giovedì 1 ottobre 2015

Come è ripartito l’onere della prova nelle cause di demansionamento?


Le sezioni Unite della Cassazione del 2009 n. 5454 hanno sancito: “l’art. 2103, prevede che il datore di lavoro, nell'esercizio del suo potere direttivo, possa conformare il contenuto dell'obbligazione del lavoratore avente ad oggetto la prestazione lavorativa. Da una parte l'esercizio di tale potere è esso stesso oggetto di un'obbligazione strumentale a carico del datore di lavoro che è tenuto a conformare la prestazione lavorativa del lavoratore, il quale ha diritto a svolgerla, sicché l'omessa assegnazione di mansioni configura ex se un inadempimento di tale obbligazione in relazione al quale, ove allegato dal lavoratore, rimasto (illegittimamente) privo di mansioni, a sostegno in ipotesi di una pretesa risarcitoria, nessun onere probatorio grava su quest'ultimo; con riferimento proprio all'ipotesi di allegata inattività del lavoratore e quindi di asserita astensione del datore di lavoro dall'esercizio del potere direttivo v. Cass., sez. lav., 6 marzo 2006, n. 4766, che ha affermato che grava invece sul datore di lavoro l'onere di provare di aver adempiuto a tale obbligazione strumentale conformando la prestazione lavorativa del lavoratore con l'assegnazione di mansioni. D'altra parte l'effettivo esercizio del potere direttivo si colloca su un piano diverso che è quello dei poteri privati ascrivibili alla categoria dei diritti potestativi. Con l'assegnazione delle mansioni è il contenuto dell'obbligazione di svolgere la prestazione lavorativa che viene determinato sicchè con un atto unilaterale del datore di lavoro si hanno effetti giuridici nella sfera del lavoratore il quale, in tal caso, versa in una situazione di soggezione. Proprio perchè si tratta di un potere privato, tipico della subordinazione, il legislatore circonda il suo esercizio di limitazioni e prescrizioni a garanzia del lavoratore e per bilanciare la sua situazione di soggezione. Sotto più profili l'esercizio di tale potere può appalesarsi illegittimo: perchè le mansioni cosi come conformate non sono corrispondenti alla qualifica; o perchè in tal modo si determina una discriminazione; o perchè c'è un motivo illecito quale quello di indiretto contrasto dell'attività sindacale del dipendente. In tal caso il lavoratore può reagire all'esercizio illegittimo di tale potere allegando circostanze di fatto volte a dare fondamento alla denuncia di illegittimità. C'è quindi a suo carico un onere di allegazione, come ritenuto da Cass., sez. lav., 24 ottobre 2005, n. 20523 con riferimento ad un'ipotesi di insufficiente allegazione degli elementi di fatto significativi dell'illegittimità dell'esercizio del potere suddetto mediante l'assegnazione di mansioni non corrispondenti alla qualifica e di conseguente rigetto della domanda; cfr. anche Cass. 18 agosto 1997 n. 7641. Il datore di lavoro a sua volta, convenuto in giudizio in una controversia avente ad oggetto l'assunta illegittimità dell'esercizio di tale potere direttivo, è tenuto a prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda (art. 416 cpc) e può allegare altri fatti che, all'opposto, siano indicativi del legittimo esercizio del potere direttivo. Parimenti l'onere probatorio grava rispettivamente sull'uno e sull'altro in ordine ai fatti che ciascuno allega. Nella specie la Corte d'appello, confermando la valutazione del tribunale, ha ritenuto la "carenza di ogni allegazione quanto alla natura demansionante dei compiti lavorativi afferenti allo specifico incarico" ed ha aggiunto che "gli oneri di allegazione prima, e di prova poi, gravavano esclusivamente sulla parte attrice". Quest'ultima affermazione è corretta in diritto con le precisazioni che si sono sopra fatte, laddove il quarto motivo consiste esclusivamente - e si esaurisce - nella trascrizione della massima estratta da Cass. n. 4766 del 2006 cit. che - come sopra rilevato - riguarda l'ipotesi dell'illegittima astensione del datore di lavoro dall'esercizio del suddetto potere direttivo con conseguente inattività del lavoratore rimasto privo di mansioni e che non autorizza a ritenere che, laddove invece il potere direttivo sia esercitato, il lavoratore che ne denunci l'illegittimo esercizio non sia tenuto ad allegare ed a provare i fatti sintomatici del vizio denunciato.

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