mercoledì 2 marzo 2016

Come è disciplinato il congedo straordinario ex art. 42 comma 5 Dlgs 151 del 2001?

I soggetti destinatari[1]

In base al comma 5 art. 42 Dlgs 151 del 2001:

“Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art. 4 comma 1 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo art. 4 della legge 8 marzo 2000 n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta”.

oppure

In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti[2] del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi;

oppure

in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi;

oppure

 in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi. 


Durata

Il comma 5 bis stabilisce:

“Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa”[3].

Condizione della persona da assistere

In base al comma 5 bis: secondo periodo

“Il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza”[4].

Quanti possono godere del congedo[5]

“Il congedo ed i permessi di cui all’art. 33 comma 3  l. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'art. 33 commi 2 e 3 della legge 1992 n. 104 e art. 33 comma 1 del presente decreto”

Indennità

In base al comma 5 ter[6]
Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo dell'indennità dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l'assicurazione per le prestazioni di maternità, l'indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all'art. 1 del DL 30 dicembre del 1979  n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980 n. 33[7].

NB
5-quater.  I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al comma 5 per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa.

 NB
5-quinquies.  Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'art. 4 comma 2 della legge 8 marzo 2000 n. 53[8].








[1] Come indicato dalla circolare Inps 6 marzo 2012 n. 32 paragrafo 3.1. SOGGETTI AVENTI DIRITTO: Il nuovo disposto ridefinisce la platea dei destinatari del congedo straordinario recependo i contenuti delle sentenze della Corte costituzionale intervenute sulla normativa in materia (sentenze n. 233 del 16/6/2005, n. 158 del 18/4/2007, n. 19 del 26 /1/2009).
Il testo novellato del comma 5 dell’ art. 42 del decreto legislativo n. 151/2001, preso atto del dictum della Consulta, stabilisce un nuovo ordine di priorità dei soggetti aventi diritto alla fruizione del congedo straordinario che degrada solo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei primi. In particolare, i beneficiari usufruiranno del congedo straordinario, secondo il seguente ordine:
  1. il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità;
  2. il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;
  3. uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Si precisa, al riguardo, che la possibilità di concedere il beneficio ai figli conviventi si verifica nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente ed entrambi i genitori) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti);
  4. uno dei fratelli o sorelle conviventi nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Anche in tale fattispecie la possibilità di concedere il beneficio ai fratelli conviventi si verifica solo nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente, entrambi i genitori e tutti i figli conviventi) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti).

[2] Come indicato dalla circolare Inps 6 marzo 2012 n. 32 “Si ribadisce, inoltre, quanto precisato con la circolare Inps n. 155/2010 in merito alle espressioni “mancanti” e “patologie invalidanti”. Per quanto concerne la “mancanza”, si precisa che essa deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono.
In tale ipotesi il richiedente dovrà indicare gli elementi necessari per l’individuazione dei provvedimenti, ovvero produrre la dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000.
Ai fini dell’individuazione delle patologie invalidanti, invece, in assenza di un’esplicita definizione di legge, sentito il Ministero della Salute, si ritiene corretto prendere a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale  n. 278 del 21 luglio 2000 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della L. 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari), che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000  (all. 2).
In tale caso il richiedente dovrà allegare, in busta chiusa, indirizzata all’ Unità Operativa Complessa/Unità Operativa Semplice (UOC/UOS) territorialmente competente, idonea documentazione del medico specialista del servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato o del medico di medicina generale o della struttura sanitaria nel caso di ricovero o intervento chirurgico per l’opportuna valutazione medico legale.



La circolare 155 del 2010 indicava: La normativa novellata prevede, quindi, la possibilità di passare dal secondo al terzo grado di parentela, oltre che nel caso di decesso del coniuge o dei genitori del disabile, anche qualora questi siano “mancanti”. Al riguardo, si chiarisce che l’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.


La possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti), poiché nella norma viene utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”). 


Per quanto concerne le patologie invalidanti, in assenza di un’esplicita definizione di legge, sentito il Ministero della salute, ai fini dell’individuazione di tali patologie si ritiene corretto prendere a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale - Ministro per la Solidarietà Sociale, di concerto con i Ministri della Sanità, del Lavoro e della Previdenza Sociale e per le Pari Opportunità - n. 278 del 21 luglio 2000, Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della L. 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari, che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000 (all. 2).


Quindi, nell’ipotesi in cui il coniuge o i genitori del soggetto in situazione di disabilità grave siano affetti dalle patologie sopra elencate, l’assistenza potrà essere esercitata anche da parenti o affini entro il terzo grado. 


La legge n. 183/2010 interviene sull’articolo 33, comma 3, della legge 104/92 eliminando le parole “successivamente al compimento del terzo anno di età del disabile” e a seguito di tale modifica, viene introdotta anche per i parenti e gli affini del minore di tre anni in situazione di disabilità grave la possibilità di godere dei tre giorni di permesso mensili. Detta possibilità riguarda anche i genitori di un minore di tre anni in situazione di disabilità grave quale alternativa allealtre prerogative previste dal decreto legislativo 151/2001 (prolungamento del congedo parentale o due ore di permesso al giorno).

[3] In base alla circolare 32 del 2012 par. 3.3. DURATA DEL CONGEDO STRAORDINARIO

Il novellato comma 5-bis dell’art. 42 del decreto legislativo n. 151/2001 precisa che “il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa”.
Destinatario della norma in esame è la persona disabile in situazione di gravità: questi ha diritto a due anni di assistenza a titolo di congedo straordinario da parte dei familiari individuati dalla legge.
Al riguardo si deve tener conto, altresì, che “i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni” (art. 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53).
Pertanto, dovendosi considerare il congedo straordinario compreso nell’ambito massimo di due anni nell’arco della vita lavorativa, si chiarisce, a titolo esemplificativo, che utilizzati i due anni, ad esempio per il primo figlio, il genitore avrà esaurito anche il limite individuale per “gravi e documentati motivi familiari”.
In tale caso il congedo straordinario potrà essere fruito, oltre che dall’altro genitore, anche, nei casi previsti dalla legge, dal coniuge, dai figli o dai fratelli del soggetto con handicap grave (es. il secondo figlio disabile), naturalmente con decurtazione di eventuali periodi dagli stessi utilizzati a titolo di congedo per gravi e documentati motivi familiari.
Si chiarisce, altresì, che, trattandosi di limite massimo individuale, ad un lavoratore o una lavoratrice che nel tempo avesse fruito (anche per motivi non riguardanti il disabile in situazione di gravità), ad es., di un anno e quattro mesi di permessi anche non retribuiti “per gravi e documentati motivi familiari”, il congedo straordinario di cui trattasi potrà essere riconosciuto solo nel limite di otto mesi: ovviamente la differenza fino ai due anni - e cioè un anno e quattro mesi - potrà invece essere riconosciuta all’altro genitore (purchè questi non abbia mai fruito di congedo per motivi familiari o ne abbia beneficiato per non oltre otto mesi: si veda al riguardo la circolare n. 64/2001).

[4] In base a circolare 32 del 2012:  
La nuova normativa (art. 3, comma 1, lett. a ed art. 4, comma 1, lett. b del decreto legislativo n. 119/2011), nel ribadire l’assenza di ricovero a tempo pieno della persona disabile in situazione di gravità quale presupposto per la concessione sia dei permessi ex lege 104/92 sia del congedo straordinario, introduce alcune eccezioni.
  • I genitori potranno fruire del prolungamento del congedo parentale (art. 33, decreto legislativo n. 151/2001) nell’ipotesi di ricovero di un disabile in situazione di gravità, qualora sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore;
  • gli aventi diritto potranno fruire del congedo straordinario (art. 42, comma 5, decreto legislativo n. 151/2001) nell’ipotesi di ricovero di un disabile in situazione di gravità qualora sia richiesta dai sanitari la presenza del familiare.
Si ribadisce che per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa.
A titolo esemplificativo, tenuto conto anche di quanto normativamente previsto per i permessi ex lege 104/92, si elencano di seguito alcune ipotesi che fanno eccezione al requisito della assenza del ricovero a tempo pieno sia per quanto concerne i suddetti permessi (prolungamento del congedo parentale, riposi orari, permessi giornalieri) sia relativamente al congedo straordinario:
  • interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate (messaggio n. 14480 del 28 maggio 2010);
  • ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine (circolare n. 155 del 3 dicembre 2010, p.3);
  • ricovero a tempo pieno di un soggetto disabile in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi precedentemente prevista per i soli minori (circolare n. 155 del 3 dicembre 2010, p.3).

[5] In base alla circolare 32 del 2012 3.2. REFERENTE UNICO

Il nuovo comma 5-bis dell’ art. 42 del decreto legislativo n. 151/2001 estende anche al congedo straordinario il principio del “referente unico” già introdotto dall’art. 24 della legge n. 183/2010 per i permessi ex lege 104/92.
In particolare stabilisce che il congedo straordinario di cui all’ art. 42 citato ed i permessi di cui all’art. 33 della legge n. 104/92 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona disabile in situazione di gravità.
Pertanto, qualora per l’assistenza ad una persona disabile in situazione di gravità risulti già esistente un titolare di permessi ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104/92, un eventuale periodo di congedo straordinario potrà essere autorizzato solo in favore dello stesso soggetto già fruitore dell’altro beneficio.
Il nuovo comma 5-bis, tuttavia, dando rilievo alla particolarità del rapporto genitoriale, prevede specifiche disposizioni in deroga a favore dei genitori. Infatti, ai genitori, anche adottivi, di figli disabili in situazione di gravità viene riconosciuta la possibilità di fruire di entrambe le tipologie di  benefici per lo stesso figlio anche alternativamente, fermo restando che nel giorno in cui un genitore fruisce dei permessi, l’altro non può utilizzare il congedo straordinario.
La fruizione di tali benefici deve intendersi alternativa, trattandosi di istituti rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità.

[6] In base alla circolare 32 del 2012 par. 3.4. MISURA DELLA PRESTAZIONE

Il nuovo comma 5-ter dell’art. 42 del decreto legislativo n. 151/2001 stabilisce che il richiedente il congedo straordinario ha diritto a percepire un’ indennità corrispondente all’ultima retribuzione, ma con riferimento esclusivamente alle voci fisse e continuative del trattamento.
L’indennità, pertanto, è corrispostanella misura dell’ultima retribuzione percepita e cioè quella dell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo, esclusi gli emolumenti variabili della retribuzione. Il tetto massimo complessivo dell’indennità per congedo straordinario e del relativo accredito figurativo è rivalutato annualmente secondo gli indici Istat.
Ai sensi del successivo comma 5-quater (anch’esso introdotto dall’ art. 4 del decreto legislativo n. 119/2011) la fruizione di un periodo di congedo straordinario  continuativo non superiore a sei mesi, matura il diritto a fruire  di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza il riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa.
Il comma 5-quinquies stabilisce che i periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima e trattamento di fine rapporto, ma, essendo coperti da contribuzione figurativa, sono validi ai fini del calcolo dell’anzianità assicurativa.


[7] A decorrere dal 1° gennaio 1980, per i lavoratori dipendenti, salvo quanto previsto dal successivo sesto comma, le indennità di malattia e di maternità di cui all'articolo 74 primo comma, della legge 1978 n. 833, sono corrisposte agli aventi diritto a cura dei datori di lavoro all'atto della corresponsione della retribuzione per il periodo di paga durante il quale il lavoratore ha ripreso l'attività lavorativa, fermo restando l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere anticipazioni a norma dei contratti collettivi e, in ogni caso, non inferiori al 50 per cento della retribuzione del mese precedente, salvo conguaglio .
Il datore di lavoro deve comunicare nella denuncia contributiva, con le modalità che saranno stabilite dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, i dati relativi alle prestazioni economiche di malattia e di maternità, nonché alla prestazione ai donatori di sangue di cui alla legge 13 luglio 1967 . 584, e all'indennità per riposi giornalieri alle lavoratrici madri di cui all'articolo 8 della l. 1977 n. 903, erogate nei periodi di paga, scaduti nel mese al quale si riferisce la denuncia stessa, ponendo a conguaglio l'importo complessivo di detti trattamenti con quelli dei contributi e delle altre somme dovute dall'Istituto predetto secondo le disposizioni previste in materia di assegni familiari, in quanto compatibili.
Le prestazioni di cui al primo comma, indebitamente erogate al lavoratore e poste a conguaglio, sono recuperate dal datore di lavoro sulle somme dovute a qualsiasi titolo in dipendenza del rapporto di lavoro e restituite all'Istituto nazionale della previdenza sociale.
Qualora il datore di lavoro non possa recuperare le somme stesse, è tenuto a darne comunicazione all'Istituto, che provvederà direttamente al relativo recupero.
Nel caso che dalla denuncia contributiva risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro, l'INPS è tenuto a rimborsare l'importo del saldo a credito del datore di lavoro entro novanta giorni dalla presentazione della denuncia stessa; scaduto il predetto termine, l'Istituto è tenuto a corrispondere sulla somma risultante a credito gli interessi legali a decorrere dal novantesimo giorno, e gli interessi legali maggiorati di 5 punti, a decorrere dal centottantesimo giorno. Qualora la denuncia contributiva risulti inesatta o incompleta, il termine di novanta giorni decorre dalla data in cui il datore di lavoro abbia provveduto a rettificare o integrare la denuncia stessa .
L'Istituto nazionale della previdenza sociale provvede direttamente al pagamento agli aventi diritto delle prestazioni di malattia e maternità per i lavoratori agricoli, esclusi i dirigenti e gli impiegati; per i lavoratori assunti a tempo determinato per i lavori stagionali; per gli addetti ai servizi domestici e familiari; per i lavoratori disoccupati o sospesi dal lavoro che non usufruiscono del trattamento di Cassa integrazione guadagni .
Si applicano comunque le modalità disciplinate dai primi cinque commi del presente articolo, nei casi in cui esse siano previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria .
Ai soci delle compagnie del danno industriale e carenanti di Genova vengono assicurate le prestazioni di cui all'articolo 3, punto e), della legge 1967 n. 161, che sono poste a carico del fondo assistenza sociale lavoratori portuali di cui alla suddetta legge attraverso appositi accordi e convenzioni da stipularsi tra gli organismi interessati .
Il datore di lavoro è tenuto a comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale i dati retributivi ed ogni altra notizia necessaria per la determinazione delle prestazioni.
Il Ministro del lavoro della previdenza sociale, sentito il consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, in relazione a particolari situazioni e tenuto conto delle esigenze dei lavoratori e dell'organizzazione aziendale, può con proprio decreto stabilire sistemi diversi per la corresponsione delle prestazioni di cui al presente articolo.
Chiunque compia atti preordinati a procurare a sé o ad altri le prestazioni economiche per malattia e per maternità non spettanti, ovvero per periodi ed in misura superiore a quelli spettanti, è punito con la multa da lire 200.000 a lire 1.000.000 , salvo che il fatto costituisce reato più grave, relativamente a ciascun soggetto cui riferisce l'infrazione.
Il datore di lavoro che non provveda, entro i termini di cui al primo comma, all'erogazione dell'indennità giornaliera di malattia e di maternità dovuta è punito con una sanzione amministrativa  di lire 50.000 per ciascun dipendente cui si riferisce l'infrazione .
Fino alla data di entrata in vigore della legge di riordinamento della materia concernente le prestazioni economiche per maternità, malattia ed infortunio di cui all'art. 74 ultimo comma della legge 1978 n. 833, l'accertamento, la riscossione dei contributi sociali di malattia - stabiliti, per i marittimi, in misura pari all'aliquota vigente nell'anno 1979 per gli operai dell'industria - e il pagamento delle prestazioni economiche di malattia e maternità per gli iscritti alle casse marittime per gli infortuni sul lavoro e le malattie restano affidati, con l'osservanza delle norme già in vigore, alle gestioni previdenziali delle casse stesse mediante convenzione con l'Istituto nazionale della previdenza sociale, che rimborserà gli oneri relativi al servizio prestato per suo conto”.

[8] Art.  4.  Congedi per eventi e cause particolari.
1. La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell'attività lavorativa (8).
2. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate ai sensi del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria (9).
3. I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività lavorativa dopo la sospensione di cui al comma 2.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e per le pari opportunità, provvede alla definizione dei criteri per la fruizione dei congedi di cui al presente articolo, all'individuazione delle patologie specifiche ai sensi del comma 2, nonché alla individuazione dei criteri per la verifica periodica relativa alla sussistenza delle condizioni di grave infermità dei soggetti di cui al comma 1

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