cosa consiste l’offerta di
conciliazione introdotta dall’art. 6 del D.lgs. 2015 n. 23 (contratti a tutele
crescenti)
In forza dell’art. 6 in caso di licenziamento di lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato assunti dal 7 marzo 2015 il datore di lavoro “al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge” può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 giorni) “in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile[1], e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276[2], e successive modificazioni, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non e' assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario”.
Per tali effetti “la comunicazione
obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui all'articolo 4-bis
del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, e' integrata da una ulteriore
comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni
dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata
l'avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di cui al comma 1 e la cui
omissione e' assoggettata alla medesima sanzione prevista per l'omissione della
comunicazione di cui al predetto articolo 4-bis”.
[1] Ovvero le conciliazioni
avvenute in sede giudiziale, innanzi alla DTL e sindacale (art. 410, 411 cpc,
411 terzo comma) o presso le sedi e secondo le modalità previste dai contratti collettivi
sottoscritti dalle organizzazioni
maggiormente rappresentative (art. 412 ter ) o innanzi al collegio di
conciliazione e di arbitrato di cui all’art. 412 quater cpc
[2] Sono gli
organi abilitati alla
certificazione dei contratti di lavoro,
ovvero “le commissioni di certificazione
istituite presso:
a) gli enti
bilaterali costituiti nell'ambito
territoriale di riferimento ovvero a
livello nazionale quando
la commissione di certificazione
sia costituita nell'ambito di
organismi bilaterali a competenza nazionale;
b) le Direzioni
provinciali del lavoro e le
province, secondo quanto stabilito da
apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del presente decreto;
c) le università
pubbliche e private, comprese le
Fondazioni universitarie, registrate nell'albo di cui al comma 2,
esclusivamente nell'ambito di rapporti di collaborazione e consulenza
attivati con docenti di diritto del
lavoro di ruolo ai sensi dell'articolo 66 del decreto del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
c-bis) il Ministero
del lavoro e
delle politiche sociali - Direzione generale
della tutela delle
condizioni di lavoro, esclusivamente nei
casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in
almeno due province anche di regioni diverse ovvero per quei
datori di lavoro
con unica sede di lavoro
associati ad organizzazioni
imprenditoriali che abbiano
predisposto a livello nazionale schemi
di convenzioni certificati
dalla commissione di certificazione
istituita presso il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito
delle risorse umane e strumentali già operanti
presso la Direzione generale della
tutela delle condizioni di lavoro;
c-ter) i consigli
provinciali dei consulenti del lavoro di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12, esclusivamente
per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento
senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica e comunque unicamente nell'ambito di
intese definite tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Consiglio nazionale
dei consulenti del lavoro, con
l'attribuzione a quest'ultimo
delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi”.
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