martedì 10 febbraio 2015

In caso di licenziamento per giusta causa o disciplinare l’Aspi spetta al lavoratore?

Con interpello 29 del 2013 il ministero del lavoro ha dato risposta positiva, dichiarando:

"Dal dettato della citata normativa, può evincersi che le cause di esclusione dall’ASpI e del contributo a carico del datore di lavoro sono tassative e riguardano i casi di dimissioni (con l’eccezione delle dimissioni per giusta causa, v. INPS circc. n. 97/2003, 142/2012, 44/2013, ovvero delle dimissioni intervenute durante il periodo di maternità tutelato dalla legge) e di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Ciò premesso, non sembra potersi escludere che l’indennità di cui al comma 1 e il contributo di cui al comma 31 dell’art. 2, L. n. 92/2012 siano corrisposti in ipotesi di  licenziamento disciplinare, così come del resto ha inteso chiarire l’Istituto previdenziale, il quale è intervenuto con numerose circolari (cfr. INPS circc. n. 140/2012, 142/2012, 44/2013) per disciplinare espressamente le ipotesi di esclusione della corresponsione dell’indennità e del contributo in parola senza trattare l’ipotesi del licenziamento disciplinare. A supporto di quanto sopra rappresentato, si evidenzia che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 405/2001, aveva statuito in merito all’opportunità che, in caso di licenziamento disciplinare, venisse corrisposta l’indennità di maternità, pronunciandosi nel senso di ritenere che una sua esclusione integrasse una violazione degli artt. 31 e 37 della Costituzione, in quanto alla protezione della maternità andava attribuito un rilievo superiore rispetto alla ragione del licenziamento, trovando già “il fatto che ha dato causa al licenziamento (…) comunque in esso efficace sanzione”. A giudizio della scrivente Direzione, la fattispecie in argomento è suscettibile di essere analizzata con il medesimo metodo di ragionamento adottato dalla Corte Costituzionale atteso che, analogamente a quanto argomentato dalla Corte a proposito della corresponsione dell’indennità di maternità, anche nel caso di specie il licenziamento disciplinare può essere considerato un’adeguata risposta dell’ordinamento al comportamento del lavoratore e, pertanto, negare la corresponsione della ASpI costituirebbe un’ulteriore reazione sanzionatoria nei suoi confronti. 


Peraltro come si vede nelle pagine INPS dedicate all'Aspi, l'unica conseguenza che comporta il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo è rappresentato dalla data decorrenza della data di presentazione all'Inps (lettera f sezione domande):

LA DOMANDA
Per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione ASpI la domanda deve essere presentata all’INPS, esclusivamente in via telematica, attraverso uno dei seguenti canali: WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto; Contact Center multicanale attraverso il numero telefonico 803164 gratuito da rete fissa o il numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico; Patronati/intermediari dell’Istituto ­ attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi con il supporto dell’Istituto. La domanda deve essere presentata entro il termine di due mesi che decorre dalla data di inizio del periodo indennizzabile così individuato: a) ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro; b) data di definizione della vertenza sindacale o data di notifica della sentenza giudiziaria; c) data di riacquisto della capacità lavorativa nel caso di un evento patologico (malattia comune, infortunio) iniziato entro gli otto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro; d) ottavo giorno dalla fine del periodo di maternità in corso al momento della cessazione del rapporto di lavoro; e) ottavo giorno dalla data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;

 f) trentottesimo giorno successivo alla data di cessazione per licenziamento per giusta causa.

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