mercoledì 25 marzo 2015

In caso di licenziamento orale su chi ricade l'onere della prova?


Occorre precisare che tale questione si pone ormai più che altro nei rapporti di lavoro non regolarizzati atteso che attualmente le dimissioni del lavoratore o la risoluzione consensuale impongono lo speciale regime di convalida stabilito dall'art. 4 commi 27 e seguenti legge 92 del 2012[1].

Come indicato da Cassazione 19236 del 2011 (peraltro in un’ipotesi di lavoro non regolarizzato) “In base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte nell'ipotesi di controversia in ordine al quomodo della risoluzione del rapporto (licenziamento orale o dimissioni) si impone una indagine accurata da parte del Giudice di merito, che tenga adeguato conto del complesso delle risultanze istruttorie, in relazione anche all'esigenza di rispettare non solo l'art. 2697 cod. civ., comma 1 relativo alla prova dei fatti costitutivi del diritto fatto valere dall'attore, ma anche il secondo comma, che pone a carico dell'eccipiente la prova dei fatti modificativi o estintivi del diritto fatto valere dalla controparte. Sicché, in mancanza di prova delle dimissioni, l'onere della prova concernente il requisito della forma scritta del licenziamento (prescritta ex lege a pena di nullità) resta a carico del datore di lavoro, in quanto nel quadro della normativa limitativa dei licenziamenti, la prova gravante sul lavoratore riguarda esclusivamente la cessazione del rapporto lavorativo, mentre la prova sulla controdeduzione del datore di lavoro -avente valore di una eccezione - ricade sull'eccipiente - datore di lavoro ex art. 2697 cod. civ. (Cass. 27 agosto 2007, n. 18087; Cass. 20 maggio 2005, n. 10651; Cass. 8 gennaio 2009, n. 155; Cass. 13 aprile 2005, n. 7614; Cass. 11 giugno 2010, n. 14082; Cass. 16 dicembre 2004, n. 22852; Cass. 20 novembre 2000, n, 14977 e altre in corso di pubblicazione)[2].


[1] Art. 4 commi 17 e seguenti legge 92 del 2012

Comma 17. Al di fuori dell'ipotesi di cui all'articolo 55, comma  4,  del citato testo unico di cui al decreto legislativo 26  marzo  2001,  n. 151, come sostituito dal comma 16 del presente articolo,  l'efficacia delle  dimissioni  della  lavoratrice  o  del  lavoratore   e   della risoluzione consensuale del rapporto e' sospensivamente  condizionata alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l'impiego territorialmente competenti, ovvero  presso le sedi individuate  dai  contratti  collettivi  nazionali  stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più  rappresentative a livello nazionale.
18. In alternativa alla procedura di cui al comma  17,  l'efficacia delle  dimissioni  della  lavoratrice  o  del  lavoratore   e   della risoluzione consensuale del rapporto e' sospensivamente  condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione della lavoratrice o del lavoratore apposta in  calce  alla  ricevuta  di  trasmissione  della comunicazione  di  cessazione  del  rapporto   di   lavoro   di   cui
all'articolo 21 della legge 29 aprile  1949,  n.  264,  e  successive modificazioni. Con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali,  possono  essere  individuate ulteriori modalità semplificate per accertare la  veridicità  della data  e  la  autenticità  della  manifestazione  di  volontà  della lavoratrice o del lavoratore, in relazione  alle  dimissioni  o  alla risoluzione consensuale del rapporto, in funzione dello sviluppo  dei sistemi informatici e della evoluzione della disciplina in materia di comunicazioni obbligatorie.
19. Nell'ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non  proceda alla convalida di cui al comma 17 ovvero alla sottoscrizione  di  cui al comma 18, il  rapporto  di  lavoro  si  intende  risolto,  per  il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o  il lavoratore  non  aderisca,  entro  sette  giorni   dalla   ricezione, all'invito a presentarsi presso le sedi di cui  al  comma  17  ovvero all'invito ad  apporre  la  predetta  sottoscrizione,  trasmesso  dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta, ovvero  qualora  non effettui la revoca di cui al comma 21.
20. La comunicazione contenente l'invito, cui deve essere  allegata copia della ricevuta di trasmissione di cui al comma 18, si considera validamente  effettuata  quando  e'  recapitata  al  domicilio  della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di  lavoro  o  ad altro  domicilio  formalmente  comunicato  dalla  lavoratrice  o  dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
21. Nei sette giorni di cui al comma 19,  che  possono  sovrapporsi con il periodo di  preavviso,  la  lavoratrice  o  il  lavoratore  ha facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione  consensuale.  La revoca può essere comunicata  in  forma  scritta.  Il  contratto  di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad  avere  corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata  svolta,  il  prestatore  non  matura  alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso conseguono la cessazione di ogni  effetto  delle  eventuali  pattuizioni  a  esso  connesse  e l'obbligo  in  capo  al  lavoratore  di   restituire   tutto   quanto eventualmente percepito in forza di esse.
22. Qualora, in mancanza della convalida di cui al comma 17  ovvero della sottoscrizione di cui al comma 18,  il  datore  di  lavoro  non provveda  a  trasmettere  alla  lavoratrice  o   al   lavoratore   la comunicazione contenente l'invito entro il termine di  trenta  giorni dalla data delle  dimissioni  e  della  risoluzione  consensuale,  le dimissioni si considerano definitivamente prive di effetto.

[2] In merito alla fattispecie concreta la sentenza così prosegue:

La Corte d'appello non si attenuta a suddetto indirizzo, onerando il lavoratore di una probatio diabolica, pur considerando incontroversa la data di avvenuta interruzione del rapporto di lavoro (11 febbraio 2002) e, nel contempo, non specificando la causa della cessazione del rapporto stesso.
In particolare, la Corte catanese:
1)       senza attribuire alcun rilievo alla - significativa - circostanza che il Giudice di primo grado ha accertato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato (nel periodo 1 aprile 2001- 11 febbraio 2002) ancorché originariamente il Pe. avesse sostenuto la natura amichevole e gratuita del rapporto stesso;
ha poi affermato che doveva essere il P. a provare che il rapporto si era concluso per volontà del datore di lavoro, presumendo che sia stato lo stesso lavoratore ad abbandonare il lavoro per motivi personali attinenti ... all'infortunio subito, anzichè considerare che la prova di tale ultima circostanza non poteva non ricadere sul datore di lavoro stesso, tanto più che, ai fini di una eventuale prova delle dimissioni, è necessario verificare che la dichiarazione o il comportamento cui si intende attribuire il valore negoziale di recesso del lavoratore contenga la manifestazione univoca dell'incondizionata volontà di porre fine al rapporto e che questa volontà sia stata comunicata in modo idoneo alla controparte”

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