In caso di licenziamento orale su chi
ricade l'onere della prova?
Occorre precisare che tale questione si
pone ormai più che altro nei rapporti di lavoro non regolarizzati atteso che
attualmente le dimissioni del lavoratore o la risoluzione consensuale impongono
lo speciale regime di convalida stabilito dall'art. 4 commi 27 e seguenti legge
92 del 2012[1].
Come indicato da Cassazione 19236 del 2011
(peraltro in un’ipotesi di lavoro non regolarizzato) “In base ad un
consolidato e condiviso orientamento di questa Corte nell'ipotesi di
controversia in ordine al quomodo della risoluzione del rapporto (licenziamento
orale o dimissioni) si impone una indagine accurata da parte del Giudice di
merito, che tenga adeguato conto del complesso delle risultanze istruttorie, in
relazione anche all'esigenza di rispettare non solo l'art. 2697 cod. civ.,
comma 1 relativo alla prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere
dall'attore, ma anche il secondo comma, che pone a carico dell'eccipiente la
prova dei fatti modificativi o estintivi del diritto fatto valere dalla
controparte. Sicché, in mancanza di prova delle dimissioni, l'onere della prova
concernente il requisito della forma scritta del licenziamento (prescritta ex
lege a pena di nullità) resta a carico del datore di lavoro, in quanto nel
quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul
lavoratore riguarda esclusivamente la cessazione del rapporto lavorativo,
mentre la prova sulla controdeduzione del datore di lavoro -avente valore di
una eccezione - ricade sull'eccipiente - datore di lavoro ex art. 2697 cod.
civ. (Cass. 27 agosto 2007, n. 18087; Cass. 20 maggio 2005, n. 10651; Cass. 8
gennaio 2009, n. 155; Cass. 13 aprile 2005, n. 7614; Cass. 11 giugno 2010, n. 14082; Cass. 16
dicembre 2004, n. 22852; Cass. 20 novembre 2000, n, 14977 e altre in corso di
pubblicazione)[2].
[1] Art. 4 commi 17 e seguenti legge 92 del 2012
Comma
17. Al di fuori dell'ipotesi di cui all'articolo 55, comma 4, del
citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo
2001, n. 151, come sostituito dal
comma 16 del presente articolo,
l'efficacia delle dimissioni della
lavoratrice o del
lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto
e' sospensivamente condizionata alla
convalida effettuata presso la
Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l'impiego
territorialmente competenti, ovvero
presso le sedi individuate
dai contratti collettivi
nazionali stipulati dalle
organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative a livello nazionale.
all'articolo
21 della legge 29 aprile 1949, n.
264, e successive modificazioni. Con decreto, di
natura non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, possono essere
individuate ulteriori modalità semplificate per accertare la veridicità
della data e la
autenticità della manifestazione di
volontà della lavoratrice o del
lavoratore, in relazione alle dimissioni
o alla risoluzione consensuale
del rapporto, in funzione dello sviluppo
dei sistemi informatici e della evoluzione della disciplina in materia
di comunicazioni obbligatorie.
19.
Nell'ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida di cui al comma 17
ovvero alla sottoscrizione di cui al comma 18, il rapporto
di lavoro si
intende risolto, per il
verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore
non aderisca, entro
sette giorni dalla
ricezione, all'invito a presentarsi presso le sedi di cui al
comma 17 ovvero all'invito ad apporre
la predetta sottoscrizione, trasmesso
dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta, ovvero qualora
non effettui la revoca di cui al comma 21.
20.
La comunicazione contenente l'invito, cui deve essere allegata copia della ricevuta di trasmissione
di cui al comma 18, si considera validamente
effettuata quando e'
recapitata al domicilio
della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di lavoro
o ad altro domicilio
formalmente comunicato dalla
lavoratrice o dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e'
consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per
ricevuta.
21.
Nei sette giorni di cui al comma 19,
che possono sovrapporsi con il periodo di preavviso,
la lavoratrice o il lavoratore
ha facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale. La revoca può essere comunicata in
forma scritta. Il
contratto di lavoro, se
interrotto per effetto del recesso, torna ad
avere corso normale dal giorno
successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il
recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta,
il prestatore non
matura alcun diritto retributivo.
Alla revoca del recesso conseguono la cessazione di ogni effetto
delle eventuali pattuizioni
a esso connesse
e l'obbligo in capo
al lavoratore di
restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di
esse.
22.
Qualora, in mancanza della convalida di cui al comma 17 ovvero della sottoscrizione di cui al comma
18, il
datore di lavoro
non provveda a trasmettere
alla lavoratrice o
al lavoratore la comunicazione contenente l'invito entro
il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni
e della risoluzione
consensuale, le dimissioni si
considerano definitivamente prive di effetto.
[2] In merito alla fattispecie concreta la sentenza così
prosegue:
“
In particolare,
1) senza
attribuire alcun rilievo alla - significativa - circostanza che il Giudice di
primo grado ha accertato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro
subordinato (nel periodo 1 aprile 2001- 11 febbraio 2002) ancorché originariamente
il Pe. avesse sostenuto la natura amichevole e gratuita del rapporto stesso;
ha poi affermato
che doveva essere il P. a provare che il rapporto si era concluso per volontà
del datore di lavoro, presumendo che sia stato lo stesso lavoratore ad abbandonare
il lavoro per motivi personali attinenti ... all'infortunio subito, anzichè
considerare che la prova di tale ultima circostanza non poteva non ricadere sul
datore di lavoro stesso, tanto più che, ai fini di una eventuale prova delle
dimissioni, è necessario verificare che la dichiarazione o il comportamento cui
si intende attribuire il valore negoziale di recesso del lavoratore contenga la
manifestazione univoca dell'incondizionata volontà di porre fine al rapporto e
che questa volontà sia stata comunicata in modo idoneo alla controparte”
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