipendio che al netto è pari a 100 ed ho ceduto 20, la quota dispendio su cui si potrà eseguire il pignoramento è quella risultante dalla differenza tra la metà dello stipendio (50) e la quota ceduta (20) per un ammontare di 30. Su questa quota potrà essere effettuata la ritenuta sempre che sia contenuta nel limite di 1/5 del netto iniziale.

Da notare che “Le quote di stipendio cedute al fine di estinguere i finanziamenti effettuati ai sensi del D.P.R. n. 180/1950 e dell'art. 1260 c.c. sono inderogabilmente vincolate a favore del cessionario ed il datore di lavoro, una volta ricevuta la notifica del contratto di mutuo e perfezionata la cessione del credito, non può effettuare sulle quote in questione sequestri o pignoramenti (artt. 42 e 68 del citato D.P.R.) e tanto meno opporre alla cessionaria un verbale di conciliazione con il proprio dipendente”. Trib. Milano, 28/07/2008, Sito Il caso.it, 2008

Si ricorda che in forza dell’art. 5 DPR 180/1950 il limite massimo di cessione è pari ad 1/5 per  massimo 10 anni[2]. In forza dell’art. 70 DPR 180/1950 una cessione ed una delegazione possono giungere sino al 50% dello stipendio (da notare che i regolamenti delle PA giungono a concedere il cumulo di delegazione e cessione sino al 40%, per estenderlo sino al 50% solo in presenza di determinate circostanze).




[1] Nb in caso di delegazione vale il secondo comma dell’art. 69 DPR 180/1950 “Quando preesista delegazione o ritenuta, i sequestri e i pignoramenti non possono colpire se non l'eventuale differenza fra la metà dello stipendio, salario o pensione valutati al netto di ritenute e l'importo della delegazione o ritenuta”.


[2] Gli impiegati e salariati dipendenti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese indicati nell'art. 1 possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell'ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni, secondo le disposizioni stabilite dai titoli II e III del presente testo unico. Le operazioni di prestito concesse ai sensi del presente testo unico devono essere conformi a quanto previsto dalla delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio del 4 marzo 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 2003, e dalla vigente disciplina in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali per i servizi bancari, finanziari ed assicurativi

1 commento:

  1. Buongiorno, grazie per questo servizio. Vorrei chiedere: non sono riuscita purtroppo a pagare le ultime due rate del mutuo e la banca mi ha già notificato che se non saldo provvederà alla segnalazione al Crif. Leggevo su usciredaidebiti.it, se non ho capito male, che da quel momento ci sono 15 giorni per saldare prima che l'iscrizione al Crif diventi effettiva, ma io riceverò un pagamento solo tra 30 giorni e con quello potrò saldare. Se lo riferisco alla mia banca, esiste la possibilità che facciano eccezioni ed attendano i 30 giorni? Grazie.

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