In caso di licenziamento
per giusta causa o disciplinare l’Aspi spetta al lavoratore?
Con interpello 29 del 2013 il ministero del lavoro ha dato
risposta positiva, dichiarando:
"Dal dettato della citata
normativa, può evincersi che le cause di esclusione dall’ASpI e del
contributo a carico del datore di lavoro sono tassative e riguardano i casi di
dimissioni (con l’eccezione delle dimissioni per giusta causa, v. INPS
circc. n. 97/2003, 142/2012, 44/2013, ovvero delle dimissioni intervenute
durante il periodo di maternità tutelato dalla legge) e di risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro. Ciò premesso, non sembra potersi
escludere che l’indennità di cui al comma 1 e il contributo di cui al comma 31
dell’art. 2, L .
n. 92/2012 siano corrisposti in ipotesi di licenziamento disciplinare,
così come del resto ha inteso chiarire l’Istituto previdenziale, il quale è
intervenuto con numerose circolari (cfr. INPS circc. n. 140/2012, 142/2012,
44/2013) per disciplinare espressamente le ipotesi di esclusione della
corresponsione dell’indennità e del contributo in parola senza trattare
l’ipotesi del licenziamento disciplinare. A supporto di quanto sopra
rappresentato, si evidenzia che la Corte Costituzionale ,
con sentenza n. 405/2001, aveva statuito in merito all’opportunità che, in caso
di licenziamento disciplinare, venisse corrisposta l’indennità di maternità,
pronunciandosi nel senso di ritenere che una sua esclusione integrasse una violazione
degli artt. 31 e 37 della Costituzione, in quanto alla protezione della
maternità andava attribuito un rilievo superiore rispetto alla ragione del
licenziamento, trovando già “il fatto che ha dato causa al licenziamento (…)
comunque in esso efficace sanzione”. A giudizio della scrivente Direzione,
la fattispecie in argomento è suscettibile di essere analizzata con il medesimo
metodo di ragionamento adottato dalla Corte Costituzionale atteso che,
analogamente a quanto argomentato dalla Corte a proposito della corresponsione
dell’indennità di maternità, anche nel caso di specie il licenziamento
disciplinare può essere considerato un’adeguata risposta dell’ordinamento al
comportamento del lavoratore e, pertanto, negare la corresponsione della ASpI
costituirebbe un’ulteriore reazione sanzionatoria nei suoi confronti.
Peraltro come si vede nelle
pagine INPS dedicate all'Aspi, l'unica conseguenza che comporta il
licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo è rappresentato
dalla data decorrenza della data di presentazione all'Inps (lettera f sezione
domande):
Per il riconoscimento dell’ indennità di disoccupazione ASpI la domanda deve essere presentata all’INPS, esclusivamente
in via telematica, attraverso uno dei seguenti canali:
WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’ Istituto;
Contact Center multicanale attraverso il numero telefonico 803164 gratuito da
rete fissa o il numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa
del proprio gestore telefonico; Patronati/intermediari dell’ Istituto attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi con il supporto dell’Istituto.
La domanda deve essere presentata entro il termine di due mesi che decorre dalla data di inizio del periodo indennizzabile così
individuato: a) ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ ultimo rapporto di lavoro;
b) data di definizione della vertenza sindacale o data di notifica della
sentenza giudiziaria; c) data di riacquisto della capacità lavorativa nel caso di un evento patologico ( malattia comune, infortunio) iniziato entro gli otto
giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro;
d) ottavo giorno dalla fine del periodo di maternità in corso al momento della cessazione del rapporto di lavoro;
e) ottavo giorno dalla data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;
f) trentottesimo giorno successivo alla
data di cessazione per licenziamento per giusta causa.
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