Come è disciplinato il lavoratore con il disabile obbligatoriamente
assunto?
In base all’art. 10 della legge 1999 n. 68 comma 1 “ai
lavoratori assunti” obbligatoriamente “si applica il trattamento
economico e normativo
previsto dalle leggi
e dai contratti collettivi”.
Quale prestazione si può richiedere al disabile?
In base al comma secondo “il datore di lavoro non può chiedere al
disabile una prestazione
non compatibile con le sue minorazioni”.
Cosa succede se si aggravano le condizioni del disabile
obbligatoriamente assunto?
Nel caso
di aggravamento delle
condizioni di salute
o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il
disabile può chiedere che venga
accertata la compatibilità delle mansioni a lui
affidate con il proprio stato di
salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano
accertate le condizioni di salute del
disabile per verificare
se, a causa
delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso
l'azienda.
In tali casi - se si riscontra una
condizione di aggravamento che, sulla base dei
criteri definiti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui
all'articolo 1, comma
4[1], sia
incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia
accertata con riferimento alla variazione
dell'organizzazione del lavoro,
il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del
rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista. Durante
tale periodo il lavoratore può
essere impiegato in
tirocinio formativo.
NB l’accertamento è affidato alla commissione di cui all'articolo 4
della legge 5 febbraio 1992, n. 104[2][3].
Quando è fatta richiesta di accertamento cosa succede?
La richiesta di
accertamento e il
periodo necessario per
il suo compimento non
costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro.
Quando posso risolvere il rapporto per aggravamento ?
Il rapporto
di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i
possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la commissione accerti la
definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda.
(COMMA 3 art. 10 l .
68 del 1999)
NB in base al comma 7 dell’art.
18 della legge 1970 del 1970 “Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo[4] (reintegra con risarcimento sino a 12 mesi) nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4[5], e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile….. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo (reintegra piena oltre indennità da risoluzione a reintegrazione[6]).
Quando posso risolvere il rapporto per gmo o per i casi di procedure di
esubero ex l. 223 del 1991?
In base al comma quarto dell’art.
10: “il
recesso di cui all'articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio1991, n. 223
(licenziamento collettivo), ovvero il
licenziamento per riduzione di personale o per
giustificato motivo oggettivo,
esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, sono annullabili qualora, nel momento della
cessazione del rapporto,
il numero dei rimanenti lavoratori occupati
obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista
all'articolo 3 della presente legge[7]”.
NB
Il lavoratore divenuto invalido nel corso del rapporto di lavoro, e
incluso nella quota di riserva, è destinatario della tutela accordata dall'art.
10 comma 4 l .
68 del 1999, il quale prevede che il licenziamento per riduzione di personale o
per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore
occupato obbligatoriamente, è annullabile qualora, nel momento della cessazione
del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia
inferiore alla quota di riserva prevista dall'art. 3 stessa legge. Trib.
Milano, 12/07/2006
Posso licenziare disciplinarmente l’avviato obbligatoriamente?
“In tema di licenziamento del lavoratore disabile, l'art. 10 comma 4 l . 68 del 1999 - che prevede
l'annullabilità del recesso esercitato nei confronti del lavoratore disabile (o
di categoria equiparata) occupato obbligatoriamente «qualora, nel momento della
cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati
obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva» prevista dal precedente
art. 3 della legge - riguarda soltanto il «recesso di cui all'articolo 4 comma
9 della legge 223 del 1991, ovvero il licenziamento per riduzione di personale
o per giustificato motivo oggettivo» e non anche gli altri tipi di recesso
datoriale. Ne consegue che la norma
non si applica al licenziamento disciplinare, nelle sue diverse configurazioni,
in conformità con l'idea ispiratrice di tutta la l. 68 del 1999 di coniugare la
valorizzazione delle capacità professionali dei disabili (o equiparati) con la
funzionalità economica delle imprese che li assumono”. (Cassa con
rinvio, App. Milano, 12/11/2009) Cass.
civ., Sez. lavoro, 20/09/2012, n. 15873
“Il licenziamento dell'invalido, assunto in base alla normativa sul
collocamento obbligatorio, segue la generale disciplina normativa e
contrattuale solo quando è motivato dalle comuni ipotesi di giusta causa e
giustificato motivo, mentre, ove sia determinato dall'aggravamento
dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo - ai
sensi dell'art. 10 comma 3 l .
68 del 1999, applicabile "ratione temporis" - solo in presenza della
perdita totale della capacità lavorativa, ovvero di una situazione di pericolo
per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli
impianti, il cui accertamento compete all'apposita commissione medica prevista
dalla legge 104 del 1992, cui spetta altresì la verifica dell'impossibilità di
reinserire, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del
lavoro, il disabile all'interno dell'azienda. (Rigetta, App. Napoli,
08/09/2009)” Cass. civ., Sez. lavoro, 12/09/2012, n. 15269
Quali obblighi di comunicazione ha il datore di lavoro in caso di
licenziamento?
In base al comma 5 dell’art. 10 l . 68 del 1999 “in caso di risoluzione del rapporto di
lavoro, il datore di lavoro è
tenuto a darne comunicazione, nel termine di dieci
giorni, agli uffici competenti, al
fine della sostituzione del lavoratore con altro avente
diritto all'avviamento obbligatorio” ed entro 5 giorni al centro per
l’impiego
[1] In
base al comma 4. “L'accertamento
delle condizioni di disabilità di cui al presente articolo, che danno diritto di accedere al sistema per
l'inserimento lavorativo dei disabili,
e' effettuato dalle
commissioni di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
secondo i criteri indicati
nell'atto di indirizzo
e coordinamento emanato
dal Presidente del
Consiglio dei ministri entro centoventi giorni dalla data di
cui all'articolo 23, comma 1. Con
il medesimo atto vengono stabiliti
i criteri e le modalità per
l'effettuazione delle visite sanitarie di controllo della permanenza dello
stato invalidante”.
[2] In
base all’art. 4 della legge 104 del 1992 “Gli
accertamenti relativi alla
minorazione, alle difficoltà, alla necessità
dell'intervento
assistenziale permanente e alla
capacità complessiva individuale residua,
di cui all'articolo
3,sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche
di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre
1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale
e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le
unita' sanitarie locali”.
In
base al comma 2 e ss. dell’art. 1 della legge 1990 n. 295: “Nell'ambito di ciascuna unità sanitaria locale operano una o
più commissioni mediche incaricate di effettuare gli
accertamenti.
Esse
sono composte da un medico specialista in medicina legale
che assume le funzioni di presidente e da due medici di cui
uno scelto prioritariamente tra
gli specialisti in medicina del lavoro. I medici di cui al presente comma sono
scelti tra i
medici dipendenti o convenzionati della
unità sanitaria locale
territorialmente competente.
3.
Le commissioni di
cui al comma
2 sono di volta in volta integrate con
un sanitario in
rappresentanza, rispettivamente,
dell'Associazione nazionale dei
mutilati ed invalidi
civili, dell'Unione italiana ciechi, dell'Ente nazionale per la
protezione e l'assistenza ai
sordomuti e dell'Associazione nazionale
delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali, ogni
qualvolta devono pronunciarsi su
invalidi appartenenti alle rispettive categorie.
4.
In sede di accertamento
sanitario, la persona interessata può farsi assistere dal proprio medico di
fiducia.
[3] La commissione è “integrata
a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento
di cui all'articolo
1, comma 4, della presente
legge, che valuta
sentito anche l'organismo
di cui all'articolo 6, comma 3,
del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come
modificato dall'articolo 6
della presente legge”.
[4] Art. 18 l. 300 del 1970 comma 4 “Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.”
[5] In base all’art. 4 della legge 68 del 1999 “i lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 se hanno subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l'assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all'articolo
[6] Art. 18 l. 330 del 1970 commi1,2,3: “1) Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
2) Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
3) Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
[7]
Art. 3 (Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva)
1.
I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle
loro dipendenze lavoratori
appartenenti alle categorie
di cui all'articolo 1 nella
seguente misura:
a)
sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50
dipendenti;
b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
2.
Per i datori
di lavoro privati
che occupano da 15 a 35 dipendenti l'obbligo
di cui al comma 1 si applica solo in caso di nuove
assunzioni.
3.
Per i partiti
politici, le organizzazioni sindacali
e le organizzazioni che, senza
scopo di lucro, operano nel campo
della solidarietà sociale, dell'assistenza e
della riabilitazione, la
quota di
riserva si computa
esclusivamente con riferimento
al personale
tecnico-esecutivo e svolgente
funzioni amministrative e l'obbligo di cui al comma 1 insorge solo in
caso di nuova assunzione.
4.
Per i servizi di polizia, della protezione civile,
il collocamento dei disabili
e' previsto nei
soli servizi amministrativi.
5.
Gli obblighi di
assunzione di cui al presente
articolo sono sospesi nei confronti
delle imprese che
versano in una
delle situazioni previste dagli
articoli 1 e 3 della legge 23 luglio 1991,n.
223, e successive
modificazioni, ovvero dall'articolo
1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono
sospesi per la durata dei
programmi contenuti nella
relativa richiesta di intervento, in
proporzione all'attività
lavorativa effettivamente sospesa e per
il singolo ambito
provinciale. Gli obblighi sono sospesi inoltre
per la durata
della procedura di
mobilità disciplinata dagli articoli
4 e 24 della legge 23 luglio
1991, n.223, e successive modificazioni, e, nel caso in cui
la procedura si concluda con almeno
cinque licenziamenti, per il
periodo in cui permane il diritto
di precedenza all'assunzione previsto dall'articolo 8, comma 1, della
stessa legge.
6.
Agli enti pubblici economici si
applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati.
7.
Nella quota di riserva sono
computati i lavoratori che vengono assunti
ai sensi della
legge 21 luglio 1961, n. 686, e successive modificazioni, nonché
della legge 29 marzo 1985, n. 113, e della legge 11
gennaio 1994, n. 29.
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