mercoledì 20 aprile 2016



Quali effetti ha il licenziamento collettivo illegittimo?



In base al comma 3 dell’art. 5 della legge 223 del 1991:

a) Mancanza forma scritta:

Qualora il licenziamento sia intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all'art. 18 primo comma l. 300 del 1970, e successive modificazioni.

In particolare in basi all'art. 18 comma 1:"Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell'art. 3 della legge 1990 n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'art. 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna di cui al dlgs 2006 n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'art. 54 commi 1,6,7, e 9 del dlgs 2001 n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'art. 1345 cc, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale."


b) Violazione delle procedure richiamate all'articolo 4, comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma del predetto articolo 18.

In particolare art. 4 comma 12 l. 223 del 1991: "Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia ove siano state effettuate senza l'osservanza della forma scritta e delle procedure previste dal presente articolo. Gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell'ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo.”

Settimo comma art. 18: "Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli artt. 4, comma 4, e 10 comma 3 l. 1999 n. 68, per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'art. 2110 cc.
Può, altresì, applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
Nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'art. 7 l. 1966 n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo.

In base al comma quinto dell'art. 18 l. 300 del 1970: "Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo".


c) In caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma del medesimo articolo 18.

In base al quarto comma dell'art. 18 l. 300 del 1970: "Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma".

In tale ambito ricadono anche le violazioni dell’art. 4 comma 9 della legge 223/1991:9. Raggiunto l'accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l'impresa ha facoltà di licenziare gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi, l'elenco dei lavoratori licenziati, con l'indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell'età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui allart. 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2

Come indicato da Trib. Monza Ordinanza, 23/04/2015

Il licenziamento collettivo intimato in violazione degli artt. 4, comma 9, e 5, comma 1, della l. 223 del 1991 è annullabile e determina l'applicazione del regime sanzionatorio di cui all'art. 18, quarto comma, Stat. Lav., con conseguente condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione con il tetto delle dodici mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il medesimo periodo.










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