mercoledì 16 settembre 2015

In presenza di dolo del terzo che ha cagionato l’incidente può determinare l’infortunio in itinere?

Per le sezioni unite: Cass. civ. Sez. Unite, 07/09/2015, n. 17685

“In materia di infortuni sul lavoro, la espressa introduzione nell'art. 2 DPR 1124 del 1965ex art. 12 Dlgs 38/2000, dell'ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere, non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità, ai fini della indennizzabilità dell'evento, non solo della causa violenta, ma anche dell'occasione di lavoro. In caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va, dunque, esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare l'occasione di lavoro, in quanto il collegamento tra l'evento ed il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro risulti assolutamente marginale e basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica. Di talché non è indennizzabile l'infortunio subito dal lavoratore sul percorso casa-lavoro in orario prossimo all'inizio della prestazione, qualora concernente la vita personale del soggetto, del tutto scollegato all'adempimento dell'obbligazione lavorativa o dal percorso per recarsi presso la sede datoriale”.


Ecco la motivazione:

“In particolare, con riguardo all'infortunio in itinere riconducibile al fatto doloso del terzo, la citata ordinanza interlocutoria ha evidenziato che una prima opzione interpretativa, fatta propria da Cass. 10-7-2012 n. 11545 e da Cass. 14-2-2008 n. 3776, tende ad estendere il concetto di infortunio assicurato affermando il principio secondo cui "in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l'entrata in vigore del DL 38 del 2000, è indennizzabile l'infortunio occorso al lavoratore in itinere, ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell'assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell'attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo" (nel medesimo solco cfr. fra le altre anche Cass. 27-2-2002 n. 2942, Cass. 13-12-2000 n. 15691).
L'opposto indirizzo (espresso da Cass. 11-6-2009 n. 13599, che richiama Cass. 23-2-1989 n. 1017, Cass. 19-1-1998 n. 447 e Cass. 29- 10-1998 n. 10815) ritiene invece che non sia possibile ignorare il preciso elemento normativo dell'occasione di lavoro, sicchè per la configurazione dell'infortunio indennizzabile è necessario che la causa violenta sia connessa all'attività lavorativa, nel senso che inerisca alla suddetta attività o che sia almeno occasionata dal suo esercizio. In particolare Cass. n. 13599/2009 cit. ha affermato che "in tema di indennizzabilità dell'infortunio in itinere, si sottrae a censure la decisione di merito che, a fronte dell'omicidio del lavoratore, ad opera di ignoti, nel tragitto percorso per recarsi al lavoro, ha ravvisato tra prestazione lavorativa ed evento una mera coincidenza cronologica e topografica, un indizio del nesso di occasionalità.... escludendo qualsiasi collegamento oggettivo tra evento, esecuzione del lavoro e itinerario seguito per raggiungere il luogo di lavoro a bordo della propria autovettura".
L'ordinanza evidenzia, inoltre, che in tale secondo indirizzo si inseriscono anche quelle pronunce (da ultimo Cass. 17-6-2014 n. 13733) secondo le quali, in materia di infortunio sul lavoro, il Dlgs 38 del 2000, art. 12, che ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio in itinere, disciplinandolo nell'ambito della nozione di "occasione di lavoro" di cui al DPR 1124 del 1965, art. 2, esprime criteri normativi (come quelli di "interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate") che delimitano l'operatività della garanzia assicurativa, condizionando la indennizzabilità dell'infortunio alla sussistenza di un vincolo "obiettivamente ed intrinsecamente apprezzabile con la prestazione dell'attività lavorativa" e all'accertamento di "una relazione tra l'attività lavorativa ed il rischio al quale il lavoratore è esposto, indispensabile a concretizzare quel "rischio specifico improprio" o "generico aggravato" che rientra nella ratio del DPR 1124 del 1965, art. 2 citato.
Al di là di tali concetti più o meno ampi elaborati dalla giurisprudenza e dalla dottrina, osserva il Collegio che la soluzione del contrasto non può che rinvenirsi nel presupposto richiesto della "occasione di lavoro", che costituisce il criterio di collegamento con l'attività lavorativa che giustifica la tutela differenziata, costituzionalmente garantita, rispetto ad altri eventi dannosi, e che, in sostanza, pur evolutosi in senso estensivo, fino a ricomprendere nella tutela tutte le attività prodromiche e strumentali all'esecuzione della prestazione lavorativa (v. fra le altre Cass. 28-7-2004 n. 14287, Cass. 4-8-2005 n. 16417) e tutte le condizioni, comprese quelle ambientali e socio - economiche, in cui l'attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall'apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore (col solo limite, in quest'ultimo caso, del c.d. rischio elettivo) (v. fra le altre Cass. 27-2-2002 n. 2942, Cass. 23-7-2012 n. 12779, Cass. 5-1-2015 n. 6), è rimasto pur sempre ancorato ad un rapporto, seppure mediato e indiretto, comunque non assolutamente marginale tra l'evento ed il lavoro (cfr. già C. Cost. 462/1989), in modo cioè che l'infortunio sia in qualche modo "occasionato" dal lavoro stesso.
D'altra parte, come è stato più volte affermato da questa Corte (v.fra le altre Cass. 6-7-2007 n. 15266, Cass. 17-6-2014), il Dlgs 38 del 2000 art. 12, ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio in itinere, già elaborata dalla giurisprudenza, inserendola nell'ambito della nozione di "occasione di lavoro" di cui al DPR 1965 n. 1125 art. 2, di guisa che è indubbio che il "comma aggiunto" non può che essere pur sempre letto nel quadro del sistema delineato dal citato art. 2, che al primo comma detta la norma fondamentale della materia, secondo la quale l'assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in "occasione di lavoro".
In tale quadro, quindi, in primo luogo, come evidenziato da Cass. n. 13599/2009 cit., anche con riferimento all'infortunio in itinere, già anteriormente al DLGS 38 del 2000, non era "possibile ignorare il preciso elemento normativo dell'occasione di lavoro" (principio questo che "è valso ad escludere l'occasione di lavoro, in particolare, per gli omicidi in alcun modo connessi con il lavoro, sul rilievo che la "mera presenza" dell'infortunato sul posto di lavoro e la coincidenza temporale dell'infortunio con la prestazione lavorativa, costituiscono soltanto un "indizio" della sussistenza del rapporto "occasionale" e non prova di esso, posto che non può escludersi - specie quando trattasi di omicidio volontario - che l'evento dannoso sarebbe stato comunque consumato dall'aggressore, ricercando l'occasione propizia anche in tempo e luogo diversi da quelli della prestazione di lavoro Cass. 23 febbraio 1989, n. 1017, Cass. 19 gennaio 1998, n. 447, Cass. 29 ottobre 1998, n. 10815").
Tale complesso di regole e principi, poi, come puntualmente ha chiarito la stessa sentenza n. 13599/2009, "non risulta in alcun modo derogato per effetto dell'introduzione dell'ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere". Il comma aggiunto dal DLGS 38 del 2000 art. 12, al DPR 195 n. 1124 art. 2, "alle condizioni specificamente previste assimila gli spostamenti necessari per recarsi sul luogo di lavoro all'esecuzione della prestazione, ma chiaramente non incide sul requisito dell'occasione di lavoro, da riferire, in tal caso al nesso con la necessità degli spostamenti e dei percorsi".
In particolare in questa prospettiva la detta sentenza ha collocato anche Cass. n. 3776/2008 cit., che ha ravvisato l'occasione di lavoro "nella rapina subita dal lavoratore in itinere e allo scopo di sottrargli il mezzo privato adoperato (motoveicolo), così individuando il collegamento con il lavoro nel possesso di un bene patrimoniale, quale strumento necessario attraverso il quale si realizzava l'iter protetto".
La stessa sentenza n. 13599/2009 ha poi affermato che "del resto, più in generale, va considerato che l'itinerario seguito e i mezzi di locomozione adoperati presentano sempre un nesso di occasionalità necessaria con episodi delittuosi diretti a colpire vittime casuali", mentre, invece, tale nesso legittimamente (e con accertamento di fatto congruamente motivato) era stato escluso dal giudice di merito in un caso di omicidio del lavoratore, ad opera di ignoti, nel tragitto percorso per recarsi al lavoro, caratterizzato soltanto da una mera coincidenza cronologica e topografica (costituente, appunto, un semplice indizio, e non una prova, del nesso di occasionalità, peraltro in quel caso anche smentito da altri indizi).
Orbene ritiene il Collegio di condividere tale secondo indirizzo in quanto basato su una corretta interpretazione logico-sistematica della norma in esame, laddove l'indirizzo opposto - oltremodo estensivo, inspiegabilmente, però, soltanto con riferimento all'infortunio in itinere - si fonda esclusivamente su una interpretazione del comma aggiunto meramente letterale e del rutto avulsa dal contesto e dalla norma fondamentale di cui al comma 1.
Peraltro, a ben vedere, Cass. n. 3776/2008 cit. in motivazione, sulla scia dei precedenti di questa Corte, aveva affermato che "il requisito dell'occasione di lavoro implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio ricollegabile allo svolgimento dell'attività lavorativa in modo diretto o indiretto, con il solo limite del rischio elettivo o della totale estraneità del rischio - che non si richiede essere tipico o normale - all'attività lavorativa" ("totale estraneità" che non si rinviene nella relativa massima e che, in effetti, è stata ignorata da Cass. n. 11545/2012 cit., che ha semplicemente richiamato la massima di Cass. n. 3776/2008, così ipotizzando soltanto il limite del "rischio elettivo").
Per tali ragioni va riaffermato il principio secondo cui "la espressa introduzione dell'ipotesi legislativa dell'infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della "causa violenta" ma anche della "occasione di lavoro", con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare la "occasione di lavoro" in quanto il collegamento tra l'evento e il "normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro" risulti assolutamente marginai basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografi (come nel caso in cui il fatto criminoso sia riconducibile a rapporti personali tra l'aggressore e la vittima del tutto estranei all'attività lavorativa ed a situazioni di pericolo individuale, alle quali la sola vittima è, di fatto, esposta ovunque si rechi o si trovi, indipendentemente dal percorso seguito per recarsi al lavoro).
Orbene, nel caso in esame la Corte territoriale ha rilevato che "nella specie A.O., nonostante si trovasse sul percorso casa-azienda in orario prossimo all'inizio del lavoro, ha subito un rischio che riguarda la sua vita personale, del tutto scollegato all'adempimento dell'obbligazione lavorativa o dal percorso per recarsi in azienda", essendo stata "aggredita e accoltellata dal proprio convivente" (come da accertamenti dell'INAIL), evento questo che "ha spezzato ogni nesso" con la prestazione lavorativa.
Tale accertamento di fatto, congruamente motivato, risulta conforme all'indirizzo come sopra riaffermato e resiste ai primi due motivi di ricorso (con assorbimento degli altri due motivi).
Del resto il detto accertamento non è in alcun modo inficiato dalla circostanza che la A. all'epoca del decesso risultasse anagraficamente ancora nello stato di famiglia del coniuge, circostanza questa irrilevante ai fini della decisione (fondata, in sostanza, come sopra, sulla accertata mancanza della "occasione di lavoro").


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