martedì 17 marzo 2015

 cosa consiste l’offerta di conciliazione introdotta dall’art. 6 del D.lgs. 2015 n. 23 (contratti a tutele crescenti)

In forza dell’art. 6 in caso di licenziamento di lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato assunti dal 7 marzo 2015 il datore di lavoro “al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge” può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 giorni) “in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile[1], e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276[2], e successive modificazioni, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non e' assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario”.

Per tali effetti “la comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui all'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, e' integrata da una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata l'avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di cui al comma 1 e la cui omissione e' assoggettata alla medesima sanzione prevista per l'omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4-bis”.





[1] Ovvero le conciliazioni avvenute in sede giudiziale, innanzi alla DTL e sindacale (art. 410, 411 cpc, 411 terzo comma) o presso le sedi e secondo le modalità  previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni  maggiormente rappresentative (art. 412 ter ) o innanzi al collegio di conciliazione e di arbitrato di cui all’art. 412 quater cpc  
[2] Sono gli  organi  abilitati  alla  certificazione  dei contratti di lavoro, ovvero “le commissioni di certificazione istituite presso:
    a)  gli  enti  bilaterali  costituiti nell'ambito territoriale di riferimento  ovvero  a  livello  nazionale  quando  la commissione di certificazione  sia  costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
    b)  le  Direzioni  provinciali  del lavoro e le province, secondo quanto  stabilito da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche  sociali  entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del presente decreto;
    c)  le  università  pubbliche  e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate nell'albo di cui al comma 2, esclusivamente nell'ambito  di  rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti  di diritto del lavoro di ruolo ai sensi dell'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
    c-bis)  il  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche sociali - Direzione   generale   della   tutela  delle  condizioni  di  lavoro, esclusivamente  nei  casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due province anche di regioni diverse ovvero per  quei  datori  di  lavoro  con  unica sede di lavoro associati ad organizzazioni  imprenditoriali  che  abbiano  predisposto  a livello nazionale  schemi  di  convenzioni  certificati  dalla commissione di certificazione  istituita  presso  il  Ministero  del  lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito delle risorse umane e strumentali già operanti  presso  la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro;
    c-ter)  i  consigli  provinciali dei consulenti del lavoro di cui alla  legge 11 gennaio 1979, n. 12, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento senza nuovi o  maggiori  oneri  per  la  finanza pubblica e comunque unicamente nell'ambito  di  intese  definite tra il Ministero  del lavoro e delle  politiche sociali e il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con  l'attribuzione  a quest'ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi”.

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