giovedì 23 luglio 2015

Come è disciplinato il lavoratore con il disabile obbligatoriamente assunto?


In base all’art. 10 della legge 1999 n. 68 comma 1 “ai  lavoratori assunti” obbligatoriamente “si applica il trattamento   economico  e  normativo  previsto  dalle  leggi  e  dai contratti collettivi”.

Quale prestazione si può richiedere al disabile?

In base al comma secondo “il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione
non compatibile con le sue minorazioni”.

Cosa succede se si aggravano le condizioni del disabile obbligatoriamente assunto?

Nel  caso  di  aggravamento  delle  condizioni  di  salute  o  di significative  variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile può  chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui  affidate  con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di  salute  del  disabile  per  verificare  se,  a  causa  delle  sue minorazioni,  possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda.

In tali casi - se si riscontra una condizione di aggravamento che, sulla base dei  criteri  definiti  dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo  1,  comma  4[1],  sia  incompatibile  con  la prosecuzione dell'attività  lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento   alla  variazione  dell'organizzazione  del  lavoro,  il disabile  ha  diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro  fino  a che l'incompatibilità persista. Durante tale periodo il  lavoratore  può  essere  impiegato  in  tirocinio formativo.

NB l’accertamento è affidato alla commissione di cui all'articolo 4 della  legge  5 febbraio 1992, n. 104[2][3].
Quando è fatta richiesta di accertamento cosa succede?

La richiesta  di  accertamento  e  il  periodo  necessario  per  il  suo compimento  non  costituiscono  causa  di sospensione del rapporto di lavoro. 

Quando posso risolvere il rapporto per aggravamento  ?

Il  rapporto  di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche   attuando  i  possibili  adattamenti  dell'organizzazione  del lavoro,  la commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda. (COMMA 3 art. 10 l. 68 del 1999)

NB in base al comma 7 dell’art. 18 della legge 1970 del 1970 “Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo[4] (reintegra con risarcimento sino a 12 mesi) nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4[5], e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile….. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo (reintegra piena oltre indennità da risoluzione a reintegrazione[6]).

Quando posso risolvere il rapporto per gmo o per i casi di procedure di esubero ex l. 223 del 1991?

In base al comma quarto dell’art. 10: “il  recesso di cui all'articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio1991,  n.  223 (licenziamento collettivo),  ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per  giustificato  motivo  oggettivo,  esercitato  nei  confronti del lavoratore  occupato obbligatoriamente, sono annullabili qualora, nel momento  della  cessazione  del  rapporto,  il  numero  dei rimanenti lavoratori  occupati  obbligatoriamente  sia  inferiore alla quota di riserva prevista all'articolo 3 della presente legge[7].

NB

Il lavoratore divenuto invalido nel corso del rapporto di lavoro, e incluso nella quota di riserva, è destinatario della tutela accordata dall'art. 10 comma 4 l. 68 del 1999, il quale prevede che il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista dall'art. 3 stessa legge. Trib. Milano, 12/07/2006

Posso licenziare disciplinarmente l’avviato obbligatoriamente?

“In tema di licenziamento del lavoratore disabile, l'art. 10 comma 4 l. 68 del 1999 - che prevede l'annullabilità del recesso esercitato nei confronti del lavoratore disabile (o di categoria equiparata) occupato obbligatoriamente «qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva» prevista dal precedente art. 3 della legge - riguarda soltanto il «recesso di cui all'articolo 4 comma 9 della legge 223 del 1991, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo» e non anche gli altri tipi di recesso datoriale. Ne consegue che la norma non si applica al licenziamento disciplinare, nelle sue diverse configurazioni, in conformità con l'idea ispiratrice di tutta la l. 68 del 1999 di coniugare la valorizzazione delle capacità professionali dei disabili (o equiparati) con la funzionalità economica delle imprese che li assumono”. (Cassa con rinvio, App. Milano, 12/11/2009) Cass. civ., Sez. lavoro, 20/09/2012, n. 15873

“Il licenziamento dell'invalido, assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio, segue la generale disciplina normativa e contrattuale solo quando è motivato dalle comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre, ove sia determinato dall'aggravamento dell'infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo - ai sensi dell'art. 10 comma 3 l. 68 del 1999, applicabile "ratione temporis" - solo in presenza della perdita totale della capacità lavorativa, ovvero di una situazione di pericolo per la salute e l'incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, il cui accertamento compete all'apposita commissione medica prevista dalla legge 104 del 1992, cui spetta altresì la verifica dell'impossibilità di reinserire, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, il disabile all'interno dell'azienda. (Rigetta, App. Napoli, 08/09/2009)” Cass. civ., Sez. lavoro, 12/09/2012, n. 15269



Quali obblighi di comunicazione ha il datore di lavoro in caso di licenziamento?

In base al comma 5 dell’art. 10 l. 68 del 1999 “in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è  tenuto  a  darne comunicazione, nel termine di dieci giorni, agli uffici  competenti,  al  fine  della  sostituzione del lavoratore con altro avente diritto all'avviamento obbligatorio” ed entro 5 giorni al centro per l’impiego





[1] In base al comma  4.  “L'accertamento delle condizioni di disabilità di cui al presente articolo,  che danno diritto di accedere al sistema per l'inserimento lavorativo  dei  disabili,  e'  effettuato  dalle  commissioni di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, secondo i criteri indicati   nell'atto   di   indirizzo  e  coordinamento  emanato  dal  Presidente  del  Consiglio dei ministri entro centoventi giorni dalla data  di  cui  all'articolo 23, comma 1. Con il medesimo atto vengono stabiliti  i  criteri e le modalità per l'effettuazione delle visite sanitarie di controllo della permanenza dello stato invalidante”.

[2] In base all’art. 4 della legge 104 del 1992  “Gli accertamenti relativi alla  minorazione,  alle  difficoltà, alla  necessità  dell'intervento  assistenziale  permanente  e  alla capacità complessiva individuale residua,  di  cui  all'articolo  3,sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre  1990,  n.  295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto  nei  casi da esaminare, in servizio presso le unita' sanitarie locali”.

In base al comma 2 e ss. dell’art. 1 della legge 1990 n. 295: “Nell'ambito  di  ciascuna unità sanitaria locale operano una o più commissioni mediche incaricate di effettuare  gli  accertamenti.
Esse  sono  composte  da un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medici di  cui  uno  scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro. I medici di cui al presente comma  sono  scelti  tra  i  medici  dipendenti  o convenzionati   della   unità   sanitaria   locale  territorialmente competente.
3.  Le  commissioni  di  cui  al  comma  2  sono  di volta in volta integrate  con  un  sanitario  in  rappresentanza,   rispettivamente, dell'Associazione   nazionale   dei   mutilati  ed  invalidi  civili, dell'Unione italiana ciechi, dell'Ente nazionale per la protezione  e l'assistenza   ai   sordomuti  e  dell'Associazione  nazionale  delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali,  ogni  qualvolta  devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie.
 4.  In  sede di accertamento sanitario, la persona interessata può farsi assistere dal proprio medico di fiducia.


[3] La commissione è “integrata a norma dell'atto di indirizzo  e  coordinamento  di  cui  all'articolo  1, comma 4, della presente   legge,   che  valuta  sentito  anche  l'organismo  di  cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469,  come  modificato  dall'articolo  6  della  presente  legge”.



[4] Art. 18 l. 300 del 1970 comma 4 “Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma.”






[5]
  In base all’art. 4 della legge 68 del 1999 “i  lavoratori  che  divengono  inabili  allo  svolgimento  delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non  possono essere computati nella quota di riserva  di  cui  all'articolo  3  se hanno subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per  cento  o,  comunque,  se   sono   divenuti   inabili   a   causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato  in  sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza  ed  igiene  del lavoro. Per i predetti lavoratori  l'infortunio  o  la  malattia  non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel  caso  in  cui essi  possano  essere  adibiti  a  mansioni  equivalenti  ovvero,  in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione  a  mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del  più  favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora  per i predetti lavoratori non sia  possibile  l'assegnazione  a  mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi  vengono  avviati,  dagli  uffici competenti di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra  azienda,  in attività compatibili con  le  residue  capacità  lavorative,  senza inserimento nella graduatoria di cui all'articolo 8”.






[6] Art. 18 l. 330 del 1970 commi1,2,3: “1) Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale. 


2) Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.


3) Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
[7] Art. 3 (Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva)
1.  I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro   dipendenze  lavoratori  appartenenti  alle  categorie  di  cui all'articolo 1 nella seguente misura:
a)  sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
2.  Per  i  datori  di  lavoro  privati  che  occupano  da  15 a 35 dipendenti  l'obbligo  di  cui  al comma 1 si applica solo in caso di nuove assunzioni.
 3.  Per  i  partiti  politici,  le  organizzazioni  sindacali  e le organizzazioni  che,  senza  scopo  di lucro, operano nel campo della solidarietà  sociale,  dell'assistenza  e  della  riabilitazione, la quota  di  riserva  si  computa  esclusivamente  con  riferimento  al personale  tecnico-esecutivo  e  svolgente  funzioni amministrative e l'obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione.
4.  Per  i  servizi di polizia, della protezione civile, il collocamento    dei   disabili   e'   previsto   nei   soli   servizi amministrativi.
5.  Gli  obblighi  di  assunzione  di cui al presente articolo sono sospesi  nei  confronti  delle  imprese  che  versano  in  una  delle situazioni  previste dagli articoli 1 e 3 della legge 23 luglio 1991,n.  223,  e  successive  modificazioni,  ovvero  dall'articolo  1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla  legge  19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono sospesi per la  durata  dei  programmi  contenuti  nella  relativa  richiesta  di intervento,  in  proporzione  all'attività lavorativa effettivamente sospesa  e  per  il  singolo  ambito  provinciale.  Gli obblighi sono sospesi   inoltre   per   la  durata  della  procedura  di  mobilità disciplinata  dagli  articoli  4  e 24 della legge 23 luglio 1991, n.223,  e  successive modificazioni, e, nel caso in cui la procedura si concluda  con  almeno  cinque  licenziamenti,  per  il periodo in cui permane    il   diritto   di   precedenza   all'assunzione   previsto dall'articolo 8, comma 1, della stessa legge.
6.  Agli  enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati.
7.  Nella  quota di riserva sono computati i lavoratori che vengono assunti  ai  sensi  della  legge 21 luglio 1961, n. 686, e successive modificazioni,  nonché  della  legge  29 marzo 1985, n. 113, e della legge 11 gennaio 1994, n. 29.

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